In "Sui principi del leninismo", Stalin ricorda come la questione nazionale debba esser affrontata in connessione "con la questione generale del rovesciamento dell'imperialismo, della rivoluzione proletaria"
Il 21 dicembre i comunisti ricordano quest'anno il 140° anniversario della nascita di Iosif Stalin, a Gori, in Georgia. In una tavola rotonda organizzata nel 2010 dalla rivista del PCFR, Političeskoe Prosveščenie, fu ricordato come Stalin amasse definirsi "un russo di origine georgiana". In quella definizione, è racchiusa la visione di Stalin dei problemi legati alle questioni nazionali, principalmente nei paesi in cui convivono nazionalità diverse; ma non solo, dal momento che, come sostenevano i bolscevichi, la questione nazionale è strettamente legata alla lotta di classe all'interno dei singoli paesi, e alla lotta contro l'imperialismo, su scala mondiale.
Non di rado, oggi, si confonde la questione nazionale con il nazionalismo, gettando nella mescolanza patriottismo e difesa degli interessi nazionali, e lasciando in secondo piano, o addirittura ignorando, la lotta di classe.
Stalin rimarcava come solo il socialismo e la dittatura del proletariato possano risolvere il problema nazionale, unendo le lotte del proletariato delle nazioni oppresse con quelle degli operai dei paesi avanzati e, negli stati plurinazionali, le rivendicazioni dei lavoratori delle nazionalità sottomesse con quelle della classe operaia della nazione dominante. Nel 1927 affermava: "Dichiarazioni sulla parità di diritti ce ne sono tante in ogni partito borghese o socialdemocratico"; ma "la questione è quella di distruggere quelle classi che sono portatrici dell'oppressione nazionale. Tali classi erano da noi i latifondisti e i capitalisti. Noi abbiamo rovesciato queste classi e con ciò stesso abbiamo distrutto la possibilità dell'oppressione nazionale".
Nel cosiddetto "spazio post-sovietico", i conflitti nazionali - fino alle guerre più sanguinose - sono scoppiati quando ha cominciato a venire meno la funzione politica del partito comunista, già prima del crollo dell'URSS. Nella tavola rotonda summenzionata, Vladislav Grosul ricordava come il progetto di formazione dell'URSS prevedesse "l'inclusione delle altre repubbliche nella RSFSR, con diritti di autonomia, il che avrebbe significato la fine della loro sovranità. Erano contrari al piano i comunisti georgiani, ma anche Ucraina e Bielorussia. Ciò allarmò Lenin, che quindi propose un piano di federazione, con diritto di libera separazione dall'URSS. Quando fu fatto notare il pericolo di disfacimento, Lenin osservò che c'era il partito e, se necessario, avrebbe corretto tutto. Il Partito comunista era cioè il fulcro del paese e i distruttori dell'Unione Sovietica lo sapevano bene quando portarono il loro attacco contro di quello. Stalin, prima fautore dell'autonomia, si associò a Lenin e non mise mai in dubbio la sua correttezza".
Sciovinismo e separatismo
Ma, già nei primissimi anni '30, quando ancora si riconosceva la permanenza, se non di classi vere e proprie, quantomeno di strati e settori sociali, legati alle vecchie classi borghesi, si ammetteva che, proprio da quelle venivano ancora i pericoli, sia di separatismo, che di sciovinismo.
Al XVI Congresso del partito bolscevico, nel 1930, trattando delle deviazioni interne, Stalin affronta anche il tema delle "deviazioni sulla questione nazionale. Intendo, in primo luogo, la deviazione verso lo sciovinismo grande-russo e, in secondo luogo, la deviazione verso il nazionalismo locale... l'aggravamento della lotta di classe non può che portare ad un certo inasprimento delle tensioni nazionali, che si riflettono nel partito... Qual è l'essenza dello sciovinismo grande russo?... consiste nella tendenza ad aggirare le differenze nazionali di lingua, cultura, vita quotidiana... Abbiamo distrutto i confini statali... tra le nazionalità dell'URSS... Ma questo significa forse che abbiamo liquidato le differenze nazionali, le lingue nazionali, la cultura, la vita ecc.? Chiaramente no".
Capiscono i deviazionisti, diceva Stalin, che "eliminare ora repubbliche e regioni nazionali significa privare milioni di masse dei popoli dell'URSS della possibilità di ricevere un'istruzione nella lingua madre, avere una scuola, un tribunale, un'amministrazione, organizzazioni pubbliche nella lingua madre?... questa deviazione riflette il desiderio delle superate classi della nazione grande-russa, un tempo dominante, di riprendersi i privilegi perduti".
Di contro, la deviazione verso il nazionalismo locale, consiste "nella tendenza a isolarsi e rinchiudersi nel proprio guscio nazionale, mettere in ombra le contraddizioni di classe all'interno della propria nazione... non vedere ciò che unisce le masse lavoratrici delle nazioni dell'URSS, e vedere soltanto ciò che può alienarle le une dalle altre". Questa deviazione "riflette il malcontento per la dittatura del proletariato, da parte delle vecchie classi delle nazioni un tempo oppresse, la loro tendenza a isolarsi nel proprio stato borghese nazionale e stabilirvi il proprio dominio di classe".
Ancora Vladislav Grosul notava che "fino alla rivoluzione democratico-borghese del febbraio 1917 la politica nazionale del POSDR (b) si basava su due principi: diritto delle nazioni all'autodeterminazione e internazionalismo proletario. I bolscevichi erano unitari, esortavano all'unità dei lavoratori. Solo in questo contesto, davano la preferenza ai federalisti, che erano la maggioranza nei movimenti nazionali, e il partito più numeroso, i socialisti-rivoluzionari (SR), puntava al federalismo, per cui i movimenti nazionali avrebbero potuto seguire i SR".
Di notevole interesse, nell'esposizione dell'approccio di Stalin alla questione nazionale, l'articolo del prof. Mikko Kammari, apparso sul n. 3-4 del 1932 della rivista Sotto la bandiera del marxismo.
Kammari ricorda come, nel fondamentale lavoro del 1912, "Il marxismo e la questione nazionale", Stalin definisse la nazione come una categoria non eterna, ma "storica, di un'epoca determinata". Le nazioni, scrive Stalin, si formano nell'epoca del capitalismo emergente: la "nazione, come qualsiasi fenomeno storico, è soggetta alle leggi del cambiamento, ha una propria storia, un inizio e una fine".
Nel 1917, contro i "sinistri" nel partito bolscevico, che esigevano l'eliminazione dei confini nazionali, Stalin osserva che ciò rischiava di trasformare i bolscevichi in annessionisti; al contrario, "abbiamo necessità di creare una retrovia per l'avanguardia della rivoluzione socialista, costituita dai popoli in lotta contro l'oppressione nazionale, per gettare un ponte tra Occidente e Oriente, verso la rivoluzione socialista mondiale".
Questione nazionale e rivoluzione proletaria
Nel novembre 1918, in "La Rivoluzione d'Ottobre e la questione nazionale", Stalin afferma: "Essendo solo una parte della questione generale della trasformazione del sistema esistente, la questione nazionale è interamente determinata dalle condizioni della situazione sociale, dal carattere del potere nel paese". Nel 1925, notava che, prima del 1914, "la rivendicazione dei marxisti del diritto all'autodeterminazione non era considerata parte della rivoluzione proletaria, bensì parte della rivoluzione democratica-borghese. Sarebbe ridicolo non vedere che da allora la situazione internazionale è cambiata radicalmente, che la guerra, da un lato, e la rivoluzione d'Ottobre, dall'altro, hanno trasformato la questione nazionale, da parte della rivoluzione democratica-borghese, in parte della rivoluzione proletaria socialista".
Al XII Congresso del partito, nel 1923, Stalin disse: "Un gruppo di compagni, con a capo Bukharin e Rakovskij, ha gonfiato troppo l'importanza della questione nazionale, così che... si è lasciata sfuggire... la questione del potere della classe operaia. E invece, per noi comunisti, è chiaro che la cosa principale nel nostro lavoro, è l'opera di rafforzamento del potere operaio e, dopo di questo, abbiamo di fronte un'altra questione, molto importante, ma subordinata alla prima, la questione nazionale".
In "Sui principi del leninismo", Stalin ricorda come la questione nazionale debba esser affrontata in connessione "con la questione generale del rovesciamento dell'imperialismo, della rivoluzione proletaria". Il sostegno del proletariato ai movimenti nazionali si riferisce a quelli che sono "rivolti a indebolire, rovesciare l'imperialismo e non alla sua conservazione, al suo rafforzamento".
Solo la dittatura del proletariato, scrive Mikko Kammari, ha risolto in URSS la questione nazionale, eliminando l'oppressione e lo sfruttamento delle nazioni oppresse da parte della nazione dominante e il terreno per l'ostilità e l'antagonismo nazionale, alimentati dal capitalismo. È vero che l'ostilità nazionale, lo sciovinismo, come residui e sopravvivenze del capitalismo nell'economia e nelle coscienze, sono forti ancora oggi, principalmente tra gli elementi capitalisti e la piccola borghesia. Il compito, posto dalla XVII Conferenza del partito per la seconda pjatiletka, cioè "l'eliminazione delle sopravvivenze del capitalismo in economia e nelle coscienze degli individui", include la liquidazione di simili sopravvivenze del capitalismo, quali il nazionalismo, grande-russo e locale.
Nazione e Stato
Nel 1929, in "Questione nazionale e leninismo", rispondendo ad alcuni quesiti, Stalin scriveva che "I marxisti russi hanno da tempo la propria teoria della nazione, secondo cui la nazione è una comunità stabile e storicamente definita di individui, sorta sulla base della comunanza di quattro caratteristiche principali, e cioè: comunità di lingua, territorio, vita economica e struttura mentale, che si manifestano in una comunanza di caratteristiche specifiche della cultura nazionale... voi proponete di aggiungere alle quattro caratteristiche una quinta: l'esistenza di un proprio Stato nazionale separato. Ritenete che senza questo quinto attributo non ci sia e non possa esserci una nazione... secondo il vostro schema, si dovrebbe sostenere che: a) gli irlandesi sono diventati una nazione solo dopo la formazione dello "Stato libero irlandese"... b) i norvegesi non erano una nazione prima della separazione della Norvegia dalla Svezia... c) gli ucraini non erano una nazione, quando l'Ucraina faceva parte della Russia zarista e divennero una nazione solo dopo la separazione dalla Russia sovietica, ma cessarono di nuovo di esserlo dopo aver unito la loro Repubblica Sovietica ucraina con le altre Repubbliche sovietiche nell'Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche... Il vostro schema conduce inevitabilmente alla giustificazione dell'oppressione nazionale... per non dire che porta alla giustificazione dei nazionalisti borghesi nelle nostre Repubbliche sovietiche, i quali vogliono dimostrare che le nazioni sovietiche hanno cessato di esser nazioni dopo aver unito le loro Repubbliche sovietiche nazionali nell'URSS".
Oggi, nell'illustrare gli scontri che oppongono singole nazionalità agli apparati statali centrali, troppo spesso si tralascia l'analisi dei rapporti tra le classi, sia all'interno di quelle nazioni, sia nel quadro statale generale, sia nell'intreccio di interessi tra classi dominanti nazionali e sovranazionali, contrapposti a quelli delle classi sfruttate.
Si dimentica di analizzare la forza del capitale internazionale nell'economia della data nazione e del determinato stato; si evita di studiare quali siano gli interessi della classe operaia della data nazione e come si leghino agli interessi della classe operaia dell'intero stato.
Se manca, ad esempio, l'analisi degli interessi e degli spostamenti della piccola-borghesia, che può orientarsi - seppure in modo oscillante - ora dalla parte del proletariato, ora della grande borghesia, risulta difficile valutare la reale natura di classe di un determinato movimento nazionale, se questo sia oggettivamente orientato a rafforzare, oppure indebolire, il grosso capitale, statale e internazionale.
Oggi come ieri, sinché la lotta nazionale non incide nei rapporti tra classi sfruttatrici e classi sfruttate, rischia di rimanere monca. La classe operaia della nazione sottomessa, può lottare insieme alla "propria" borghesia, contro lo stato centrale; ma sinché, insieme alle masse lavoratrici di tutto lo Stato, non farà i conti con l'intera classe borghese, statale e nazionale, e poi con le grinfie dell'imperialismo internazionale, il rischio della reazione più brutale sarà sempre in agguato.
L'ultima, tragica, dimostrazione, è quella dell'Estado Plurinacional de Bolivia, in cui le etnie indigene, Quechua, Aymara e altre minori, costituiscono oltre il 50% della popolazione e dove - tra le altre condizioni che hanno determinato il golpe contro Evo Morales - la sopraffazione nazionale e razziale è direttamente legata alla violenza di classe.
*) nu. 7/2019, 17 dicembre 2019
è in distribuzione il n. 7 di "nuova unità" del quale vi segnaliamo:
La morte sul lavoro non è mai una fatalità, pagina 2
Un grido d'allarme. A Torino, il Coordinamento lavoratrici/lavoratori autoconvocati per l'unità della classe, in occasione del 12° anniversario della strage alla ThyssenKrupp, pagina 2
ArcelorMittal: Unità contro il capitalismo, pagina 3
La questione nazionale ieri e oggi, pagina 4
America latina: Il condor vola ancora, pagina 5
La NATO araba sta prendendo forma? E il ruolo di Israele resta rilevante pur se dietro le quinte, pagina 6
Brevi dal mondo, pagina 7
Ringraziamo tutti i compagni e lettori che stanno rinnovando l'abbonamento per permetterci di uscire anche nel 2020 e facciamo appello a tutti perché ci sostengano e permettino di migliorarci e continuare nella nostra battaglia di difesa del comunismo
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