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Azione Comunista Europea - Conferenza su guerra in Ucraina: Introduzione TKP

Partito Comunista di Turchia (TKP) | eurcomact.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

17/02/2024

Azione Comunista Europea - Conferenza:
Due anni di guerra imperialista in Ucraina: esperienza e conclusioni dei comunisti

Intervento di apertura di Kemal Okuyan, segretario generale del TKP

Cari compagni,

A nome del Comitato Centrale del Partito Comunista di Turchia, desidero darvi il benvenuto a Istanbul e augurare a tutti noi una conferenza proficua. Saluto inoltre i compagni che per varie ragioni non hanno potuto essere presenti ma partecipano all'incontro online.

La guerra in Ucraina si protrae da due anni. In realtà, questa guerra non è molto diversa dalle guerre e dai conflitti in corso in altre parti del mondo a vari livelli di intensità, pur possedendo numerose caratteristiche peculiari. Pur assumendo forme diverse, i conflitti armati in corso nel Caucaso, nel Medio Oriente e in Africa sono tutti riconducibili alle rivalità e alle contraddizioni interne al sistema imperialista. Perfino la barbarie israeliana contro Gaza, che si può considerare una nuova fase della pluridecennale aggressione contro il popolo palestinese, finisce inevitabilmente per rientrare in queste contraddizioni, il che fa degli eventi in corso a Gaza un elemento della complessa lotta interna al sistema imperialista.

Diversamente da coloro che valutano questi conflitti separatamente l'uno dall'altro ed esclusivamente in funzione delle loro dimensioni attuali e visibili, i comunisti hanno l'obbligo di misurarsi con queste questioni inquadrandole nel loro contesto di classe. Tale obbligo non significa ignorare le peculiarità degli eventi e analizzare le tensioni facendo di tutta l'erba un fascio. Dobbiamo sapere, tuttavia, che il movimento della classe operaia, oggi come in passato, ha commesso innumerevoli errori trasformando in assoluti le peculiarità della situazione che si trova di fronte, il che ha fornito pretesti per prese di posizione riformiste che sovente sono state considerate assai acute e convincenti.

A tale riguardo, il vergognoso tradimento perpetrato dalla grande maggioranza dei partiti socialisti europei durante la prima guerra mondiale rappresenta un esempio e un monito. Tutti i partiti che si schierarono con le rispettive borghesie durante la guerra imperialista, in particolare in Germania e in Francia, giustificarono la propria linea sciovinista facendo riferimento alle peculiarità dei loro Paesi e dei Paesi contro i quali erano in guerra. Da una prospettiva odierna e alla luce delle conseguenze storiche, tutti questi pretesti appaiono assurdi. Ma dobbiamo ricordare che all'epoca queste argomentazioni suonavano alquanto convincenti.

Non sarebbe corretto affermare che l'enfasi posta dai socialdemocratici tedeschi sulla «barbarie russa» e sulla «minaccia alle conquiste storiche della classe operaia tedesca» fosse interamente illusoria. Questa narrazione, che persuase centinaia di migliaia di proletari tedeschi organizzati ad appoggiare la guerra imperialista, non si può liquidare semplicemente come una menzogna. Tale narrazione, infatti, traeva anche spunto dalla realtà, e per così dire sfruttava la realtà stessa.

Analogamente, i socialisti francesi avevano in mano prove convincenti quando denunciavano l'asservimento delle nazioni dell'impero austro-ungarico e dell'impero ottomano, e definivano la guerra imperialista una «guerra di liberazione». Si trattava di prove persuasive e al tempo stesso deleterie.

Oggi stiamo vivendo la stessa situazione. I pretesti utilizzati sono numerosi.

Nel periodo precedente l'invasione dell'Iraq, la collaborazione implicita o esplicita con l'imperialismo USA fu giustificata con la brutalità di Saddam e con le violazioni dei diritti umani in quel Paese. A tale riguardo furono raccontate molte bugie, per esempio quelle relative alle armi di distruzione di massa; ma nessuno poteva sostenere che i lavoratori iracheni godessero di ampie libertà. Avevamo già assistito a un atteggiamento analogo in occasione della guerra in Jugoslavia. In quel caso, al posto di Saddam vi era Milošević. Nessun individuo ragionevole avrebbe potuto sostenere che Milošević fosse innocente, o che non avesse commesso dei crimini in Bosnia o altrove. Ma l'essersi accodati all'aggressione imperialista che condusse alla disintegrazione della Jugoslavia sulla base di queste valutazioni unilaterali è motivo di vergogna per molti partiti «socialisti» - una vergogna dalla quale non potranno mai emendarsi.

Le aggressioni di USA e NATO ai danni della Jugoslavia e dell'Iraq non furono sostanzialmente il prodotto di contraddizioni interne al sistema imperialista. Queste invasioni e guerre vanno piuttosto considerate iniziative dell'imperialismo USA finalizzate a sfruttare le falle create dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica.

Oggi, tuttavia, l'egemonia dell'imperialismo USA è sotto attacco, pur non essendo ancora tramontata. Ed è in corso una lotta all'interno del mondo imperialista che influisce direttamente sulle dinamiche interne del regime borghese nei singoli Paesi. Dobbiamo quindi affermare che ogni tensione, conflitto e guerra, ovunque si manifesti nel mondo odierno, è in qualche misura il prodotto diretto di contraddizioni interne all'imperialismo, o viene repentinamente trasfigurata attraverso il prisma della polarizzazione creata da tali contraddizioni.

La caratteristica più vistosa di tutte queste tensioni, conflitti e guerre odierne è l'assenza della classe operaia come forza sociale e politica rilevante. Tuttavia, come avviene per tutti gli altri problemi creati dal capitalismo, il fardello più pesante delle guerre grava proprio sulle masse lavoratrici. Sono i lavoratori a morire in guerra, a venire impoveriti, e l'oppressione dei lavoratori aumenta. Al tempo stesso, le guerre sono periodi in cui l'attacco contro le menti dei lavoratori si intensifica e assume forme più sofisticate. Possiamo affermare, quindi, che il fatto che la classe operaia non costituisca una forza sociale e politica rilevante nel contesto attuale - caratterizzato da una successione di crisi economiche e politiche - è dovuto principalmente alla pluridecennale incapacità dei comunisti e dei rivoluzionari di reagire alle manipolazioni politiche e ideologiche della borghesia.

Lo scopo di incontri come quello di oggi è appunto quello di stimolare una ripresa vigorosa e coesa del movimento comunista.

Compagni,

Poco fa ho ricordato come coloro che collaborano con le rispettive classi borghesi in occasione di contraddizioni e conflitti interni all'imperialismo si aggrappano a pretesti che nella maggior parte dei casi appaiono realistici. A tale riguardo il conflitto in Ucraina offre abbondanti esempi. Coloro i quali sostengono la necessità di appoggiare la Russia in questa guerra forniscono un elenco di motivazioni che appaiono sostanzialmente plausibili, accettabili e giustificate.

Nessuno potrebbe smentire che la NATO si stia espandendo verso est e che le aggressioni della NATO stiano subendo un'escalation.

È un dato di fatto che gli USA e i loro alleati stiano accerchiando la Russia.

È un dato di fatto che in Ucraina i neonazisti pervadano le istituzioni statali e che i movimenti politici razzisti e fascisti siano pienamente legittimati.

È un dato di fatto che l'Ucraina venga aizzata, armata e trasformata in una gigantesca base anti-russa.

È un dato di fatto che contro le popolazioni delle regioni russofone dell'Ucraina sia stata scatenata una guerra di sterminio e che vengano perpetrate delle stragi.

Come possiamo evitare di trarre conclusioni politiche sbagliate da tutti questi dati di fatto?

Il rigore concettuale ha un'importanza cruciale. È necessario tenere sempre presente che l'imperialismo non può essere ridotto agli Stati Uniti o a una specifica prassi di politica estera; che l'imperialismo è l'inevitabile conseguenza della fase monopolistica del capitalismo; che non si può mai parlare di un imperialismo monolitico scevro da contraddizioni e conflitti; che l'imperialismo è sempre una struttura gerarchica che contiene elementi più forti e più deboli.

Ma questo non è sufficiente. Infatti, il sostegno tributato al proprio governo borghese o a uno specifico Paese o blocco di Paesi capitalisti, in guerra o in generale, è spesso dovuto non a ignoranza o a errori teorici, bensì alla rinuncia a porre la conquista del potere politico al centro della lotta per il socialismo, a una perdita di fiducia nella rivoluzione e nel socialismo, e a conclusioni pessimistiche ricavate dai rapporti di forza esistenti. Questa rinuncia ha indubbiamente radici teoriche, politiche e ideologiche. Tuttavia è necessario ribadire che la distorsione del concetto di imperialismo è il prodotto di un indebolimento dell'idea della praticabilità della rivoluzione.

Nel periodo della II Internazionale, la difesa del colonialismo come pratica positiva, legittima e progressiva fu a volte la conseguenza di una mancanza di fiducia nella rivoluzione. Le giustificazioni teoriche vennero in un secondo tempo. Lo stesso si può sostenere riguardo al tradimento del 1914. A causa di un'evoluzione con radici teoriche, politiche e organizzative, questi partiti avevano perduto il loro carattere rivoluzionario e mancavano dell'energia e della volontà necessarie per opporsi ai loro governi borghesi. Non dimentichiamo che non molto tempo prima di perpetrare questo tradimento storico, gli stessi partiti distribuivano volantini e organizzavano comizi per dire «no alla guerra imperialista». Come dicevo, questi partiti risentivano negativamente di dinamiche complesse e interconnesse, che li allontanarono dalle posizioni rivoluzionarie e li fecero allineare alla borghesia.

Il fatto che Lenin abbia iniziato a lavorare al testo L'imperialismo subito dopo la grande crisi del 1914 non fu dovuto soltanto alla necessità di illustrare scientificamente il carattere imperialista e le cause della guerra, ma anche a quella di denunciare l'economia politica della diversione attuata dai partiti operai nei Paesi capitalisti avanzati.

Sappiamo che Lenin trasse vantaggio dai lavori di altri autori e studiosi nella sua rigorosa analisi dell'imperialismo. Tuttavia, a contraddistinguere Lenin era il fatto che egli concepiva sempre la teoria unitamente a una strategia rivoluzionaria. Sotto questo aspetto, lo studio dell'imperialismo fatto da Lenin e la strategia da lui elaborata in una situazione di guerra sono reciprocamente complementari.

Perché questo è importante per il nostro dibattito?

Oggi la definizione di imperialismo, il dibattito riguardo al fatto che questo o quel Paese siano o no imperialisti, è indubbiamente importante, ma non è sufficiente per risolvere il problema. C'è chi potrebbe obiettare «Dal momento che in Russia non esiste un forte sistema bancario, come può la Russia essere imperialista?», mentre facendo riferimento a un brano tratto da L'imperialismo o da un altro articolo di Lenin si potrebbe operare una distinzione tra imperialismi «buoni» e «cattivi»; e riprendendo esempi dalla storia, si potrebbe perfino arrivare a elaborare concetti quali quello di «imperialismo antifascista».

È necessario dibattere su tutti questi punti, rivendicare la teoria leninista dell'imperialismo e dimostrarne il significato storico. Ma come dicevo, questo non è sufficiente.

Per risolvere il problema è necessario domandarsi quali siano le strategie di coloro i quali si schierano con i governi borghesi nella guerra in Ucraina o in altri conflitti.

Oggi è evidente come non vi sia alcun calcolo strategico rivoluzionario dietro argomentazioni quali «fermare il fascismo» o «respingere l'imperialismo USA». E se non c'è strategia rivoluzionaria, non c'è teoria marxista! Se ripercorriamo Marx, poi Lenin e infine Stalin, ecco che tutte le elaborazioni teoriche e le posizioni pratiche che abbiamo ereditato acquistano un senso nell'ambito di una strategia rivoluzionaria. Perfino la tesi di Marx secondo cui «il capitalismo è progresso storico» ha senso soltanto nel contesto di una prospettiva rivoluzionaria.

Dal principio del diritto delle nazioni all'autodeterminazione alla teoria leninista del partito, dalla dittatura del proletariato all'imperialismo - è solo ricollegando tutti questi concetti a una strategia rivoluzionaria e contemporanea che si può impedire che essi si trasformino in vuoti cliché.

Oggi sono ben pochi i cosiddetti rivoluzionari che fanno affidamento sugli Stati Uniti o sull'Unione Europea per la difesa della libertà e della democrazia. Più forti sono le voci di coloro che esortano gli oppressi a seguire i nuovi «astri nascenti» sullo scenario internazionale.

Ma chi oggi sostiene la necessità di appoggiare la Russia nella guerra in Ucraina, o di contrapporre all'imperialismo USA un vasto schieramento di Paesi piuttosto difficili da mettere insieme - dalla Cina all'Iran, dal Brasile all'India, e perfino dall'Arabia Saudita al Pakistan - ha o non ha una strategia di sorta, per non parlare di una strategia rivoluzionaria?

A questo punto vorrei ricordarvi il concetto di «guerra per procura», così spesso utilizzato in riferimento ai conflitti odierni. A 175 anni dal Manifesto Comunista, dobbiamo lottare contro i tentativi di compromettere questo retaggio glorioso, ma ancor più il futuro della classe operaia, trasformandola in un elemento di queste guerre per procura. Oggi il numero dei Paesi in cui viene proposto di cessare la lotta contro lo sfruttamento capitalista è in rapido aumento. Perfino in Turchia, dove non dovremmo tollerare nemmeno per un altro giorno il regime borghese, vi è chi propone di abbandonare l'obiettivo del socialismo alla luce delle tensioni tra Erdoğan e gli Stati Uniti in politica estera o delle sue relazioni relativamente strette con la Russia, l'Iran e i Paesi latino-americani.

Ciò che ci si chiede di fare è di dare il nostro consenso a singoli governi - che sono quanto mai spietati con la classe operaia e si fondano sulle diseguaglianze - in nome della lotta contro l'imperialismo USA. È proprio questo ciò su cui ci dobbiamo interrogare e discutere. Ma come osano?!

Costoro non credono nella rivoluzione, costoro si lasciano coinvolgere nelle macchinazioni del sistema borghese invece di perseguire una strategia rivoluzionaria; e l'unica conseguenza dell'assenso dato a questo o a quel governo borghese è l'essere trascinati al fronte in nome di quello stesso governo borghese. Diciamo no a questi cosiddetti «comunisti» che avvelenano politicamente la classe operaia facendo esattamente ciò che fanno sul terreno del conflitto le organizzazioni jihadiste, i mercenari e gli eserciti privati che operano oggi in molte parti del mondo!

La lotta contro l'imperialismo USA e la NATO è vana se non si basa su una strategia rivoluzionaria. Quando un movimento di classe non è organizzato intorno a un programma coerente e rivoluzionario contro lo sfruttamento, la lotta contro l'imperialismo USA o contro la NATO finisce alla mercé delle manovre di questa o quella potenza borghese sul campo di battaglia o al tavolo delle trattative.

E da questo non può uscire nulla di positivo né per il genere umano, né per la classe operaia.


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