www.resistenze.org - pensiero resistente - dibattito teorico - 28-05-25 - n. 933

Ricchezza scandalosa

Greg Godels | zzs-blg.blogspot.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

22/05/2025

Gabriel Zucman è un economista nato in Francia che insegna all'Università della California - Berkeley e alla Scuola di Economia di Parigi. La specializzazione accademica di Zucman è la diseguaglianza nella ricchezza; utilizza i dati fiscali per tracciare la stratificazione della ricchezza negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Zucman, allievo del celebre esperto di diseguaglianza Thomas Piketty, è una figura importante del World Inequality Database.

Le sue analisi più recenti denunciano uno scandalo vero e proprio, un grado di diseguaglianza negli USA che dovrebbe suscitare vergogna in ogni uomo politico, in ogni commentatore dei media mainstream e in ogni individuo che, esercitando un'influenza culturale, manchi di mettere al centro del suo messaggio questa realtà rivoltante.

I dati recentemente rilevati da Zucman, esaminati in modo relativamente dettagliato da un articolo di Juliet Chung pubblicato sul numero di giovedì 24 aprile del Wall Street Journal, hanno suscitato ben poco interesse da parte degli altri media convenzionali.

Zucman sostiene che la ricchezza di 19 famiglie negli Stati Uniti è aumentata di un trilione di dollari nel 2024 - più del PIL della Svizzera. Questo 0,00001% di ricchissimi incideva per l'1,81% sul totale della ricchezza degli USA nel 2024 - in altre parole, quasi il 2% di tutta la ricchezza degli Stati Uniti è di proprietà di queste 19 famiglie.

Ecco altre conclusioni tratte dall'articolo del Wall Street Journal:
    - La ricchezza totale negli Stati Uniti nel 2024 ammontava a 148 trilioni di dollari.
    - La quota della ricchezza totale degli Stati Uniti detenuta da questo 0,00001% delle famiglie ha toccato il livello di gran lunga più alto dal 1913, anno in cui fu introdotta negli USA la tassazione sul reddito.
    - Secondo una stima di JP Morgan Chase, nel 2024 c'erano 2000 miliardari negli USA; nel 2021 erano 975.
    - Lo 0,1% più ricco è formato da circa 133.000 famiglie, ciascuna delle quali possiede in media ricchezze per 46,3 milioni di dollari e accumula 3,4 milioni all'anno dal 1990 (Steven Frazzari, Washington University, St. Louis).
    - Lo 0,9% immediatamente successivo delle famiglie - circa 1,2 milioni di famiglie - possedeva in media 11,2 milioni di dollari e ha visto aumentare la sua ricchezza di 450.000 dollari all'anno nello stesso periodo (Frazzari).
    - In totale, nel 2023 questo 1% di famiglie possedeva il 34,8% della ricchezza totale degli Stati Uniti.
    - In altri Paesi capitalisti, l'1% più ricco possiede rispettivamente il 21,3% (Isole Britanniche), il 27,2% (Francia) e il 27,6% (Germania) della ricchezza totale (2023).
    - Il 10% più ricco delle famiglie degli Stati Uniti possiede il 67% di tutta la ricchezza del Paese.
    - La metà più ricca delle famiglie USA ha in mano il 97% di tutta la ricchezza del Paese.

    Di conseguenza, l'altra metà delle famiglie usa (circa 66 milioni di famiglie, pari a circa 166 milioni di cittadini) possiede nell'insieme solo il 3% di tutta la ricchezza accumulata negli USA.
Questi dati evidenziano come gli Stati Uniti siano una società pesantemente diseguale, in cui la concentrazione della ricchezza aumenta esponenzialmente quanto più si sale lungo la scala sociale.

Quali conclusioni possiamo trarre dal rapporto di Zucman e del Wall Street Journal?

In primo luogo, è importante distinguere la diseguaglianza della ricchezza dalla diseguaglianza di reddito.

La diseguaglianza di reddito «fotografa» la remunerazione che un individuo o una famiglia può ricevere in un determinato periodo. Per esempio, uno sportivo o una celebrità possono ricevere compensi stratosferici per due o tre stagioni di successo, per poi veder crollare il proprio reddito e ritrovarsi infine con una ricchezza alquanto modesta.

La ricchezza, al contrario, è ereditaria e cumulativa. In una società capitalista è possibile che un individuo percepisca un reddito senza accumulare ricchezza, ma è quasi impossibile che un individuo che possiede ricchezza non percepisca un reddito senza alcuno sforzo.

Per chi lavora, il reddito è sempre subordinato a fattori esterni. La ricchezza, al contrario, è una proprietà che può essere alienata soltanto mediante un'azione legale.

Sebbene anche il reddito conferisca potere, la ricchezza accumulata fornisce al suo proprietario sia la sicurezza sia un livello di potere e di influenza proporzionale alla sua quantità.

Perciò, la ricchezza è un indice più indicativo del reddito per determinare la condizione economica di un individuo o di una famiglia.

A beneficio degli accademici e dei sapientoni dei media che sproloquiano sulla «nostra democrazia», va sottolineato che oltre metà della popolazione degli USA è di fatto economicamente tagliata fuori dal sistema politico. Possedendo una quota così ridotta di ricchezza (il 3% del totale), questi cittadini non hanno modo di partecipare in modo rilevante a un sistema elettorale incentrato sul denaro. Non hanno i mezzi né per candidarsi a una carica, né per incidere sulla scelta dei candidati o sull'esito delle elezioni.

Se anche la metà più povera delle famiglie mettesse in comune le proprie risorse, non potrebbe nemmeno avvicinarsi alla potenza finanziaria a cui l'1% più ricco può attingere prontamente per monopolizzare il potere politico.

Gli intellettuali della Guerra Fredda vantavano senza sosta la democrazia formale - il diritto di partecipare alla politica elettorale - di cui beneficiavano i cittadini dei Paesi capitalisti avanzati. Ma si guardavano bene dal menzionare i mezzi effettivi di cui i cittadini disponevano per parteciparvi in modo significativo, alla luce delle enormi e vistose diseguaglianze che caratterizzavano tali mezzi. È chiaro che la metà più povera delle famiglie USA ha ben pochi mezzi per prendere parte alla vita politica, se non scegliendo occasionalmente mediante il voto tra una rosa limitata di opzioni sulla cui selezione ha ben poca voce in capitolo.

Per di più, il 40% successivo delle famiglie possiede complessivamente (in proporzioni che diminuiscono via via che si scende verso il basso della scala sociale) soltanto il 30% della ricchezza degli USA con cui esprimere i propri diritti politici. È questo, indubbiamente, a creare quella falsa sensazione di avere voce in capitolo sul piano politico da cui traggono alimento i due partiti borghesi.

Il trionfo della forma sulla sostanza nella legittimazione delle istituzioni sociali e politiche degli Stati Uniti è certamente minacciato dalla realtà della diseguaglianza di ricchezza - una realtà che dà potere ai ricchi a spese degli altri.

Il fatto che il 10% più ricco delle famiglie USA abbia in mano il 67% della ricchezza fa della «nostra democrazia» una semplice caricatura.

Parlare di «oligarchi» o dell'«1%», espressioni tanto popolari tra i furboni della politica e tra gli ingenui di Internet, significa di fatto nascondere il marcio di una società vergognosamente diseguale come la nostra. La farsa evidenziata dai dati di Zucman non si spiega certo con l'esistenza di individui «malvagi» o «avidi».

A produrre e riprodurre la diseguaglianza di ricchezza è un sistema. Benché le guerre, le crisi economiche o l'azione militante dei lavoratori e dei loro alleati possano temporaneamente rallentare o far arretrare la marcia della diseguaglianza di ricchezza in un regime capitalista, il sistema continua a rigenerare tale diseguaglianza. E questo sistema si chiama «capitalismo».

Come spiegava con la massima chiarezza Paul Sweezy:
    L'essenza del capitalismo è l'auto-espansione del capitale, che avviene mediante la produzione e la capitalizzazione del plusvalore. La produzione del plusvalore, a sua volta, è funzione del proletariato - cioè della classe dei salariati che non possiedono mezzi di produzione e possono vivere soltanto vendendo la propria forza-lavoro. Poiché il proletariato produce per il capitale e non per la soddisfazione dei propri bisogni, ne consegue che il capitalismo, per citare Marx, «determina un'accumulazione di miseria proporzionata all'accumulazione di capitale». La transizione al socialismo, lezione (1971)
Gli storici dell'economia che, come Piketty e Zucman, esaminano attentamente la traiettoria del capitalismo, hanno dimostrato empiricamente più e più volte che i rapporti socio-economici capitalisti danno origine alla diseguaglianza economica.

Sebbene le distinzioni di classe marxiste non fotografino in modo perfetto la distribuzione della ricchezza nei Paesi capitalisti avanzati, il concetto di classe collegato all'accumulazione di capitale spiega ampiamente come sia distribuita la ricchezza.

Dal momento che due terzi di tutta la ricchezza sono concentrati nelle mani del 10% più ricco delle famiglie, e che circa l'89% di tutto il capitale azionario è di proprietà dello stesso 10%, appare ragionevole concludere che la classe capitalista rientra in questo 10% più ricco delle famiglie.

E dovrebbe essere altrettanto chiaro che il 50% più povero delle famiglie - che possiede il 3% della ricchezza, quasi tutto sotto forma di immobili e altre proprietà personali - sopravvive grazie al reddito o a qualche altra forma di compensazione: in altre parole, si tratta di persone che lavorano per vivere.

Perciò, come si poteva prevedere leggendo il Manifesto Comunista del 1848, la società capitalista di oggi - 177 anni dopo - rimane sostanzialmente divisa tra coloro che creano la ricchezza lavorando per vivere e coloro che sono proprietari dei mezzi per la creazione della ricchezza, e quindi traggono la maggior parte della loro ricchezza da tale proprietà. Il capitale - che si concretizzi in fabbriche, banche o altre imprese - fa sì che la ricchezza si concentri al vertice.

Tra il 50% più povero e il 10% più ricco delle famiglie si colloca un territorio conteso costituito in gran parte da salariati - lavoratori - oltre che da professionisti, lavoratori autonomi e proprietari di piccole imprese. Benché a rigor di termini si tratti in massima parte di membri della classe lavoratrice, molti di loro nutrono illusioni sulla propria condizione di classe (la «classe media») o si illudono che tale condizione di classe sia destinata a migliorare.

Alcuni di loro sono stati definiti «aristocrazia operaia» in quanto collocati a un livello di reddito o di ricchezza relativamente elevato tra i lavoratori. Altri, seguendo Marx, si possono definire più propriamente «piccolo-borghesi» - cioè piccoli capitalisti insignificanti.

Il marxismo - dai testi classici, attraverso Louis Althusserl e Nicos Poulantzas, fino ad arrivare all'analista sovietico S. N. Nadel - non ha ancora elaborato una teoria solida e rigorosa riguardo ai settori medio-alti della società, sebbene i loro membri si rivelino spesso decisivi nell'impedire il cambiamento sociale. Di conseguenza, è questo il settore più attivamente corteggiato dai partiti politici centristi.

Se si vuole lavare la macchia della diseguaglianza di ricchezza, devono essere coloro che la subiscono - la classe operaia - ad assumersi il compito di farlo. E l'unico modo per attuare definitivamente tale compito è sostituire il capitalismo con il socialismo.


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