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L'imperialismo: un'epoca di rivoluzione sociale (Prima parte)

Ángel Chávez * | elmachete.mx
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Maggio 2017

Articolo pubblicato sulla Rivista Teorica del PCM, El Machete, no.8, pp. 40-58.

L'imperialismo è la vigilia della rivoluzione sociale del proletariato. A partire dal 1917 se ne è avuta la conferma in tutto il mondo. Lenin

Introduzione

Sono passati già 100 anni dalla pubblicazione dell'opuscolo di Lenin, L'imperialismo fase suprema del capitalismo, testo la cui conoscenza è obbligatoria per i militanti comunisti che sotto la tesi "senza teoria rivoluzionaria non c'è pratica rivoluzionaria" si formano nel marxismo-leninismo per trasformare la realtà.

Il testo è in realtà un opuscolo in cui Lenin cerca di sintetizzare il suo colossale studio, per questo è accompagnato dal sottotitolo Saggio popolare. Coloro che non hanno approfondito l'opera di Lenin e sottovalutano il menzionato opuscolo perché non sarebbe rigoroso, devono comprendere che la realtà continua a dimostrare la giustezza del lavoro di Lenin. Dietro all'opuscolo c'è uno studio dettagliato della dinamica del capitalismo tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX, la consultazione di dati di centinaia di articoli e libri, le informazioni economiche delle principali potenze imperialiste e un dibattito con autori di gran spessore come Hobson, Kautsky.[1] Pertanto, L'imperialismo fase suprema del capitalismo è stato un gigantesco sforzo di sintesi, al fine di rendere accessibili alle masse l'apporto teorico secondo il quale il capitalismo è giunto ad una nuova fase.

Lo studio di Lenin sull'imperialismo è un apporto teorico al marxismo, ma in molte occasioni, dato che non si è studiato in maniera rigorosa l'opera di Marx, è complicato giungere a comprendere completamente che "il leninismo è il marxismo dell'epoca dell'imperialismo e della rivoluzione proletaria".[2]

Pertanto, l'interesse del presente articolo è mettere in relazione lo studio dell'imperialismo che elaborò Lenin, con l'opera di Marx recuperando una categoria impiegata da Marx che, nonostante sia parte centrale della teoria del materialismo storico, non è stata sufficientemente studiata ed è caduta nel dimenticatoio: l'epoca di rivoluzione sociale.[3] Si cerca di dimostrare che Lenin era cosciente dell'implicazione di questa categoria e l'ebbe presente nell'elaborazione del suo studio sull'imperialismo. Secondariamente, questo testo vuole apportare anche delle argomentazioni per contrastare la tendenza a separare Lenin da Marx, rifiutando il marxismo-leninismo. Come si dimostrerà, Lenin è in realtà un fedele prosecutore della teoria fondata da Marx e Engels che dimostra l'assimilazione del materialismo storico e dialettico, a punto tale che presenta un contributo al marxismo evidenziando le particolarità che caratterizzano il capitalismo della nostra epoca.

L'affermazione del materialismo storico

Tutto questo anche se prima del trionfo della controrivoluzione nell'URSS negli anni '90, il movimento comunista a livello mondiale già pativa un indebolimento ideologico che si esprimeva nella rinuncia alle tesi centrali del marxismo-leninismo, come la dittatura del proletariato, il socialismo come un'epoca di transizione al comunismo, l'importanza del Partito di nuovo tipo e la centralità della classe operaia; fino a giungere alla rinuncia della lotta per il socialismo, argomentando che solo la lotta per le riforme poteva portare beneficio alla classe operaia.

Dietro a queste posizioni politiche si denunciano carenze tra le quali l'accettazione e lo studio del materialismo storico e dialettico in relazione all'economia politica. Questa tendenza si andò sviluppando dagli anni '60, acquisendo maggiore forza alla fine degli anni '70, quando molteplici teorici che erano passati dalle file dei Partiti Comunisti e dallo studio del marxismo si allontanarono accusando un irrigidimento della teoria marxista. Così sorse l'utilizzo del termine "dia-mat", per riferirsi in modo dispregiativo al materialismo storico e al materialismo dialettico, che era identificato come la teoria imposta – durante la cosiddetta epoca "staliniana" – nell'URSS e a livello mondiale nei Partiti Comunisti e che rappresentò l'instaurazione del dogmatismo.[4] Questo dimostra che la relazione dialettica tra teoria e pratica ha momenti in cui il rammollimento ideologico, colpito da condizioni materiali, si ripercuote nella pratica politica permettendo il sorgere di posizioni politiche aliene alle basi teoriche del marxismo-leninismo.

Coloro che attualmente battono la critica al materialismo storico e dialettico sono in maggioranza intellettuali lontani dalla lotta rivoluzionaria e vicini ai programmi politici della socialdemocrazia o dell'opportunismo. Ma la relazione tra la tergiversazione della teoria marxista e la rivitalizzazione di posizioni politiche non rivoluzionarie non è qualcosa di nuovo, lo stesso fenomeno venne affrontato da Lenin e una delle impronte che ci lascia è proprio il libro Che cosa sono gli "amici del popolo" e come lottano contro i socialdemocratici[5], in cui presenta una difesa della concezione materialista della storia, ossia, del materialismo storico.[6]

In Che cosa sono gli amici del popolo… Lenin dimostra una profonda assimilazione dello studio de Il capitale e della Prefazione Per la Critica dell'Economia Politica.[7] Da entrambi i testi estrae le premesse della concezione materialista della storia, in particolare dalla Prefazione recupera una estesa citazione, la stessa che è recuperata in diversi testi sul materialismo storico e che è la seguente:

Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l'innanzi s'erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. (…) A grandi linee, i modi di produzione asiatico, antico, feudale e borghese moderno possono essere designati come epoche che marcano il progresso della formazione economica della società. I rapporti di produzione borghese sono l'ultima forma antagonistica del processo di produzione sociale […][8]

Prima di passare ad affrontare il concetto di epoca di rivoluzione sociale, bisogna acclarare che riconoscere l'esistenza di diversi modi di produzione, che si sono succeduti uno all'altro attraverso un'epoca di rivoluzione sociale, non è affermare uno schema teorico astratto[9]. Non c'è nulla di più lontano dalla concezione di Marx che scambiare l'analisi concreta e scientifica con postulazioni filosofiche o messianiche[10] che aspirano a spiegare lo sviluppo generale della storia senza appellarsi alle leggi del materialismo storico.[11]

Epoca di rivoluzione sociale

La citazione precedente è rilevante poiché è la stessa in cui Marx presenta il concetto di epoca di rivoluzione sociale ed espone le caratteristiche essenziali che determinano il suo sorgere: la contraddizione tra il grado di sviluppo raggiunto dalle forze produttive senza coincidere con le relazioni di produzione che sono rimaste indietro e sono passate ad esser una gabbia delle forze produttive. Analizziamo dettagliatamente questa idea.

Le forze produttive di un determinato modo di produzione si sviluppano in modo costante fino a creare le condizioni per la sostituzione di questo modo di produzione. Questo sviluppo delle forze produttive implica cambiamenti costanti nel modo di produzione, che però mantengono l'essenza dello stesso. Così, per esempio, lo sviluppo del modo di produzione schiavista ebbe cambiamenti che non toccarono la sua essenza, ma che rafforzarono le relazioni di produzione schiaviste e per qualche tempo svilupparono le forze produttive; si pensi ai cambiamenti radicali che ebbe lo schiavismo dalla sua fase insipiente nella Grecia del V secolo a.c., fino al suo splendore nell'epoca dell'Impero Romano.

Allo stesso modo il capitalismo è passato attraverso diverse fasi di sviluppo, dall'insipiente capitalismo nella sua fase mercantile passò alla fase manifatturiera e successivamente al capitalismo industriale. Questi cambiamenti accentuavano la dinamica del modo di produzione capitalista, rendendo più efficace il suo funzionamento, espandendo geograficamente le sue frontiere e consolidandolo come modo di produzione globale e dominante (nonostante la persistenza di residui di modi di produzione precedenti), che aveva il suo correlato politico nell'ascesa della borghesia come classe dominante.

Così come la borghesia qualche volta fu rivoluzionaria di fronte alle fossilizzate forze del feudalesimo, le relazioni di produzione borghesi furono rivoluzionarie di fronte alle già antiquate relazioni di produzione feudali. Nei primi secoli del capitalismo, le relazioni borghesi di produzione contribuirono allo sviluppo delle forze produttive e fino alla rivoluzione industriale ancora queste relazioni di produzione rispondevano o erano ambito di sviluppo per le forze produttive sorte dal modo di produzione capitalista.

Ma come menziona Marx nel Prologo al contributo…, c'è un momento in cui le forze produttive si sviluppano in maniera tale che le relazioni di produzione diventano una gabbia che impedisce il suo sviluppo. Allora si apre l'epoca di rivoluzione sociale, che è il periodo in cui avviene la sostituzione di un modo di produzione con un altro, in cui le relazioni di produzione corrispondono allo sviluppo raggiunto dalle forze produttive. Questa posizione di Marx è sintetizzata nella denominata "legge della tendenza alla concordanza tra le forze produttive e le relazioni di produzione".[12]

Marx svilupperà presto la teoria della sostituzione di un modo di produzione con un altro, anche se sarà proseguita e si perfezionerà nella sua opera di maturità Il capitale. Un'opera in cui si presenta già questa tesi è Il Manifesto del Partito Comunista in cui Marx e Engels menzionano:

I rapporti borghesi di produzione e di scambio, i rapporti borghesi di proprietà, la società borghese moderna che ha creato per incanto mezzi di produzione e di scambio così potenti, rassomiglia al mago che non riesce più a dominare le potenze degli inferi da lui evocate. Sono decenni ormai che la storia dell'industria e del commercio è soltanto storia della rivolta delle forze produttive moderne contro i rapporti moderni della produzione, cioè contro i rapporti di proprietà che costituiscono le condizioni di esistenza della borghesia e del suo dominio.[13]

In questo estratto Marx e Engels avvertono che all'interno del capitalismo già esiste la contraddizione tra forze produttive e relazioni di produzione e spiegano che questo si dimostra nell'esistenza delle crisi che si presentano ciclicamente e che portano alla distruzione di forze produttive già create:

I rapporti borghesi sono divenuti troppo angusti per poter contenere la ricchezza da essi stessi prodotta. Con quale mezzo la borghesia supera le crisi? Da un lato, con la distruzione coatta di una massa di forze produttive; dall'altro, con la conquista di nuovi mercati e con lo sfruttamento più intenso dei vecchi. Dunque, con quali mezzi? Mediante la preparazione di crisi più generali e più violente e la diminuzione dei mezzi per prevenire le crisi stesse.[14]

Abbiamo così, che una volta che le relazioni di produzione borghesi non corrispondono allo sviluppo delle forze produttive sorte dal capitalismo, si convertono in gabbia dello sviluppo delle forze produttiva a livello tale che si genera la distruzione delle forze produttive. L'apparente soluzione è che la borghesia conquisti nuovi mercati e intensifichi il suo sfruttamento, ossia ampliare quantitativamente e qualitativamente lo sfruttamento. A riguardo, Marx e Engels avvertono che questa è una falsa soluzione, in quanto genera nuove crisi più violente che saranno inevitabili. Questa tesi è la stessa che si trova nei Grundisse dove Marx dice che "la conservazione della vecchia comunità implica la distruzione delle condizioni sulle quali essa poggia, e si rovescia nel suo contrario".[15]

Allora è evidente che già all'epoca in cui Marx scrive, si fa presente, in modo incipiente, la contraddizione tra le forze produttive sviluppate dal capitalismo e le relazioni sociali di produzione borghesi; ossia, arrivava già l'epoca di rivoluzione sociale tra il capitalismo e il comunismo. Ma l'apparizione di questa epoca di rivoluzione sociale è giustamente quella che studia Lenin quando analizza la situazione del capitalismo alla fine del XIX secolo e gli inizi del XX.

La fase imperialista del capitale è quella in cui la contraddizione tra le forze produttive e le relazioni sociali di produzione entrano in contraddizione. Che Lenin sia cosciente di questo si può rilevare nel X capitolo, "Il posto che occupa l'imperialismo nella storia" in cui dice: "E' noto a tutti quanto il capitale monopolistico abbia acuito tutti gli antagonismi del capitalismo. Basta accennare al rincaro dei prezzi e alla pressione dei cartelli. Questo inasprimento degli antagonismi costituisce la più potente forza motrice del periodo storico di transizione, iniziatosi con la definitiva vittoria del capitale finanziario mondiale."[16]

Lenin riconosce che ci troviamo in un periodo storico di transizione, che ben si può comprendere come epoca di rivoluzione sociale, periodo del passaggio dal capitalismo al comunismo. Altro indizio di questo è che Lenin caratterizza l'imperialismo come "capitalismo parassitario e putrescente"; "come capitalismo di transizione, o più esattamente come capitalismo morente".

Da Il capitale a L'imperialismo

La concezione materialista della storia si trova in tutta l'opera di Marx, fin dalle sue opere giovanili, come Il Manifesto… e L'ideologia tedesca. Ma la tesi della sostituzione di un modo di produzione con un altro, attraverso un'epoca di rivoluzione sociale, si presenta anche nella sua opera più sviluppata, Il Capitale.[17] Lenin, profondo conoscitore dell'opera di Marx, oltre ad aver assimilato il PrologoIl manifesto, ha assimilato Il Capitale ed è proprio in esso che incontra, in maniera più sviluppata che negli altri testi, le determinanti che doveva studiare per comprendere la situazione del capitalismo del suo tempo e i fenomeni che puntavano alla distruzione del capitalismo sulla base della legge della tendenza alla concordanza tra le forze produttive e le relazioni sociali di produzione.

E' nel Capitolo XXIV de Il Capitale "La cosiddetta accumulazione originaria" in cui Marx espone ancora una volta la tesi della sostituzione del capitalismo con il socialismo, a causa del fatto che le relazioni di produzione non rispondevano più allo sviluppo delle forze produttive. Nel testo menziona che una volta che il capitalismo si è sviluppato, con l'espropriazione dei proprietari privati e la separazione tra il lavoratore e i suoi mezzi di produzione, "assume una forma nuova anche l'ulteriore espropriazione dei proprietari privati. Ora, quello che deve essere espropriato non è più il lavoratore indipendente che lavora per sé, ma il capitalista che sfrutta molti operai".[18]

Più avanti menziona:

"[…] Questa espropriazione si compie attraverso il giuoco delle leggi immanenti della stessa produzione capitalistica, attraverso la centralizzazione dei capitali. Ogni capitalista ne ammazza molti altri. Di pari passo con questa centralizzazione ossia con l'espropriazione di molti capitalisti da parte di pochi, si sviluppano su scala sempre crescente la forma cooperativa del processo di lavoro, la consapevole applicazione tecnica della scienza, lo sfruttamento metodico della terra, la trasformazione dei mezzi di lavoro in mezzi di lavoro utilizzabili solo collettivamente, la economia di tutti i mezzi di produzione mediante il loro uso come mezzi di produzione del lavoro sociale, combinato, mentre tutti i popoli vengono via via intricati nella rete del mercato mondiale e così si sviluppa in misura sempre crescente il carattere internazionale del regime capitalistico. Con la diminuzione costante del numero dei magnati del capitale che usurpano e monopolizzano tutti i vantaggi di questo processo di trasformazione, cresce la massa della miseria, della pressione, dell'asservimento, della degenerazione, dello sfruttamento, ma cresce anche la ribellione della classe operaia che sempre più s'ingrossa ed è disciplinata, unita e organizzata dallo stesso meccanismo del processo di produzione capitalistico. Il monopolio del capitale diventa un vincolo del modo di produzione, che è sbocciato insieme ad esso e sotto di esso. La centralizzazione dei mezzi di produzione e la socializzazione del lavoro raggiungono un punto in cui diventano incompatibili col loro involucro capitalistico. Ed esso viene spezzato. Suona l'ultima ora della proprietà privata capitalistica. Gli espropriatori vengono espropriati." [19]

In questo testo Marx condensa molteplici premesse, riassumiamole: centralizzazione dei capitali che porta all'espropriazione di molti capitalisti per pochi (diminuisce il numero di magnati capitalisti); sviluppo della forma cooperativa del processo di lavoro (mezzi di lavoro utilizzabili solo collettivamente) o socializzazione del lavoro; assorbimento di tutti i paesi nella rete del mercato mondiale (come conseguenza di questo il carattere internazionale del regime capitalista); incremento della miseria e dello sfruttamento; il monopolio del capitale come grilletto della produzione; la contraddizione tra la centralizzazione dei mezzi di produzione e la socializzazione del lavoro.

Poniamo l'attenzione su queste premesse, poiché Lenin non fa altra cosa nel suo studio de L'imperialismo fase suprema del capitalismo, che svilupparle. Ad esempio Lenin, nel I capitolo del libro titolato "La concentrazione della produzione e i monopoli", dimostra che si è sviluppata la concentrazione della produzione in maniera tale che, a suo tempo negli Stati Uniti: "Quasi la metà dell'intera produzione di tutte le imprese del paese è nelle mani di una centesima parte del numero complessivo delle aziende!"[20] Questo fenomeno Marx lo indica avvertendo l'espropriazione di molti capitalisti da parte di pochi, fenomeno che, evidenza Lenin, diviene centrale nel capitalismo ed è il monopolio. L'ingrandimento del monopolio con la concentrazione della produzione, dice Lenin, "è, in linea generale, legge universale e fondamentale dell'odierno stadio di sviluppo del capitalismo".[21]

Lenin dimostra anche che i grandi monopoli raggruppano sempre più rami industriali per mezzo della "cosiddetta combinazione, cioè dall'unione in un'unica impresa di diversi rami industriali, sia che si tratti di fasi successive della lavorazione della materia prima (p.e. estrazione della ghisa dal minerale di ferro, produzione dell'acciaio ed eventualmente fabbricazione di prodotti diversi in acciaio), sia che si tratti di rami industriali ausiliari l'uno rispetto all'altro (p.e. la lavorazione di cascami e di sottoprodotti, la fabbricazione di imballaggi, ecc.)".[22] Questo fenomeno Marx lo annuncia parlando della centralizzazione dei mezzi di produzione.

Altro apporto di Lenin è quello di esporre il nuovo ruolo delle banche nella fase imperialista, in cui si realizza anche l'eliminazione delle piccole banche attraverso l'assorbimento delle più grandi. Scopre che tenendo il conto corrente di parecchi capitalisti, fanno più che un'operazione puramente tecnica, ma "si rafforza e si accelera di mille doppi, per opera delle banche, il processo di concentrazione del capitale, di costituzione dei monopoli".[23] Inoltre, la fusione del capitale bancario con il capitale industriale, forma il capitalismo finanziario.

A proposito della tesi di Marx rispetto al carattere internazionale che acquisisce il regime capitalista con l'assorbimento di tutti i paesi nel mercato mondiale, è semplice apprezzare anche in quale maniera Lenin studia questo fenomeno in sviluppo, leggendo il IV capitale de L'Imperialismo… intitolato "L'esportazione di capitale". L'esportazione di capitale che impera nel capitalismo monopolista scalzando l'esportazione di merci, implica un avanzamento quantitativo e qualitativo nell'internazionalizzazione del capitale, poiché esportando capitale si sviluppano in maniera più accelerata le forze produttive e le relazioni di produzione, anche se con l'esistenza dello sviluppo diseguale. Anche lo sviluppo del capitalismo a livello mondiale è una tendenza del suo sviluppo, nell'imperialismo questo fenomeno raggiunge un nuovo livello. Oltre l'esportazione di capitale, altre dinamiche che acquisisce il capitale con lo svilupparsi della rete del mercato mondiale, sono la spartizione del mondo tra le associazioni di capitalisti e la spartizione del mondo tra le grandi potenze.[24]

Marx giunge a decifrare il sentiero dello sviluppo del capitalismo avvertendo le caratteristiche che lo porteranno all'ultima fase, "La centralizzazione dei mezzi di produzione e la socializzazione del lavoro raggiungono un punto in cui diventano incompatibili col loro involucro capitalistico. Ed esso viene spezzato. Suona l'ultima ora della proprietà privata capitalistica. Gli espropriatori vengono espropriati."[25]

Rispetto alla contraddizione tra la centralizzazione dei mezzi di produzione e la socializzazione del lavoro che è possibile evidenziare dal frammento citato de Il Capitale, possiamo dire che anche questa idea è ripresa da Lenin. Il frammento del capitale al quale ci riferiamo è il finale del capitolo sull'accumulazione originaria che dice: La centralizzazione dei mezzi di produzione e la socializzazione del lavoro raggiungono un punto in cui diventano incompatibili col loro involucro capitalistico. Ed esso viene spezzato.[26]

La centralizzazione dei mezzi di produzione alla quale si riferisce Marx, Lenin la espone come il fenomeno che porta al sorgere del monopolio, ovvero è cosciente di questo fenomeno e lo assume come la caratteristica più importante nella fase imperialista del capitale, affermando che l'imperialismo è il dominio dei monopoli e che questi sorgono come conseguenza della concentrazione della produzione.[27]

Adesso la seconda parte. Lenin capta il fenomeno che Marx menziona, rispetto alla socializzazione della produzione o del lavoro e dice: "Il capitalismo, nel suo stadio imperialista, conduce nettamente alla più universale socializzazione della produzione; esso, per così dire, trascina i capitalisti, senza che essi lo vogliano o ne abbiano coscienza, in un nuovo ordinamento sociale, che segna il passaggio dalla completa libertà di concorrenza alla completa socializzazione".[28] La socializzazione della produzione è legata a ciò che Lenin chiama il passaggio dei capitalisti separati ad un capitalista collettivo, ossia, sorge dentro lo stesso capitale la socializzazione della produzione, il capitale privato comporta la socializzazione.

Un esempio più chiaro della socializzazione della produzione la espone nella seguente forma:

"Quando una grande azienda assume dimensioni gigantesche e diventa rigorosamente sistematizzata e, sulla base di un'esatta valutazione di dati innumerevoli, organizza metodicamente la fornitura della materia prima originaria nella proporzione di due terzi o di tre quarti dell'intero fabbisogno di una popolazione di più decine di milioni; quando è organizzato sistematicamente il trasporto di questa materia prima nei più opportuni centri di produzione, talora separati l'uno dall'altro da centinaia e migliaia di chilometri; quando un unico centro dirige tutti i successivi stadi di elaborazione della materia prima, fino alla produzione dei più svariati fabbricati; quando la ripartizione di tali prodotti, tra le centinaia di milioni di consumatori, avviene secondo un preciso piano (spaccio del petrolio in America e Germania da parte del "trust del petrolio" americano), allora diventa chiaro che si è in presenza di una socializzazione della produzione e non già di un semplice "intreccio";"[29]

La contraddizione tra la socializzazione del lavoro e la centralizzazione della produzione che menziona Marx, Lenin la studia nella sua fase sviluppata dentro l'imperialismo e dice: "E' socializzata la produzione, ma l'appropriazione dei prodotti resta privata. I mezzi sociali di produzione restano proprietà di un ristretto numero di persone".[30]

Per quanto riguarda l'involucro capitalista che va in frantumi al quale si riferisce Marx, che sono le relazioni sociali di produzione esistenti nel capitalismo, Lenin quasi similmente descrive il fenomeno dicendo "…allora diventa chiaro che si è in presenza di una socializzazione della produzione e non già di un semplice "intreccio"; che i rapporti di economia privata e di proprietà privata formano un involucro non più corrispondente al contenuto".[31]

In altre parole, è evidente che Lenin recupera la teoria marxista dell'epoca di rivoluzione sociale e della legge della tendenza alla concordanza tra le forze produttive e le relazioni di produzione, cosa che porta a considerare l'imperialismo come la fase del capitalismo che segna l'inizio dell'epoca di rivoluzione sociale transitoria ad una forma sociale superiore. Questo si comprova nell'affermazione: "Si comprende allora perché l'imperialismo sia il capitalismo agonizzante, che trapassa nel socialismo: il monopolio, che sorge dal capitalismo, è già l'agonia del capitalismo, è l'inizio del suo trapasso in socialismo".[32]

Ma è possibile che il capitalismo si salvi dalla sua agonia? Abbiamo menzionato in Il manifesto del Partito Comunista, nei Grundrisse e Il Capitale che Marx sottolinea che, l'intento di salvare il vecchio regime di produzione fa sì che si approfondisca la sua crisi. Anche questa idea si trova nell'opera di Lenin L'imperialismo…, nella quale afferma che: "alla loro volta le crisi di ogni specie, e principalmente quelle di natura economica - sebbene non queste sole - rafforzano grandemente la tendenza alla concentrazione e al monopolio".[33]

Quindi né per Marx, né per Lenin è possibile che il capitalismo si salvi dalla sua agonia; la transizione al socialismo è una necessità storica sociale. Pertanto, nel marxismo-leninismo si fa presente la tesi di Marx secondo la quale: "la conservazione della vecchia comunità implica la distruzione delle condizioni sulle quali essa poggia, e si rovescia nel suo contrario".[34]

Con tutti questi esempi si dimostra che, al contrario dell'idea che diffonde la borghesia sul marxismo-leninismo come teoria dogmatica che fomenta l'irrigidimento del "marxismo puro" e impedisce che la teoria marxista risponda ai nuovi fenomeni sociali che sorgono con lo sviluppo del capitalismo, il leninismo è la teoria marxista dell'epoca dell'imperialismo, come segnala Stalin.

Marx intravide quali contraddizioni porteranno il capitalismo alla sua distruzione e l'analisi concreta del fenomeno nel suo sviluppo è brindato da Lenin in L'imperialismo fase suprema del capitalismo, in cui studia la realtà concreta del capitalismo negli ultimi decenni del XIX secolo e i primi anni del XX secolo quando l'imperialismo si mostra nel suo sviluppo.[35] Ossia, Lenin dettaglia il modo in cui il capitalismo è giunto alla sua fase di decomposizione e che allo stesso tempo segna l'inizio dell'epoca di rivoluzione sociale, mostrandosi così come un autentico prosecutore della teoria marxista.

Continua...

Note:

*) Responsabile della Commissione Ideologia del CC del Partito Comunista del Messico (PCM)

[1] Questo si può apprezzare nei denominati Quaderni sull'imperialismo, che raccolgono alcuni dei materiali consultati e appuntati da Lenin, e la sua elaborazione teorica.

[2] J. Stalin, Principi del leninismo, Ed. Società Editrice l'Unità, Nuova biblioteca Marxista Leninista, Roma 1945, p.6

[3] L'unico lavoro che conosco destinato a elaborare specificatamente la categoria "epoca di rivoluzione sociale" è quello di Ernesto Schettino Maimone, "Il senso teorico del concetto epoca di rivoluzione sociale", testo inedito che l'autore mi ha permesso di conoscere e che ha stimolato il mio interesse del tema. In questo testo si espongono caratteristiche generali delle epoca di rivoluzione sociale e si abbozzano elementi per lo studio delle passate epoche di rivoluzione sociale; questi due temi non saranno trattati qui.

[4] Gabriel Vargas Lozano, ad esempio, concepisce il dia-mat come una delle quattro grandi correnti filosofiche del marxismo (le altre sono la filosofia della prassi, l'epistemologia e la concezione umanista) e menziona che "Il dia-mat sorse, come concezione filosofica unica, durante il periodo "stalinista" vid. Gabriel Vargas Lozano. "Los sentidos de la filosofia de la praxis" in Gabriel Vargas Lozano editor. En torno a la obra de Adolfo Sánchez Vázquez. México, FFyL- UNAM, 1995.  p. 269. Nello stesso senso Néstor Kohan menziona che Roger Garaudy "criticava esplicitamente il "dogmatismo" – eufemismo per riferirsi allo stalinismo – dall'umanesimo marxista" vid. Néstor Kohan. Marx en su (tercer) mundo. Hacia un socialismo no colonizado. Buenos Aires, Biblos, 1998, p.49 e in generale il capitolo "La consolidacion del dia-mat y la batalla de los manuales"; di Adolfo Sánchez Vázquez Filosofía dela Praxis. México, Siglo XXI, 2003. p. 62, in cui si riferisce al dia-mat come versione stalinista del marxismo contrapposta alla filosofia della prassi.

[5] Lenin, Che cosa sono gli "amici del popolo" e come lottano contro i socialdemocratici. Il libro fu preparato da Lenin dal 1892 e scritto nel 1894. L'opera fu editata per parti, delle quali unicamente si conta sulla prima e la terza parte.

[6] Lenin, Che cosa sono gli "amici del popolo e come lottano contro i socialdemocratici, Opere complete vol. 1, ed. Editori Riuniti, Roma 1955, "Oggi – dal momento della comparsa del Capitale – la concezione materialistica della storia non è più un'ipotesi, ma una tesi scientificamente dimostrata" […] "Il materialismo non rappresenta "in prevalenza una concezione scientifica della storia", come pensa il signor Mikhailovski, ma l'unica concezione scientifica della storia" p. 137

[7] Ibid, pp. 132-133

[8] Marx, Per la Critica dell'Economia Politica, Prefazione p.3 ed. Editori Riuniti, Roma 1979. La stessa idea sostengono Marx e Engels in L'ideologia tedesca. Di fatto questa parte de L'Ideologia tedesca si può considerare bozza della Per la Critica dell'Economia Politica, ricordiamo che in questa Prefazione Marx e Engels menzionano la scrittura de L'ideologia tedesca come un testo che gli è servito per acclarare le loro idee, e che non fu pubblicato ma lasciato alla critica dei topi.

[9] In Che che sono gli amici del popolo e come lottano contro i socialdemocratici, Lenin risponde alle seguenti accuse del signor Mijalovski: "i marxisti "credono e professano l'intangibilità di uno schema storico astratto"" e che "conformemente alle leggi immanenti della necessità storica, la Russia svilupperà la sua produzione capitalistica, con tutte le contraddizioni interne, con l'assorbimento dei piccoli capitali da parte dei grandi, mentre il contadino, strappato dalla terra, si trasformerà in proletariato, si unirà, "si socializzerà".  Di fronte a tali accuse Lenin risponde che "Nessun marxista ha mai visto nella teoria di Marx uno schema storico-filosofico obbligatorio per tutti, qualcosa di più che la spiegazione di una data formazione economico-sociale" […] Nessun marxista ha mai fondato le sue concezioni socialdemocratiche se non sulla loro corrispondenza con la realtà e con la storia di rapporti economico-sociali determinati, cioè russi, e non poteva fondarle su altro, perché quest'esigenza verso la teoria è affermata e posta in modo assolutamente netto e preciso, come pietra angolare di tutta la dottrina, dal fondatore stesso del "marxismo", da Marx". p. 191

[10] Questo include le produzioni di autori come Ernest Bloch in Principio de esperanza, a Walter Benjiamin nelle sue Tesis sobre la historia. Vedi La mirada del Ángel En torno a las Tesis sobre la historia de Walter Benjamín. México, UNAM-ERA, 2005. Altri autori vedono nella concezione materialista della storia la formulazione di una filosofia della storia (o "metanarrativa"), in occasioni argomentando un predominio dell'hegelianismo nell'opera di Marx

[11] L'erronea idea che Marx elaborò una filosofia della storia ebbe una forza tale che altri autori che si rivendicavano dentro il marxismo, autori non marxisti presero questa idea per analizzare e criticare il marxismo. Ad esempio, Hayden White sostiene che Marx sosteneva una filosofia della storia e lo afferma nella terza parte del suo chiamato El repudio del "realismo" en la filosofia de la historia de fines del siglo IX (vid. Meta historia. La imaginación histórica en la Europa del siglo XIX. México, FCE, 2010 p. 263-315); allo stesso modo Keith Jenkisn (¿Por qué la historia?, México, FCE, 2006 p. 214-215) sostiene che il Marxismo è una filosofia della storia. Autori di maggior capacità, anche se ugualmente reazionari, come Karl Popper sostengono che è impossibile la previsione dello sviluppo storico, cosa che è contraria al marxismo che questa previsione non è prodotto della speculazione ma di un'analisi scientifica vid. Miseria del historicismo. O anche negando la qualità di scienza della storia (e pertanto la sua capacità di previsione), affermando che la concezione materialista della storia è filosofia o speculazione, o affermando che la storia è giunta alla sua fine, come fece Fukuyama, l'aspirazione ideologica della borghesia è una sola e stessa: invalidare la tesi che il sistema capitalista è ormai antiquato e che la sua sostituzione con il socialismo è inevitabile.

[12] Che si conosce anche come "La legge dell'obbligata corrispondenza delle relazioni di produzione con il carattere delle forze produttive". Konstantinov, El materialismo historico.

[13] Marx e Engels, Manifesto del Partito Comunista

[14] Ibid

[15] Marx, Grundrisse. Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica II, V,

[16] Lenin, L'imperialismo, fase suprema del capitalismo, Ed. Rinascita, Roma 1948, p.115-116

[17] Marx, Il Capitale. Critica dell'economia politica …

[18] Ibid, Libro 1, sezione VII, Il processo di accumulazione del capitale, cap.24 La cosiddetta accumulazione originaria. 7) Tendenza storica dell'accumulazione capitalistica

[19] Ibid

[20] Lenin, L'imperialismo, fase suprema del capitalismo, ed. Rinascita, Roma 1948, p. 19

[21] Ibid, p.22

[22] Ibid, p. 20

[23] Ibid, p. 36

[24] Vid. Cap. V. "La spartizione del mondo tra le associazioni di capitalisti" e VI "La spartizione del mondo tra le grandi potenze" rispettivamente. Qui non bisogna dimenticare che Lenin sottolinea l'esistenza delle competizioni interimperialiste, scartando la teoria dell'"ultraimperialismo" di Kautsky secondo la quale poteva arrivare un momento in cui le potenze imperialiste a livello mondiale stabiliscono relazioni pacifiche legate in un grande trust mondiale.

[25] Marx, Il Capitale. Critica dell'economia politica

[26] Ibid

[27] La concentrazione e centralizzazione della produzione sono fenomeni che sono uniti.

[28] Lenin, L'imperialismo, fase suprema del capitalismo, ed. Rinascita, Roma 1948, p. 26

[29] Ibid, p. 118. Consideriamo che queste capacità dell'organizzazione della produzione e distribuzione delle merci sono notevolmente aumentate negli ultimi decenni, per cui si riafferma la tendenza alla socializzazione della produzione. Lenin menziona che l'"intreccio" era la parola con cui gli economisti borghesi del suo tempo si riferivano al fenomeno di minare la produzione, ossia, questo è un fenomeno oggettivo la cui esistenza gli economisti borghesi non possono non notare.

[30] Ibid, p. 26

[31] Ibid, p. 118

[32] Lenin, L'imperialismo e la scissione del socialismo. Opere complete, ed. Editori Riuniti, Roma 1965, vol.23, p.105

[33] Lenin, L'imperialismo, fase suprema del capitalismo. Ed. Rinascita, Roma 1948, p. 30

[34] Marx, Grundrisse. Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica II, V,

[35] Lenin presenta ne L'imperialismo, fase suprema del capitalismo p. 23 una sintesi dello sviluppo dell'imperialismo attraverso una storia dei monopoli che copre 3 tappe: "1) 1860-1880 apogeo dello sviluppo della libera concorrenza: i monopoli sono soltanto in embrione. 2) Dopo la crisi del 1873, ampio sviluppo dei cartelli. Sono però ancora l'eccezione e non sono ancora stabili. Sono un fenomeno di transizione. 3) Ascesa degli affari alla fine del secolo XIX e crisi del 1900-1903. I cartelli diventano una delle basi dell'intera economia. Il capitalismo si è trasformato in imperialismo."


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