www.resistenze.org - pensiero resistente - dibattito teorico - 19-07-21 - n. 797

L'internazionalismo proletario come arma della classe operaia contro il nazionalismo e lo sciovinismo

Ekin Sönmez (TKP) *, Rivista Comunista Internazionale n.10 ** | iccr.gr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

2020

La cooperazione dei lavoratori di Paesi diversi per un obiettivo comune nacque contestualmente all'emergere del capitalismo, allo sviluppo di una moderna classe operaia e al suo scontro con la borghesia. Dal momento che in questo modo di produzione quest'ultima diviene socializzata, lo scambio si universalizza e il capitale si internazionalizza e si concentra sempre più, la fine del capitalismo sarà accompagnata dall'eliminazione della contraddizione essenziale che lo caratterizza.

L'ambito essenziale in cui si svolge la lotta delle organizzazioni rivoluzionarie per la conquista del potere nel nome della classe operaia sono i Paesi in cui i lavoratori nascono e a cui appartengono. La classe capitalista, tuttavia, ha diversificato i suoi sistemi di attacco nell'era dell'imperialismo, mettendo a repentaglio il futuro dell'umanità a livello internazionale, oltre ad arrecare danni e devastazioni a livello nazionale. Organizzare un contrattacco internazionale contro questa minaccia non è in contraddizione con la lotta contro le classi borghesi di ciascun Paese - costituisce anzi un'indispensabile necessità. In questo senso, l'internazionalismo proletario è assolutamente attuale.

Non è soltanto per questa ragione che l'internazionalismo è attuale. Sono trascorsi quasi trent'anni dal crollo del socialismo reale. Oggi possiamo vedere con chiarezza che questi trent'anni sono stati segnati da un arretramento e da un declino non soltanto per le popolazioni dell'ex-Unione Sovietica, ma per tutti i popoli del mondo. Possiamo comprendere meglio le conquiste e i valori del socialismo nel momento in cui si approfondisce la contraddizione tra la crescente ricchezza di un pugno di proprietari e la tragicità dell'esistenza di miliardi di lavoratori poveri. Oggigiorno è più evidente che mai l'importanza di questa lotta per un ordine sociale egualitario basato sulla fratellanza dei popoli su basi di classe.

La temporanea dissoluzione del sistema socialista ha avuto un effetto corrosivo sui partiti comunisti in termini di coscienza di classe. La debolezza della capacità di numerosi partiti di osservare e analizzare le dinamiche oggettive in una prospettiva rivoluzionaria e di assumere la guida della lotta dei popoli per la trasformazione della società si fa sempre più evidente e acuta; le sollevazioni di massa rimangono prive di guida o si attenuano sino a venire meno. È necessario ridare vita a un'interazione a livello internazionale tra i partiti della classe operaia, allo scopo di porre fine a questa debolezza.

In funzione di queste necessità, questo articolo aspira a ribadire la definizione di internazionalismo e a esaminare alcuni casi concreti di difesa dell'internazionalismo da parte del Partito Comunista di Turchia (TKP).

L'internazionalismo è soltanto un appello alla solidarietà e alla fratellanza?

L'internazionalismo è uno dei valori indispensabili della lotta di classe. Ridurlo a una cosiddetta solidarietà internazionale incarnata da meri slogan sarebbe ingiusto nei riguardi di un'esperienza maturata in 150 di lotta nel nome dell'internazionalismo, e rappresenterebbe un arretramento di questa lotta. Il compito dei partiti della classe operaia non è né «fare il possibile», né dare sfoggio di manifestazioni di amicizia apolitiche, insincere e prive di contenuti. Purtroppo sono tutt'altro che rari i casi in cui l'internazionalismo viene ridotto a questo, ed è deplorevole rilevare come talvolta essi si trasformino in caricature che si fanno dare il «la» dall'anticomunismo.

Queste osservazioni non intendono certo negare l'esistenza di un retaggio universale che lega tra loro i partiti della classe operaia, né mettere in discussione il legame di cameratismo nella lotta per un ideale comune, né ancora sminuire l'importanza di uno spirito comune condiviso.

L'internazionalismo pone ai partiti d'avanguardia alcuni compiti nell'ambito della lotta per la creazione di una società fondata sull'eguaglianza del proletariato mondiale - e l'attuazione di questi compiti diviene la ragion d'essere di questi partiti.

Durante la prima guerra mondiale, i bolscevichi perseguirono questo compito sostenendo la necessità di rivolgere le armi non contro i membri della loro stessa classe, bensì contro la loro borghesia. La trasformazione della guerra imperialista in guerra civile, con l'obiettivo di conquistare il potere, divenne una delle decisioni cruciali che condussero alla Rivoluzione bolscevica, che rappresentò il passo più grande mai compiuto sino a quel momento per l'abolizione del sistema di sfruttamento a livello mondiale. Fu questa una delle argomentazioni che prepararono il terreno per la creazione del Comintern, emerso sotto forma di partito mondiale all'indomani della Rivoluzione d'Ottobre; in altre parole, Lenin iniziò a parlare della nuova Internazionale prima ancora che questa venisse istituita.1

Organizzate in funzione di un programma rivoluzionario, le sezioni del Comintern trovarono un terreno comune nella lotta - condotta nei rispettivi Paesi - contro l'opportunismo, la socialdemocrazia, il socialsciovinismo e il tradimento della Seconda Internazionale. Nel celebrare il centenario della fondazione del Comintern, noi, i partiti che aspirano alla rivoluzione, dobbiamo esaminare nuovamente per che cosa e contro che cosa fu istituita questa struttura.

Naturalmente, la strategia e la tattica del partito comunista di un dato Paese dipendono da numerosi elementi, quali le condizioni specifiche del Paese, il livello generale di politicizzazione della classe operaia, il ritmo e le condizioni concrete della lotta, le tendenze della borghesia nazionale e dell'ordine imperialista e la possibilità o meno di un'insurrezione rivoluzionaria. Il fatto che questi elementi possano non coincidere tra loro non impedisce necessariamente ai partiti rivoluzionari di agire in funzione della solidarietà internazionalista; questa possibilità non è presa in considerazione. Esaminando attentamente la natura dell'internazionalismo nel contesto del primo conflitto mondiale, Lenin osservò che sotto questo aspetto l'autonomia dei singoli partiti era fuori discussione.2

Analogamente, le differenze in termini di dimensioni o di distanze fisiche non possono costituire giustificazioni per rinunciare all'internazionalismo.

Tuttavia, non può esistere internazionalismo nel contesto di una cosiddetta unione di partiti che hanno perduto il loro carattere rivoluzionario, le cui analisi sembrano puntare a soluzioni favorevoli all'establishment e i cui programmi appaiono tra loro contraddittori già in termini generali, per non parlare dei dettagli. Se l'imperialismo è la fase suprema del capitalismo, se esso è l'epoca delle crisi e delle rivoluzione socialiste, allora l'internazionalismo deve avere un carattere anti-imperialista; e dato che potrebbe non essere lontano il giorno in cui dovremo agire rapidamente, non possiamo perdere tempo con unioni irrealistiche. Naturalmente, ciò non significa affatto rinunciare a legami e collegamenti stabiliti nel corso della storia; al contrario, dobbiamo intensificare i nostri sforzi affinché queste unioni siano permeate da contenuti reali e tangibili.

 Di seguito sono evidenziati alcuni dei compiti concreti del TKP, legati a questioni cruciali direttamente connesse all'internazionalismo.

Fratellanza tra le due sponde dell'Egeo

Non è necessario recarci molto lontano per evidenziare il primo esempio. La dichiarazione comune sottoscritta dal KKE e dal TKP, rivolta alle classi operaie di entrambi i Paesi, dimostra che l'internazionalismo è la sola arma contro i nazionalismi turco e greco e contro i sentimenti di ostilità che contrappongono i due popoli - due elementi che si sono già dimostrati utili all'imperialismo nell'Egeo e nel Mediterraneo. È l'impegno dei comunisti a «non rivolgere le armi contro i membri della propria classe» in entrambi i Paesi capitalisti, i cui governi hanno collaborato con l'imperialismo occidentale gareggiando tra loro per presentarsi come il suo più stretto alleato - due Paesi che sono divenuti entrambi membri della NATO, la macchina da guerra dell'imperialismo. Più che una mera dichiarazione di solidarietà, si tratta di un appello programmatico per l'abolizione della barbarie capitalista. Si tratta di un piano d'azione internazionale sottoscritto dai partiti che interpretano gli sviluppi in corso nella regione e nel mondo in un'ottica marxista-leninista.

«I nostri partiti si rivolgono ai popoli dei due Paesi, ai popoli della regione, che esortiamo a intensificare la lotta contro il sistema di sfruttamento che produce crisi, disoccupazione, miseria, profughi, declino educativo e culturale, interventi e guerre imperialiste; a intensificare gli sforzi per l'unità della classe operaia, per l'alleanza sociale con le vittime dell'oppressione dei settori monopolisti, per lo sviluppo della lotta di classe, la lotta per il potere dei lavoratori, per il socialismo, che oggigiorno è più attuale e necessaria che mai».

Le parole di questa dichiarazione riprendono quelle dei comunisti che esortavano i soldati greci a rifiutarsi di aprire il fuoco contro i loro fratelli lavoratori, anche a costo di perdere la guerra in cui le truppe greche erano state trascinate sull'altra sponda dell'Egeo per occupare l'Anatolia sotto la pressione della Gran Bretagna, principale potenza imperialista nel 1920. Rifiutarsi di aprire il fuoco in terra straniera su altre persone significa anche lavorare per la sconfitta della borghesia del proprio Paese e nell'interesse dei lavoratori di tutti i Paesi. È proprio questa la concezione dell'internazionalismo proletario che avevano i bolscevichi. Pur pagando con le proprie vite, i comunisti hanno lasciato un'eredità rivoluzionaria che perdura da un secolo.

Sul piano della propaganda, la dichiarazione costituisce una forma di lotta politica e ideologica contro l'ideologia nazionalista egemone che mira a indebolire i lavoratori e a far recedere la coscienza di classe. La dichiarazione prende di mira direttamente i sentimenti nazionalisti della borghesia, e al tempo stesso propone una soluzione.

Internazionalismo per una soluzione di classe alla questione di Cipro

La storia di Cipro brulica di provocazioni imperialiste, in virtù della posizione dell'isola, delle sue risorse e della sua importanza strategica sul piano commerciale e militare. Gli interessi dei monopoli internazionali hanno suscitato contrapposizioni etniche e nazionali a Cipro, che hanno causato numerose devastazioni tra cui scontri sanguinosi, colpi di Stato militari e interventi armati. La questione di Cipro si è trasformata nella «principale materia prima delle politiche nazionaliste»3 sia in Turchia sia in Grecia; questa narrazione ha messo i popoli l'uno contro l'altro, trasformandosi sistematicamente per la borghesia in un'utile strumento di pacificazione atto a soggiogare la classe operaia.

Analizzando oggi, a posteriori, un approccio caratterizzato da una certa inadeguatezza in termini di internazionalismo può essere utile per farsi un'idea dell'atteggiamento che i partiti comunisti dovrebbero assumere. L'approccio adottato dalla sinistra turca negli anni Sessanta, improntato all'anti-imperialismo e al patriottismo e al tempo stesso al sostegno per l'intervento nello Stato sovrano cipriota, offre un esempio di prevalenza del nazionalismo sull'internazionalismo. Questa temporanea identità di vedute con le tesi nazionaliste della borghesia si trasformò in un atteggiamento discutibile in relazione alla lotta per la pace e all'internazionalismo proletario, pur fondandosi su un atteggiamento anti-occidentale.

In questo caso, in cui gli interessi nazionali si trasformarono in una delle tesi fondamentali di un partito socialista rivoluzionario, potrebbe aver svolto un ruolo un'analisi carente in termini di approccio di classe. Negli anni Sessanta, nel contesto della guerra fredda, la crescente legittimazione dei movimenti anticoloniali, delle lotte per la liberazione nazionale e l'indipendenza mise talvolta in ombra l'antagonismo di classe. Nell'ambito della sinistra, la difesa dell'anti-imperialismo e del patriottismo nel contesto della lotta per l'emancipazione della Turchia dall'oppressione imperialista fece sì che in relazione alla questione di Cipro venisse ripreso il linguaggio nazionalista della borghesia turca. Lo stesso periodo ci ha lasciato in eredità una delle più importanti esperienze politiche della storia della classe operaia turca. Sebbene la questione di Cipro costituisca soltanto una parte di tale esperienza, analizzandola a posteriori si può giungere alla conclusione che sarebbe stato possibile elaborare un approccio diverso.

Oggi il Mediterraneo orientale è più che mai pervaso dalle provocazioni. Viviamo un periodo in cui i monopoli energetici cercano di piegare ai propri interessi lo sfruttamento di risorse da poco scoperte, e gli Stati imperialisti elaborano progetti di spartizione in un contesto di alleanze e rivalità mutevoli. Già oggi è possibile cogliere i grandi rischi che questi piani implicano per i popoli della regione. Perseguendo una politica estera spregiudicata che gioca sulle contraddizioni tra gli Stati imperialisti e al tempo stesso persegue in modo estremamente pragmatico i propri obiettivi espansionistici, la borghesia turca trova sostegno per questi fini nell'ideologia nazionalista che applica al Paese attraverso il suo ruolo di «garante» a Cipro. Nulla impedirebbe a un potenziale conflitto di estendersi alla Turchia; e in un tale conflitto a essere versato sarebbe il sangue dei lavoratori, che le forze egemoni tentano di accattivarsi alimentando illusioni da «grande potenza» con argomentazioni nazionaliste - a meno che i lavoratori non organizzino una risoluta resistenza contro il conflitto stesso.

Dobbiamo affermarlo chiaramente, prendendo esempio dal coraggio dimostrato dai bolscevichi un secolo fa: per il Partito Comunista di Turchia, la difesa dell'indipendenza e dell'integrità di Cipro e del potere socialista dei lavoratori di Cipro costituisce una responsabilità cruciale. Per un'organizzazione che lotta contro i luridi artigli dell'imperialismo in tutta la regione, Cipro compresa, e contro la borghesia turca che cerca di accaparrarsi una fetta della torta, questa responsabilità implica molto più di semplici dimostrazioni di solidarietà dall'estero o prese di posizione a favore di determinate istanze. L'internazionalismo deve costituire un elemento centrale della lotta dei popoli turco e cipriota contro il loro nemico comune; deve fondarsi decisamente su basi di classe, e respingere ogni proposta di soluzione che preveda l'inclusione della borghesia, sotto qualunque forma e in qualunque misura. Questa tesi non è in contraddizione con il patriottismo, dato che l'imperialismo continua a costituire una minaccia per entrambi i popoli in entrambi i Paesi. Naturalmente, questa lotta deve puntare alla fine dell'occupazione di Cipro camuffata dalla finzione dello «Stato garante» e all'abolizione del sistema sociale che la rende possibile. Deve puntare all'espulsione dell'imperialismo dall'isola, in tutte le sue manifestazioni, dalle strutture amministrative superiori alle basi e ai contingenti militari, compresi quelli delle Nazioni Unite.

I lavoratori curdi e il TKP

La svolta filo-occidentale in politica estera del governo turco e i suoi rapporti con l'imperialismo all'indomani della seconda guerra mondiale determinarono anche una risistemazione degli affari interni. Paradossalmente, la borghesia turca ricorse allo strumento del nazionalismo per rafforzare questi sviluppi; non soltanto i partiti di destra e il governo, ma anche la socialdemocrazia e l'opposizione filo-establishment fecero uso del nazionalismo. Un aspetto di questa situazione fu rappresentato dalla propaganda nazionalista contro i curdi, gli armeni e i greci. Un altro fu costituito dall'intensificazione dello sfruttamento dei lavoratori curdi, un elemento che è sempre rimasto costante a prescindere dalle tendenze congiunturali della borghesia. Un terzo aspetto fu rappresentato dalla repressione contro la sinistra, che stava vivendo un risveglio, e dall'anticomunismo - che è rimasto una costante anche dopo che l'Unione Sovietica ha cessato di rappresentare una «minaccia».

Sotto questo aspetto, non si può affermare che la Turchia rappresenti un caso unico. In numerosi Paesi il nazionalismo viene alimentato dall'imperialismo, e le organizzazioni che esprimono ideologie nazionaliste e fasciste vengono sostenute finanziariamente, addestrate, manipolate e armate. Le strutture paramilitari del nazionalismo sono senza eccezioni anti-rivoluzionarie, e i loro primi bersagli sono sempre gli esponenti della sinistra del Paese in questione. In questo senso, il nazionalismo indebolisce la classe operaia non soltanto dividendo i popoli l'uno dall'altro, ma anche colpendo le basi intellettuali della lotta per il socialismo.4 Tuttavia, l'aspetto che va sottolineato del caso turco è che il nazionalismo va a braccetto con l'islamismo, e che queste due ideologie reazionarie si alimentano a vicenda, causando al Paese devastazioni ancora maggiori.

Per contro, anche il movimento politico curdo fa uso di una diversa forma di nazionalismo, che è divenuta uno degli elementi costanti della politica turca, in seguito sia a dinamiche interne verificatesi in Turchia sia all'ascesa delle politiche identitarie in tutto il mondo a partire dagli anni Ottanta. Alla luce della linea politica che segue in Turchia e nella regione, tale movimento si può definire un movimento borghese. La sua presa di distanza dalla Resistenza di Giugno del 2013 - la più grande sollevazione popolare contro il dominio dell'AKP -, il suo desiderio di includere gli Stati Uniti nella soluzione, la sua disponibilità a fare da strumento per consentire all'imperialismo USA di operare nella regione, i suoi rapporti con le organizzazioni che rappresentano la classe capitalista turca e la sua abilità nel reprimere gli elementi orientati a sinistra all'interno delle sue file sono tutte caratteristiche tipiche del nazionalismo, che mostrano un'indubbia coerenza.

Il TKP afferma che la lotta dei lavoratori curdi per l'eguaglianza e la libertà può trionfare soltanto su basi non identitarie, bensì di classe. Sotto questo aspetto, non va dimenticato che ogni solidarietà internazionale da parte della sinistra con il popolo turco, che subisce un'oppressione economica, sociale e culturale, va messa in pratica appoggiando la lotta indipendente della classe operaia in Turchia, e non i movimenti contaminati dal nazionalismo.

Lavoratori immigrati e internazionalismo

Costretti dall'imperialismo a lasciare la propria patria, obbligati a emigrare sotto la minaccia delle armi o in assenza di alternative economiche, spinti a vendere la propria forza lavoro in un altro Paese secondo modalità formali o informali, i lavoratori immigrati rappresentano oggi l'1% della popolazione mondiale.

La Turchia è tra i Paesi che hanno accolto il maggior numero di immigrati negli ultimi anni; secondo alcuni, anzi, è in Turchia che risiede oggi il numero più elevato di immigrati. Oltre alla posizione geografica del Paese, anche il governo ha una responsabilità in tal senso - è stato anzi il principale responsabile dello sradicamento delle popolazioni del Medio Oriente, condotto con l'assenso della classe capitalista turca. Oggi, quasi l'80% degli immigrati - oltre 4 milioni di persone - vive nelle città. Uomini, donne e bambini sono costretti a lavorare in condizioni dure e precarie, perlopiù in settori manuali, e sono praticamente privi di qualunque potere contrattuale. La borghesia, sempre coerente con se stessa, non prevede affatto l'integrazione di queste persone - diversamente correrebbe gravi rischi se questi settori, i più sfruttati e maltrattati della società, si emancipassero e tentassero di ottenere il riconoscimento dei propri diritti. Sotto questo aspetto, lo sfruttamento della manodopera immigrata costituisce un'indispensabile fonte di plusvalore per il capitalismo del XXI secolo.

Sebbene i padroni immigrati e i lavoratori immigrati abitino negli stessi ghetti e nelle stesse zone circoscritte, e sebbene provengano dagli stessi Paesi e condividano una comune identità nazionale che inizialmente crea una certa coesione e permette loro di difendersi a vicenda, ben presto le loro sorti divergono. Da un lato, i lavoratori siriani rappresentano il settore più povero del nostro Paese, e sono vittime dell'odio dei cittadini timorosi di «perdere il lavoro per colpa loro»; dall'altro, secondo un rapporto del 2018 della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, il 70% dei padroni siriani sono soddisfatti dei loro profitti e non desiderano ritornare nel loro Paese.

Giunti ormai all'ottavo anno della guerra scatenata dall'imperialismo in Siria, possiamo affermare senz'altro che i lavoratori immigrati fanno parte della classe operaia turca. L'internazionalismo impone di cooperare e lottare fianco a fianco con i lavoratori immigrati, tenendo presente che sono stati sradicati da una guerra in cui la borghesia turca ha svolto un ruolo diretto, e che di conseguenza si sono trovati a essere sfruttati dalla stessa borghesia.

Il fatto che la classe borghese abbia costituito la forza motrice per la creazione dell'unità nazionale nella fase iniziale del capitalismo era legato a cause concrete legate ai suoi interessi di classe. Nelle mani della borghesia, l'unità nazionale ha perduto rapidamente il suo carattere progressivo. Il nazionalismo è divenuto uno strumento per dividere la classe operaia su basi etniche e nazionali, per sussumere le minoranze in stereotipi che suscitano l'ostilità della maggioranza e per intensificare lo sfruttamento. In politica estera, il nazionalismo è stato utilizzato per colonizzare altri popoli e per alimentare il sostegno delle classi medie verso politiche oppressive ed espansionistiche. Il nazionalismo, in ogni sua versione e senza eccezioni, è da sempre un'ideologia reazionaria e anticomunista che corrompe la classe operaia, rendendola timorosa della propria ombra e trasformandola in un nemico di altri popoli.

Ciò che più conta, il nazionalismo - come evidenziano gli esempi citati sopra - è collaborazionismo di classe. Non si deve dare credito al nazionalismo, quale che sia il pretesto che utilizza - la pace, l'indipendenza, lo sviluppo o quant'altro. L'amore per la propria patria non può essere una scusa per scendere a compromessi che finiscono per favorire la borghesia. I comunisti fanno politica per trasformare la patria in cui sono nati, in cui vivono e producono, e per liberarla dal potere della borghesia. È questo il senso del loro amore per la patria; è questo il significato del loro patriottismo.

Oggi la nazione, come elemento della sovrastruttura, non può riuscire a fare ciò che fece due secoli fa; non è più in grado di creare unità nonostante l'antagonismo di classe. L'internazionalismo è uno degli strumenti più potenti e attuali di cui disponiamo per impedire ulteriori devastazioni ai danni dei lavoratori - gran parte dei quali sono sradicati, privati di una patria o si sentono «apolidi» in quanto la sovrastruttura della nazione definita dal potere borghese non è in grado di contenerli - e delle masse ingannate dalla demagogia nazionalista che li trasforma in braccio armato di antagonismi irreali e privi di basi scientifiche.

L'imperialismo sta vivendo una crisi. La classe borghese e i suoi rappresentanti politici a livello nazionale e internazionale cercano di sottrarsi all'impatto della crisi scaricandone il fardello sulla classe operaia, con la forza o con altri mezzi. Sta alla classe operaia e alla sua avanguardia rivoluzionaria - e a esse soltanto - passare all'offensiva contro l'influenza dei partiti borghesi sui lavoratori, e non permettere che questa crisi si trasformi in una crisi totale per l'umanità. I partiti comunisti devono prepararsi sin da subito, in chiave internazionalista, a raccogliere le forze per la battaglia finale, per colpire in modo più efficace nelle regioni in cui la crisi potrebbe produrre situazioni rivoluzionarie. L'internazionalismo deve essere parte dell'identità dei comunisti. La ricca esperienza che abbiamo accumulato in nome dell'internazionalismo sin dalla fondazione del Comintern deve trasformarsi nell'arsenale dei partiti bolscevichi di oggi.

Note:

*) Membro del CC del Partito Comunitsa di Turchia

**) Indice:

Editorial Article for the 10th issue of the "International Communist Review"

PCM: Our tribute to the Communist International: keeping the flag of proletarian internationalism high
PCTE: The International Brigades and Proletarian Internationalism
TKP: Proletarian internationalism as a weapon of the working class against nationalism and chauvinism
KKE: The relations between the vanguard-the CPs in the struggle for the unity of the interests of the workers, despite the differing level of development of capitalism in various countries
RCWP: Dialectical relationship between internationalism and class struggle
SPL: The Communist International and the struggle for liberation of the working people of Latvia
SMK: Support of the USSR Communist parties and the international labor movement
PC: Immigration and class solidarity. Proletarian Internationalism is the only way to avoid a war among the poor

1 Socialsciovinisti e internazionalisti, Lenin, Opere Complete, Roma 1966, vol. XXIV, p. 335.

2 Sulla lotta contro il socialsciovinismo, Lenin, Opere Complete, Roma 1966, vol. XXI, p. 178.

3 Ahmet An, Kıbrıs'ta Üç Dönem Üç Aydın, Yazılama Yayınları, s 9.

4 La storia recente della Turchia reca ancora le cicatrici degli omicidi di intellettuali socialisti e dirigenti sindacali, nonché di vere e proprie stragi. Anche individui che difendevano la fratellanza tra i popoli pur non essendo personalmente socialisti sono stati vittime della brutalità del nazionalismo.


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