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Marxismo e classe

Helena Sheehan * | mronline.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

21/09/2023

Questo è il testo di un intervento alla conferenza della Irish Labour History Society del 17 settembre 2023.

Che apporto da il marxismo a una conferenza sulle visioni del lavoro e della classe?

La risposta, per me, è legata a ciò che il marxismo apporta a tutto: contesto, chiarezza, coerenza, completezza.

Il marxismo è una tradizione intellettuale collegata a un movimento politico che si concentra sulla totalità, sul modo in cui tutto è collegato a tutto il resto. È una teoria del tutto, aperta e in continua evoluzione. Ci sono alcuni principi fondamentali, ma anche molte questioni su cui esistono serie discordanze e vivaci dibattiti.

È una filosofia dell'economia, della politica, della storia, della cultura, persino della psicologia, che vede tutte queste sfere come modellate in modo decisivo dal modo di produzione dominante. Si tratta in particolare di una critica del modo di produzione capitalista e di un orientamento verso il socialismo come modo di produzione alternativo.

La classe è un concetto chiave per il marxismo. La parola ha molti usi come termine di differenziazione e stratificazione. In termini socio-politico-economici, è un modo di categorizzare i gruppi sociali in termini di ricchezza, status, istruzione, occupazione e cultura, spesso in modo molto approssimativo e un po' scadente, quando viene affrontato. Per il marxismo, si tratta di un concetto più preciso, centrale per l'intera analisi della società.

Che cos'è la classe per il marxismo e come si differenzia da altri approcci? Fondamentalmente, il marxismo vede la classe in termini di relazione con i mezzi di produzione. Nella società capitalista, ci sono due classi principali: la borghesia e il proletariato - coloro che possiedono i mezzi di produzione e coloro che per vivere dipendono dal lavoro salariato. All'interno di queste classi, ci sono vari strati e altre differenze, ma la grande divisione è tra coloro che svolgono il lavoro nel mondo e coloro che sono in grado di appropriarsi dei frutti del loro lavoro, che possono estrarre il plusvalore del lavoro senza lavorare.

Sto assumendo una definizione ampia di chi è la classe operaia, che include non solo il prototipo del proletario, un lavoratore manuale di sesso maschile, ma tutti coloro che lavorano con le mani o con il cervello, coloro che rendono possibile il mondo come lo conosciamo, coloro che vivono grazie al loro lavoro, che siano idraulici, piloti o professori, che costruiscano case, impilino merci, eseguano interventi chirurgici o si dedichino alla ricerca scientifica, di tutti i generi, razze, etnie e nazioni, i molti che sono manipolati per servire gli interessi di pochi.

Nella società contemporanea, il discorso sulla classe è quasi assente. Questo perché il capitalismo funziona in modo tale da mascherare la natura stessa del sistema.

C'è un discorso liberale sulla diversità, l'inclusione, l'equità e l'aiuto ai bisognosi che nasconde le realtà di classe. Ogni volta che si discute di distribuzione sociale, si parla sempre di proteggere coloro che sono più vulnerabili, riducendo spesso la classe operaia a coloro che hanno bisogno piuttosto che a coloro che fanno, a coloro che prendono piuttosto che a coloro che danno.

Il movimento sindacale è quasi l'unico ad affrontare il rapporto reale tra produzione e ripartizione, a sostenere che quanto le persone chiedono è ciò che hanno guadagnato con il loro lavoro. Anche in questo caso, la maggior parte delle volte si tratta di affrontare il caso in termini di vertenze specifiche e di ciò che viene richiesto in termini di salario e condizioni per particolari gruppi di lavoratori. Raramente sentiamo i funzionari sindacali parlare della classe operaia come classe che avanza richieste di ridistribuzione radicale in relazione al suo ruolo generale nella produzione sociale.

Tuttavia, guardate la massiccia risposta suscitata da Mick Lynch [1] quando, sotto i riflettori dei media, non ha parlato solo dei ferrovieri, ma della classe operaia, la classe operaia senza la quale non si accende la luce, i treni non funzionano, le strade non vengono spazzate, i malati non vengono curati, gli studenti non vengono istruiti. La chiarezza e la semplicità di questo concetto hanno avuto una forte risonanza.

Abbiamo una grande tradizione letteraria e canora che lo esprime con forza.

Qualche mese fa eravamo qui nella Liberty Hall per celebrare il grande romanzo di Robert Tressell "The Ragged Trousered Philanthropists" [I filantropi straccioni]. Il titolo stesso sottolinea ciò che la classe operaia dà piuttosto che ciò che prende.

C'è la grande poesia di Bertholt Brecht "Domande di un lettore operaio":

Tebe dalle Sette Porte, chi la costruì?
Ci sono i nomi dei re, dentro i libri.
Son stati i re a trascinare, quei blocchi di pietra?
Babilonia, distrutta tante volte, chi altrettante la riedificò?
Roma la grande è piena d'archi di trionfo.
Chi li ha eretti?

E c'è il grande inno del movimento operaio, "Solidarietà per sempre":

Siamo noi che abbiamo arato le praterie, costruito le città dove commerciano,
scavato le miniere e costruito le officine, posato miglia infinite di ferrovie.
Ora siamo emarginati e affamati in mezzo alle meraviglie che abbiamo realizzato...
Hanno preso milioni incalcolabili che non hanno mai faticato a guadagnare,
ma senza il nostro cervello e i nostri muscoli, nemmeno una ruota può girare...

Occorre riaffermare questo concetto in modo nuovo e costante.

L'obiettivo del socialismo che anima il meglio del movimento operaio è una forma di organizzazione sociale modellata sul principio "da ciascuno secondo le sue capacità / a ciascuno secondo i suoi bisogni".

Tutto ciò che esiste e ha valore deriva dalla natura o dal lavoro, e per lo più da una combinazione di entrambi. Tutti coloro che esistono hanno lo stesso numero di ore in un giorno. Perché alcune persone che dedicano alcune ore all'organizzazione della produzione dovrebbero essere in grado di accumulare in pochi secondi più di quanto una persona che svolge un duro lavoro manuale possa guadagnare in un anno? Ancora peggio, perché altri che non hanno mai lavorato in tutta la loro vita, ma che hanno ereditato azioni (o corone), dovrebbero essere in grado di ottenere un'enorme ricchezza non guadagnata, estratta dal lavoro di altri?

Come è stato possibile che così tanto costruito da tanti sia stato espropriato da così pochi? Nel complesso, nonostante i miti del "dalle stalle alle stelle", non si è trattato di un'invenzione geniale o di un'abilità imprenditoriale. È avvenuto in gran parte con la forza, sia con eserciti predatori che con la manipolazione oligarchica dello Stato, che ha approvato e applicato leggi favorevoli a tale espropriazione.

Ecco perché i più consapevoli della classe operaia si sono organizzati a favore di un sistema basato sulla proprietà sociale dei mezzi di produzione sociale, che consenta una distribuzione più equa e un reinvestimento più efficiente, non solo nell'impresa stessa, ma nell'intera infrastruttura sociale da cui dipende.

Questo è l'unico modo per sfruttare le risorse della società in modo tale da salvare il nostro pianeta dal percorso di autodistruzione su cui stiamo precipitando lungo una traiettoria che è insita nella logica del capitalismo.

Per me, questo è chiaro come il sole che sorge, ma le nubi che prevalgono su di esso riempiono lo spazio di confusione e rumore e deviano anche gli impulsi progressisti in vicoli ciechi.

Per esempio, la svolta culturale costituisce un cambiamento nell'analisi dei fenomeni sociali in termini di cultura e lontano dall'economia e dalla scienza, dalla classe e dal modo di produzione - fondamentalmente il postmodernismo in opposizione al marxismo. Non credo che la svolta culturale sia stata positiva nemmeno per lo studio della cultura, dato che il marxismo ha fatto ancora meglio. Ho scritto due libri su fiction televisive irlandesi in cui il mio editore insisteva sul fatto che la classe non c'entrava nulla, mentre io la pensavo diversamente e ho scritto libri migliori proprio per questo.

Un altro vicolo cieco è la riduzione di tutto alla politica dell'identità, senza tenere conto della classe. Capisco la preoccupazione contemporanea per l'identità. Viviamo vite molto diverse dai nostri antenati; viviamo in tempi più complessi e le identità sono diventate più complesse. Ciò che inizia come un'attenzione liberatoria verso il genere, la razza e l'etnia, può mutare in una fissazione per il genere, la razza e l'etnia a scapito della classe.

C'è anche un modo di parlare di classe senza parlare veramente di classe. Sento voci su Raidió Teilifís Éireann [Radio televisione irlandese] che raccontano di essere cresciuti in comunità operaie infestate dalla droga, di aver superato la dipendenza, di essersi rivolti all'istruzione come leva di mobilità sociale, sostenendo che le persone della classe operaia sono brave come tutte le altre, se ricevono il giusto aiuto da buone politiche governative.

No. La classe operaia non è brava come chiunque altro. La classe operaia rende possibile la vita come la viviamo noi. La classe operaia fa girare il mondo. La classe operaia non dovrebbe essere considerata come la più vulnerabile e bisognosa di aiuto, ma come coloro che lavorano e meritano una giusta distribuzione dei frutti del loro lavoro. La classe operaia non si presenta con una ciotola per chiedere l'elemosina, ma con una voce chiara e forte e, quando necessario, con il pugno chiuso.

Ecco perché dobbiamo impegnarci in un discorso che inciti la classe operaia a vedersi più chiaramente come classe operaia e a intraprendere un percorso che la porterà dal capitalismo al socialismo.

*) Helena Sheehan è Professore Emerito presso la Dublin City University in Irlanda, dove ha insegnato STS e storia delle idee in generale. I suoi libri includono Marxism and the Philosophy of Science: A Critical History, The Syriza Wave, Navigating the Zeitgeist and Until We Fall (in corso di pubblicazione). Ha anche pubblicato molti articoli su filosofia, scienza, politica e cultura. Ha tenuto conferenze in vari Paesi in America, Europa e Africa. È un'attivista di sinistra dagli anni '60.

Ndt
Mick Lynch è il Segretario generale del National Union of Rail, Maritime and Transport Workers, comunemente noto come RMT, il sindacato britannico del settore trasporti.


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