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Il genocidio inventato
Thanasis Spanidis | jungewelt.de
Traduzione a cura di Giaime Ugliano
23/06/2017
L'affermazione che l'Unione Sovietica nel periodo di Stalin abbia causato volutamente una carestia in Ucraina all'inizio degli anni '30 per spezzare la resistenza politica persiste ancora oggi, ma i fatti mostrano un quadro diverso.
La commemorazione dell'"Holodomor" è oggi di grande importanza in Ucraina. Il Parlamento ucraino ha ripetutamente classificato la carestia, che uccise tra i 2,4 e i 14,5 milioni di persone a seconda delle stime, come un genocidio - Il presidente Petro Poroshenko e sua moglie Maryna alla cerimonia commemorativa presso il memoriale delle vittime della carestia a Kiev (28/11/2015)
"Bitter Harvest" è il titolo di un sontuoso "dramma storico" uscito nelle sale cinematografiche statunitensi alla fine di febbraio di quest'anno. Anche per gli standard di Hollywood, il film è un caso particolarmente sfacciato di falsificazione storica. Il soggetto è la "carestia ucraina" del 1932/33 che, secondo i registi, fu deliberatamente architettata dal governo sovietico per punire gli ucraini per il loro desiderio di libertà.
Non è un caso che il regista George Mendeluk sia un ucraino esule in Canada. L'investitore ucraino-canadese Ian Ihnatowycz ha fornito 21 milioni di dollari per la sceneggiatura. Poiché il film lascia molto a desiderare sotto tutti i punti di vista, a parte il contenuto storicamente distorto, si può almeno sperare che non sia un successo significativo. In ogni caso, il "lavoro" di Mendeluk dipinge un'Ucraina in cui prevalevano condizioni idilliache prima della Rivoluzione d'Ottobre, fino a quando feroci bolscevichi con accento russo attaccarono il Paese, uccidendo e saccheggiando. Furioso per il fatto che gli ucraini non avrebbero sopportato tutto questo, Stalin ordinò di farli morire di fame. Ma poi un raggio di speranza: dopo milioni di morti, le masse si alzarono e si misero a uccidere i comunisti per riconquistare la "libertà".
L'uscita del film nel 2017 non è certo una coincidenza. Negli ultimi anni la NATO ha intrapreso un percorso di aperto confronto con la Russia. Un importante tassello nell'accerchiamento di Mosca è il regime di Kiev, la cui narrazione nazionale include saldamente l'"Holodomor". Il termine è un neologismo ucraino che significa approssimativamente "omicidio per fame" e la sua somiglianza fonetica con la parola "Olocausto" è probabilmente intenzionale. Soprattutto, però, l'"Holodomor" è una cosa: una favola e non un fatto storico.
Ma per quanto la visione del film sia falsa, non è affatto marginale. È vero che i fascisti e i nazionalisti ucraini sono sempre stati i più accaniti sostenitori della menzogna dell'Holodomor, ma non sono affatto gli unici: anche numerosi governi aderiscono alla falsificazione della storia. Ad oggi, 24 governi riconoscono l'"Holodomor" come genocidio, tra cui Polonia, Australia, Canada, Stati Uniti, Spagna, Repubblica Ceca e alcuni Paesi dell'America Latina. Nel 2008, anche il Parlamento europeo ha riconosciuto l'Holodomor come crimine contro l'umanità.
La creazione del mito
L'anno di nascita del "genocidio da carestia" fu il 1935, quando i giornali statunitensi appartenenti all'impero del magnate dei media William Randolph Hearst pubblicarono una serie sulla "carestia ucraina", curata da Thomas Walker. Hearst stesso era uno degli uomini più ricchi del mondo e un ardente sostenitore di Hitler e Mussolini. Tuttavia, non passò molto tempo prima che tutto ciò che riguardava la serie si rivelasse falso: non solo le affermazioni di Walker erano inventate, ma le sue immagini erano tratte da altri contesti storici, dall'Austria-Ungheria durante la Prima Guerra Mondiale o dalla Russia durante la carestia del 1921/22 [1]. Naturalmente, questi imbarazzi non impedirono al Völkischer Beobachter (Osservatore popolare, organo ufficiale del partito nazista in Germania, ndt) di adottare le storie dell'orrore della stampa di Hearst e di metterle al servizio della propaganda contro il "bolscevismo ebraico".
L'impero nazista è stato seppellito nel 1945, ma non la menzogna dell'"olocausto della fame", perché dietro c'erano ancora forti interessi. Durante l'occupazione fascista dell'Ucraina, c'era stato un movimento collaborazionista, soprattutto nelle regioni occidentali: sotto il suo leader Stepan Bandera (1909-1959), l'Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA) era stato coinvolto nei più gravi crimini di guerra contro i civili polacchi, ebrei e filo-sovietici e aveva anche assistito le SS e le unità della Wehrmacht nello sterminio degli ebrei. Il principale mito della vittima, che ha lo scopo di minimizzare i crimini dell'UPA o almeno di renderli più facili da comprendere, è l'"Holodomor".
Anche tra gli storici il mito persiste tuttora: gli storici che si attengono a un minimo di standard di ricerca qualitativa rifiutano la tesi dell'"Holodomor". Tuttavia, l'opera standard sull'Holodomor "Harvest of Sorrow" dello storico e ufficiale dei servizi segreti britannico Robert Conquest del 1986 gode ancora di una certa popolarità [2]. Come rinnegato del movimento comunista, lo strenuo reazionario Conquest aveva trovato la sua vera vocazione presso l'Information Research Department (IRD). L'IRD era un'agenzia del Ministero degli Esteri britannico il cui scopo principale era organizzare campagne di disinformazione contro l'Unione Sovietica. Fu sempre l'IRD a convincere Conquest a produrre propaganda antisovietica sotto forma di pubblicazioni accademiche [3]. Ma per quanto il libro di Conquest fosse utile ai fini anticomunisti, gli esperti non ne furono entusiasti. I più importanti storici occidentali che si occupano di storia dell'Unione Sovietica hanno tutti respinto la pubblicazione in quanto non scientifica e la tesi centrale di Conquest del "genocidio da carestia" in quanto assurda. Nel 2010, Timothy Snyder dell'Università di Yale ha pubblicato il suo bestseller "Bloodlands", che ha superato persino Conquest in termini di revisionismo storico [4]. Anche in questo caso, i suoi colleghi erano scettici, ma il clima era notevolmente cambiato. Le critiche di fondo a Snyder erano ormai rare.
Elementi fondanti del nazionalismo
L'"Holodomor" è quindi una componente importante nella propaganda prevalente sul quadro storico dell'Unione Sovietica e dei tre decenni in cui Stalin fu segretario generale del Partito Comunista. Tuttavia, mentre ben poco di ciò che il grande pubblico (compresa la maggioranza della "sinistra") crede di sapere su questo periodo corrisponde effettivamente ai fatti, la menzogna dell'Holodomor rappresenta una particolare qualità di distorsione storica.
Si dice che nel 1932/33 sia accaduto quanto segue: Stalin, che di solito viene equiparato all'intera leadership sovietica, voleva spremere l'agricoltura per finanziare l'industrializzazione dell'Unione Sovietica. Il nazionalismo ucraino gli creava problemi: Stalin disprezzava i contadini e gli ucraini in particolare. Per piegare la resistenza dei contadini ucraini, decise di sottoporli ad una terribile carestia: quando questa scoppiò, il governo chiuse le frontiere della Repubblica per rendere impossibile qualsiasi fuga, ma nel frattempo continuò a esportare (dall'Ucraina, ndt) milioni di tonnellate di grano. Il risultato di questa carestia deliberata fu di sette, dieci o quattordici milioni di morti, secondo alcune testimonianze. Probabilmente non è un caso che le "stime" siano appena superiori al numero di vittime del genocidio fascista degli ebrei.
In realtà, però, non accadde quasi nulla di quanto sostenuto dal mito: la leadership sovietica non ha mai voluto la carestia in nessun momento della storia, ma al contrario l'ha vista come una minaccia costante per decenni; fecero anche molto per contenerla. Non ci sono prove per l'affermazione che Stalin odiasse i contadini e/o gli ucraini, ma ci sono molte prove per il contrario. Anche l'affermazione di una carestia "causata dall'uomo" è falsa, perché in realtà i fattori naturali furono decisivi. Che l'Unione Sovietica abbia continuato a esportare grano indifferente alla tragedia è, nella migliore delle ipotesi, una visione molto distorta. Infine, anche il numero di morti per fame dichiarato è probabilmente esagerato. Una sola cosa è vera in tutto questo: non c'è dubbio che nel 1932/33 in alcune parti dell'Unione Sovietica si sia verificata una grave carestia con molte vittime.
Tuttavia, c'è una certa controversia tra gli storici seri sulle sue cause, incentrata sulla misura in cui non solo i fattori ambientali ma anche gli sviluppi politici contribuirono al suo aggravamento. Robert Davies e Stephen Wheatcroft considerano la politica agricola del governo sovietico come la causa principale della carestia: la collettivizzazione dell'agricoltura fu attuata a rotta di collo, mentre allo stesso tempo furono aumentati i prelievi sul grano per coprire le perdite causate dall'industrializzazione. L'equipaggiamento iniziale degli agricoltori con trattori, sementi migliorate e fertilizzanti artificiali compensò solo in parte il collasso dell'agricoltura. Tuttavia, gli autori sottolineano che la carestia giunse inaspettata e fu altamente indesiderata, ma le contromisure del governo non erano più sufficienti a prevenire l'ondata di decessi [5].
Condizioni ambientali sottovalutate
Mark B. Tauger, invece, ha criticato in modo esaustivo non solo la versione di una carestia voluta, ma anche quella di una catastrofe non voluta, ma comunque "causata dall'uomo". Il famoso esperto di storia dell'agricoltura sovietica persegue essenzialmente due linee di argomentazione. In primo luogo, offre un'analisi dei fattori che portarono alla carestia più completa di qualsiasi altro autore e dimostra che le condizioni ambientali furono di gran lunga il fattore più importante nel causare la carestia. Ampie zone dell'Unione Sovietica furono colpite da una grave siccità nel 1931/32, mentre allo stesso tempo in alcune regioni si verificarono forti piogge e inondazioni che distrussero gran parte del raccolto. Favorite dall'eccessiva umidità, scoppiarono gravi malattie delle piante, in particolare diverse varietà di ruggini, peronospora e segale cornuta. Inoltre, si moltiplicarono in massa i parassiti e tutti i tipi di erbe infestanti. Secondo una stima sovietica, circa nove milioni di tonnellate di grano, ovvero il 13-20% del raccolto totale, furono distrutti solo dalla peronospora e dalla ruggine. Anche le perdite di raccolto dovute ad altre malattie, parassiti e condizioni meteorologiche furono notevoli. La combinazione di diversi fattori estremamente sfavorevoli innescò una grave crisi nella produzione alimentare che avrebbe causato gravi problemi a qualsiasi sistema agricolo dell'epoca. Le carenze alimentari e le carestie degli anni precedenti avevano inoltre colpito gravemente le scorte di cavalli da tiro, riducendo la capacità di arare i campi.
Al contrario, i tanto discussi fattori "antropici" giocano solo un ruolo secondario nell'analisi di Tauger. L'industrializzazione causò il trasferimento di molti lavoratori agricoli nelle città. La collettivizzazione probabilmente influì anche sul raccolto a breve termine, perché fu accompagnata dal reinsediamento di agricoltori ricchi ("kulaki") e gli agricoltori recalcitranti distrussero il grano o il bestiame. Tuttavia, ciò non è stato così significativo perché i kulaki hanno generalmente continuato le loro attività e perché la resistenza dei contadini non può spiegare l'assenza di molti milioni di tonnellate di grano: gran parte della popolazione rurale avrebbe dovuto prendere parte a tali azioni. Infine, anche gli errori e le inefficienze nella pianificazione economica e nella gestione delle campagne, la conoscenza incompleta delle condizioni ambientali e l'inaffidabilità delle informazioni raccolte dal governo contribuirono al peggioramento della situazione. Nel complesso, tuttavia, Tauger osserva che una straordinaria confluenza di fattori ambientali estremamente sfavorevoli ha scatenato una carestia che è stata aggravata dalla mancanza di manodopera e di forza di trazione, da casi di cattiva gestione e dal sabotaggio dei contadini in una misura che non può essere quantificata con precisione.
Il governo era consapevole del pericolo di carestia, ma lo sottovalutò, poiché all'epoca lo Stato sovietico non disponeva di sistemi di approvvigionamento delle informazioni o di competenze agricole sufficientemente efficaci: entrambi erano ancora in fase di sviluppo. Ciononostante, il governo adottò un'ampia gamma di misure per contenere la carestia. Il grano ritirato dal Paese (tramite prelievi statali e vendite private da parte degli agricoltori) diminuì significativamente da 18,8 milioni di tonnellate nel 1931 a 13,7 milioni di tonnellate nel 1932. Molti prelievi forzati erano stati effettuati per errore anche nelle zone colpite dalla carestia e furono rimborsati. Le esportazioni di grano, spesso citate come prova che il governo accettava la fame di milioni di persone, furono in realtà drasticamente ridotte dopo lo scoppio della carestia: 4,7 milioni di tonnellate erano ancora state esportate tra la metà del 1931 e la metà del 1932, ma solo 1,6 milioni l'anno successivo, di cui appena 220.000 tonnellate nella prima metà del 1933, una cifra minima rispetto all'entità totale del raccolto. Le riserve statali di grano erano una preoccupazione costante della leadership sovietica, che considerava la loro costituzione una priorità importante in caso di guerra. Tuttavia, queste erano ormai ampiamente utilizzate per sfamare la popolazione, compresi i depositi di grano dell'Armata Rossa. Un totale di 5,76 milioni di tonnellate di cibo e sementi fu consegnato alle aree colpite dalla carestia, il più grande aiuto alla carestia nella storia sovietica e russa. Poiché il raccolto era complessivamente troppo scarso, il Politburo del Partito Comunista formò una commissione per migliorare il raccolto a partire dal settembre 1932, di cui facevano parte anche Stalin e il Ministro degli Esteri Molotov: la carestia era ora al centro dell'attenzione della leadership politica. Il Ministero dell'Agricoltura lanciò programmi per combattere i parassiti e aumentare i raccolti con sementi migliori; i funzionari del lavoro inefficienti nelle campagne furono sostituiti da agricoltori esperti; furono anche introdotte nuove leggi per migliorare la disciplina del lavoro attraverso le sanzioni. Per migliorare l'organizzazione del lavoro, nelle campagne e nelle fattorie statali vennero istituiti dei dipartimenti politici nelle stazioni macchine e trattori. La migrazione interna incontrollata di persone affamate fu limitata per costringere i contadini a continuare a coltivare i campi. Da uno sguardo più attento emerge il quadro di uno Stato e di una leadership di partito che si stavano seriamente impegnando per prevenire una carestia, ma che erano ben lontani dal disporre delle risorse necessarie per farlo [6].
La contestualizzazione necessaria
La seconda linea di argomentazione di Tauger consiste nel collocare la collettivizzazione nel contesto della storia agricola russa e sovietica. Diversi autori hanno dipinto la collettivizzazione dell'agricoltura come una decisione politicamente motivata, economicamente disastrosa, ma che serviva a spezzare l'opposizione dei contadini e ad aumentare le tasse sul grano. Tuttavia, questa posizione non solo non può essere comprovata da fonti storiche, ma è anche in diretta contraddizione con le motivazioni della leadership comunista che possono essere effettivamente dimostrate. Essi consideravano il sottosviluppo dell'agricoltura come un ostacolo centrale alla costruzione socialista e alla disponibilità di cibo sufficiente per la popolazione. Il fatto è che nell'Impero zarista e negli anni successivi alla rivoluzione, la produttività agricola era così bassa che qualsiasi interruzione dei normali processi di raccolta era sufficiente a scatenare una carestia. Ci fu una carestia nel 1891/92, poi una gravissima durante la guerra civile del 1918-22 e altre ancora nel 1924/25, 1927 e 1928/29.
Il governo vedeva questa situazione come intollerabile e come un enorme ostacolo all'industrializzazione del Paese. Nella tesi di Stalin del "socialismo in un solo Paese", l'alleanza con i contadini aveva un ruolo centrale: solo conquistando i contadini come sostenitori attivi e principali alleati della dittatura del proletariato, modernizzando l'agricoltura e risolvendo una volta per tutte la questione alimentare, l'Unione Sovietica avrebbe potuto sopravvivere in un ambiente ostile. L'obiettivo di Stalin non era quello di "spezzare", ma di attivare e mobilitare politicamente i contadini, aumentare il loro livello di cultura e organizzare i processi lavorativi in modo più efficiente.
Dal punto di vista del governo, la modernizzazione dell'agricoltura era possibile solo se le piccole aziende agricole e i villaggi fossero stati fusi in unità più grandi in grado di applicare la tecnologia moderna basata sulle conoscenze scientifiche. La collettivizzazione non appariva nelle consultazioni, nelle discussioni e nelle decisioni del partito e del governo come un mezzo per aumentare le tasse sul grano, ma come l'inizio di una modernizzazione e di una trasformazione a lungo termine dell'agricoltura nell'interesse della popolazione rurale e urbana. E non ci si è fermati alle dichiarazioni di intenti: lungi dal "comprimere" in qualche modo l'agricoltura, il governo convogliò ampie risorse in questo settore, soprattutto durante la collettivizzazione. Mentre l'8,1% del reddito nazionale è stato investito in agricoltura nel 1928/29, gli investimenti hanno raggiunto un picco del 12,2% nel 1930, per poi calare nuovamente alla fine degli anni '30 nel contesto dei preparativi per la guerra. Tuttavia, questo dato non include gli ingenti investimenti destinati alla produzione industriale di attrezzature agricole come i trattori. L'idea di agricoltura moderna, così come prevaleva nella maggioranza dei leader bolscevichi, consisteva nell'imitazione del modello statunitense di grande azienda agricola meccanizzata in condizioni socialiste. Alcuni esperimenti di grande successo con le aziende agricole statali (i sovkhoz) negli anni precedenti avevano confermato la fattibilità di questa idea. E anche se la collettivizzazione causò molti problemi imprevisti, ci furono eccessi di violenza, alcuni obiettivi non furono raggiunti e anche l'equilibrio ecologico di questa forma di agricoltura è problematico, era probabilmente l'unico approccio realistico per risolvere il problema agricolo e alimentare del Paese [7].
Percezione distorta
Come mostra Mark B. Tauger, la percezione della collettivizzazione sovietica nel suo complesso è completamente distorta. A questo hanno contribuito non solo persone come Snyder, ma anche storici più seri. L'opposizione dei contadini alla collettivizzazione è grottescamente esagerata da numerosi autori, che si limitano a dichiarare come rappresentativi quelli che sono singoli aneddoti. Tauger, invece, dimostra che intorno al 1930, al culmine della collettivizzazione, anche secondo le stime più generose (ignorando i conteggi multipli), un massimo del cinque per cento della popolazione contadina adulta partecipò alle proteste. Di queste, più del 90% erano pacifiche e solo circa l'1% delle azioni erano effettivamente rivolte armate. Nella stragrande maggioranza dei casi, il malcontento è stato semplicemente placato con spiegazioni, persuasione e concessioni. D'altra parte, c'erano anche molti agricoltori che sostenevano e promuovevano attivamente la collettivizzazione, e una stragrande maggioranza che almeno la accettava e contribuiva ad attuarla [8].
Nonostante i suoi problemi, la collettivizzazione ebbe complessivamente successo. Eliminò la forma estremamente inefficiente di coltivazione individuale di piccole strisce di terra che aveva prevalso fino ad allora; rese possibile la meccanizzazione e l'utilizzo di metodi di coltivazione migliori. Da quel momento in poi fu possibile coltivare più terra con meno manodopera, consentendo la migrazione dei lavoratori verso le città e quindi l'industrializzazione. La vita rurale fu rivoluzionata, si creò un nuovo modo di vivere insieme e un'immagine socialista del contadino come importante forza politica. E infine, ma non meno importante: dopo la collettivizzazione, le carestie si sono ripetute solo nel contesto della Seconda Guerra Mondiale. Dopo il 1947, erano finalmente relegate al passato.
Discredito e mobilitazione
L'"Holodomor" è quindi un caso particolarmente sfacciato di falsificazione storica, poiché ogni dettaglio dell'evento, relativamente ben studiato, contraddice la tesi di un "genocidio" deliberato. Ciò è tanto più vero se si considera che esistono altri eventi storici che potrebbero essere etichettati come "genocidio da carestia". Ad esempio, la carestia del Bengala del 1943, quando i governanti coloniali britannici fecero finta di non vedere la morte di circa 1,5-4 milioni di persone: nulla di simile è accaduto in Unione Sovietica. Ciononostante, il genocidio ucraino inventato è molto più conosciuto del vero genocidio per fame del colonialismo britannico. Il motivo è ovvio: le bugie hanno le gambe corte solo se non sono sostenute da interessi potenti. Tuttavia, l'"Holodomor" svolge almeno una triplice funzione politica: in primo luogo e soprattutto, si tratta di dipingere il sistema emerso dalla Rivoluzione d'Ottobre come una dittatura assassina e disumana, screditando così la visione di una società socialista, ossia la produzione e la distribuzione pianificata dei beni in una comunità di eguali. In secondo luogo, alcuni ambienti vogliono usare il "genocidio comunista" per relativizzare i crimini dei fascisti tedeschi e dei loro alleati, in particolare dei loro ausiliari ucraini, per metterli in secondo piano o addirittura per presentarli come una reazione al "terrore staliniano". In terzo e ultimo luogo, l'"Holodomor" è un utile strumento di propaganda al servizio dell'imperialismo occidentale e dei governi fanaticamente anti-russi dell'Europa orientale, soprattutto quello ucraino. La Russia viene denunciata come Stato successore di un sistema genocida per mobilitare pregiudizi e paure profondamente radicati nella popolazione contro un presunto dispotismo tipicamente russo. L'immagine storica distorta del nazionalismo ucraino serve non da ultimo a giustificare le politiche del regime golpista di Kiev. Probabilmente non ci vuole molta lungimiranza per supporre che la leggenda dell'"Holodomor" rimarrà con noi ancora per qualche tempo.
Bibliografia
[1] Douglas Tottle: Fraud, Famine, and Fascism. The Ukrainian Genocide Myth from Hitler to Harvard, Toronto 1987, pg. 7-12
[2] Robert Conquest: The Harvest of Sorrow: Soviet Collectivization and the Terror-Famine, Oxford 1986
[3] David Leigh: Death of the Department That Never Was, Guardian, 27.1.1978
[4] Timothy Snyder: Bloodlands: Europe Between Hitler and Stalin, München 2010
[5] Robert W. Davies/Stephen G. Wheatcroft: The Years of Hunger. Soviet Agriculture 1931-33, London 2004
[6] Mark B. Tauger: Natural Disaster and Human Actions in the Soviet Famine of 1931-1933, in: The Carl Beck Papers (2001), No. 1.506 e: Soviet Peasants and Collectivization 1930-1939. Resistance and Adaption, in: Journal of Peasant Studies 31 (2004), No. 3/4, pg. 445
[7] Mark B. Tauger: Stalin, Soviet Agriculture, and Collectivisation, in: Frank Trentmann/Flemming Just: Food and Conflict in Europe in the Age of the Two World Wars, Basingstoke 2006, pg. 109-142
[8] Mark B. Tauger: Soviet Peasants and Collectivization, loc. cit.
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