23 agosto 1939 - I ministri degli Esteri Molotov e Ribbentrop firmano a Mosca il patto di non aggressione fra l'U.R.S.S. e la Germania.
17 settembre 1939 - Reparti sovietici occupano il territorio della Russia Bianca occidentale e l'Ucraina polacca.
28-29 ottobre 1939 - Sulla base dei risultati dei plebisciti avvenuti nelle zone occupate in Polonia, queste vengono incorporate nell'U.R.S.S. mentre Vilna viene ceduta alla Lituania.
15-20 giugno 1940 - Truppe sovietiche occupano la Lituania, l'Estonia e la Lettonia.
22 giugno 1940 - L'U.R.S.S. è invasa dalle armate tedesche che nel novembre vengono bloccate alla periferia di Leningrado, Mosca e Rostov, e costrette ad attestarsi su di una linea arretrata. Lo stesso 22 giugno
Italia e Finlandia avevano dichiarato guerra all'U.R.S.S. Seguivano le dichiarazioni di guerra della Romania, Ungheria e Slovacchia.
7 luglio 1941 - Viene conclusa un'alleanza fra U.R.S.S. e Inghilterra.
maggio-autunno 1942 - La seconda offensiva tedesca, che porta all'occupazione del bacino del Don e di parte del Caucaso, viene bloccata a Stalingrado.
12 agosto 1942 - Il primo ministro inglese Churchill si reca a Mosca dove viene discussa, ma senza giungere a impegni concreti, l'apertura del secondo fronte.
novembre 1942-marzo 1943 - L'offensiva dell'Armata Rossa costringe le armate tedesche ad abbandonare
circa un terzo del territorio sovietico occupato.
2 febbraio 1943 - L'armata tedesca del feldmaresciallo F. von Paulus è costretta alla resa a Stalingrado.
23 maggio 1943 - Viene sciolto il Komintern.
luglio-dicembre 1943 - L'offensiva dell'Armata Rossa porta, malgrado le controffensive da parte tedesca, alla liberazione della quasi totalità del territorio nazionale.
28 novembre-1° dicembre 1943 - Stalin, il presidente degli S.U. d'America, Roosevelt, e Churchill si incontrano la Teheran.
gennaio-dicembre 1944 - L'Armata Rossa completa la liberazione del territorio nazionale e penetra profondamente in Polonia, Ungheria, Slovacchia, Romania, Bulgaria e Jugoslavia.
gennaio 1945 - Ha inizio l'offensiva sovietica in territorio tedesco.
4-12 febbraio 1945 - Ha luogo a Jalta (Crimea) il secondo incontro fra Stalin, Roosevelt e Churchill.
4 maggio 1945 - La guarnigione tedesca di Berlino si arrende al comando sovietico.
5 maggio 1945 - La Germania viene tagliata in due dall'incontro delle truppe sovietiche con quelle americane a Torgau e quelle inglesi a Wismar.
7 maggio 1945 Viene firmata la resa incondizionata di tutte le truppe tedesche.
* * *
La tragedia dei territori dell'U.R.S.S. occupati dai tedeschi presenta aspetti analoghi a quelli indicati per la Polonia e aspetti suoi propri. Come in Polonia, si ha lo sterminio sistematico degli ebrei e lo sfruttamento intensivo misto a sterminio diretto della popolazione in genere.
Particolare all'U.R.S.S. è invece lo sterminio, condotto di pari passo a quello degli ebrei, dei «bolscevichi» (esponenti comunisti, dirigenti dell'economia sovietica, intellettuali) e quello diretto o indiretto dei . prigionieri di guerra, in numero, sia in cifre assolute che relative, non uguagliato da nessun altro Paese. Inoltre, pur nella grande varietà dei principi adottati e dei metodi seguiti, non e emerso dai testi e dalla documentazione consultata alcun caso di esecuzione capitale che avvenisse in seguito a un qualsivoglia procedimento
penale.
È .evidente che di fronte a un simile quadro non è possibile né avrebbe senso ricercare le cifre in perdite umane del movimento di resistenza distinte dalle perdite generali subite dall'U.R.S.S.; la resistenza è insieme causa ed effetto della situazione determinatasi con l'invasione e va dalla lotta per la pura e semplice sopravvivenza, fino alla lotta organizzata nelle retrovie nemiche per la liberazione nazionale e la difesa dei principi su cui è basata la società sovietica.
Secondo dati ufficiali dell'Enciclopedia Sovietica, i cittadini dell'U.R.S.S. caduti nella seconda guerra mondiale o finiti in deportazione furono circa 7 milioni. Tuttavia non risulta chiaramente se tale cifra comprenda anche le perdite della popolazione civile. Secondo altre fonti, fra cui l'Enciclopedia Italiana, vi furono.
10 milioni di vittime civili oltre ai 7 milioni di militari morti o dispersi.
Le perdite della popolazione civile sono dovute in gran parte alla fame e agli stenti; razionamenti, asportazione di bestiame e generi alimentari, distruzione di villaggi e cittadine, ecc. (nella sola Leningrado
assediata per 900 giorni si calcola che i morti per fame siano stati 632 258). In parte le perdite sono dovute a cause dirette di guerra (sempre a Leningrado, i morti in seguito a bombardamenti, esclusi i militari, furono 16747 e 33 782 i feriti). In parte ancora sono da attribuirsi ai crimini dell'occupante (si usa qui il singolare,
riferito ai tedeschi, non risultando agli estensori di questa nota crimini rilevanti compiuti dagli altri occupanti: italiani, romeni, ungheresi e dai più esigui corpi di spedizione di altri Paesi), nella misura e nelle forme di cui si può qui portare solo una scarna esemplificazione.
Sui crimini tedeschi nell'U.R.S.S. esiste un'ampia documentazione, risultato del lavoro compiuto a partire dal 1943 dalla «Commissione Straordinaria di Stato per l'Inchiesta sui Crimini tedeschi» e base per la deposizione della delegazione sovietica al processo di Norimberga. Si va dalle disposizioni generali e particolareggiate
emanate dalle massime autorità politiche e militari del Reich, attraverso le iniziative prese da comandanti locali, fino alle manifestazioni addirittura individuali.
Nel principio del maresciallo von Keitel, enunciato in un atto ufficiale, secondo cui «la vita umana nei territori occupati non vale assolutamente nulla», non stupisce di trovare nel diario di un caporale tedesco la storia di 1200 uccisioni da lui compiute, per lo più di propria iniziativa; o la storia del comandante del campo
di Janov che, per festeggiare il compleanno di Hitler, sceglie a suo piacimento 14 prigionieri e personalmente li abbatte.
Né può stupire che, accanto ai grandi metodi di sterminio (fucilazione con armi a tiro rapido, camere e autotrasporti a gas, roghi umani, metodi scientifici, epidemie artatamente propagate, ecc.), si riscontrino
metodi che hanno le caratteristiche dell'invenzione individuale. Si hanno cosi cittadini sovietici legati a un palo sotto il solleone o nel gelo invernale; appesi per le gambe a un trave o ramo; messi in botti d'acqua gelida; squartati con strumenti da macellaio; fatti assalire da cani affamati; usati come reggibersaglio e, quando feriti, abbattuti; fatti salire su piante che vengono fatte abbattere, ecc.
Gli eccidi in massa, compiuti secondo precise direttive e sistematici piani, furono prevalentemente opera degli Einzatzgruppen che entravano in funzione nelle varie zone (Stati Baltici, settore di Leningrado, Russia Bianca, retrofronte di Mosca, Ucraina, Crimea) man mano che esse venivano occupate dalle formazioni dell'esercito. Si volle affidare questo compito a tali reparti specializzati, curando che le truppe regolari non ne fossero edotte; tuttavia risulta che, non solo gli alti capi dell'esercito erano a conoscenza di ciò che avveniva alle loro spalle, ma gli stessi reparti dell'esercito compirono vasti eccidi, specie nella fase dell'avanzata e ancor più nella fase della ritirata.
All'esercito avanzante vanno attribuiti, ad esempio, almeno una parte degli eccidi compiuti a Kiev (dove le vittime della città e dei dintorni furono 195 mila), a Rostov (dove furono massacrati nei loro uffici 48 impiegati
delle ferrovie e fucilati o impiccati ai balconi delle loro case diverse decine di cittadini presi per strada).
All'esercito in ritirata vanno attribuiti, ad esempio, l'episodio dei 300 cittadini di Gracevo bruciati vivi nel marzo 1943; o l'avvelenamento di buona parte della popolazione di Gheorghievsk sul cui mercato avevano
venduto alcool metilico e acido ossalico spacciandoli rispettivamente per alcool e per acqua di seltz; cosi come lo sterminio della popolazione di villaggi (nei quali presumibilmente agivano franchi tiratori) come a Jaskino (Smolensk), a Pocinok (Smolensk), a Jemelcino (Zitomir), a Jerskovo (Zvenigorod, Mosca) e in innumerevoli altri casi. Vi sono diversi casi in cui reparti dell'esercito si servirono di gruppi di civili per la propria copertura durante le operazioni militari.
Prescindendo dall'attribuzione dei crimini ai reparti regolari o a quelli ausiliari, si riportano qui alcuni altri esempi: a Perceje (Trakaj), 187 bruciati vivi, di cui 21 uomini, 97 donne e 69 bambini; a Borisovka, 169 persone fucilate, di cui 49 uomini, 97 donne e 23 bambini; a Gorkij (Lyskovskij), 96 vengono deportati, 29 muoiono di stenti e restano in tutto 6 donne.
Questi eccidi compiuti contro gli abitanti di villaggi perché in genere ritenuti «contaminati» dai partigiani, e che
si verificarono in centinaia, se non in migliaia di casi, comportano tuttavia cifre irrilevanti rispetto a quelle dei cittadini sovietici uccisi o fatti morire nei grandi campi di concentramento (parte dei quali sono stati menzionati trattando della Polonia), nelle grandi città (in talune delle quali, come Smolensk, funzionavano camere a. gas) e nei luoghi prescelti per gli stermini in massa. Ecco alcune cifre di cadaveri esumati da fosse comuni (comprensive anche delle vittime delle zone ex-polacche e degli Stati Baltici annesse all'U.R.S.S.): nella foresta di Livenitz (fra Leopoli e Tarnopol), circa 7 mila cadaveri; nella foresta di Birkenek (Riga), 46.500;
a Paranai (Vilna), circa 100 mila; al Forte n. 9 di Kovno (detto «forte della morte»), circa 70 mila; a Smolensk, 35 mila; nei pressi di Rovno, 102 mila; a Leopoli, nella sola giornata del 3 novembre 1943, 18 mila persone prelevate dal locale campo, dalla città e da altri campi, fucilate a gruppi di 50-100.
Queste cifre sono comprensive anche del massacro degli ebrei, il primo che fu compiuto su scala nazioale e risultò praticamente ultimato nel dicembre 1941. La cifra degli ebrei uccisi non è calcolabile, non esistendo nell'U.R.S.S. il censo degli ebrei; il Reitlinger (op. cit.) li stima fra 700 e 750 mila e fornisce le seguenti
valutazioni particolari: 30 mila fucilati a Kiev nei giorni 29 e 30 settembre 1941; da 80 a 120 mila sterminati a Riga. Altri eccidi in cui vengono finiti in una sola volta da 4 a 10 mila ebrei: per i Paesi Baltici, a Kovno, Vilna e Riga; per la Russia Bianca, a Minsk e Pinsk; per l'Ucraina, a Leopoli, Vinnitza, Zitomir e, più a est, a Kiev, Kharkov, Dniepropetrovsk.
Quando l'Armata Rossa riconquistò il territorio nazionale, non vi trovò più nemmeno una comunità ebraica.
Un accenno particolare s'impone per gli eccidi di bambini: 2 mila concentrati e uccisi nelle carceri centrali di Riga; 3 mila uccisi nel campo di Salaspilsko; 54 prelevati dal collegio di Teberda (Stavropol), caricati e uccisi su un autocarro adattato a camera a gas; 54 dai 3 ai 7 anni prelevati con la loro direttrice dal collegio
di Domacev, caricati su un autocarro, fucilati in un fosso e in parte sepolti vivi; 200 utilizzati nel campo di Bobruisk per il prelievo di sangue destinato ai tedeschi feriti, e uccisi quando giungevano a esaurimento; e cosi via fino al caso limite, registrato in più luoghi, di bambini utilizzati come bersaglio per esercitazioni di tiro.
Quanto alle donne, deportate a centinaia di migliaia in Germania per essere utilizzate come domestiche nonché nelle campagne e nelle fabbriche, si sa che a migliaia morirono di stenti già durante il tragitto. Si registrarono casi di decine di donne di un unico villaggio violentate e poi sterminate.
Come le repressioni dell'attività clandestina nelle città e nei villaggi si confondono con le violenze contro la popolazione civile in genere, così il trattamento dei combattenti nelle formazioni di resistenza armata, caduti in mano ai tedeschi, si confonde con quello usato verso i prigionieri in genere. Si può soltanto dire che lo
sterminio dei primi, in gran parte fatti prigionieri nelle battaglie di annientamento delle unità sovietiche che, superate nel corso dell'avanzata, continuarono a combattere nelle retrovie, fu più immediato e drastico.
Ma in linea generale valse il principio, enunciato in varie ordinanze tedesche, secondo cui «soldato sovietico ha
perso ogni diritto di essere trattato come un onesto soldato». Il che significò (con un crescendo legato al manifestarsi della disfatta tedesca in oriente): eliminazione sistematica dei feriti e di quelli che. non reggevano alle marce di trasferimento; utilizzazione dei prigionieri validi nei lavori forzati e loro uccisione quando giungevano allo stato di esaurimento; drastico razionamento dei viveri; eccidi sul luogo della cattura e nelle retrovie. Prigionieri sovietici furono utilizzati per far saltare campi minati; altri per esperimenti scientifici e quindi soppressi provocando setticemie o iniettando loro arsenico ho altre sostanze velenose.
Per le uccisioni, spesso precedute o seguite da atti di vandalismo, furono escogitati, come per i civili, metodi
vari e nuovi. A Sebastopoli, il 4 dicembre 1943, i prigionieri, giunti con tre convogli ferroviari, furono caricati su chiatte che vennero rimorchiate al largo e incendiate. Sempre da Sebastopoli presero il largo chiatte cariche di circa 2 mila feriti che furono gettati in mare. Ad Azmuskaisk un centinaio di prigionieri fu gettato nei pozzi del villaggio. Nel campo di Rava-Ruska, Stalag 325 (detto «della morte lenta»), i prigionieri venivano legati al filo spinato della cinta finché morivano. Sulla strada fra Roslav e Kiev sono stati esumati circa 5 mila prigionieri
di una colonna ivi sterminata. A Kondrovo (Smolensk) 200 prigionieri furono fatti attraversare le vie della città completamente nudi e poi fucilati: i cittadini che gettavano pane ai morituri venivano anch'essi fucilati, come avvenne in molti altri casi in cui la popolazione cercava di portare assistenza ai prigionieri.
A Pogostie (Leningrado) 150 furono orribilmente seviziati e quindi finiti con pallottole esplosive. Numerosi sono i casi di gruppi di prigionieri bruciati vivi nei fabbricati in cui erano stati rinchiusi. Si calcolano da 10 a 12 mila i prigionieri (anche francesi) uccisi o fatti morire a Leopoli nell'autunno-inverno 1941-1942; intorno ai 60 mila
quelli del campo di prigionieri di guerra n. 126 di Smolensk; a 327 mila quelli in Lituania. Dei 16 mila prigionieri sovietici inviati al campo di Auschwitz ne furono trovati vivi, il giorno della liberazione del campo (17 gennaio 1945), solo 96.
La situazione che si e tratteggiata e la eccezionale difficoltà delle ricerche valgano a giustificare il limitato numero di Lettere dell'U.R.S.S. qui pubblicate. Esse provengono dall'Archivio della Resistenza di Ucraina e sono da ritenersi inedite. Fanno eccezione la Lettera di L. Sevtzova tratta da A. Fadeev, Molodaja Gvardija, nella versione italiana La Giovane Guardia, Macchia, 1950, e la Lettera di I. Malozon riportata da A. Fiodorov, Podpolnyi Obkom deistz/ajet, nella versione italiana Il comitato clandestino al lavoro, Rinascita,1951.
Le notizie per le note sono state tratte, oltreché dagli Atti del processo di Norimberga, op. cit., e da Reitlinger, op. cit., dai seguenti testi:
- D. Zaslavskij, Smiert' i muki sovetikikh liudej pod piatoj nemets/(ikh izvergov (Morte e torture dei sovietici sotto il tallone dei mostri tedeschi), Ed. Militari del Commissariato del Popolo della Difesa, Mosca 1945.
- Bolsiaja Sovetskaja Entsiklopedija (Grande enciclopedia sovietica), vol. 7, voce «La Grande guerra patriottica dell'Unione Sovietica», 1941-1945, 2°? ed., 1951.
Ha tradotto Pietro Zveteremich. La trascrizione usata. - salvo qualche lieve variante - è quella internazionale adottata dalla Enciclopedia Italiana e dal Dizionario Bompìani delle Opere e dei Personaggi.
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