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USA e Iran. Terza guerra mondiale?

Ricardo Mendoza | elcomunista.nuevaradio.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

06/01/2020

Nuovamente gli interessi della borghesia si confrontano con proletariato internazionale

Di fronte al recente assassinio del generale iraniano Qasem Soleimani, comandante della forza d'élite Al Quds della Guardia Rivoluzionaria iraniana, con un attacco statunitense di droni ordinato dal presidente Donald Trump, si è scatenata una ondata di preoccupazione per una ipotetica Terza Guerra Mondiale. Questa è davvero possibile?

Nella riorganizzazione geopolitica dopo la Seconda Guerra Mondiale in Medio Oriente, la presenza francese e inglese evaporò cedendo il passo alla presenza statunitense nella regione. Bisogna iniziare dicendo che l'antica Persia ha sempre svolto un ruolo di protagonista nella zona e che già durante la Seconda Guerra Mondiale il paese fu immerso nel conflitto grazie alle simpatie filo-tedesche dello Scià Reza Pahlavi e agli interessi monopolistici inglesi della Anglo-Persian Oil Company, attuale BP.

Quindi nel 1941 dopo l'inizio dell'invasione nazista dell'Unione Sovietica, truppe britanniche invasero l'Iran dall'Iraq e dall'India, mentre i sovietici avanzarono da nord. Britannici e sovietici occuparono Teheran il 17 settembre e il monarca abdicò a favore di suo figlio Mohammed Reza Pahlevi, che nel 1942 mise il suo paese dalla parte degli alleati andando in guerra nel 1943 contro la Germania.

L'influenza sovietica in Iran era stata presente dal 1920 con l'effimera Repubblica Socialista Sovietica di Persia, con la già menzionata invasione del 1941 e con l'ancora più effimera Repubblica Popolare Kurda nel 1946. Al contrario la presenza britannica una volta terminata la Seconda Guerra Mondiale iniziò a diminuire, ma solo per esser sostituita da quella degli USA.

Nel 1953 a causa del tentativo di nazionalizzare l'industria petrolifera iraniana, il primo ministro Mohammed Mosaddeq, che era stato eletto democraticamente, fu rovesciato da un colpo di Stato orchestrato da agenti del MI6 e dalla CIA. A partire da questo momento l'Iran rimase sotto l'orbita anglostatunitense e ovviamente relazionato anche economicamente ai monopoli di entrambi gli Stati imperialisti. Questa situazione cambiò nel 1978 quando iniziarono le proteste che sfociarono nella rivoluzione islamica che rovesciò lo Scià Mohammed Reza Pahlevi e portò il regime islamista, da quel momento, a detenere il potere in questo paese.

Quindi, la nascita del nuovo Iran islamico nella regione fu accompagnata subito da problemi con gli USA. Tra novembre del 1979 e gennaio 1981, per 444 giorni, 52 cittadini statunitensi furono presi ostaggio dopo che il 4 novembre studenti islamisti presero il controllo dell'Ambasciata statunitense a Teheran. Fatto che segnerà la relazione bilaterale tra i due paesi.

Lo scenario seguente per la giovane repubblica islamica sarà un conflitto militare, la guerra Iran-Iraq, conflitto bellico che durò 8 anni, dal 1980 al 1988, durante il quale gli iracheni ricevettero appoggio economico e in armi da parte dei paesi arabi della regione, oltre che da potenze internazionali come USA e Unione Sovietica. Qui bisogna ricordare l'abbattimento del volo 655 dell'Iran Air con il missile da crociera statunitense USS Vincennes il 3 luglio 1988, affermando di aver confuso l'areo commerciale con uno militare.

La relazione tra l'Iran islamico e gli USA non è stata mai buona in assoluto ed è segnata da una costante tensione. Finché è esistita l'Unione Sovietica questa mantenne, per parte sua, una relazione ambigua con il governo emanato dalla rivoluzione islamista. Da una parte nel 1981 entrambi gli Stati firmarono un accordo di cooperazione militare che includeva la vendita diretta di armi sovietiche; dall'altra, questa relazione politica si raffreddò quando dal vertice dirigente della rivoluzione [islamica] si decise che era giunto il momento di purgare i membri del Tudeh (Partito delle Masse dell'Iran), il Partito comunista che aveva accompagnato il processo rivoluzionario, con una dura repressione che iniziò nel 1982.

Questo episodio dell relazioni iraniane-sovietiche ci serve per smontare la semplificazione che pretende di far vedere il regime islamista come il buono della storia o come la vittima. Dal principio della rivoluzione l'ayatollah Ruhollah Musavì Jomeini utilizzò il termina "Grande Satana" contro gli USA e tuttavia dopo la repressione del Tudeh e l'espulsione di 18 membri dell'ambasciata sovietica nel 1983, nel quadro della guerra Iran-Iraq, lo stesso Grande Satana fornì armi alla repubblica islamica, il noto scandalo Iran-Contra o Irangate. Cioè, il regime islamista iraniano ha cercato in tutti questi anni di rafforzare la sua posizione nella sua regione e per questo non ha avuto dubbi ad allearsi momentaneamente con chi gli conveniva.

Ora, con la caduta dell'Unione Sovietica e del blocco socialista l'Iran tornò ad esser un bersaglio per gli USA, il suo posto come potenza petrolifera è indiscutibile, ma il suo rafforzamento militare e economico, il suo livello di popolazione e la sua estensione territoriale gli hanno permesso di rimanere in fondo ai paesi da invadere, a differenza dell'Afghanistan, Iraq, Libia o Siria, paesi che già ricevono le loro dosi di democrazia all'americana.

Qui conviene fermarsi e spiegare che i motivi delle guerre in tutti i paesi menzionati hanno poco a che vedere con differenze ideologiche, tantomeno a crociate per la democrazia, ma è qualcosa di più semplice. Quando i monopoli trovano una competizione più ferrea del normale o mercati chiusi da un altro monopolio che pretende di competere alla pari, allora arriva il momento degli stati borghesi e dei loro eserciti professionali. La causa delle guerre ha a che vedere con gli interessi economici, ad esempio, il primo paese della lista, Afghanistan, ha avuto la sfortuna di essere ubicato in un luogo strategico perla conduttura che trasporta gas dal Turkmenistan fino al Pakistan, il progetto della petrolifera californiana Unocal, che si scontrerà con gli interessi della multinazionale BP-Amoco, gettando in mezzo al gioco politico geostrategico la popolazione civile afgana, perché generando profitti qualcuno deve perdere.

In questo gioco economico non sono fuori gli iraniani, che hanno saputo costruire una forte borghesia nazionale i cui interessi li ha portati ad espandersi nella loro area geografica naturale, il Medio Oriente. Si dice che a seguito delle sanzioni imposte dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dal 2006 e quelle dell'Unione Europea, il panorama di investimenti stranieri e il flusso commerciale e finanziario iraniano si è visto gravemente colpito. Ma in questa economia fortemente centralizzata la proprietà è in maggior parte nelle mani nazionali e curiosamente sono le entità di proprietà cooperativa, specificatamente le fondazioni caritatevoli quelle che sono cresciute per convertirsi nei maggiori gruppi economici del paese.

Il secondo gruppo economico dell'Iran è la Fondazione degli Sfortunati e Svantaggiati (Bonyad-e Mostazafan va Janbazan), che controlla giornali, ospedali e università fino alle imprese metallurgiche, edili, alimentari e turismo. La seconda fondazione più importante è la Fondazione Imam Reza, che gestisce principalmente la moschea e il centro di pellegrinaggio nella città sacra di Mashad, visitata da milioni di pellegrini ogni anno. Al primo posto abbiamo la National Iranian Oil Company (NIOC), che è la seconda maggiore compagnia petrolifera del mondo dietro solo alla saudita, anch'essa statale, Aramco; NIOC è inoltre, curiosamente, proprietaria del 50% del campo di gas Rhum nel Mare del Nord, proprietà condivisa con la compagnia petrolifera britannica British Petroleum (BP) e NIOC.

Inoltre troviamo curiosità in campo militare, dove la Guardia Rivoluzionaria è proprietaria di centinaia di imprese, tra esse varie relazionate con l'edilizia, di fatto il ramo di ingegneri della Guardia Rivoluzionaria è uno dei maggiori costruttori del paese, ha partecipato ad opere strategiche fondamentali come le diverse fasi di espansione del campo di gas di Pars Sur e degli oleodotti e gasdotti che attraversano tutto il paese. Forse per questo non è un caso che nel gennaio 2018 il primo ministro siriano, Emad Jamis, affermerà che le imprese iraniane avranno la priorità nella fase di ricostruzione del paese arabo. Ossia ci sono benefici economici chiari nell'aiuto militare iraniano in Siria.

Torniamo quindi all'assassinio del generale iraniano Qasem Soleimani, comandante della forza d'elite Al Quds della Guardia Rivoluzionaria iraniana; un assassinio è in grado di portare alla Terza Guerra Mondiale? La risposta è no, primo perché sarebbe una spiegazione eccessivamente semplificata, secondo perché ci sono già abbastanza fattori in gioco che avranno peso maggiore e un ruolo scatenante e in ultimo, perché ci sono interessi in gioco che non permetteranno una conflagrazione senza sicurezze da offrire ai trionfatori.

L'Iran ha approfittato del vuoto geopolitico lasciato dall'Unione Sovietica in medio oriente e ha esteso la sua influenza, prima in Libano e Gaza, e attualmente in Iraq, Siria e Yemen. Rimasti orfani i movimenti politici e militari laici, libanesi e palestinesi, dopo la caduta dell'URSS, l'Iran ha approfittato per dare supporto a Hezbollah in Libano e Hamas e la Jihad Islamica in Palestina. Dopo l'invasione [statunitense] dell'Iraq nel 2003 ha aiutato a creare e ad armare forti organizzazioni paramilitari in maggioranza sciite, tra cui le Forze di Mobilitazione Popolare, il cui numero due, Abu Mehdi al Muhandis, è anch'esso morto nell'attacco statunitense a Soleimani.

La Guardia Rivoluzionaria iraniana inoltre è direttamente coinvolta nelle guerre contro l'IS in Iraq e Siria e anche in quest'ultimo paese ha combattuto contro i ribelli armati dagli USA e Israele. Infine ha portato la sua influenza direttamente nel sud della Penisola arabica, dando sostegno militare ai ribelli huthi del movimento Ansarola in Yemen, i quali hanno portato allo scontro diretto con l'altro importante alleato statunitense nella regione, l'Arabia Saudita. Questa già accusava gli iraniani di appoggiare proteste della minoranza sciita in Arabia Saudita, Bahrein e Yemen durante i momenti più accesi della cosiddetta Primavera Araba.

Come abbiamo visto gli interessi economici statunitensi hanno presenza costante intorno all'Iran da quando finì la Seconda Guerra Mondiale e l'ultimo Scià chiese l'intervento diplomatico statunitense affinché i sovietici abbandonassero il nordest dell'Iran. Gli interessi britannici, anche se diminuiti si mantengono e la loro presenza dura ormai da quasi duecento anni. Poi ci sono Russia e Cina entrambi attori significativi anche se non con lo stesso peso di una volta della Russia Zarista o l'Unione Sovietica, né la millenaria Cina con interessi nella via della seta. Tuttavia la ricomposizione e il potenziamento militare ed economico cinese e russo li ha fatti tornare protagonisti; sul campo militare è significativa la presenza russa in Siria e bisogna anche tener conto che il recente interesse cinese per tornare ad essere una potenza navale, l'ha portata a realizzare esercitazioni navali congiunte nel Golfo dell'Oman con i suoi omologhi di Russia e Iran, proprio alla fine del mese di dicembre 2019, tutto questo oltre la significativa cooperazione economica tra i tre paesi.

Cosicché, un assassinio è capace di far andare verso la Terza Guerra Mondiale? La risposta continua ad esser no, perché c'è già una guerra o una serie di guerre, che già si realizzano in tutto il Medio Oriente da decenni, dove gli alleati di uno o l'altro schieramento combattono quotidianamente, si minacciano e sporadicamente si lanciano missili e bombardamenti, come a Gaza. Il Medio Oriente è riconosciuto per essere una delle più antiche culle della civiltà, cosa che significa che le prime società stratificate, le prime città e i primi Stati sorsero in questa regione. Questo vuol anche dire che la guerra è stata una presenza costante, come le ambizioni egemoniche delle millenarie civiltà che dall'altopiano iraniano hanno dominato per lunghi periodi la regione. Elam, i Medi, l'Impero achemenide, l'impero partico o arsacide e sassanide, la dinastia Safavi. Infine non c'è da stupirsi che attualmente l'Iran abbia le sue proprie ambizioni egemoniche, né che queste si scontrino con quelle delle altre potenze regionali o internazionali.

Inoltre, tornando al presente e vedendo al di là delle dichiarazioni rumorose di una o l'altra banda, esistono contraddizioni nell'ambito militare che dimostrano che questi "nemici" con questa relazione ambivalente, USA-Iran, giungono ad avere certi momenti di cooperazione. Dalla vendita di armi negli anni '80 durante l'Irangate, fino ai momenti recenti in cui si abbassa la tensione e produce note come quella di Hispantv datata 25 aprile 2016, dove si parlava dell'interesse di imprese statunitensi per investire in Iran, General Electric, Boening, Microsoft. Per non parlare del coordinamento esistente tra 2015 e 2016 tra l'esercito statunitense e le milizie sciite in Iraq, periodo in cui Soleimani già era responsabile di armare, preparare, addestrare e dirigere queste milizie.

Questa lotta per l'egemonia regionale che adesso si situa dentro la campagna di ri-elezione di Donald Trump, risponde a questa disputa interimperialista in cui: Iran amplia la sua presenza militare in Siria, Iraq e Yemen; una sorta di mini primavera araba contraria agli interessi iraniani avviene in Libano, Iran e Iraq; le milizie sciite irachene oltre a svolgere un ruolo nella repressione delle proteste antigovernative nel paese si sono dedicate anche a lanciare missili sulle basi con personale statunitense; gli USA rispondono lanciando bombardamenti contro posizioni delle milizie; miliziani e civili simpatizzanti assaltano l'ingresso del complesso che ospita l'ambasciata statunitense a
Baghdad; e il governo di Trump risponde assassinando il numero due delle Forze di Mobilitazione Popolare e il generale iraniano Qasem Soleimani, comandante della forza d'élite Al Quds.

Eppure è possibile e necessario affermare che se si parla di una Terza Guerra Mondiale, questa, in ogni caso già si è realizzata in praticamente tutti i continenti durante la cosiddetta Guerra Fredda. E inoltre come marxisti-leninisti si rende necessario riaffermare anche che nelle dispute interimperialiste è il proletariato quello che viene mandato a combattere ed è l'unico a perdere; che nella disputa per il monopolio delle materie prime e dell'investimento i lavoratori non giocano altro che il ruolo di carne da cannone, che nella difesa della patria borghese non si disputa il benessere degli sfruttati, ma i profitti dei monopoli, siano sauditi (Aramco), iraniani (NIOC), statunitensi (ExxonMobil) o di capitale multinazionale.


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