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- cultura e memoria resistenti - storia - 18-04-23 - n. 863
A 50 anni dalla morte di Pablo Picasso, recuperiamo la sua storia
Cristina González | nuevo-rumbo.es
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
08/04/2023
"La mia adesione al Partito Comunista è la logica conseguenza di tutta la mia vita, di tutto il mio lavoro. Non ho mai considerato la pittura, e sono orgoglioso di dirlo, come un'arte di semplice intrattenimento, di svago: ho voluto, attraverso il disegno e il colore, perché queste erano le mie armi, penetrare sempre di più nella conoscenza del mondo e degli uomini, affinché questa conoscenza ci liberasse tutti ogni giorno di più".
L'8 aprile 1973, l'artista cosmopolita Pablo Picasso muore a Mougins, in Francia. Quest'anno ricorre il 50° anniversario della morte di Picasso, la cui vita è stata consacrata all'arte e alla causa rivoluzionaria. Dopo lo scoppio della guerra nazional-rivoluzionaria in Spagna, il 18 luglio 1936, Pablo Picasso si evolve gradualmente dal punto di vista politico e negli anni '40 decide di aderire alle file del Partito Comunista.
Non saranno pochi coloro che, opportunisticamente, coglieranno l'occasione per condannare Picasso per vari motivi, come si fa con varie figure comuniste o legate al Partito Comunista. Altri diranno che Picasso era comunista solo di nome, che la sua militanza politica era solo una moda dell'epoca tra i grandi artisti e letterati che si riunivano a Parigi e che, quindi, la sua adesione al Partito non era altro che una posa.
Né l'una né l'altra ipotesi sono corrette. Picasso non solo contribuì molto alle casse del Partito, ma anche a molte cause operaie, oltre a dimostrare più volte il suo impegno per le libertà in Spagna e per l'amnistia. Senza contare che molte delle sue opere sono impregnate del suo profondo impegno rivoluzionario.
Durante la guerra nazional-rivoluzionaria, Pablo Picasso si mise a disposizione del governo della Repubblica e fu infatti nominato direttore del Museo del Prado. Era talmente preoccupato che l'aviazione nazista potesse bombardare il prezioso museo che finanziò personalmente il trasporto delle opere d'arte a Valencia per custodirle.
Nessuno di coloro che cercano di reinterpretare la storia dell'artista vi dirà che Picasso, come membro della Junta de Cultura Española (creata nel 1939), aiutò direttamente a far uscire decine di intellettuali e artisti (e spagnoli in generale) dai vari campi di concentramento esistenti in Francia e li aiutò a organizzare la loro emigrazione (o meglio, l'esilio) in America Latina.
Non vi diranno nemmeno che in Francia l'artista organizzò straordinarie e numerose mostre per aiutare i bambini spagnoli insieme ad artisti di spicco come Joan Miró e Man Ray, con un chiara inclinazione per l'Associazione delle Donne Antifasciste (AMA), che durante la guerra in Spagna stava svolgendo un grande lavoro per proteggere e salvare migliaia di bambini spagnoli dalla barbarie della guerra.
Pablo Picasso fu anche membro del Comitato per l'aiuto agli intellettuali spagnoli in Francia, un'organizzazione alla quale donava il 25% di tutte le vendite delle sue opere negli Stati Uniti affinché, in caso di bisogno, potessero mantenersi ovunque.
Uno dei simboli più famosi dell'artista, la colomba della pace (emblema picassiano per eccellenza), fu scelto come simbolo del Congresso mondiale degli intellettuali in difesa della pace, tenutosi a Parigi nel 1949. Fu proprio in occasione di questo Congresso che Picasso lanciò un appello a favore della libertà del suo grande amico, il comunista Pablo Neruda.
Ma coloro che cercano di avvelenare la figura di Pablo Picasso non vi diranno tutti questi fatti. Quando si tratta di un militante comunista, dalla destra più reazionaria alla socialdemocrazia, cercheranno con ogni mezzo di offuscarne il profilo rivoluzionario, accusandolo di tutto ciò che possono e ritengono, senza bisogno di alcuna prova. Quando l'anticomunismo si infiltra nella società, qualsiasi rivoluzionario è nelle mani del nemico: a prescindere dalle azioni, dalle prove o dalle loro stesse vite, qualsiasi parola o discorso estrapolato dal contesto viene strumentalizzato per restituire un'immagine diversa da quella che è o non è.
La stessa storia dell'arte si sforza spesso di separare l'artista dalla sua ideologia, mostrando in modo parziale ciò che l'autore di ogni opera d'arte vuole realmente dire.
Con i suoi successi più o meno grandi, ciò che è indiscutibile è che Pablo Picasso ha segnato un prima e un dopo nel modo di intendere l'opera d'arte non solo da un punto di vista estetico, ma anche da un punto di vista politico.
Guernica, forse l'opera più nota di Picasso, non può essere compresa senza tutta la carica politica che contiene. È il paradigma del pensiero di Pablo Picasso: l'arte, e in particolare la sua pittura, esprime tutto ciò che ha da dire. Guernica è uno dei tanti esempi dell'assimilazione da parte dell'artista del periodo storico in cui visse e del suo impegno nell'antifascismo e nella lotta per la pace.
A cinquant'anni dalla sua morte, voler presentare Pablo Picasso come una persona apolitica, senza alcun impegno nella lotta per la giustizia sociale e per la pace, è un atto di consapevole revisionismo storico.
Noi comunisti riconosciamo in Picasso non solo una figura universale della storia dell'arte, ma anche una figura impegnata nel pensiero rivoluzionario. Di fronte a chi oggi, e da sempre, distorce la storia per narrare discorsi legati e riconducibili ai propri interessi, la militanza comunista è chiara nel non cedere a chi gioca con quelle figure che ci appartengono, perché appartengono alla nostra classe, al nostro Partito e alla nostra stessa storia.
Lontani dagli assurdi dibattiti, promossi da noti collettivi nelle università francesi e spagnole, restiamo al Picasso che ha dedicato la sua vita a mostrarci una realtà di dolore e sofferenza, dove la classe operaia è sempre stata la più colpita dalle guerre provocate dal fascismo.
Cinquant'anni dalla sua morte sono un tempo sufficientemente lungo per guardare alla sua vita e alla sua opera senza farsi trascinare dall'odio viscerale verso tutto ciò che ha a che fare con il comunismo o il Partito Comunista. Il nostro compito, dopo 50 anni, è sempre lo stesso: rivendicare la sua figura chiave nella comprensione della nostra storia più recente e il suo contributo allo sviluppo del Partito.
Pablo Picasso ha dedicato gran parte della sua vita alla Spagna, il suo Paese, il Paese in cui non è mai potuto tornare e che, per questo motivo, ha un debito pendente con l'artista. Non lasciamolo nell'oblio, facciamoci portatori della sua memoria storica.
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