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PCRF: Sulla guerra in Ucraina e i compiti dei comunisti

Partito Comunista Rivoluzionario di Francia (PCRF) | pcrf-ic.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

22/05/2022

La versione sintetica del seguente documento è stata presentata alla Conferenza internazionale di Parigi "Oltre la guerra: dall'Ucraina alla Corea del Sud" organizzata dal Partito della Democrazia Popolare della Corea del Sud.

Alla Conferenza, svolta il 28 maggio 2022, hanno partecipato anche l'Unione dei Comunisti d'Ucraina, il Partito Comunista Operaio Russo, il Fronte Comunista (Italia), il Partito Comunista del Belgio, il Partito per il Socialismo e la Liberazione (PSL, USA), il Polo di Rinascita Comunista in Francia (PRCF), l'Associazione Nazionale dei Comunisti (ANC, Francia), il Partito Comunista Rivoluzionario di Francia (PCRF), il Partito Comunista (Svizzera), il Partito marxista-leninista di Germania (MLPD), il Partito Comunista di Gran Bretagna - Marxista-Leninista (CPGB-ML), il Partito Socialista di Lettonia, il Partito dei Lavoratori Ungherese, il Partito Comunista di Polonia, il Partito Comunista del Kirghizistan, il Partito Comunista delle Filippine, l'Associazione d'amicizia franco-coreana (AAFC), la Corea è Una - Associazione d'amicizia belga-coreana e il Forum Coreano Internazionale. 

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Le condizioni oggettive dell'attuale situazione internazionale sono quelle di una crisi profonda dell'imperialismo. Per meglio dire, la causa della crisi è il modo di produzione capitalistico. Questa causa è acuita dal capitalismo monopolistico, cioè dallo stadio imperialistico del capitalismo, sulla base della contraddizione principale tra la produzione sempre più socializzata e la proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio. L'organizzazione socialista della produzione è il solo mezzo per sradicare le cause della crisi e dello sfruttamento capitalistico, le cause della guerra e della miseria.

Oggi, il termine "imperialismo" inteso volgarmente come politica estera aggressiva, soprattutto militare, di uno Stato sviluppato, è utilizzato sia da parte dei media borghesi che dai politici di "sinistra", in particolare la socialdemocrazia, o della "sinistra-sinistra" o anche da alcune organizzazioni che si richiamano al comunismo. Anche se questi fenomeni sono l'estensione dell'imperialismo nella politica estera di differenti Stati, è indispensabile ricercarne la loro base prima di tutto nell'economia. L'imperialismo è il capitalismo dei monopoli. L'origine delle guerre di spartizione tra le grandi potenze, dopo l'introduzione del "nuovo ordine mondiale" imperialista, si trova nella concorrenza dei monopoli e le rivalità dei loro Stati. In regime capitalista, a maggior ragione nello stadio imperialistico, le imprese, i diversi settori economici e i paesi non possono svilupparsi paritariamente. I paesi si sviluppano a balzi, gli uni si arricchiscono a discapito di altri. Si forma una piramide imperialista con dei centri principali e secondari, una scala (gerarchica) mobile delle posizioni nella piramide sulla base della loro forza economica, militare e politica.

Senza negare i cambiamenti qualitativi e quantitativi di oggi, Lenin ha dato una definizione vivida di imperialismo nella sua opera "L'imperialismo, fase suprema del capitalismo", opera fondamentale del marxismo, analizzando il modo di produzione capitalistico nell'epoca imperialista, quella delle "guerre e delle rivoluzioni". Secondo Lenin, «l'imperialismo è dunque il capitalismo giunto a quella fase di sviluppo in cui si è formato il dominio dei monopoli e del capitale finanziario, l'esportazione di capitale ha acquistato grande importanza, è cominciata la ripartizione del mondo tra i trust internazionali, ed è già compiuta la ripartizione dell'intera superficie terrestre tra i più grandi paesi capitalistici.»

Da tempo, il Partito Comunista Rivoluzionario di Francia (PCRF) mette in guardia sulle conseguenze dell'acuirsi delle tensioni tra imperialismi (USA, paesi dell'UE, Russia, Cina), che strumentalizzano o favoriscono i conflitti locali nell'interesse esclusivo dei loro monopoli. In questo quadro, il 24 febbraio 2022, la Russia ha innescato una guerra contro l'Ucraina, attraverso l'ingresso dell'esercito russo nel Nord-Est del paese e bombardamenti di diverse città ucraine.

Ricordiamo che le tensioni tra Russia e Ucraina, con il sostegno dell'UE e della NATO, di cui la Francia è membro, sono state accentuate dalla questione del Donbass: il rifiuto di raggiungere un accordo, l'aumento dei bombardamenti su Donetsk e Lugansk da parte di Kiev, hanno portato al riconoscimento da parte delle autorità borghesi della Federazione Russa di queste repubbliche dell'Ucraina orientale, in guerra da 8 anni contro il potere fascista ucraino emerso dal colpo di Stato del 2014, sostenuto da Francia, UE e USA.

Ma la prima causa di questo conflitto è lo scontro inter-imperialistico tra la Russia e i paesi occidentali membri della NATO. Il popolo del Donbass è divenuto ostaggio nella lotta tra, da un lato, l'Ucraina nazionalista sostenuta dagli USA e i paesi europei, tra cui la Francia, e dall'altro lato, la Russia di Putin che cerca di riportare l'Ucraina nella sua zona d'influenza. Come dimostrano le colossali somme di denaro ottenute da Biden per "aiutare" l'Ucraina, gli USA hanno scelto di condurre con l'Ucraina una guerra per procura contro la Russia, con il proposito di indebolirla definitivamente per meglio occuparsi del loro principale rivale, la Cina, nella zona indo-pacifica: gli USA forniscono le armi, gli ucraini servono da carne da cannone. Gli interessi statunitensi non corrispondono perfettamente a quelli dei paesi imperialisti dell'Europa come la Francia, che è conscia di dover fare comunque i conti con la Russia nello spazio continentale. All'interno stesso dell'UE, le contraddizioni emergono intorno all'esercito europeo promosso dalla Francia che ne vorrebbe la guida.

Indipendentemente dai pretesti utilizzati dalle due parti, il conflitto militare in Ucraina è il risultato dell'inasprimento della concorrenza tra i due campi belligeranti, principalmente focalizzato sulle sfere d'influenza, le quote di mercato, le materie prime, i piani energetici e le vie di trasporto; la situazione, le posizioni degli uni e degli altri e le contraddizioni in seno all'UE, non possono essere comprese senza tenere in considerazione, ad esempio, la questione del gas russo in Germania o del gas di scisto statunitense. La Francia è inoltre il terzo investitore in Russia, il principale datore di lavoro nel paese, e sta compiendo la sua parte mantenendo anche la sua presenza nel Mar Nero e nel Mediterraneo si è recentemente rafforzata in competizione con la Turchia e in alleanza con la Grecia, l'Italia e la Romania; quest'ultima occupa una posizione di primo piano, con la foce del Danubio e un'ampia costa sul Mar Nero, con delle basi francesi (sotto la copertura della NATO), con un'industria francese, con un progetto di sviluppo dei suoi porti (ostacolati dai Paesi Bassi, che li considerano una concorrenza per il loro porto di Anversa); la Romania sta anche valutando i futuri contratti per le corvette francesi ed è inserita nel mondo francofono...

Una parola anche sulla Cina che ha firmato un accordo bilaterale con l'Ucraina qualche mese prima lo scoppio della guerra, con degli investimenti nelle ferrovie, gli aeroporti e i porti, così come nelle infrastrutture di comunicazione attraverso l'Ucraina. La Cina che ora è, davanti alla Russia, il più grande partner commerciale dell'Ucraina, realizza il 14.4% delle sue importazioni e il 15.3% delle sue esportazioni. L'Ucraina ha quindi deciso di ritirare il suo nome da una dichiarazione internazionale anticinese sulle "violazioni dei diritti umani" nello Xinjiang. Queste competizioni non possono essere sempre risolte per mezzi diplomatici-politici e fragili compromessi.

È la conferma che la guerra è la continuazione della stessa politica con altri mezzi. È la prova che la guerra imperialista, così come la morte e la distruzione che provoca, nascono inevitabilmente dalla competizione capitalistica, dal suo modo di produzione. Riaffermiamo che nel socialismo, contrariamente al discorso antisovietico di Putin del 21 febbraio, i popoli russo e ucraino hanno vissuto in pace con amicizia e prosperità.

L'imperialismo non si definisce come una politica d'aggressione o di annessione, o di colonialismo o di conquista, come lo volgarizzano le formazioni piccolo-borghesi o anche comuniste revisioniste kruscioviane. L'imperialismo, semplificando volontariamente, è il capitalismo dei monopoli. La Russia pertanto è imperialista? Si; il PC della Federazione Russa non cambia questo, neppure che la partitura dell'inno dell'URSS venga adottata da Putin nell'inno russo o che la bandiera rossa sfili il 9 maggio. Naturalmente tutto questo fa leva sui nostri "sentimenti", sulla "nostra affezione comunista".

La questione della guerra è una delle più complesse da analizzare in senso materialista storico e dialettico. Le passioni umane non rimangono in disparte e favoriscono prese di posizioni sentimentali, segnate dal soggettivismo, tanto più che i media borghesi orientano l'opinione pubblica a colpi di immagini sensazionali, vere o artificiali. Diceva Stalin che per scatenare le guerre imperialiste, occorre prima soggiogare le retrovie. "Il nemico ci attacca", "L'aggressione è opera di X", "I diritti storici e nazionali di Y sono stati violati", "Noi salveremo i popoli di questo o quel paese"; tutte formule che rafforzano le convinzioni, ma non rispondono alla demarcazione tracciata dal socialismo scientifico: la guerra è giusta o ingiusta da una o entrambe le parti?

Per la visione marxista, è il significato politico di ogni guerra che deve essere definito, in ogni singolo caso. Ma come si può definire il significato politico di una guerra? Tutte le guerre non sono altro che la continuazione di una politica. A quale genere di politica fa seguito l'attuale guerra? Essa è la continuazione di una politica del proletariato? O piuttosto è la continuazione di una politica imperialistica, della politica di dominazione, di saccheggio e di oppressione di una borghesia reazionaria decadente? La domanda va posta per rispondere chiaramente: la guerra attuale è una guerra di brigantaggio.

Chi si schiera con la Russia (tralasciamo i discorsi sulla "denazificazione" come giustificazione del governo russo) teorizza di fatto un mondo multipolare dove si scontrano due campi, quello russo-cinese contro l'asse USA-NATO, financo l'UE. Da questo deducono, un po' come nella teoria dei tre mondi, che bisogna sostenere la parte che combatte contro l'imperialismo principale, il "più forte", e quindi si dovrebbe stare dalla parte della Russia. Prendono ad esempio l'URSS con le sue alleanze occidentali contro il nazismo con la formula "prima affrontiamo il fascismo poi combattiamo la lotta di classe". Riteniamo che stanno commettendo un grave errore. Per sostenere o allearsi temporaneamente con un paese imperialista (non torneremo a discutere con coloro che sostengono, contro il leninismo, che la Russia non è imperialista), c'è una condizione: che questa tattica internazionale sia subalterna all'interesse superiore del proletariato mondiale. Questo è stato il caso dell'esistenza dell'URSS e del fronte unito nazionale che divenne fronte unito internazionale contro il fascismo. Questo aspetto strategico fondamentale è anche un elemento della "permanenza della Rivoluzione" che si oppone alla "rivoluzione permanente" dei trotskisti, e che spiega perché la difesa dell'URSS nella sua fase ascendente sottomise in parte le tattiche e le strategie dei PC in tutti i paesi del mondo. Il concetto della subordinazione deve essere utilizzato quando una parte contraddice il tutto; e gli interessi particolari, per essere soddisfatti, indeboliranno l'interesse internazionale superiore, segnatamente rafforzando l'imperialismo. Dov'è oggi l'URSS? La patria del socialismo su cui contare, dove si trova la patria caratterizzante del socialismo? Da nessuna parte. La situazione non è quella della Seconda guerra mondiale. A meno che, e qui entra in gioco un altro grave errore teorico, non si ponga la Cina sul terreno della costruzione del socialismo; si noti che l'URSS non era in fase di costruzione del socialismo, ma lo aveva costruito a partire dagli anni '30 (fino agli anni '50, fase ascendente del socialismo in URSS), e che era l'unico paese al mondo ad aver raggiunto questa fase (persino nella DDR l'artigianato era ancora importante). Ma la Cina non è socialista, né sta costruendo il socialismo, nessuna delle caratteristiche generali del socialismo esiste in Cina. L'Iniziativa Comunista Europea e una parte del MCI, a cui modestamente cerchiamo di appartenere, lo hanno dimostrato scientificamente e continuano a dimostrarlo. Nella misura in cui la Cina sarebbe la patria mondiale del socialismo, sì, questo cambierebbe la situazione, la questione delle alleanze e del sostegno cambierebbe di natura; vediamo come queste due questioni, l'Ucraina e la Cina, sono intrecciate. Tutti preferiremmo che la Cina o la Russia "fossero socialiste", ma non è così; quindi, dovremmo rammaricarci e tornare alle nostre cose personali? No, il nostro dovere di comunisti è quello di rimboccarsi le maniche.

Il "geopoliticismo" consiste nel sostenere un imperialismo contro un altro, presentato o giudicato come "il più pericoloso" (che sia quello statunitense, russo o cinese, a seconda delle organizzazioni), come se il pericolo non venisse dal sistema mondiale degli Stati imperialisti! Dov'è la posizione indipendente dei comunisti in tutto questo? I comunisti rivoluzionari si oppongono al sistema imperialista in tutte le sue componenti. Il "geopoliticismo" è un nuovo pericolo per il movimento comunista e sta per dividerlo in due. Noi definiamo "geopoliticismo" - in mancanza di un termine migliore - la concezione che consiste, da parte di organizzazioni e di partiti comunisti, nel sostenere uno Stato o un blocco imperialista, in una guerra o un conflitto armato, partendo da un approccio unicamente nazionale dei fenomeni, a discapito dell'approccio internazionalista, di classe e materialista. Alcuni compagni hanno mantenuto uno strano riflesso, come se esistessero ancora due campi antagonisti di Stati, quello imperialista e quello socialista. Nonostante le controrivoluzioni borghesi, questi compagni conservano un attaccamento sentimentale, astratto, comprensibile (ma in realtà privo di un contenuto di classe) alla Russia, alla Cina, e arrivano ad appoggiare, in parte, alcuni elementi della politica della classe borghese al potere in questi paesi. Durante il conflitto armato tra la Georgia e la Russia imperialista, le organizzazioni comuniste hanno visto correttamente le manovre di Washington per utilizzare la Georgia - una semi-colonia statunitense - e il suo esercito per bombardare e lanciare razzi su due regioni georgiane: l'Abkhazia e l'Ossezia del Sud. Tuttavia, questi stessi compagni non hanno visto le manovre dell'imperialismo russo, che non ha esitato a utilizzare la legittima aspirazione di autodeterminazione degli abkhazi e degli osseti (in quanto vittime dello sciovinismo georgiano), per allargare la propria sfera di influenza, minata, è vero, dalle "rivoluzioni colorate" sotto l'egida dell'imperialismo statunitense. In seguito, il regime di Putin ha bombardato la popolazione georgiana, nonostante fosse molto diffidente riguardo al regime fascista di Saakachvili, in particolare a Gori, la città natale del dirigente dell'URSS, Stalin. Un vero e proprio simbolo, quando il nazionalismo bestiale trionfa. Alcune organizzazioni comuniste francesi e straniere appoggiarono la Russia (in nome della geopolitica) e il suo esercito. In Francia, alcuni compagni hanno persino evocato, con un certo lirismo, "l'esercito russo come erede delle tradizioni dell'Armata Rossa"!

In Storia del Partito Comunista bolscevico dell'URSS (1938), si legge:

«I bolscevichi consideravano che vi sono due tipi di guerre: a) la guerra giusta, non annessionistica; la guerra di liberazione, il cui scopo è o la difesa del popolo contro le aggressioni esterne e i tentativi di assoggettarlo, o l'emancipazione del popolo dalla schiavitù capitalistica, o, infine, la liberazione delle colonie e dei paesi dipendenti dal giogo degli imperialisti e b) la guerra ingiusta, annessionistica, il cui scopo è di conquistare e di assoggettare altri paesi, altri popoli.» (ed. in Lingue estere, pag. 182)

Per spacciare le guerre come una guerra nazionale, i social-sciovinisti si richiamano spesso all'autodecisione delle nazioni. Contro di loro vi è un'unica lotta giusta: bisogna dimostrare che la guerra in corso non si combatte per emancipare le nazioni, ma per stabilire quale dei grandi briganti debba opprimere più nazioni.
Citiamo: «La "supremazia mondiale" è, in sintesi, il contenuto della politica imperialistica, che viene continuata dalla guerra imperialistica. Negare la "difesa della patria", cioè la partecipazione a una guerra democratica, è un'assurdità che non ha niente da spartire con il marxismo. Abbellire la guerra imperialistica, applicandole la nozione di "difesa della patria", spacciandola cioè per una guerra democratica, significa ingannare gli operai e passare dalla parte della borghesia reazionaria.» (Lenin, in "Intorno a una caricatura del marxismo e all'«economismo imperialista»", Op. complete, vol. 23, pag.25-74). Righe notevoli, la cui metodologia dialettica di analisi dovrebbe ispirarci. Il Partito è a favore dell'autodeterminazione e della liberazione dei popoli oppressi, di tutti i popoli oppressi, naturalmente anche attraverso guerre di liberazione nazionale. Ma quando l'"autodeterminazione" o l'"indipendenza" vengono usate come alibi, come giustificazione per le potenze imperialistiche per asservire paesi e regioni, allora l'"autodeterminazione" cambia la propria natura di classe e serve gli obiettivi del capitale monopolistico delle grandi potenze di uno o più paesi. Non è più una lotta per l'autodeterminazione o l'indipendenza, ma un momento della guerra per la ripartizione del mondo! Pertanto, i marxisti-leninisti non hanno motivo di "coprire" questa nuova divisione del mondo a vantaggio dell'imperialismo o di alcuni Stati imperialisti, chiunque essi siano.

La questione dei diritti delle nazioni non è una questione isolata e a sé stante, ma è una parte della questione generale della rivoluzione proletaria, è una parte subordinata al tutto ed esige di essere considerata da un punto di vista d'assieme. Si tratta, ad esempio, di appoggiare quei movimenti nazionali che tendono a indebolire, ad abbattere l'imperialismo e non a consolidarlo e a conservarlo.

Il revisionismo derivante dalla "linea generale del XX Congresso" del PCUS guidato da Krusciov, oltre alla liquidazione dei principi rivoluzionari del comunismo-bolscevismo, ha indebolito e poi liquidato l'internazionalismo proletario in nome delle "vie nazionali al socialismo nazionale". I marxisti-leninisti, in linea con gli insegnamenti di Lenin e Stalin, non ignorano l'importanza delle particolarità nazionali, sia nella conduzione della rivoluzione sia nei ritmi della costruzione socialista, così come la forma assunta dalla dittatura del proletariato. Tuttavia, per i classici del marxismo, le leggi generali (comuni a tutti i paesi) prevalgono sulle particolarità. I revisionisti hanno rovesciato questo assioma, assolutizzando il carattere nazionale e liquidando le leggi generali del socialismo.

I marxisti-leninisti combattono l'intero sistema capitalista-imperialista. Il Partito Comunista (bolscevico) è un modello nella sua capacità di utilizzare le contraddizioni inter-imperialiste a vantaggio della causa rivoluzionaria: dal ritorno di Lenin a Pietrogrado, al fronte unito mondiale antifascista che ha costretto gli Stati imperialisti di Gran Bretagna e Stati Uniti a combattere a fianco dell'URSS per sconfiggere il fascismo tedesco, nella speranza di riconquistare le posizioni perdute. Fu l'ingresso dell'URSS a garantire il carattere antifascista e democratico-rivoluzionario della guerra in molti paesi. Niente di paragonabile, ad esempio, alla politica del Donbass, in quanto questi territori si sono alleati con l'imperialismo russo contro quello ucraino e della NATO. In questo caso non si tratta tanto di sfruttare le contraddizioni tra le potenze capitalistiche quanto di sostenere un imperialismo.

Il "geopoliticismo" prosegue l'eredità di Kautsky consistente nel separare la politica estera e militare degli Stati capitalisti dai loro scopi economici di classe. «
È quindi fuori discussione il fatto che al trapasso del capitalismo alla fase di capitalismo monopolistico finanziario è collegato un inasprimento della lotta per la ripartizione del mondo» (Lenin, "L'imperialismo, fase suprema del capitalismo"). Le basi materiali della politica imperialista sono economiche. I monopoli e persino i super-monopoli usano l'onnipotenza della loro dittatura di classe dello Stato per conquistare nuovi mercati con ogni mezzo, per soppiantare i loro concorrenti dal controllo sulle fonti di approvvigionamento di petrolio e gas. Questa è l'origine delle guerre di spartizione dall'introduzione del "nuovo ordine mondiale" imperialista. La fascistizzazione, le limitazioni delle libertà democratiche borghesi, accompagnano questa politica capitalista che suscita una crescente resistenza. Attraverso lo studio degli obiettivi economici dell'imperialismo, ci allontaniamo da un approccio nazionale.

Questi conflitti fungono da innesco e da pretesto, ma dietro di essi si nasconde la rivalità tra le grandi potenze e la volontà di assoggettare questo o quel paese. Immerso in questa visione, il "geopolitico" rimane a livello di questa visione: "Se A è il nemico di B che è il nemico principale, allora sostengo A"; anche se A e B hanno una politica identica in quanto a contenuto di classe... Questa è la visione di Kautsky delle "sfere d'influenza", che è anche visione di una lotta "dall'alto" solo tra Stati, una concezione delle relazioni internazionali che ignora, nella pratica, le lotte e le contraddizioni di classe. Il "geopoliticismo" liquida l'indipendenza del proletariato nella lotta antimperialista e non propone altra via ai comunisti e alla classe operaia che il sostegno a questo o quell'imperialismo. Questa deviazione proviene dalla grande e storica sconfitta subita dal movimento comunista internazionale, ma se non viene combattuta alla radice, essa condurrà il proletariato a divenire una forza ausiliaria di questa o quella borghesia. Questa deviazione rafforza l'opportunismo a carattere nazionalista.

Alcuni comunisti sostengono tali posizioni geopolitiche, sostengono il diritto della Russia di attaccare i paesi alla sua frontiera, l'alleanza "russo-cinese" contro quella degli USA e della NATO. Non dimentichiamo che le alleanze imperialiste sono molto fluide, che agisce la legge dello sviluppo ineguale dei paesi capitalisti, ancor più con l'imperialismo contemporaneo, e che gli imperialismi deboli, medi o forti di ieri non saranno quelli di domani! La legge dell'ineguaglianza dello sviluppo economico tra i paesi, naturalmente tra i paesi imperialisti e semi-colonizzati, ma anche tra i paesi del capitalismo monopolistico, è una delle condizioni oggettive per la vittoria della rivoluzione democratica o socialista. Il mercato, anche quello mondiale, ha dei limiti oggettivi e il rafforzamento di un monopolio o di uno Stato imperialista va a scapito di altre multinazionali (sempre a base nazionale) o di altri Stati. Questa legge dello sviluppo ineguale (un paese si rafforza indebolendo i suoi concorrenti) è la base materiale delle contraddizioni tra gli Stati imperialisti, contraddizioni che si sono acuite con la distruzione dell'URSS e degli Stati europei del campo socialista. Nella catena del capitalismo mondiale appariranno uno o più "anelli deboli", la rivoluzione spezzerà la catena di questi anelli come nell'ottobre del '17 o nel '45.

Anche sul tema della pace, che è la continuazione della guerra, una politica che non inganni i lavoratori ma che apra loro gli occhi deve smascherare il proprio governo e la propria borghesia: denunciare i trattati segreti che hanno firmato o stanno per concludere con i loro alleati imperialisti sulla spartizione dei mercati e delle sfere di influenza, sulle imprese finanziarie condotte in comune in altri paesi, sull'incetta delle azioni, sui monopoli, sulle concessioni... Essere per una pace democratica, senza annessioni, ecc. non vuol dire chiederlo a gran voce, ma esporre le verità, gli atti della propria borghesia contro la vera democrazia e la pace del socialismo. Non è internazionalista chi non lotta realmente contro la propria borghesia, contro i propri social-sciovinisti, contro i propri centristi e contro tutti coloro che trovano giustificazioni al loro imperialismo, anche se si tratta di una repubblica.

Il ruolo dei comunisti francesi è quindi quello di accusare la Francia, e non solo attraverso l'UE o contro una entità militare come la NATO, perché anche in queste unioni inter-imperialiste la Francia svolge il suo ruolo per difendere gli interessi dei suoi monopoli. In ogni paese, il Partito Comunista «deve spiegare prima di tutto alle masse l'incontestabile verità che una pace realmente duratura e democratica può essere stipulata oggi alla sola condizione che a stipularla non siano i governi attuali, e in generale i governi borghesi, ma dei governi proletari, che abbiano rovesciato il dominio della borghesia e iniziato la sua espropriazione» (Lenin, Abbozzo di tesi, vol. 23, pag.207-217).

In ogni paese, il Partito Comunista deve spiegare alle masse questa verità sulla "pace democratica": a meno che non si tratti di mascherare una pace imperialista, la classe operaia ha un solo mezzo per realizzare di fatto una tale una pace sin da ora: rivolgere le armi contro il proprio governo, ossia la trasformazione della guerra imperialista in una guerra civile del proletariato contro la borghesia per il socialismo. L'alternativa che i comunisti devono porre chiaramente alle masse attraverso una campagna di agitazione e di propaganda, di scioperi e di manifestazioni, è: o continuare a uccidersi l'un l'altro per i profitti e i progetti capitalistici, sopportare il carovita, la fame, la penuria, il peso di miliardi di debiti e delle spese di guerra, la commedia di una pace imperialista o di un armistizio camuffato con promesse riformatrici, oppure... insorgere contro la borghesia.

«Il nostro "programma di pace", infine, deve spiegare che le potenze imperialiste e la borghesia imperialista non possono dare una pace democratica. Bisogna cercare di ottenerla, non guardandoci alle spalle, guardando all'utopia reazionaria del capitalismo non imperialistico oppure all'unione di nazioni uguali in diritti in regime capitalista, ma avanti, alla rivoluzione socialista del proletariato. Nessuna rivendicazione democratica fondamentale può essere realizzata più o meno ampiamente e saldamente negli Stati imperialistici più progrediti se non attraverso le battaglie rivoluzionarie sotto la bandiera del socialismo. E chi promette ai popoli una pace "democratica", senza propagandare nello stesso tempo la rivoluzione socialista e rinnegando la lotta - già in tempo di guerra - per attuarla, inganna il proletariato.» (Lenin, A proposito del "Programma di pace", Op. complete, vol. 22, pag. 165-171).

La borghesia ha bisogno proprio di frasi ipocrite sulla pace, frasi vuote che non impegnano a nulla, per distogliere i lavoratori dalla lotta rivoluzionaria in tempo di guerra, per cullarli e consolarli con la speranza di una pace "senza annessioni", di una pace democratica.

Anche la pace è una questione di rapporti di forza tra i lavoratori e la borghesia. Ricordiamo i principi fondamentali del leninismo spesso snaturati dai centristi e dai revisionisti. La guerra è la continuazione, con mezzi violenti, della politica che le classi dominanti delle potenze belligeranti applicavano già molto prima dell'inizio delle ostilità. La pace è la continuazione della medesima politica, tenuto conto dei cambiamenti avvenuti in seguito alle operazioni militari, nei rapporti delle forze avverse. La guerra di per sé non modifica la direzione a cui tendeva nel suo sviluppo la politica prima della guerra; essa non fa che accelerare tale sviluppo.

Questa guerra in Ucraina continua la politica della borghesia nella maturità dell'imperialismo, non ha il carattere democratico della borghesia progressista come ad esempio nel 1793. Questa guerra, che poggia sul terreno dei rapporti borghesi, in virtù della situazione oggettiva non può portare a nessun "progresso" democratico, subito o in seguito, ma soltanto al rafforzamento e all'estensione di tutte le forme di oppressione e di dominio in generale, quale che sia l'esito della guerra. Nel concetto di annessione è di solito incluso il concetto di violenza (incorporazione di una regione "straniera", ecc.) e talvolta il concetto di violazione dello status quo. Un Paese o un partito che parla di riconoscere l'autonomia o l'indipendenza di una nazione può essere credibile solo se, nel proprio paese (o nei paesi sotto la sua sfera di influenza), riconosce, sia prima che durante una guerra, questo diritto all'autonomia. Nell'epoca dell'imperialismo in Europa, la distinzione tra nazioni reazionarie e rivoluzionarie (nel senso di progressiste e non solo socialiste) è impossibile. Gli Stati europei sono imperialisti.

Il proletariato deve essere contro la difesa della patria in questa guerra imperialista, in considerazione del suo carattere reazionario, di asservimento, di rapina; in considerazione della possibilità e della necessità di contrapporle la guerra civile per il socialismo e di adoperarsi a trasformarla nella guerra civile per il socialismo. Non dobbiamo accettare un programma nazionale per l'attuale guerra in Ucraina, che non è una guerra nazionale.

È necessario elaborare azioni sistematiche, conseguenti, pratiche, assolutamente attuabili, qualunque sia il ritmo di sviluppo della crisi rivoluzionaria, conformi alla linea della rivoluzione: votare contro i crediti, spezzare la "pace civile", creare un'organizzazione illegale, realizzare la fraternizzazione dei soldati, appoggiare tutti i movimenti rivoluzionari delle masse. Il successo di tutti questi passi conduce inevitabilmente alla guerra civile. Non basta essere contro la "guerra imperialista", bisogna essere per la tattica rivoluzionaria. Le posizioni che rifiutano le azioni rivoluzionarie per il socialismo sono fondamentalmente le stesse della "teoria degli stadi" o delle tappe, che consiste nel ricercare il programma più accomodante e popolare, quello più accettabile dalla piccola borghesia, per paura delle parole d'ordine rivoluzionarie. Non è corretto, a nostro avviso, parlare di difesa della patria in una guerra come quella in Ucraina.

La rivoluzione socialista non è un'utopia; i popoli lavoratori in guerra si trovano di fronte alla scelta se rinunciare a tutto, patendo anche la fame, e andare al macello dei proiettili o delle bombe per interessi altrui, per interessi stranieri, o se accettare grandi sacrifici per la rivoluzione e il socialismo, per porre fine al carovita e alla guerra. Viviamo nell'era dell'imperialismo, l'attuale guerra in Ucraina è imperialista. La guerra di brigantaggio viene presentata con bei colori, i borghesi del paese vengono presentati come pecore innocenti, nelle vesti di eroi, mentre allo stesso tempo si chiude un occhio sullo sfruttamento salariale e sul saccheggio di altri paesi; tutto questo incredibile cumulo di menzogne borghesi viene camuffato sotto la bella formula popolare e mistificante della "difesa della patria".

Quali possono essere, ad esempio, le tattiche dei proletari e delle organizzazioni comuniste russe?

L'obiettivo è quello di trasformare la guerra in guerra civile rivoluzionaria facendo leva, ad esempio, sulla calamità di morti al fronte e nella popolazione, sulla denuncia della spesa di guerra contro i bisogni della popolazione, la lotta contro il carovita, contro i profitti di guerra, un lavoro di fraternizzazione tra i soldati russi e ucraini, ecc. Naturalmente, in questo contesto, non si può ignorare che su alcuni punti possono sorgere compromessi anche con lo Stato borghese russo per la sopravvivenza fisica dei compagni.

Quali possono essere, ad esempio, i compiti dei proletari e delle organizzazioni comuniste dell'Ucraina?

Lo stesso, con le condizioni specifiche dell'Ucraina; ci sono già notizie di soldati ucraini e russi che si rivoltano in entrambi i fronti e non vogliono servire da carne da cannone per le loro borghesie. La situazione non è per nulla facile dato che l'invasione decisa da Putin ha serrato, in un primo momento, gli ucraini attorno a Zelensky. Certo, per i comunisti ucraini la questione della clandestinità è da tenere in considerazione, ma il movimento operaio ha esperienza e conoscenze in materia, anche attraverso le associazioni di massa per far politica, ad esempio.

Questi dovrebbero essere i compiti dei marxisti-leninisti, non sostenere la borghesia e i suoi interventi militari. I diversi poli imperialisti del mondo stanno puntando le armi l'uno contro l'altro, e i lavoratori e le lavoratrici di tutti i paesi saranno la carne da cannone e le vittime civili dell'incombente sfacelo. Se è nell'interesse dei monopoli capitalisti e dei loro Stati fare la guerra, è nell'interesse dei popoli opporsi ai loro piani e rivendicare la pace attraverso la lotta. Non concediamogli il lusso di decidere il nostro destino, combattiamo tutte le avventure imperialiste!

Le organizzazioni comuniste rivoluzionarie della Francia hanno una forte responsabilità nella lotta contro l'imperialismo e il loro imperialismo francese. Il nostro partito ha fatto pubblicamente delle proposte d'azione concrete al movimento comunista francese, più di un anno fa, per ostacolare l'imperialismo francese (che si estende in Africa e altrove), e le ribadiamo ancora... Sappiamo che la portaerei Charles de Gaulle ha assunto per un certo periodo il comando della flotta della NATO nel Mediterraneo durante la guerra in Ucraina e si prepara di nuovo a farlo. Dobbiamo concretamente fare tutto il possibile per impedire i piani dell'imperialismo francese nei porti di Marsiglia o di Tolone, dove transitano le navi militari, o a Mont de Marsan, Annecy, Varces, nella Vaucluse ecc., che sono oggi delle basi di partenza delle truppe e degli aerei francesi al confine con l'Ucraina. Solo i comunisti e i sindacati di classe possono dare impulso al necessario lavoro pratico e reale contro le guerre dei nostri imperialismi.

Soldi alla sanità e all'istruzione, non alle armi!
Si al soddisfacimento dei bisogni popolari, no ai crediti di guerra!
Contro il carovita, la penuria, abbasso gli speculatori e i profittatori di guerra!
No alle guerre dell'imperialismo, si alla pace fraterna e duratura tra i popoli con il socialismo-comunismo!

«Voi, borghesi, combattete per scopi di rapina; noi, operai di tutti i paesi belligeranti, vi dichiariamo la guerra, la guerra per il socialismo!»

Queste dovrebbero essere le parole d'ordine dei comunisti marxisti-leninisti.

22 Maggio 2022


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