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Einstein si oppose alla colonizzazione sionista in Palestina e predisse la catastrofe attuale
Robin Philpot * | mronline.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
07/11/2024
Poche settimane prima della creazione dello Stato di Israele, Shepard Rifkin, rappresentante a New York del Gruppo Stern, un'organizzazione paramilitare sionista fondata nella Palestina mandataria, chiese che i rappresentanti del gruppo incontrassero negli Stati Uniti Albert Einstein, "la più grande figura ebraica dell'epoca" secondo il giornalista I.F. Stone. La risposta di Einstein fu inequivocabile: Quando una vera e definitiva catastrofe dovesse abbattersi su di noi in Palestina, i primi responsabili sarebbero gli inglesi e i secondi le organizzazioni terroristiche costruite tra le nostre fila. Non sono disposto a vedere nessuno associato a queste persone fuorviate e criminali.
Per cogliere la preveggenza di Einstein, basta sostituire "gli inglesi" con "gli americani" e "le organizzazioni terroristiche" come il Gruppo Stern e l'Irgun con il governo Netanyahu, i discendenti politici dei leader di questi gruppi, Menachem Begin e Yihtzak Shamir.
Einstein disse che la sua "vita era divisa tra equazioni e politica". Eppure, tra i suoi biografi - ce ne sono centinaia - e nei media tradizionali, i suoi ampi scritti politici su Israele e il sionismo sono stati, nel migliore dei casi, nascosti o, nel peggiore, completamente distorti, arrivando a identificare il grande scienziato come un sostenitore dello Stato di Israele.
Questo fino a quando il compianto Fred Jerome li ha cercati, trovati, fatti tradurre (per lo più dal tedesco) e pubblicati nel libro Einstein on Israel and Zionism. Purtroppo, la prima edizione di questo testo, pubblicata da una casa editrice di New York, ha avuto una tiratura molto ridotta, non è mai stata promossa o trasformata in un e-book, ed è andata esaurita in pochissimo tempo. Per questo motivo Baraka Books ha pubblicato una nuova edizione con il consenso di Jocelyn Jerome, vedova dell'autore.
Fu in Germania negli anni Venti, in un periodo di antisemitismo dilagante in cui la teoria della relatività veniva attaccata come "scienza ebraica", che Einstein fu attratto dal movimento sionista. Solo nel 1914, quando arrivò in Germania, "scoprì per la prima volta di essere ebreo", una scoperta che attribuì più ai non ebrei (gentiles) che agli ebrei. Prima di allora, si sentiva membro della specie umana.
Si definiva un "sionista culturale", ma già nel 1921 Kurt Blumenfeld, un attivista sionista inviato a reclutare Einstein, mise in guardia Chaim Weizmann, il futuro presidente di Israele, dal grande scienziato: Einstein, come sapete, non è sionista e vi chiedo di non cercare di farlo diventare sionista o di legarlo alla nostra organizzazione... Einstein, che propende per il socialismo, si sente molto coinvolto nella causa del lavoro ebraico e dei lavoratori ebrei... Ho sentito... che vi aspettate che Einstein tenga dei discorsi. Vi prego di fare attenzione a questo. Einstein... spesso dice cose per ingenuità che non sono gradite a noi.
A parte la presunta "ingenuità" di Einstein, Blumenfeld non avrebbe potuto dirlo meglio. Einstein sarebbe stato un costante ostacolo al progetto sionista di colonizzazione della Palestina e alla creazione dello Stato di Israele fino alla sua morte nel 1955.
Ecco alcuni esempi delle sue posizioni.
I suoi scambi con Chaim Weizmann, il futuro presidente di Israele, illustrano quanto Einstein fosse importante per i sionisti, ma soprattutto quanto le sue opinioni differissero dalle loro. In una lettera a Weizmann del 25 novembre 1929, scrisse: "Se non saremo in grado di trovare un modo di cooperare onestamente e di stringere patti onesti con gli arabi, allora non avremo imparato nulla durante i nostri duemila anni di sofferenza e meriteremo il destino che ci toccherà".
L'idea del "destino che ci toccherà" ricorre spesso. Nel 1929, sembra aver già previsto che lo Stato nazionale che i sionisti sognavano di creare senza "onesta cooperazione e onesti patti" con i loro vicini palestinesi sarebbe diventato quello che è oggi, cioè il luogo più pericoloso al mondo per gli ebrei.
Poche settimane dopo, il 14 dicembre 1929, scrisse a Selig Brodetsky dell'Organizzazione sionista di Londra: "Sono felice che non abbiamo potere. Se la testardaggine nazionale si dimostrerà abbastanza forte, allora ci faremo ammazzare, come meritiamo".
Inoltre, Leon Simon, uno dei suoi primi editori e traduttori, ha scritto: "Nel nazionalismo del professor Einstein non c'è spazio per alcun tipo di aggressività o sciovinismo. Per lui il dominio degli ebrei sugli arabi in Palestina, o il perpetuarsi di uno stato di ostilità reciproca tra i due popoli, significherebbe il fallimento del sionismo".
A differenza della grande maggioranza dei sionisti, il sostegno di Einstein a una possibile "patria ebraica" - non uno Stato - non si limitava alla Palestina. Non c'era nulla di religioso nel suo impegno. Alcuni sionisti sostenevano la creazione di una patria ebraica in Cina, Perù o Birobidzhan nell'Unione Sovietica, ma in pieno accordo con le autorità statali e le popolazioni in ogni caso.
Einstein sostenne questi passi. Ad esempio, a proposito della patria ebraica di Birobidzhan, in Unione Sovietica, dopo la Seconda guerra mondiale, scrisse: "Non dobbiamo dimenticare che in quegli anni di atroce persecuzione del popolo ebraico, la Russia sovietica è stata l'unica grande nazione che ha salvato centinaia di migliaia di vite ebraiche. L'impresa di sistemare 30.000 orfani di guerra ebrei a Birobidjan e di assicurare loro in questo modo un futuro soddisfacente e felice è una nuova prova dell'atteggiamento umano della Russia nei confronti del nostro popolo ebraico. Aiutando questa causa contribuiremo in modo molto efficace alla salvezza dei resti dell'ebraismo europeo".
Negli anni cruciali tra la fine della guerra e la sua morte nel 1955, Einstein si espresse apertamente sul progetto dello Stato ebraico. Invitato a testimoniare davanti alla Commissione d'inchiesta anglo-americana sulla Palestina a Washington, nel gennaio 1946, Einstein rispose in modo inequivocabile quando gli fu chiesto del possibile Stato di Israele rispetto a una patria culturale: "Non sono mai stato a favore di uno Stato".
Nel marzo 1947, I.Z. David, membro del gruppo terroristico Irgun guidato da Menachem Begin, gli inviò un questionario al quale rispose in modo netto e chiaro:
Domanda: Qual è la sua opinione sulla creazione di una libera Palestina nazionale ebraica? Einstein: Casa nazionale ebraica? Sì. Palestina nazionale ebraica? No. Sono favorevole a una Palestina libera e binazionale, a suo tempo, previo accordo con gli arabi.
Domanda: Opinione sulla spartizione della Palestina e sulle proposte di Chaim Weizmann in merito? Einstein: Sono contrario alla spartizione.
Sulla questione dell'alleanza tra l'imperialismo britannico e quello americano, Einstein non si faceva illusioni: "Mi sembra che i nostri amati americani stiano plasmando la loro politica estera sul modello tedesco, dal momento che sembrano aver ereditato la boria e l'arroganza di questi ultimi. A quanto pare, vogliono anche assumere il ruolo che l'Inghilterra ha svolto finora. Si rifiutano di imparare gli uni dagli altri; e imparano poco anche dalla loro stessa dura esperienza. Ciò che è stato impiantato nelle teste fin dalla prima giovinezza si radica più saldamente dell'esperienza e del ragionamento. Gli inglesi ne sono un altro buon esempio. I loro metodi antiquati di repressione delle masse attraverso l'uso di elementi indigeni senza scrupoli della classe economica superiore costeranno loro presto l'intero impero, ma non sono in grado di cambiare i loro metodi; non importa se si tratta dei Tories o dei Socialisti. Con i tedeschi è stato esattamente lo stesso. Tutto questo è così triste per gli elementi migliori e per gli oppressi".
Per quanto riguarda gli antenati politici dell'attuale governo Netanyahu, Einstein ha fatto a pezzi loro e i loro partiti politici, in particolare sul New York Times. Quando Menachem Begin venne a New York alla fine del 1948, Einstein, Hannah Arendt e altre figure intellettuali ebraiche negli Stati Uniti pubblicarono una lettera che denunciava la sua visita e l'organizzazione da lui guidata, definendola "un partito politico molto vicino nella sua organizzazione, nei suoi metodi, nella sua filosofia politica e nel suo appello sociale ai partiti nazisti e fascisti". Un esempio citato era il massacro di 240 uomini, donne e bambini nel villaggio palestinese di Deir Yassin.
Einstein ripeterà questa accusa fino alla sua morte, avvenuta nel 1955: "Queste persone sono naziste nei loro pensieri e nelle loro azioni". Chiunque oggi dica qualcosa di analogo viene immediatamente etichettato come antisemita e inserito nella lista nera.
È risaputo che quando Chaim Weizmann morì nel 1952, il primo ministro di Israele offrì la presidenza di Israele ad Albert Einstein. Meno nota, invece, è la motivazione che Einstein diede per questo rifiuto: "Avrei dovuto dire al popolo israeliano cose che non avrebbero voluto sentire". Ancora meno nota è la dichiarazione di Ben Gurion: "Ditemi cosa fare se dice di sì! Ho dovuto offrirgli il posto perché era impossibile non farlo, ma se accetta siamo nei guai".
Centinaia, se non migliaia, di persone vengono accusate di antisemitismo o licenziate dal loro lavoro perché osano criticare lo Stato di Israele, definirlo uno Stato di apartheid e denunciare il genocidio dei palestinesi. Stiano tranquilli: sono in buona compagnia, perché se Einstein fosse vivo oggi sarebbe in prima linea a manifestare con loro.
*) Robin Philpot è editore di Baraka Books. Tutte le citazioni sono tratte dalla nuova edizione arricchita di Einstein on Israel and Zionism (settembre 2024) di Fred Jerome
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