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- cultura e memoria resistenti - storia - 18-12-23 - n. 885
Perché reimmaginare una Georgia sovietica
Sopiko Japaridze * | mronline.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
15/12/2023
"Se non stai attento, i giornali ti faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che le opprimono"
Un paio di anni fa, con alcuni amici, ho proposto di fare un gioco. Assomigliava al gioco da tavolo "Mafia", ma prevedeva l'uso delle carte: "Chi è Hitler?". Si distribuiscono le carte, qualcuno riceve la carta Hitler e occorre scoprirne l'identità attraverso la conversazione. È una rivisitazione del classico gioco della "Mafia" popolare in Georgia. I "buoni" erano i "liberali", contraddistinti da uno stemma che ricorda l'Unione Sovietica - a parte la falce e martello, sostituita da una colomba. Il gioco contrapponeva i liberali ai cattivi fascisti. Nessuno dei giovani partecipanti sapeva del ruolo centrale dell'Unione Sovietica nella sconfitta del fascismo durante la Seconda guerra mondiale. Questo gioco, insieme a varie forme di propaganda ampia e sottile, contribuisce alla distorsione e alla revisione della storia sovietica dopo il crollo dell'URSS. Questa narrazione è rafforzata da individui influenti, organizzazioni non governative, storie, narrazioni, vacanze, libri e film tra le altre cose.
Anch'io sono stato influenzato dalla storia anticomunista. L'Unione Sovietica era stata spesso dipinta come uno Stato immenso e disumano, indifferente ai suoi cittadini - un'immagine che ricordava i romanzi distopici radicati nella nostra educazione fin dalla scuola media negli Stati Uniti. Inoltre, ero stato "addestrato" negli ambienti di sinistra anticomunisti degli Stati Uniti e concepivo l'URSS come un progetto fallito (ciascun gruppo a cui ho preso parte segnava anni diversi per il tradimento della rivoluzione). Tuttavia, al ritorno in Georgia dagli Stati Uniti, dove ero emigrato durante le guerre e le violenze degli anni '90, ho scoperto una prospettiva diversa.
Gli abitanti della Georgia sottolineavano in ogni contesto come lo Stato attuale trascuri il suo popolo in confronto all'assistenza ricevuta durante l'era dell'Unione Sovietica. Persino i liberali anticomunisti facevano riferimento agli standard e agli studi sovietici per opporsi all'incessante speculazione edilizia e ai danni ambientali durante le proteste a cui ho partecipato. Hanno ricordato come, durante l'Unione Sovietica, la costruzione di edifici più alti di un certo livello fosse considerata dannosa per la salute delle persone, enfatizzando fattori come la luce del sole e un terreno stabile. In tutela dei cittadini erano in vigore norme severe.
La mia esplorazione delle città minerarie in Georgia ha rivelato una cruda realtà. I residenti mi hanno indicato il nero del carbone bruciato a coprire gli edifici di abitazione, bambini inalavano cenere nei parchi giochi. Inizialmente sono stato tentato di collegare tutto ciò alla percezione di un'incuria sovietica nei confronti della popolazione a favore della produzione industriale, ma i residenti hanno obiettato con veemenza. Nell'URSS, mi hanno spiegato, norme stringenti impedivano di bruciare carbone in prossimità delle aree residenziali e la pratica odierna di stoccaggio a cielo aperto era illegale all'epoca. Hanno insistito sul fatto che i problemi attuali non esistevano nel periodo sovietico.
Tragicamente, molte morti evitabili sono state causate dalle pratiche minerarie post-sovietiche. Molteplici esplosioni in miniera hanno mietuto vittime e le interviste ai minatori hanno rivelato una verità inquietante: l'area specifica che è stata oggetto di frequenti esplosioni negli ultimi anni era stata isolata negli anni '70 sotto l'URSS, a seguito di una precedente esplosione. L'estrazione mineraria non era consentita perché ritenuta troppo pericolosa. Tuttavia, la società privata che oggi ne è proprietaria ha tolto i sigilli all'area, provocando conseguenze fatali. Queste morti erano del tutto evitabili: il risultato della negligenza nel perseguire un facile accesso al carbone.
Nella città mineraria di Kazreti, i residenti hanno dipinto un quadro desolante della loro vita attuale. All'inizio ho pensato che lo status di centro minerario dell'epoca dell'URSS potesse spiegare il senso di tedio, il sovraccarico di lavoro e l'esposizione a un elevato inquinamento, ma gli abitanti del luogo hanno descritto la vita come più vivace durante l'Unione Sovietica. Ricordano l'esuberante vita notturna, l'abbondanza di eventi sportivi e la possibilità di viaggiare a prezzi accessibili a Tbilisi e in tutta l'Unione Sovietica. Lo sport occupava un posto importante nella loro comunità, con vari eventi che si svolgevano costantemente, dai piccoli centri alle grandi città. Gli istituti tecnici in queste città hanno portato diversità e altri residenti, creando un tessuto sociale dinamico.
Secondo coloro che ho incontrato, durante l'era sovietica le persone non erano solo socialmente attive, ma anche fisicamente più sane e forti. Hanno sottolineato la fornitura di cibo e alimenti supplementari a ogni lavoratore, riconoscendo le sfide che l'attività mineraria comporta per il fisico. L'alimentazione e la nutrizione erano di primaria importanza, con sforzi dedicati a garantire un'alimentazione adeguata sia per i lavoratori che per i bambini. Questo contrasto tra il passato e il presente sottolinea i significativi cambiamenti nella qualità della vita della città nel corso del tempo.
Nella città mineraria di manganese, i minatori sopportano turni di lavoro estenuanti di dodici ore, a differenza dell'epoca sovietica, dove norme severe limitavano il lavoro a sette ore, riconoscendo l'impatto negativo sul corpo dopo periodi prolungati in miniera. Questa misura protettiva, che mirava a dare priorità al benessere dei lavoratori, è oggi compromessa e il sistema delle quote incentiva lunghe giornate di lavoro. La moglie di un minatore ha detto: "Vogliono che raggiungiamo le quote come nell'Unione Sovietica, ma non ci danno i vantaggi e i benefici dell'Unione Sovietica".
Un lavoratore addetto all'uso di esplosivi nelle miniere di carbone ha raccontato un incidente traumatico che gli è costato un braccio. Ha rivelato la dolorosa lentezza dei paramedici, che hanno impiegato un'ora intera per arrivare. Il successivo viaggio verso l'ospedale più vicino, ora distante a causa della chiusura degli ospedali legata alla privatizzazione, ha prolungato il calvario di altre ore. L'erosione degli standard di salute e sicurezza sul lavoro durante la liberalizzazione post-sovietica è emersa come un altro fatto preoccupante nelle mie conversazioni.
Questa città, un tempo vivace, si è trasformata in un paesaggio desolante con miniere insicure, inquinamento e una comunità costretta a misure disperate. I residenti trivellano il manganese nel giardino di casa, evidenziando le disastrose circostanze economiche e il grado di inquinamento. Il crollo di altre industrie, un tempo fiorenti, oltre a quella mineraria, ha lasciato la città alle prese con le conseguenze di una privatizzazione sfrenata che incide profondamente sul benessere e sulla sicurezza dei suoi abitanti.
Il ruolo degli specialisti nella prevenzione e cura di malattie professionali è stato ridotto a un ruolo meramente simbolico dalla radicale liberalizzazione degli anni 2000. Questo periodo è segnato dalla distruzione totale degli istituti sociali e del lavoro, dal divieto di tassazione progressiva e dalla criminalizzazione del comunismo e dei simboli comunisti. Durante l'Unione Sovietica, ogni anno venivano effettuate circa duecento diagnosi di malattie professionali. Negli ultimi anni, tuttavia, non sono state effettuate diagnosi. La direttrice di ciò che resta dell'Istituto di medicina del lavoro ha rivelato di aver fatto due diagnosi qualche anno fa e di aver subito minacce dall'azienda per questo. L'istituto, un tempo vitale, vanta decenni di ricerca sulla sicurezza e sulle condizioni di lavoro, ma non è in grado di condividere le sue vecchie scoperte, di condurre nuove ricerche o di effettuare diagnosi sulle persone.
La direttrice ha dichiarato candidamente: "Penserete che sono pazza, ma il meglio per la salute e la sicurezza sul lavoro è stato fatto sotto il comunismo". L'ho rassicurata dicendole che non la consideravo pazza.
C'è chi in Georgia ha una visione diversa dalla vulgata dominante sulla storia del paese e del passato sovietico, sia locali che stranieri, che si impegnano in conversazioni più equilibrate e basate su prove sull'Unione Sovietica. In primo luogo, fanno i conti con progetti storici innescati da narrazioni esagerate e ipernazionaliste. Purtroppo, questi ragionamenti faticano a penetrare nei canali di comunicazione main stream, anche se la popolazione è disposta e pronta a discussioni più equilibrate sull'URSS.
Un numero significativo, se non la maggioranza, di coloro che sono cresciuti in Unione Sovietica ha una visione positiva, se non addirittura affettuosa, di questo passato. Tuttavia, questi sentimenti sono spesso emarginati e respinti dalla propaganda prevalente in Georgia. Ogni volta che qualcuno cerca di condividere aspetti positivi dell'Unione Sovietica, si guarda cautamente intorno per assicurarsi che le sue parole non attirino attenzioni indesiderate. Nel corso dei decenni, le persone che esprimono tali sentimenti hanno subito le critiche di liberali e conservatori uniti nell'anticomunismo che liquidano i loro sentimenti come semplice "nostalgia", trattandoli come bambini ingenui.
La narrazione antisovietica prevalente in Georgia e agisce come un incantesimo che colpisce tutti, con sfumature e fatti apparentemente riservati agli addetti ai lavori o a una popolazione marginalizzata. Gli esperti e gli accademici possiedono il potenziale per contrastare le distruttive narrazioni ipernazionaliste, in particolare nel contesto della Georgia attuale. Dato che la propaganda è sostenuta da istituzioni, fondi di sovvenzione, politiche della memoria sponsorizzate dallo Stato, organizzazioni internazionali e regionali, tra gli altri, è comprensibile che siano riluttanti a mettere a rischio il loro status in questo cerchio incantato. Ammettiamolo: gli accademici non sono famosi per il loro coraggio. È qui che noi, come socialisti, dobbiamo raccogliere la sfida.
Sebbene sia stato un fatto comune per i socialisti occidentali prendere pubblicamente le distanze dall'Unione Sovietica ("No, noi non siamo quel tipo di socialisti!"), il compito critico di rivedere la storia dell'Unione Sovietica alla luce di realtà vecchie e nuove persiste. È anche importante analizzare le esperienze delle persone che l'hanno vissuta, così come le ripercussioni che ne sono conseguite, piuttosto che basarsi esclusivamente sulle memorie selezionate come armi durante la Guerra Fredda.
L'Unione Sovietica ha rappresentato il più grande pericolo per il capitalismo perché ha simboleggiato una visione reale e convincente di un altro mondo possibile, un concetto che oggi spesso sembra un vuoto slogan di protesta. Anche se l'iniziativa è fallita in URSS sotto vari aspetti, la sua esistenza ha ispirato progetti utopici ancora più audaci altrove.
L'Unione Sovietica è stata una importante sostenitrice materiale della decolonizzazione e la sua scomparsa si fa sentire in tutto il mondo. Oggi, la narrazione dominante dello sviluppo non offre alternative, rafforzando la dualità tra centro e periferia nelle relazioni. Questo divario riguarda la letteratura, l'arte, la musica e le relazioni interpersonali, oltre che la geopolitica. I cittadini ex sovietici sono divisi, senza opportunità o mezzi per riconnettersi e il Terzo Mondo non si rifà più alla presenza sovietica un tempo dominante. Lo scenario attuale vede le élite post-sovietiche collegate solo all'Europa, separandosi dal resto della gente comune.
Ci sono stati innumerevoli esperimenti di successo all'interno dell'URSS che meritano di essere rivisti e rivisitati, nonostante nell'immaginario popolare miri alla riduzione dell'esperimento sovietico a violenza e repressione. Le giornate recentemente coniate come la Giornata del Nastro Nero e gli ingiusti paragoni con il fascismo in tutta Europa evidenziano come la memoria dell'Unione Sovietica sia sempre più demonizzata e distorta. Inoltre, gli innumerevoli combattenti - come i miei nonni - che hanno sacrificato le loro vite per sconfiggere il fascismo vengono erroneamente equiparate ai fascisti stessi. Il fascismo, originariamente nato come opposizione al socialismo, è stato paradossalmente riformulato per essere storicamente opposto al liberalismo invece che suo compagno di letto.
La riduzione delle discussioni sull'Unione Sovietica a mera nostalgia è una conseguenza di una questione più profonda. Discussioni più solide e ricche di sfumature sull'URSS sono purtroppo ora confinate ai circoli di esperti. Quando gli individui si trovano nell'impossibilità di sfruttare il loro patrimonio di conoscenze e di contribuire alla ricostruzione di una nuova società - percepiti come reliquie del passato in attesa di svanire - l'unico rifugio diventano le conversazioni private con amici e colleghi. Questo isolamento dalla partecipazione attiva alla formazione del futuro li lascia confinati a condividere ricordi e intuizioni in cerchie più ristrette e personali. Questo riflette la sfida più ampia di integrare la saggezza e le esperienze del passato nella narrazione continua del progresso della società.
In risposta alla loro emarginazione, i nostalgici sovietici - membri della società spesso esclusi - resistono attraverso la conservazione privata della memoria dell'URSS. Con le loro conoscenze ed esperienze poste ai margini della discussione pubblica, il loro è un sottile atto di sfida. È un modo per sostenere una visione del passato che va oltre la semplice nostalgia; è una protesta silenziosa contro l'essere relegati ai margini della società. È la loro tacita affermazione di valore nel plasmare la narrazione, anche se confinata a livello interpersonale. Innumerevoli gruppi e pagine Facebook sono dedicati a ricordare i tempi migliori dell'URSS. Un motivo che riecheggia spesso è: "Tbilisi era relazione", che fotografa l'essenza della solidarietà tra le persone nella capitale della Georgia sovietica. Non si trattava solo di una posizione geografica, ma di un legame genuino e premuroso, in netto contrasto con il presente.
Le persone spesso rinunciano al loro potere credendo di non possederne alcuno. La paura del comunismo e del suo potenziale di mobilitazione per trasformare il mondo è evidente nella continua promulgazione di leggi anticomuniste durante la restaurazione capitalista. Nonostante trent'anni di sforzi per seppellire e diffamare la sua memoria, la resilienza del comunismo rimane imbattuta. Questa lotta duratura riflette l'apprensione di fondo dei sostenitori delle ideologie capitaliste che riconoscono il potere e l'attrattiva duraturi di una visione che sfida lo status quo. I socialisti non dovrebbero liquidare l'intero esperimento sovietico come un fallimento.
Riconoscendo l'imperativo di ridefinire la Georgia sovietica al di là della semplice nostalgia, Bryan Gigantino e io abbiamo lanciato il podcast Reimagining Soviet Georgia. Il nostro obiettivo non è consegnare la Georgia sovietica al passato, ma rinvigorirla, rendendola una forza dinamica nel plasmare nuove visioni del mondo. Il podcast cerca di ispirare, salvando l'era sovietica dal vilipendio e dalle infondate associazioni con il fascismo. Siamo a favore di un cambiamento al di là delle discussioni accademiche e dell'aggiunta di un altro fronte oltre al ricordo del passato sovietico esclusivamente intorno alla tavola.
*) Sopiko Japaridze è presidente di Solidarity Network, un sindacato di operatori sanitari e di assistenza in Georgia, e conduttore del podcast di storia Reimagining Soviet Georgia.
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