www.resistenze.org - pensiero resistente - dibattito teorico - 24-06-13 - n. 459

Ha fallito il socialismo?
 
La mancha obrera | lamanchaobrera.es
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
13/06/2013
 
È la domanda che molte persone si fanno in tutto il mondo, anche se la borghesia e gli imperialisti asseriscono che sì, il socialismo ha fallito. Questa affermazione tagliente è quella che genera il dubbio negli altri.
 
Anche noi ci facciamo la stessa domanda, ma ne facciamo anche un altra: ha fallito il capitalismo? E rispondiamo immediatamente: il capitalismo ha completamente fallito e non risponde a nessuna delle aspirazioni degli oppressi dei cinque continenti.
 
Gli oppressi vogliono la pace e il capitalismo conduce alla guerra, gli oppressi hanno fame e il capitalismo non può offrirgli cibo, gli oppressi hanno bisogno di un posto di lavoro e il capitalismo porta alla disoccupazione, gli oppressi vogliono imparare e il capitalismo li tiene nell'ignoranza, gli oppressi vogliono la libertà e il capitalismo li lega con pesanti catene di ferro...
 
Questo è il terribile scenario che colpisce migliaia di milioni di persone in tutto il mondo quando si alzano ogni mattina. Pertanto, dire che il socialismo ha fallito, quando il capitalismo ci mostra spudoratamente le sue ferite e frustrazioni, è una vera aberrazione. Se chiediamo a noi stessi se il socialismo ha fallito, la prima cosa da capire è in cosa hanno fallito i paesi socialisti.
 
Forse nei paesi socialisti i lavoratori pativano la disoccupazione? Soffrivano la fame? Gli operai avevano a disposizione scuole e università per far studiare i loro figli? I paesi socialisti si imbarcarono in guerre e aggredirono i loro vicini? Potevano riunirsi gli operai liberamente per discutere e risolvere i loro problemi?
 
Pensiamo che la risposta a tutte queste domande sia che, in sostanza, il socialismo ha risolto favorevolmente i problemi più urgenti delle masse sfruttate ed oppresse. E non solo loro: tutta l'umanità, tutto il mondo è avanzato con esso; tutti dovremmo sentirci partecipi e orgogliosi che, per la prima volta, si è dimostrato che il capitalismo non è la fine della storia e che è possibile costruire una nuova società in cui tutti siamo padroni del nostro destino, per imbarcarci verso la pace, la libertà e la prosperità in modo definitivo. Il socialismo è l'unica alternativa. Questo è ciò che è veramente importante: adesso e solo adesso, è dimostrato che il capitalismo è la causa dei nostri problemi e che la soluzione è quella di ucciderlo e di costruire il socialismo come passo verso il comunismo, l'abolizione dello Stato, delle classi sociali e della lotta di classe.
 
Il socialismo non è un'utopia, non è un sogno: si può e si deve edificare. La storia dimostra che i popoli non si suicidano, che sempre sono stati capaci di unirsi per cercare soluzioni alla loro miseria e che, inevitabilmente, in tutto il mondo si solleveranno in milioni per schiacciare la borghesia e aprire la strada ad una nuova società. Pertanto, il socialismo è possibile, è inevitabile e nulla può impedire la sua venuta.
 
Ma il socialismo non è nemmeno il paradiso. Gli atei già sanno che il paradiso non esiste, ma ci sono alcuni che stanno iniziando a scoprire adesso che sotto il socialismo ci sono stati anche dei problemi e talvolta gravi problemi, se non corretti adeguatamente, possono farci arretrare.
 
Pertanto, è importante parlare delle grandi conquiste storiche del socialismo, ma non possiamo nascondere il fatto che ci sono stati anche dei difetti e dei mali e che tutte queste carenze e mali non possiamo imputarle solo alla triste eredità del capitalismo, ma provengono da errori propri del socialismo.
 
Quando questi problemi affiorano in alcune riunioni, si prendono in considerazione solo alcune esperienze specifiche di alcuni paesi socialisti, in particolare l'Unione Sovietica. Ma di solito si dimenticano le altre, come la Comune di Parigi, la più antica, quella che Marx ed Engels hanno vissuto molto da vicino.
 
Diciamo questo perché tutta quella crosta piccolo borghese che prolifera in diversi movimenti popolari, non serve ad altro che demoralizzare, seminare sconcerto e confusione.
 
La caduta della Comune di Parigi del 1871, che è stata una pesante sconfitta per la classe operaia mondiale, non ha in nessun modo demoralizzato Marx ed Engels, che presero da essa importanti esperienze senza le quali la Rivoluzione di Ottobre sarebbe stata impossibile. Non esiste crisi, né crollo rivoluzionario che non si può convertire in una vittoria. Questa è anche la lezione che Lenin ha tratto dalla Rivoluzione russa del 1905, anch'essa fallita.
 
Noi comunisti non siamo nostalgici; né possiamo vivere del passato, né nemmeno prendere in considerazione solo i nostri successi, che, del resto, sono moltissimi e molto importanti (più dei fallimenti, ovviamente). Se parliamo del passato, è per apprendere da esso e questo costituisce l'essenza stessa del nostro movimento. E' ciò che contraddistingue la nostra rivoluzione da tutte le rivoluzioni del passato.
 
Ricordiamo quel passaggio che Marx scrisse 150 anni fa ne Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte: "Le rivoluzioni proletarie, invece, criticano continuamente se stesse; interrompono ad ogni istante il loro proprio corso; ritornano su ciò che già sembrava cosa compiuta per ricominciare daccapo, si fanno beffe in modo spietato e senza riguardi delle mezze misure, delle debolezze e delle miserie dei loro primi tentativi; sembra che abbattono il loro avversario solo perché questo attinga dalla terra nuove forze e si levi di nuovo più formidabile di fronte ad esse; si ritraggono continuamente, spaventate dall'infinita immensità dei loro propri scopi, sino a che si crea la situazione in cui è reso impossibile ogni ritorno indietro e le circostanze stesse gridano: Hic Rhodus, hic salta! Qui è la rosa, qui devi ballare".
 
Tuttavia, a molti piacerebbe che le cose fossero in altro modo, che tutto fosse come una sfilata giocosa su una strada dritta che avanza continuamente, senza fermarsi, senza battute d'arresto e colpendo il bersaglio ad ogni passaggio. Ma le cose non sono mai state così, non lo sono adesso e non lo saranno mai. Chi la pensa in altro modo dovrebbe pensare seriamente a dedicarsi alle proprie questioni personali, perché se esamina se stesso capirà che non contribuisce in nulla, che è un peso per il movimento, che trasmette agli altri il suo pessimismo, la sua confusione e demoralizzazione.
 
Come spesso accade, il più delle volte, questo tipo di persone non hanno il coraggio di riconoscere il loro vero stato d'animo e danno la colpa gli altri, in particolare ai lavoratori. Essi si considerano persone coscienti, impegnate e dedite alla lotta; il problema è che le masse sono molto arretrate, egoiste e sono fortemente influenzate dal capitalismo, dal consumismo e dalla bella vita. Secondo questo criterio, così diffuso, il problema non starebbe nell'avanguardia, ma nelle masse.
 
Beh, questo non è solamente falso, ma la divulgazione di tali erronee opinioni è profondamente corrosiva e, naturalmente, impropria per dei rivoluzionari. Siamo convinti che le masse si leveranno contro il capitalismo e ciò che ci chiediamo ogni giorno è se, quando ciò accadrà, saremo pronti a compiere il nostro dovere di comunisti, di avanguardia rivoluzionaria. Saremo in grado di essere avanguardia di questo movimento? Saremo in grado di guidare le lotte del proletariato e dirigerle verso la frantumazione della borghesia e del suo Stato?
 
Quindi noi comunisti, dobbiamo essere critici non con le masse, ma con noi stessi, con ciò che diciamo e facciamo e saremmo un gruppo di furfanti della peggior specie, se pretendessimo di giustificarci con l'arretratezza degli altri, della stragrande maggioranza (per reale che questa arretratezza possa essere).
 
Chi è veramente arretrato? Questa nostra posizione spiega, ulteriormente, la stessa arretratezza del movimento di massa. Vediamo. Forse alcuni pensano che l'arretratezza cresca naturalmente, che le masse sono arretrate per loro natura o per ignoranza. Qualcuno è anche convinto che le masse sono arretrate per l'influenza della propaganda borghese e della televisione.
 
Tutto ciò non sono altro che menzogne. E' solo una parte della verità, che deve essere integrata da un'altra: le masse sono anche frustrate e demoralizzate dai tanti tradimenti che hanno visto per molti anni. Ed è di questo aspetto che nessuno vuole parlare e, pertanto, a noi spetta portare alla luce la sporcizia. Cerchiamo di essere chiari: dal 1939, in condizioni terribili, gli operai spagnoli hanno offerto esempio senza precedenti di resistenza abnegata contro il fascismo; diedero tutto e in migliaia morirono nella lotta. Solo durante il periodo della transizione il fascismo uccise più di 500 antifascisti e tuttavia, cosa hanno fatto ancora gli operai accanto a loro? Che atteggiamento assunsero coloro che si proclamavano avanguardia? Alzarono la testa nella lotta o la nascosero sotto la sabbia? Per caso queste circostanze non influenzano lo stato d'animo attuale delle masse?
 
Tutto ciò ci porta, ancora una volta, al punto di partenza: il problema non sono le masse, ma l'avanguardia, il cumulo del disfattismo, della confusione e demoralizzazione che coloro che si considerano come persone coscienti, stanno trasmettendo attorno a loro. Nonostante l'immensa fiducia che le masse hanno depositato nei paesi socialisti e nelle organizzazioni comuniste, il revisionismo ha tradito il movimento operaio dal 1956. E' logico che le masse ci guardino con sospetto. Sono morti un milione di combattenti nella guerra contro il fascismo, per poi anni dopo i comunisti riconciliarsi con loro? Abbastanza eroico è stato che, nonostante questo, nonostante il tradimento revisionista, gli operai siano andati avanti per molti anni nel buio, spontaneamente.
 
Riflettiamo un po': il socialismo in nessun paese è stato sconfitto dal capitalismo, ma piuttosto il contrario. Le masse hanno vinto tutte le guerre che sono state combattute contro i loro oppressori, perché sono invincibili. Solo per una cosa è stato dimostrato che le masse non sono pronte: il tradimento dalle proprie file, la pugnalata alla schiena di tutti coloro che si proclamano i loro migliori difensori, di coloro che si riempiono la bocca di frasi marxiste-leniniste apprese a memoria.
 
A questo proposito vogliamo solo aggiungere una cosa a quello che abbiamo già detto sulle nostre stesse origini: alcuni pensano che non si deve essere settari per evitare che molti combattenti di valore vadano fuori del Partito Comunista. Questo è vero, ma tenete conto che i problemi più grandi che ha sofferto il movimento operaio non provengono propriamente da tali errori settari, ma precisamente che tutti questi soggetti in ultima analisi non sono tali e starebbero meglio fuori dai ranghi delle file rivoluzionarie.
 
Una lunga esperienza storica dimostra che i rivoluzionari autentici si ritrovano, pur lontani che siamo. Talvolta, non conoscendo l'esistenza dell'altro, il nemico ci mette insieme nelle stesse barricate. Se non ci troviamo è perché non siamo nella stessa lotta e quindi non vale la pena che ci inganniamo parlando di una falsa unità tra di noi.
 
Pertanto, è chiaro che questa non è la cosa più importante. La cosa importante è proprio il contrario e cioè che il fascismo non ha schiacciato il glorioso Partito Comunista e che nemmeno l'imperialismo ha vinto nell'Unione Sovietica. I problemi sono venuti dal di dentro, perché vi era dentro chi non doveva esserci, non perché erano fuori quelli che dovevano essere dentro. Questo già lo sapevamo da quando Lenin disse quella paradossale frase così tanto dimenticata: un partito comunista si rafforza epurandosi.
 
Abbiamo tutti letto molte volte che le famose purghe di Stalin ridussero la dirigenza bolscevica fino al punto che restò da solo al comando. Ma se esaminiamo l'esperienza storica di ogni rivoluzione, è successo lo stesso in ognuna di esse.
 
Forse nella Rivoluzione francese non si fecero rotolare le teste degli stessi rivoluzionari, oltre a quelle dei marchesi? Non è successo lo stesso in Messico? Perché succede questo? E' drammatica responsabilità degli stessi rivoluzionari? Sono le masse che fanno la rivoluzione. La risposta a queste domande, a nostro avviso, è la seguente: la rivoluzione non la fanno i comunisti, ma le masse. Come suggerisce il nome, è una massa eterogenea di milioni di persone che si sono lanciate nella battaglia per il bisogno e la disperazione della loro situazione. Ognuna di quelle persone che rischiano la vita nella lotta, ha problemi concreti e urgenti del tipo più vario, per i quali rivendica una soluzione.
 
Giustamente i problemi arrivano quando si cerca di determinare non solo qual è la soluzione ad ogni problema, ma come raggiungerla. Poi tutte le rivoluzioni hanno aperto più alternative, ciascuna delle quali si presenta come la soluzione per antonomasia.
 
Perché queste alternative non possono discutersi con calma e risolversi pacificamente?
 
Anche se la borghesia dice il contrario, i comunisti sono a favore per la risoluzione di tutti i problemi della rivoluzione in modo pacifico. Ma, sembra stupido dirlo. Parlare della rivoluzione è soltanto la metà della questione, l'altra metà è la controrivoluzione.
 
Una rivoluzione scatena una feroce contro-rivoluzione e da secoli i borghesi sono maestri nell'arte della menzogna, dell'inganno, dell'infiltrazione e dello scontro. Se sappiamo che questo lo fanno adesso, quando hanno tutto il potere nelle loro mani, cosa faranno quando ne saranno privati? Faranno di tutto: useranno i carri armati, lanceranno i missili con testate radioattive e non gli dispiacerà di organizzare un massacro di grandi dimensioni per farla franca.
 
La controrivoluzione impedisce che i problemi siano risolti (adesso e dopo) pacificamente. E' sempre stato e, purtroppo, sempre continuerà ad esser così anche in futuro. Inganneremmo i lavoratori se gli dicessimo un'altra cosa e dobbiamo essere pronti a questa eventualità perché dialogare è facile, ma dall'altro bisogna imparare a sparare con i cannoni.
 
Questa è anche la radice del crollo dei paesi socialisti (da non confondere con il crollo del socialismo). Alcuni credono che il socialismo sia un modo di produzione, un punto di arrivo, quando, in realtà, il socialismo è solo una fase di transizione per il vero punto di destinazione, che è l'abolizione delle classi, della lotta di classe e, quindi, di tutti gli Stati, della violenza e ogni forma di potere e di oppressione di un uomo su un altro. Noi vogliamo arrivare li e il socialismo è l'unica strada.
 
Forse molti parlano del fallimento del socialismo, perché non sanno quello che è il socialismo e si immaginano, nella loro infinita ingenuità, che dopo aver fatto la rivoluzione del 1917 la Russia fosse un paese socialista nel 1918. Ovviamente questo non è accaduto perché il socialismo è una fase di transizione che richiede tempo per la sua costruzione, durante il quale agiscono forze, come abbiamo detto, di natura molto diversa. Alcune spingono in avanti e altre spingono indietro.
 
Nella Critica del Programma di Gotha, Marx già diceva che il socialismo si crea sulle rovine del capitalismo e pertanto, presenta ancora tutti i suoi aspetti, in campo economico, morale e intellettuale; il sigillo della vecchia società dal cui seno essa è uscita. Come i satelliti spaziali, il primo problema del socialismo è decollare, rompere con l'inerzia del passato e con la legge di gravità che ci tiene alla terra. Senza ciò non possiamo raggiungere il cielo.
 
Ma poi si scopre che il cielo che abbiamo ottenuto non è quello che descrive la Bibbia e appaiono nuovi problemi e nuovi antagonismi che anch'essi dobbiamo essere in grado di risolvere adeguatamente, perché se deviamo di un solo millimetro da un percorso preciso, invece di andare verso la Luna andremo verso Giove o, quel che è peggio, ricadiamo sulla Terra.
 
Se non si rompe totalmente e assolutamente con il capitalismo e ognuno dei suoi mali, se tutte le contraddizioni che il socialismo genera non si risolvono correttamente, se la rivoluzione si intorpidisce, i problemi si vanno ad accumulare fino a che diventare insolubili.
 
Il capitalismo non è la fine della storia e nemmeno il socialismo. La storia non si ferma mai. Quando i paesi socialisti non avanzavano, in realtà stavano retrocedendo, non solo per la pressione imperialista, ma perché ad essa si sono uniti errori propri, creando un rapporto di forze molto sfavorevole, che alla fine lo ha sepolto.
 
Il compito non è facile. Ma è più facile per noi di quanto lo fosse per i parigini nel 1871 o per i sovietici nel 1917. Ora sappiamo molto di più e noi possiamo continuare a imparare dalla loro esperienza, continuiamo a discutere e giungere a una migliore comprensione, non per esser degli studiosi, ma per migliorare quello che hanno fatto, evitare i loro errori e moltiplicare i loro grandi successi.
 
La Comune di Parigi è durata solo poche settimane, l'Unione Sovietica è durata quarant'anni. La seguente durerà quaranta secoli! Il socialismo non solo non ha fallito, ma ha messo tutta l'umanità sulle vette più alte mai raggiunte. Abbiamo motivo di essere molto ottimisti.
 

Resistenze.org     
Sostieni una voce comunista. Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione o iscriviti al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

Support a communist voice. Support Resistenze.org.
Make a donation or join Centro di Cultura e Documentazione Popolare.