Il presente articolo affronterà con il metodo dialettico la questione del cosiddetto multipolarismo come alternativa all'unilateralismo economico. Lo scopo è smascherare la prospettiva opportunista di tale strategia politica. Né un blocco né l'altro rappresentano la bandiera della classe lavoratrice - essi non rappresentano la bandiera dei popoli nativi. Nel caso dei BRICS, innalzando lo stendardo del multipolarismo essi occultano il tratto caratteristico dell'imperialismo, vale a dire il capitalismo monopolistico.
L'analisi condotta in questo articolo aspira a smentire la tesi secondo cui il male del nostro tempo sarebbe un unico imperialismo (quello nordamericano), tesi che - nel caso dei marxisti accademici o del marxismo revisionista - rappresenta un travisamento delle tesi illustrate da Lenin nel suo L'imperialismo, fase suprema del capitalismo. L'imperialismo non è una caratteristica esclusiva di un numero definito di Paesi, di cui gli altri Paesi sarebbero semplici colonie. La Cina non è un'alternativa che i Paesi debbano emulare per mettere fine allo sfruttamento. Il caso dell'economia cinese rappresenta una forma diversa di gestione del capitale.
Anche la Cina è un Paese imperialista
I temi del dibattito attuale vertono sulla questione se lo Stato debba o meno gestire le risorse naturali. A tale interrogativo si aggiunge un ulteriore elemento - quale tipo di Stato costruire? Un'alleanza interstatale (UE-USA) tesse le lodi del mercato, un'altra coalizione (i BRICS) pone l'enfasi sullo Stato, sebbene entrambe le opzioni rappresentino sistemi gestionali alternativi finalizzati a preservare la borghesia come classe sociale dominante.
Horacio Cao cita Oszlak riguardo alla relazione tra il mercato e lo Stato. La sua prospettiva pone al centro dell'analisi il mercato e, in modo logico e coerente con questa scelta, pensa a sistemi di organizzazione che puntino a ridurre le spese e a ottimizzare i servizi forniti dallo Stato. Lo Stato ha cessato di essere considerato come il grande ordinatore, come il «cemento» - parole di Oscar Oszlak - che lega il tessuto connettivo della società (Oszlak in Cao, H. 2015: 27).
Sul piano internazionale, sia i partiti politici sia gli intellettuali si prefiggono una battaglia contro un nemico. Il revisionismo - anche in alcune organizzazioni rivoluzionarie - continua ad acquistare forza, con parole d'ordine del seguente tenore: chi deve prendere le redini del settore pubblico, e quale tipo di Stato si deve avere? La guida deve spettare all'iniziativa privata e/o a uno Stato in cui l'elemento nazionale deve avere maggiore rilevanza, e le borghesie nazionali maggior peso.
Dal canto suo, l'accademia proclama:
...ci proponiamo di spingerci un passo più avanti: mettere nero su bianco che il settore pubblico deve garantire condizioni sociali minime e, soprattutto, sottolineare che lo Stato è il solo strumento in grado di domare le forze più distruttive che provengono dal mercato mondiale... (Cao, H. 2015: 28).
Il marxismo accademico, nel discorso accademico, menziona con disprezzo il recupero teorico della lotta di classe. Così come sin dalla fine degli anni Settanta dello scorso secolo si applaudiva alla riorganizzazione degli Stati capitalisti, oggi si continua ad acclamarla. Nell'ambito di questa narrazione si inserisce la «visione universale dello Stato» dei tagli allo Stato sociale, come scrive Horacio Cao:
...chiariamo che non stiamo cercando di costruire una visione universale per lo Stato; vogliamo sapere qual è lo Stato che in Argentina possa consentire uno sviluppo inclusivo; che in Ecuador intensifichi la revolución ciudadana; che in Bolivia sviluppi la plurinazionalità; che in Venezuela promuova il socialismo del XXI secolo (Cao, H. 2015: 27).
L'«inclusione» nell'Argentina di Macri vi è già stata; la cosiddetta «revolución ciudadana» nell'Ecuador di Rafael Correa vi è già stata; lo sviluppo della «plurinazionalità» nella Bolivia di Evo Morales vi è già stato; il cosiddetto «socialismo del XXI secolo» nel Venezuela di Maduro continua; perché affermare che tutto ciò «è già avvenuto», se in un Paese come la Bolivia vi è stato un colpo di Stato, se in Argentina dopo il governo di Cristina Kirchner ha vinto le elezioni lo schieramento «liberale» con Macri? Perché plurinazionalità, revolución ciudadana, inclusione e socialismo del XXI secolo sono categorie fondate sull'occultamento della principale contraddizione presente nel capitalismo, capitale contro lavoro, e non sono che sistemi gestionali diversi del capitalismo.
Addio alla lotta per il rovesciamento del capitalismo. E benvenuta - una volta di più - l'emulazione del funzionamento dell'economia cinese. «Ci interessa di più - e crediamo che questa sia la sfida da raccogliere - capire come ha fatto lo Stato in Cina e in Corea per superare l'enorme gap che le separava dal primo mondo e per consolidarle come potenze emergenti» (Cao, H. 2015: 27). E com'è stato realizzato il consolidamento della Cina come potenza economica? Con lo sfruttamento della classe operaia e l'aumento della carestia; per l'imperialismo cinese i risultati dell'economia cinese sono indifferenti.
Il presidente cinese Xi Jinping, al XIV Vertice dei BRICS del 23 giugno 2022, ha pronunciato un intervento intitolato «Promuovere un'associazione di alta qualità e dare inizio a un nuovo percorso di cooperazione dei BRICS»; analogamente, anche gli altri Paesi di questa alleanza interstatale puntano all'integrazione di nuovi Paesi, che darebbe modo ai loro monopoli di accedere in futuro a nuove aree geografiche e di realizzare nuovi profitti condivisi. Dietro questo tipo di coalizioni si cela la competizione per l'egemonia mondiale, la spartizione del bottino delle risorse naturali, dei giacimenti energetici e delle rotte di trasporto delle merci - come sta già accadendo in questo momento nella regione del Donbass.
Di quanto esposto sopra va tenuto presente quanto segue. La Russia, per bocca del suo presidente Putin, ha dichiarato di essere intervenuta contro i gruppi neonazisti in Ucraina. Ciononostante il Brasile, uno dei cinque membri originali dei BRICS, ha come rappresentante un chiaro esponente della destra di questo Paese, Bolsonaro. Destra e sinistra si uniscono in queste coalizioni perché ciò che è in gioco - insieme ad altre cose - è l'esistenza di profitti condivisi, un prodotto degli accordi economici dei BRICS. Se il motore della storia umana fosse la contrapposizione sinistra-destra, Nord-Sud, il Messico e il suo AMLO1 dovrebbero fare parte di questa alleanza interstatale - e invece no: fanno parte del blocco imperialista opposto, quello diretto dagli USA.
Un altro dei termini utilizzati dalla narrazione dominante, dal discorso universitario dominante, è «neutralità» - ovvero fingersi il nuovo messia. Ciononostante, la retorica è evidente - per esempio nel caso del presidente messicano López Obrador, con il suo posizionamento a favore del blocco imperialista guidato dagli USA. Un caso più recente - il 12 luglio dello scorso anno, nel suo colloquio con Biden, il presidente messicano ha sostenuto - tra le altre cose - che «la situazione attuale ci impone di rafforzare ancor di più i legami di amicizia e cooperazione per agire uniti di fronte alle grandi sfide affrontate dai nostri Paesi». Obrador ha sottolineato:
Negli ultimi tre decenni si è accettato convenientemente che la Cina fosse la fabbrica del mondo, nella fallace convinzione che nella globalizzazione non fosse più necessaria l'autosufficienza in termini alimentari, energetici e di altre merci, perché avremmo potuto importare ciò di cui avevamo bisogno; tuttavia, la realtà attuale ci mostra che è indispensabile produrre ciò che consumiamo nei nostri Paesi e nella nostra regione (AMLO. 2022).
Gli apparati ideologici dello Stato stanno esercitando pressioni affinché si prenda posizione e si innalzi una bandiera: tuttavia, l'una e l'altra bandiera capitalista sono estranee alla classe operaia internazionale. Da un lato, alcuni media (teleSUR, CGTN, RT Televisión) esaltano la coalizione dei BRICS, ed esprimono un parere positivo su questa alleanza per la pace e le opportunità economiche per i cosiddetti Paesi in via di sviluppo; dall'altro, CNN, BBC e New York Times esaltano il blocco USA-UE. Ma perché la classe operaia dovrebbe innalzare una bandiera che le è estranea? Si tratta di conflitti e guerre per il saccheggio delle risorse economiche. I profitti economici di tale scontro andranno all'uno o all'altro blocco imperialista; quanto alle vittime, sarà la classe operaia a continuare a fornirle.
Quali che siano le alleanze interstatali - UNASUR, ALBA, MERCOSUR, USA-UE, BRICS - le loro basi poggiano sulla proliferazione della contraddizione principale del capitalismo, quella tra capitale e lavoro. Giorgios Marinos del Partito Comunista di Grecia (KKE), scrivendo a proposito di queste coalizioni, ne descrive così le basi:
Le loro stesse basi dimostrano che si tratta di unioni di Stati capitalisti che, indipendentemente dal fatto che il governo di un dato Stato sia liberale o socialdemocratico, indipendentemente dalla partecipazione di Stati i cui governi si autodefiniscono «di sinistra» e indipendentemente dalle modalità gestionali, si fondano sui grandi gruppi economici e sui loro interessi (Marinos, G. 2014: 16).
La base di queste alleanze, il loro punto di partenza, consiste nella proliferazione della legge del valore; anche nel caso del blocco guidato dall'imperialismo cinese e russo - pilastri dei BRICS - i piani che vengono promossi si basano sullo sviluppo delle relazioni interstatali tra Paesi a base economica capitalista. Traendo profitto dallo sviluppo ineguale, i Paesi economicamente dominanti utilizzano queste alleanze per favorire la promozione dei propri interessi monopolistici.
La rivalità tra l'imperialismo degli USA e dell'Unione Europea, che si contrappongono al blocco dei BRICS, non è affatto paragonabile all'antagonismo che nel secolo scorso contrappose il blocco capitalista guidato dagli USA e il blocco socialista guidato dall'Unione Sovietica. Oggi le cose non stanno così: «le rivalità tra le alleanze latino-americane, gli USA e l'Unione Europea sono relazioni di rivalità per il controllo dei mercati e al tempo stesso relazioni di cooperazione economico-politica» (Marinos, G. 2014: 17).
Sulla base di questa narrazione si può discutere e teorizzare a piacimento; si può parlare di «socialismo di mercato» in riferimento al caso cinese, ma il socialismo è incompatibile con le relazioni di mercato - al contrario, lo sviluppo del socialismo si fonda sulla pianificazione centralizzata dell'economia nell'interesse dei lavoratori. In questo «socialismo di mercato» operano i rapporti di produzione capitalisti, fondati sull'intensificazione sfrenata dell'estrazione del plusvalore. Se il PIL dei BRICS è giunto quasi a eguagliare quello degli USA, non è stato certo in virtù della costruzione dell'economia pianificata in Cina, bensì grazie alla proliferazione della legge del valore.
Tabella tratta dall'articolo di Cabello, Ortiz y Sosa "Creciente importancia de los BRICS en la gobernanza financiera y economía globales", 2021.
Mentre le borghesie dei BRICS aumentano i loro profitti, l'effetto di ciò è l'aumento della pressione economica sulla classe operaia dei Paesi membri; in occasione del Forum Economico Mondiale (WEF) del 2019, l'India è stata individuata come il paradiso del subappalto e dell'esternalizzazione. Il Brasile, dal canto suo, è il Paese più indebitato tra i membri dei BRICS. Così, a pagare il prezzo del subappalto e dell'aumento del debito pubblico continuerà a essere la classe operaia di questi Paesi, insieme ai lavoratori dei Paesi in cui sono penetrati i tentacoli dei monopoli dei BRICS. Le esportazioni dei BRICS sono passate dal 13,2% al 40% tra il 2000 e il 2018; le forze opportuniste inneggiano alle nuove vie aperte dal cosiddetto multipolarismo, passando cinicamente sotto silenzio il fatto che in questo aumento è implicito l'incremento del tasso di profitto.
I BRICS vengono considerati un'alleanza progressista «nel contesto di una prospettiva che riduce l'anti-imperialismo all'anti-americanismo, o in una prospettiva geografica "sud contro nord" che individua la via dello sviluppo nella cooperazione sud-sud» (Blanco, P. 2014: 27). Sviluppando questa idea, Pavel Blanco, primo segretario del Partito Comunista del Messico, si domanda: qual è la natura di classe di queste alleanze interstatali? Il carattere di classe è ciò che le forze opportuniste passano sotto silenzio, travisando le tesi economiche di Lenin con un'interpretazione che riconosce come imperialiste soltanto la potenza economica degli Stati Uniti e quella dell'Unione Europea. Non è così - Cina e Russia sono anch'esse Paesi imperialisti.
Il multipolarismo non può essere la bandiera dei comunisti […] Il mondo multipolare così come lo immaginano gli ideologi della Nuova Architettura non è che il prolungamento dell'imperialismo per tramite di una nuova spartizione di mercati, manodopera e materie prime. Rimpiazzare un imperialismo con un altro, uno sfruttatore con un altro, non può rappresentare un'alternativa (Blanco, P. 2014: 28).
Il multipolarismo non è una bandiera da innalzare per chi non si limita ad aspirare a un mondo con meno poveri o con meno diseguaglianza materiale, come auspicano gli ambienti accademici2 e i politici socialdemocratici; no, niente affatto, quando «nel 1987 sul pianeta c'erano soltanto 140 multimilionari in dollari e nel 2013 ce n'erano più di 1400 […] le loro fortune complessive erano aumentate ancor più rapidamente, passando da meno di 3 miliardi di dollari nel 1987 a 5,4 miliardi nel 2013» (Forbes in Piketty, T. 2021: 476). Qui vi è un elemento che va specificato: l'aumento dei multimilionari ha avuto luogo sullo sfondo della crisi di sovra-accumulazione e sovrapproduzione di merci iniziata nel 2008. A pagare la crisi economica continua a essere la stragrande maggioranza dei lavoratori, mentre all'estremo opposto una minoranza minima di elementi borghesi mondiali vede aumentare la propria ricchezza economica. Come scrive Marx nel primo volume del Capitale, «il capitale viene al mondo grondante sangue e sporcizia dalla testa ai piedi, da ogni i poro».
In soli 26 anni il numero dei multimilionari del pianeta è passato da tre a quattro cifre. Il livello di vita del resto del mondo è aumentato? La risposta è sì - ma al prezzo dell'impoverimento economico del resto della popolazione. In questo articolo si è posta maggiore enfasi sul caso dell'economia cinese, ma gli effetti dell'aumento dei profitti economici della borghesia sono identici anche negli altri membri dei BRICS. Per citare un altro Paese di questa coalizione imperialista, in India «il tasso di disoccupazione, che nel 2014 era del 5,44%, è sceso al 5,27% nel 2019 per poi toccare nel 2020 l'8%» (The Global Economy, 2021). I politici, sia ai primi del Novecento sia oggi, ravvisano il problema della società - capitalista - nella distribuzione della ricchezza, come fa Piketty (2021): la diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza mondiale all'inizio del decennio del 2010 è paragonabile a quella registrata nelle società europee intorno al 1900-1910. Per il marxismo-leninismo il punto non è fare sì che i ricchi donino la propria ricchezza, né che i poveri siano un po' meno poveri, bensì eliminare lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo - e questo sarà possibile soltanto al difuori di qualsiasi alleanza tra Paese imperialisti.
Per un certo periodo, specie dopo il trionfo della controrivoluzione nel blocco socialista, la lotta ideologica è stata messa da parte. Si è tentato di far scomparire il marxismo-leninismo, di screditare il ruolo del partito comunista, ricorrendo ad argomenti più emotivi che razionali. Tuttavia, quasi di sfuggita il pensatore marxista rivela che «la fortuna di Bill Gates è passata in dieci anni da 4 a 50 miliardi di dollari» (Forbes in Piketty, T. 2021: 484). L'aumento del patrimonio di Gates non è stato dovuto a spirito imprenditoriale, sacrificio individuale o sforzo personale - niente affatto: il profitto del borghese non può realizzarsi senza l'appropriazione del lavoro vivo. È necessario dare un senso di classe alle cifre.
È necessario smascherare la falsità dei tentativi di imbellettare il capitalismo, come nel caso della fortuna accumulata da Bill Gates. Questo mito viene perpetuato per esempio nel corso di laurea in pedagogia in materie quali «Imprenditorialità nell'istruzione»: la ricchezza monetaria è frutto dello sforzo, del sacrificio individuale; se una persona è povera, è perché vuole esserlo. In tal modo questo magnate viene spacciato per un imprenditore-modello da emulare, e falsamente contrapposto al miliardario messicano Carlos Slim, la cui fortuna si inquadra nei profitti monopolistici realizzati grazie alla mediazione dei governi messicani.
In un paragrafo de Il capitale nel XXI secolo, Thomas Piketty si pone l'interrogativo: la Cina è destinata a dominare il mondo? La risposta emerge dall'esposizione delle sue tesi. Nella visione di Piketty, la Cina - pur non possedendo giacimenti petroliferi e pur non potendo contare su rendite petrolifere - è un Paese che è divenuto sempre più simile agli Stati Uniti in termini economico-militari. Il grafico indica che in realtà il capitale privato in Cina è in aumento, contrariamente a quanto avviene nell'UE e negli USA.
Secondo Marinos, in Cina, Paese che insieme alla Russia è alla guida dei BRICS, hanno dominato i rapporti di produzione capitalisti; si sono creati monopoli; oltre il 60% del suo PIL è prodotto dalle grandi imprese. In altre parole, non esiste alcun «socialismo con caratteristiche cinesi». Il Partito Comunista Cinese parla di «prosperità universale», ma la realtà è fatta di prosperità per i monopoli e declino delle condizioni di vita dei lavoratori.
A modo di conclusione
«Progressismo», «socialismo di mercato» e «socialismo del XXI secolo» sono categorie costruite dall'intellettualità non organica al semplice scopo di imbellettare il capitalismo, nel tentativo di renderlo più umano. Il cosiddetto multipolarismo è la competizione per il dominio economico-militare del mondo, con cui si tenta di imprigionare la lotta di classe nella gabbia del parlamentarismo e della lotta inter-borghese.
La fusione di capitali asiatici e capitali latino-americani è la riproduzione materiale nel campo del capitalismo. È l'espansione verso nuovi mercati, la conquista di tali mercati nel contesto di una rivalità con il blocco imperialista dominante di turno - ed è inoltre un inasprimento dei rapporti di interdipendenza.
Certo, sebbene esistano Paesi che occupano il vertice della piramide imperialista, ve ne sono altri che si collocano nella sua parte intermedia - quelli che il revisionismo, in modo scorretto, definisce Paesi emergenti. In occasione del Seminario Comunista Internazionale del 2014, il KKE ha spiegato che per il solo fatto di non occupare il vertice della piramide, un Paese non è di per sé vittima degli Stati capitalisti forti, né estraneo ai rapporti di produzione capitalisti. Lo sviluppo dell'imperialismo attraverso le coalizioni interstatali succitate offre un esempio articolato di interdipendenza economica.
Oggi come ieri - si pensi al caso della guerra tra Russia e Ucraina - le alleanze e le contraddizioni inter-imperialiste hanno prodotto guerre locali, regionali e/o mondiali; lo scontro tra i blocchi imperialisti per la spartizione dei mercati è destinato a proseguire, e a pagare il prezzo in termini di morti saranno gli stessi che lo pagarono in occasione delle due guerre mondiali - la classe operaia e i lavoratori in generale. Come afferma Carl von Clausewitz, la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi - con l'aggravante data dal fatto che in periodi di crisi di sovra-accumulazione di merci la guerra ha la funzione di stabilire quale sarà la nuova forza dominante tra i blocchi imperialisti.
Gli intellettuali fautori della narrazione dominante - compreso il marxismo critico e gli stessi partiti comunisti che hanno fatto propria la narrazione del multipolarismo - continuano a negare i successi riportati dalla costruzione del socialismo nell'URSS. Tuttavia, la vera utopia è il tentativo di democratizzare lo Stato borghese. La cosiddetta economia mista dei BRICS è mista soltanto nel senso che saranno più borghesie a fagocitare il lavoro vivo. I lavoratori di tutto il mondo non hanno alcun motivo di innalzare una bandiera altrui, che si tratti di quella dei capitalisti nordamericani, cinesi o russi. I lavoratori del mondo non hanno alcun interesse a democratizzare il capitalismo, ma soltanto a superarlo attraverso la costruzione della società socialista-comunista.
Marinos, G. (2021). La difesa dei principi della costruzione socialista, il potere dei lavoratori, la socializzazione dei mezzi di produzione e la pianificazione centrale sono questioni cruciali. Consultato all'indirizzo: https://www.resistenze.org/sito/te/pe/dt/pedtln19-024639.htm/
PCM. (2014). "La multipolaridad: ¿dos mundos, o disputa interimperialista?" In El Machete, N. 4. D.F., Messico, Ed. Revolución.
PCM. (2014). "Sobre la necesidad de la lucha conjunta de los partidos comunistas con estrategia revolucionaria". In El Machete, N. 4. D.F., México, Ed. Revolución.
Piketty, T. (2021). El capital en el siglo XXI. CDMX. FCE.
Note:
*) Jonathan N. Rodríguez, membro della sezione Ideologia del Comitato Centrale del Partito Comunista del Messico, El Comunista
1)Oltretutto, Obrador ha aperto il suo saluto con un altro termine citato più volte in questo articolo, «progressista». Si tenga presente quanto segue: a prescindere dal Paese o dal blocco imperialista, l'uso del progressismo si contrappone alla lotta di classe ed equivale di fatto alla smobilitazione popolare.
2)Mi limiterò a citare un paio di casi in cui la strategia politica, in contesti diversi, consiste nella riduzione della diseguaglianza materiale. Nel caso del sostegno al populismo messicano, si possono citare intellettuali quali Enrique Dussel e Lorenzo Meyer; nell'ambito del CLACSO (Consiglio latino-americano delle scienze sociali), si può citare Nicolás Arata - responsabile della formazione del Consiglio - che fa riferimento alla riduzione della corruzione nella sfera pubblica. L'intellettuale del CLACSO afferma: "La nostra grande lotta, il nostro grande progetto storico è combattere la diseguaglianza" (Nicolás Arata, Chamuco TV, https://www.youtube.com/watch?v=-CXN6F80lMw, minuto 8:43). A tale scopo, siano benvenuti il multipolarismo e una maggiore apertura al commercio, sempre all'insegna dello sfruttamento - ma in modo che le diseguaglianze sociali siano meno vistose. Il problema non è che ci siano i ricchi; la preoccupazione è che ci siano molti poveri. Bella alternativa per la classe lavoratrice, bella via d'uscita per i popoli nativi!
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