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1 novembre 1954 - 1 novembre 2019: Nuova tappa delle lotte popolari

PADS (Partito algerino per la democrazia e il socialismo) | lien-pads.over-blog.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

04/11/2019

Per una società libera da dispotismo, dallo sfruttamento, dalla dipendenza
Per preservare la sovranità del paese dalle minacce e dall'ingerenza straniera,
Per elezioni democratiche secondo le richieste popolari


Il 1° novembre 1954 un gruppo di patrioti determinati scatenò l'insurrezione armata per porre fine a una crudele oppressione coloniale. Questa azione era stata preparata da oltre trent'anni di lotte politiche di massa guidate da partiti patriottici anticoloniali che permisero di valutare che era giunto il momento delle armi.

Dopo sette anni e mezzo di guerra, immense sofferenze e sacrifici, il colonialismo fu sconfitto. Il popolo algerino poteva affrancarsi dal dominio di una delle maggiori potenze imperialiste contando sulle proprie forze. La sua lotta fu vittoriosa perché aiutata anche dai paesi arabi e dai paesi socialisti, da tutti gli uomini sensibili all'emancipazione dei popoli colonizzati, in primo luogo i comunisti dei paesi capitalisti, in particolare in Francia.

La vittoria fu resa possibile dai nuovi rapporti di forza creatisi dopo la Rivoluzione dell'ottobre 1917 in Russia, dal rafforzamento economico e militare dell'URSS, dalla rivoluzione cinese nel settembre 1949, dalla lotta del popolo vietnamita che inflisse una cocente sconfitta all'esercito francese nel 1954 a Dien Bien Phu, dall'indipendenza dell'India e dell'Indonesia, dal rovesciamento nel 1953 della monarchia egiziana, dall'indipendenza nel 1956 del Marocco e della Tunisia che si trasformarono in basi di appoggio per l'ALN [FLN].

In questo 65° anniversario dell'inizio della guerra di liberazione, i comunisti organizzati nel Partito algerino per la democrazia e il socialismo, il partito che ha proseguito le migliori tradizioni di lotta e di coscienza di classe del Partito comunista algerino (PCA) e del Partito di Avanguardia socialista (PAGS), si inchinano alla memoria del milione di martiri il cui sacrificio permise la moderna nazione algerina. Tributiamo un omaggio speciale ai compagni del PCA caduti con onore insieme ai loro fratelli d'arme nazionalisti. E non dimenticano quei compagni assassinati mentre erano alla macchia per mano di nazionalisti dalla mentalità ristretta che esigevano la rinuncia degli ideali comunisti.

Il PCA, pur riconoscendo il Fronte di liberazione nazionale come unico rappresentante del popolo algerino in questa gigantesca battaglia e combattendo la falsa propaganda del colonialismo su scala internazionale e criticando costruttivamente gli errori dannosi per la causa dell'indipendenza dei leader FLN, ha rifiutato come partito di sciogliersi nel FLN in nome della sacra unità contro il nemico comune. Difese fermamente la sua indipendenza organica e ideologica. Lo fece con coraggio e determinazione, sfidando non solo la morte che proveniente dalla soldatesca coloniale, ma anche quella minacciata dai nazionalisti anticomunisti. La difesa di tale posizione, derivava da un'analisi marxista della realtà algerina che prevedeva un'ulteriore più grande lotta per le masse dopo l'indipendenza.

L'inevitabile vittoria del popolo algerino, una volta espulsi i colonialisti dal nostro paese, portò all'ordine del giorno la lotta tra le diverse classi sociali algerine. Contro il comune nemico colonialista c'erano tutte le classi e gli strati sociali algerini, con l'eccezione di una minoranza di signori feudali arricchiti dall'espropriazione dei contadini in cambio della loro collaborazione con lo stato colonialista per mantenere i loro correligionari sotto il dominio dell'occupante.

A causa delle contraddizioni inconciliabili esistenti tra i loro interessi, borghesi e piccoli borghesi delle città e della campagna, contadini poveri, proletari e semi-proletari non vedevano l'Algeria libera allo stesso modo. Questo è il motivo per cui le lotte hanno inevitabilmente messo gli algerini l'uno contro l'altro dopo l'indipendenza per decidere la questione di chi avrebbe dovuto beneficiare della liberazione nazionale.

I dirigenti del PCA avevano esposto con chiarezza la loro posizione ad Abane Ramdane e Ben Khedda nell'aprile-maggio 1956. La lotta comunista non si sarebbe fermata alla liberazione del paese. Erano determinati a proseguirla nelle nuove condizioni dopo l'indipendenza per realizzare le aspirazioni sociali e politiche dei lavoratori e dei contadini poveri nel contesto della lotta di classe contro la borghesia per una società socialista. La nuova fase storica conseguente all'indipendenza avrebbe posto il compito di bloccare la strada al neocolonialismo e ai suoi alleati algerini che volevano l'indipendenza politica senza porre fine al dominio economico dell'imperialismo, senza cambiare le strutture economiche e sociali ereditate da questo ordine.

Anche prima del crollo dell'ordine coloniale, i comunisti erano intellettualmente pronti a battersi contro i tentativi di farsi sottrarre i frutti dell'indipendenza da una nuova classe di oppressori e sfruttatori algerini che sognavano di sostituire i 100 signori colonialisti. Questi erano i motivi che li avevano spinti a mantenere l'indipendenza organica e ideologica del loro partito durante la guerra di liberazione rifiutando di obbedire all'ordine di sciogliersi nel FLN. La loro fermezza portò alla conclusione di un compromesso con il FLN. Erano anche pronti a rendere disponibili alleanze con tutte le forze patriottiche civili e militari per il proseguimento della lotta al fine di realizzare le aspirazioni delle masse popolari, dare voce al popolo, costruire un'economia produttiva indipendente al servizio dei lavoratori e delle classi lavoratrici, sostenere le popolazioni ancora sotto il giogo coloniale, partecipare alla lotta mondiale contro l'imperialismo, ecc.

Questa posizione inflessibile gli ha guadagnato l'odio inestinguibile degli sfruttatori e dei signori feudali, l'ostracismo e le persecuzioni dopo l'indipendenza.

I primi 20 anni dopo l'indipendenza furono segnati da intense lotte, a volte evidenti, a volte oscurate dalle lotte di clan e persone, per tradurre in azioni concrete questi obiettivi. Malgrado la proclamazione del partito unico che frenava la mobilitazione popolare, nonostante le concezioni autoritarie che caratterizzavano i progressisti piccolo-borghesi all'interno del potere, la lotta fu feroce a tutti i livelli tra la corrente patriottica rivoluzionaria e le correnti reazionarie che furono fortemente potenziate dai loro legami con le forze che detenevano la ricchezza, sia all'interno della società che all'interno del potere.

Questo potere, nato dalle alleanze formate durante la guerra di liberazione e fortemente segnato dai metodi di guerra della lotta armata, era socialmente e ideologicamente eterogeneo. Esso esprimeva le contraddizioni di classe della società. Per questo fu lacerato e scosso da conflitti che andavano oltre i problemi della gente.

La corrente che rappresentava le aspirazioni delle masse popolari e delle forze progressiste, dentro e fuori del potere, è stata in grado di prendere l'iniziativa storica all'inizio degli anni 1970. È stata in grado di applicare una politica globalmente vantaggiosa per le masse popolari e l'edificazione nazionale.

Tuttavia, fu sconfitta nei primi anni '80 da una coalizione reazionaria composta da rappresentanti dei grandi proprietari terrieri, dei capitalisti, della borghesia civile burocratica e militare e da frange controrivoluzionarie della piccola borghesia arricchita dopo l'indipendenza grazie, tra l'altro, all'accaparramento dei commerci e degli immobili abbandonati dagli europei.

Da allora, i sostenitori del capitalismo e della collaborazione con l'imperialismo hanno rotto con qualsiasi strategia di edificazione nazionale e progresso sociale. Il nuovo potere ha dato il via alla corsa all'accaparramento delle ricchezze del paese e dei suoi proventi petroliferi.

In questa corsa, che continua ininterrottamente da 40 anni, i metodi mafiosi messi in atto dalle bande organizzate in tutte le istituzioni statali senza eccezioni, hanno ridotto i lavoratori alla miseria e condannato i giovani alla disperazione.

Il più difficile deve ancora arrivare se il cambiamento desiderato con entusiasmo dalla gioventù popolare non sarà attuato. La catastrofe finanziaria che è in agguato nel paese e tra masse lavoratrici è il risultato di una strategia attentamente studiata dagli uomini della borghesia e della coalizione imperialista. Il suo scopo è quello di costringere i lavoratori e i giovani ad accettare un regime di schiavitù e una dittatura mascherata da una facciata costituzionale al fine di arricchire sempre più alcune migliaia di miliardari che operano a stretto contatto con le potenze imperialiste e i loro monopolisti multinazionali, con le monarchie retrograde del Golfo che sperano di smembrare l'Algeria in succosi bocconi da offrire ai numerosi discendenti.

È contro tutto questo che la maggior parte delle persone si è ribellata dal 16 febbraio.

Il movimento popolare è numericamente imponente. È condizionato dalle diverse tendenze sugli obiettivi e i mezzi per ottenere la cacciata delle bande che hanno saccheggiato il paese.

Le correnti democratiche più combattive continuano la lotta per impedire le imminenti elezioni presidenziali senza che vengano soddisfatte le rivendicazioni politiche delle masse popolari. È socialmente eterogeneo. Parte della borghesia si era unita al movimento all'inizio per protestare contro l'egemonia degli oligarchi, strettamente legata all'apparato di Stato e perciò principale beneficiaria della ridistribuzione dei proventi petroliferi a spese degli interessi generali del paese e di quelli di altre classi sociali. Ciò che la anima non è l'amore per il paese, né il sentimento di indignazione per l'estensione della predazione, a cui tra l'altro partecipa. Ciò che sta alla base delle divergenze con il potere degli oligarchi - divergenze relative e secondarie in termini di interessi di classe dei lavoratori - è il desiderio di avere una sua quota di rendita sottraendo una piccola porzione agli oligarchi.

È anche sua urgenza farla finita al più presto con le leggi sociali. Sebbene queste leggi siano state rivisitate a suo favore dal 1989, le vede come un ostacolo alla sua sete di profitti, incompatibili con la tendenza a schiacciare la classe lavoratrice e ad impiegare i giovani con rapporti quasi schiavistici. Cancellare la sovvenzione ai prodotti di base per uscire dalla crisi, ripetono all'unisono tutti i suoi ideologi "esperti". Il vero obiettivo che evitano di riconoscere apertamente è ridurre i lavoratori e i disoccupati alla fame per costringerli a piegarsi senza discussione alla dittatura padronale.

Crogiolandosi in illusioni democratiche, la piccola borghesia democratica, che in effetti ha un ruolo ideologico dominante nell'hirak [movimento sia politico che sociale] nella sua fase attuale, ritiene che le elezioni democratiche e un regime elettorale senza frodi saranno sufficienti in sé per sradicare la corruzione, raggiungere l'uguaglianza e la giustizia sociale, fonti di prosperità e felicità per tutti.

Parità tra capitalista e lavoratore? Sfruttatori e sfruttati "khawa khawa" [fratelli]!? Una fantasticheria ingenua e assurda che un semplice esame della realtà dei grandi paesi capitalisti democratici nega categoricamente ogni giorno. La realtà è quella della crescita senza precedenti di disuguaglianze tra l'1% dei capitalisti super miliardari e la stragrande maggioranza di coloro che vivono solo della vendita della loro forza lavoro. È quella della disoccupazione permanente, dei posti di lavoro saltuari e dei salari da miseria. Quella delle elezioni, che nel quadro della democrazia borghese, si riducono a chiedere periodicamente alla classe operaia di eleggere il politico borghese più abile e bugiardo da sostituire al precedente in modo da assicurare il controllo perenne degli sfruttatori. Questa realtà è quella delle guerre provocate dalla borghesia per la distribuzione del mondo e delle fonti di energia, per mantenere la maggioranza dei popoli sotto il dominio diretto dei regimi antipopolari al soldo delle multinazionali dell'imperialismo, installati da colpi di stato forza o per via democratica.

Grandi frange della piccola borghesia impegnata nell'hirak non sogna che a una "equa" ripartizione delle entrate petrolifere, una volta strappate dalle mani degli oligarchi. Nutrono la speranza di salire rapidamente sul carro dei grandi capitalisti grazie a una nuova ridistribuzione della rendita petrolifera, al riconoscimento del loro "merito" finalmente "liberato" dal diktat del regime. Questo è il contenuto economico del loro slogan "Libertà! "

La classe operaia, duramente colpita dal diktat del regime borghese e imbavagliata dalle leggi anti-sciopero, privata del ruolo guida di un partito comunista di massa, è sommersa dall'ideologia piccolo-borghese.

È imperativo intensificare la lotta politica e ideologica nella giusta direzione per liberarla da questa influenza, indicargli la via della lotta in modo che imprima fortemente sull'hirak un contenuto che rifletta i suoi interessi di classe sfruttata. Per la classe operaia l'unica via d'uscita dalla miseria, per sfuggire al buio futuro che il potere ha in serbo per lei con tutte le leggi che vengono adottate da un governo incostituzionale, è la lotta per un regime socialista.

Le aspirazioni dei lavoratori e dei giovani per l'occupazione, per il diritto all'edilizia abitativa, la salute, l'istruzione, la cultura e la ricreazione sono così grandi che non possono essere soddisfatte dal regime capitalista. Questo regime, minato da profonde contraddizioni dovute alla ricerca del massimo profitto, impegnato nello sfruttamento frenetico della classe operaia, oggi è impegnato a livello mondiale e in modo coordinato in un'offensiva generale contro le conquiste sociali del movimento operaio internazionale.

Il futuro della gioventù proletaria, della gioventù popolare non è nel capitalismo ma nel socialismo. Questo futuro richiede lotte e sacrifici organizzati. Implica il rovesciamento dei regimi borghesi, l'istituzione del potere degli operai e dei loro alleati, compresa la piccola borghesia, lo sviluppo pianificato per affrancarsi dal dominio economico imperialista e soddisfare i bisogni sociali di coloro che creano ricchezza.

Dobbiamo respingere fermamente le affermazioni di alcuni slogan sui social o sulla carta stampata che tendono a intimidire coloro che combattono per offrire ai lavoratori e al movimento popolare una piattaforma per l'aggregazione e la mobilitazione.

Nella sua dichiarazione del 26 febbraio scorso, il PADS ha proposto le principali linee di lotta immediata per stimolare l'organizzazione indipendente del movimento operaio e orientare il movimento popolare verso l'unico percorso che lo libererà dal diktat delle bande al potere e alle manovre dell'imperialismo. Gli stati imperialisti stanno premendo per l'insediamento in Algeria di un regime sotto i suoi ordini. Cercano in particolare di ottenere la denazionalizzazione delle risorse petrolifere, lo smantellamento delle conquiste sociali ancora esistenti, la libertà piena di movimento dei capitali. Questa libertà significa rimpatrio degli utili delle multinazionali senza il controllo preventivo delle istituzioni algerine.

Di fronte alle vaste proteste delle masse popolari, che respingono le elezioni presidenziali del 12 dicembre prossimo, la borghesia - termine scientificamente più accurato di quello di bande o mafia - cerca il sostegno delle potenze imperialiste nel quadro di una nuova spartizione delle ricchezze. Se queste potenze non riescono a imporre la loro volontà con la pressione, non esiteranno a chiedere ai mercenari di impadronirsi delle aree petrolifere. Negare questo pericolo varrebbe dare una prova di grande ingenuità nel pensare che il popolo algerino "abbia conquistato il rispetto" del mondo, di Trump e Macron in particolare, scongiurando l'ingerenza straniera grazie a manifestazioni pacifiche e comportamenti civili. O comportarsi consapevolmente come mercenari assoldati dalle potenze imperialiste per neutralizzare i giovani e realizzare un'operazione di sottomissione del popolo algerino a beneficio di una nuova classe di ricchi, come dimostrato gli esempi di molti paesi "diventati democratici" in America Latina.

Ecco perché, di fronte alla necessità di contrastare gli intrighi coordinati dalle potenze imperialiste e dalle bande di predatori borghesi, i comunisti algerini pensano che si debba lavorare per rafforzare i legami tra il popolo e l'esercito sulla base di rivendicazioni popolari. Lo slogan "esercito in caserma" non serve la causa popolare. La dicotomia "Stato civile e nessuno stato militare" non serve di più.

Secondo i comunisti algerini, la linea più giusta in questi momenti sempre più pericolosi è quella che invoca un vero stato democratico e popolare, una linea che consacri l'unione popolare contro i corrotti, i predatori e i despoti, ovunque si trovino, contro le interferenze imperialiste, per la difesa della sovranità del paese e delle sue ricchezze, per allontanare la borghesia dal potere, per la realizzazione delle aspirazioni sociali degli operai e delle masse popolari, per il rilancio dell'industrializzazione, per soluzioni democratiche alle peculiarità culturali del paese, in particolare nella Calibia, nel quadro dell'unità territoriale, ecc.. Questa è la linea più corretta per accumulare forze e unire le condizioni politiche e spostarsi verso cambiamenti radicali nella natura di classe dello stato.

Nell'immediato futuro, i comunisti chiedono una lotta risoluta per il diritto di manifestare, esprimersi, organizzarsi. In particolare, i detenuti politici devono essere rilasciati. Le detenzioni arbitrarie devono cessare. L'avanguardia del movimento popolare sarà in grado di separare i manifestanti che esprimono sinceramente le loro opinioni per fermare la corsa del paese verso l'abisso e coloro che si autoproclamano "leader delle rivendicazioni democratiche". Essi si infiltrano abilmente nelle manifestazioni e nelle reti elettroniche mentre sono in missione per conto delle potenze imperialiste o delle bande interne organizzate. Il loro scopo è quello di espellere Hadj Moussa e sostituirlo con Moussa Hadj o Chab Moussa, in modo che l'attuale regime borghese venga salvato dalla rabbia popolare e i ricchi sfruttatori continuino ad accumulare montagne di ricchezza. Questa avanguardia sarà in grado di identificare, isolare e neutralizzare questi ultimi in maniera più efficace del più zelante agente dei servizi di sicurezza in difesa della sovranità del paese.

Allo stesso modo, la mobilitazione è necessaria per scongiurare il passaggio segreto di vari regolamenti che tendono a legalizzare il trasferimento illecito di proprietà statali. È imperativo neutralizzare l'azione subdola dei sabotatori delle imprese pubbliche, portate in bancarotta per giustificare licenziamenti di massa e impadronirsi di terreni e immobili senza incontrare alcuna resistenza.

Per i lavoratori, per l'avanguardia, per la gioventù intellettuale e progressista, il pericolo maggiore è farsi fuorviare dalle mobilitazioni pseudo-ampie, definite più "efficaci", come quella del Patto di azione democratica. Azioni puntuali possono essere realizzate con alcuni o anche con tutti i partecipanti a questo patto, a condizione che il partito della classe operaia mantenga la propria indipendenza e non si lasci imbrigliare da un quadro dominato dall'ideologia borghese, sebbene altri partiti, come il Partito dei lavoratori (PT) o il Partito socialista dei lavoratori (PST), ne facciano parte.

Fin dall'inizio il PT ha svolto il ruolo di imbonitore dei lavoratori meno consapevoli a favore del potere, dell'una o dell'altra fazione. Ha contribuito ad anestetizzare alcune frange sostenendo a lungo il patto di Sant'Egidio e poi Bouteflika e imputando all'"ambiente" di quest'ultimo la politica antipopolare e l'abbandono della sovranità. Il PST è oggettivamente guidato da orientamenti riformisti sotto le spoglie di un nome di sinistra. Serve da garanzia all'RCD [partito del Raggruppamento per la Cultura e la Democrazia] e all'FFS [Fronte delle Forze Socialiste] che lavorano per fornire una base più nazionale ai loro orientamenti pro-capitalisti.

Per i lavoratori, per la loro avanguardia, per la gioventù intellettuale e progressista, non c'è altra via per farsi ascoltare e avanzare il più possibile che rafforzare il partito dei comunisti algerini. Questo partito è il PADS formata nel 1993 in circostanze difficili. È un prerequisito per liberare la classe operaia dalla stretta ideologica piccolo-borghese, delle sue confusioni dannose per il futuro delle masse sfruttate, per strappare il diritto di organizzarsi ed esprimersi, per svolgere un ruolo guida nelle attuali lotte per i diritti democratici, per il cambio di regime, per abolire il potere della borghesia, per ottenere il potere della classe operaia e dei suoi alleati, compresi gli strati sociali piccolo-borghesi, oppressi dal capitalismo e dai suoi oligarchi.

Gloria ai nostri martiri della liberazione nazionale!
Lunga vita al socialismo!
Lunga vita alla solidarietà proletaria internazionalista!

PADS, 1 novembre 2019


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