www.resistenze.org - pensiero resistente - dibattito teorico - 18-06-15 - n. 549

Marxismo, leninismo e stalinismo: differenti correnti di pensiero?

Edoardo Corradi

giugno 2015

Spesso nei recenti dibattiti e nelle pubblicazioni nell'ambito della sinistra extra-parlamentare e parlamentare di impronta comunista si sente parlare spesso dello "stalinismo", senza spiegare a fondo se con questo termine si intende un determinato periodo storico dell'Unione Sovietica, dove il Segretario Generale del PCUS[i] era Giuseppe Stalin, o una corrente di pensiero formatasi sul marxismo e, successivamente, sul leninismo. Il modo migliore per comprendere ciò è analizzare se lo stalinismo è una corrente o una prosecuzione del pensiero marxista, se ha apportato a tale pensiero delle modificazioni o integrazioni.

Uno dei terreni di scontro più ostici tra le varie correnti del pensiero marxista è sul concetto di "rivoluzione permanente" o "socialismo in un solo paese". Il concetto di "rivoluzione permanente" fu la scintilla che fece fuoriuscire la frattura tra la corrente di Leone Trotskij e quella di Giuseppe Stalin. Questa concezione della rivoluzione non è nuova, bensì trova le origini già in Marx ed Engels. Il secondo, infatti, nella prefazione alle Rivelazioni sul processo di Comunisti di Colonia del 1885 sottolineò come la rivoluzione dovesse essere europea, che la Lega dei Comunisti dovesse inglobare tutte le realtà rivoluzionarie («la Lega segreta assunse presto un carattere più internazionale; in un primo tempo ancora in senso limitato, praticamente per la diversa nazionalità dei suoi membri, teoricamente per la comprensione che ogni rivoluzione, per essere vittoriosa, dovesse essere europea.»[ii]). La teoria della "rivoluzione permanente" trova quindi le sue origini nella tradizione marxista e non nelle tesi esposte da Trotskij nei primi anni del Novecento.

Occorre tuttavia ricordare come il marxismo non sia un dogma, bensì un insieme di strumenti analitici per la comprensione del mondo: il concetto di rivoluzione passa in secondo piano rispetto a numerose analisi svolte da Marx ed Engels, due sopra tutte sono il materialismo dialettico, di origine hegeliana, e il materialismo storico. Ed è su queste basi che dal concetto marxiano di "rivoluzione permanente" si arriva a quello di "socialismo in un solo paese". Stalin scrisse nell'opera Il marxismo e la linguistica che

«Marx ed Engels giunsero alla conclusione che la rivoluzione socialista non potesse vincere in un solo paese, e che essa potesse vincere esclusivamente per effetto di un colpo comune, portato in tutti o nella maggior parte dei paesi civili. […] La legge dello sviluppo diseguale fece sì che la rivoluzione proletaria venisse a maturazione in tempi diversi nei singoli paesi. […] [Lenin] giunse alla conclusione che, nelle nuove condizioni di sviluppo, la rivoluzione socialista potesse completamente vincere in un solo paese»[iii].

Lenin, infatti, nell'analisi dello sviluppo del capitalismo, notò che ogni Paese perseguiva uno sviluppo differente, il cosiddetto "sviluppo ineguale". Il capitalismo che si prospettò agli occhi del rivoluzionario russo fu differente da quello presente all'epoca di Marx, ossia di stampo mercantilistico, per assumere la fisionomia del capitalismo monopolistico. E proprio in questa modificazione del capitalismo ritroviamo la correttezza dell'analisi di Stalin in continuità con quella marxiana e leninista. Se Marx affermò che la rivoluzione proletaria dovesse avvenire contemporaneamente in più Paesi, questo è perché lo sviluppo del capitalismo permetteva una tale conclusione. Lenin, il più famoso e prolifico – in numero di opere – marxista, sostenne che «l'ineguaglianza dello sviluppo economico e politico è una legge assoluta del capitalismo. Ne risulta che è possibile il trionfo del socialismo all'inizio in alcuni paesi o anche in un solo paese capitalistico, preso separatamente»[iv]. La teoria staliniana del "socialismo in un solo paese" non è un'invenzione teorica del rivoluzionario georgiano, bensì l'attuazione pratica di quanto Lenin comprese tempo addietro. Discernere tra la teoria di Lenin e l'opera di Stalin risulta quindi essere erroneo e possibile da compiere soltanto ai marxisti ortodossi, ossia coloro che non comprendono lo sviluppo del capitalismo, delle sue modificazioni storiche e ritengono che le analisi marxiste del XIX secolo sono interamente valide oggi. Ciò è in parte vero, perché solo alcune analisi sono valide oggigiorno, talune non lo sono più o quantomeno devono essere riadattate alla società a noi contemporanea.

Se quindi risulta chiaro il filo conduttore tra Lenin e Stalin, che fa comprendere come non possa esistere uno stalinismo in prosecuzione del leninismo, quanto più un'attuazione pratica del secondo, bisogna cercare di comprendere se l'operato di Stalin da un punto di vista economico è ravvisabile in quanto Marx ed Engels sostenevano. Certi che comunque la storia ha dimostrato l'assenza di una qualsiasi rottura ideologica tra Marx e Lenin (e che quindi, visto quanto brevemente dimostrato, non vi è alcuna differenza tra Marx e Stalin), analizzare uno dei maggiori fenomeni in ambito sociale dell'epoca staliniana dell'URSS risulta doveroso per una maggiore completezza nell'esposizione.

L'emulazione socialista, denominata stachanovismo, è stato un movimento che colpì i lavoratori dell'Unione Sovietica su iniziativa del minatore Stachanov. Quest'ultimo, compresa la possibilità di aumentare la produttività del lavoro nell'ambito dell'estrazione mineraria, diede vita a un vero movimento dove coloro che superavano determinate soglie di produttività ottenevano dei vantaggi personali in termini economici: quello che, attualmente, potremmo denominare "lavoro a cottimo". Lo stachanovismo rientra perfettamente nell'analisi marxiana (e non già leninista) della concezione del socialismo. Marx, difatti, nella Critica del programma di Gotha sottolineò come «in una fase più elevata della società comunista, dopo che è scomparsa la subordinazione servile degli individui alla divisione del lavoro […] solo allora l'angusto orizzonte giuridico borghese può essere superato, e la società può scrivere sulle sue bandiere: - Ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni!»[v].

Questa concezione risulta valida soltanto in una società comunista compiuta, non nella cosiddetta "prima fase del comunismo", conosciuta come "fase socialista". Infatti nella "prima fase del comunismo" Marx sostiene che «quella con cui abbiamo da far qui, è una società comunista, non come si è sviluppata sulla propria base, ma viceversa, come sorge dalla società capitalistica; che porta quindi ancora sotto ogni rapporto, economico, morale, spirituale, le impronte materne della vecchia società dal cui seno essa è uscita. Perciò il produttore singolo riceve – dopo le detrazioni – esattamente ciò che dà. Ciò che egli ha dato alla società è la sua quantità di lavoro sociale consta della somma delle ore di lavoro individuale; il tempo di lavoro individuale del singolo produttore è la parte della giornata di lavoro sociale conferita da lui, la sua partecipazione alla giornata di lavoro sociale»[vi]. Giacché l'Unione Sovietica non era ancora un Paese comunista, bensì socialista, l'applicazione del concetto «ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni» risulta impossibile da applicare e risulta valida la concezione dell'emulazione socialista in continuità con quanto Marx sostenne nell'analisi del salario e della giornata lavorativa nella fase socialista.

Non potendomi dilungare su un confronto integrale tra quanto elaborato da Marx e Lenin e quanto applicato da Stalin, per via dell'immensità dell'opera dei primi, questi esempi sono esemplificativi che Stalin non concepì, non trasformò e non integrò il pensiero marxista-leninista, ma ne fu il suo più fedele applicatore.

Se quindi parliamo di stalinismo, possiamo eventualmente parlarne per identificare il periodo storico dell'Unione Sovietica quando Giuseppe Stalin era Segretario Generale del PCUS, ossia quel trentennio che vide l'URSS in preda a numerose trasformazioni interne e crisi esogene. Un periodo storico che vide l'Unione Sovietica protagonista del processo di industrializzazione secondo l'economia pianificata, della socializzazione dei mezzi di produzione industriali e agricoli (che vide una maggiore resistenza dei secondi in quanto più legati alla proprietà privata dei mezzi di produzione, ma che confluirono spontaneamente nei colcos), all'intensificazione della lotta di classe contro i cosiddetti kulaki, ossia quella categoria di lavoratori della terra che detenevano una ricchezza personale che permetteva l'esistenza della subordinazione del lavoro, della lotta di classe in seno al Partito e, soprattutto, della lotta al nazifascismo, una delle eredità più grandi che Stalin ha lasciato ai posteri. Un'eredità che, come ha ricordato Pertini nell'elogio funebre tenuto al Senato della Repubblica il 6 marzo 1953, rende la personalità di Giuseppe Stalin come «un gigante della storia»[vii].


[i] Partito Comunista dell'Unione Sovietica

[ii] F. Engels, «Per la storia della Lega dei Comunisti», marxist.org, https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1885/lega-com.htm.

[iii] G. Stalin, Il marxismo e la linguistica, Milano, Feltrinelli, 1968, p. 93.

[iv] V. I. Lenin, Opere scelte in sei volumi, vol. 2, Roma, Editori Riuniti, 1975, p. 414.

[v] K. Marx, Critica del programma di Gotha, in V. I. Lenin, Stato e Rivoluzione, Milano, Feltrinelli, 1970, p.18.

[vi] Ibidem, p. 16.

[vii] S. Pertini «Atti parlamentari. Senato della Repubblica. CMXLIX seduta», www.senato.it, http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/487877.pdf, p. 39136.


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