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Ladri di storia

Greg Godels | zzs-blg.blogspot.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

31/01/2020

Con l'affievolirsi della memoria storica, gli anziani «guerrieri freddi» stanno cogliendo l'occasione per dipingere il socialismo del Novecento come un totale fallimento, come una tragedia umana di enormi proporzioni. Mentre sono sempre meno numerosi gli individui ancora in vita tra i milioni che si sacrificarono per realizzare il socialismo, i suoi nemici possono contare su una tabula rasa su cui ricostruire la storia dell'Unione Sovietica a loro piacere. E stanno approfittando attivamente di questa opportunità. Purtroppo, gli storici accademici che conoscono - o dovrebbero conoscere - la realtà storica rimangono in silenzio.

Lo scorso anno ha offerto un'occasione tutta particolare per denigrare il retaggio del comunismo del Novecento e dell'Unione Sovietica - l'ottantesimo anniversario del patto di non aggressione tedesco-sovietico. Le assurdità hanno travalicato i limiti del passato con la risoluzione dell'Unione Europea secondo cui tale patto «spianò la strada allo scoppio della seconda guerra mondiale». Già in diverse occasioni l'Unione Europea ha tentato di equiparare il comunismo al fascismo o al «totalitarismo», e ha giustificato la messa fuori legge del comunismo in diversi Paesi membri; ma il 23 agosto 1939 è servito da pretesto per una risoluzione UE ancor più oltraggiosa.

Qualunque analisi seria e obiettiva dei fattori che condussero allo scoppio della seconda guerra mondiale inizierebbe verosimilmente dal Trattato di Versailles, con il quale i vincitori del primo conflitto mondiale imposero agli sconfitti condizioni insostenibili. Le banche anglo-americane si ingozzarono con i prestiti usurari necessari alla Germania per pagare le riparazioni di guerra, pregiudicando lo sviluppo economico tedesco.

Inoltre, la responsabilità dell'ascesa del nazismo ricade nettamente sull'estremismo nazionalista e sul rabbioso revanscismo alimentati dalla borghesia tedesca. Anche sui parlamentari socialdemocratici ricade la colpa di aver tollerato il nazismo e di aver sguinzagliato proditoriamente le bande fasciste armate (Freikorps, Stahlhelm) contro gli esponenti della vera sinistra e contro i lavoratori.

E naturalmente, il collasso del capitalismo globale iniziato nel 1929 fornì alimento al populismo di destra, con il suo contorno di sciovinismo, demagogia e aggressione - condizioni essenziali per lo scoppio del secondo conflitto mondiale.

Isolata ma immune dai mali del capitalismo, l'Unione Sovietica rimase in gran parte intatta dalla Grande Depressione. Allarmati dalla presa del potere statale da parte dei nazisti nel 1933, i dirigenti sovietici vararono immediatamente un'offensiva di pace.

Già il 14 dicembre 1933 (Hitler era divenuto cancelliere tedesco il 30 gennaio 1933), i sovietici proposero una dichiarazione congiunta polacco-sovietica che esprimesse la determinazione a difendere la pace nell'Europa orientale in caso di minacce di guerra. Il 26 gennaio seguente, la Polonia sottoscrisse un trattato di amicizia e non aggressione con la Germania. Il 3 febbraio il governo polacco rifiutò la proposta sovietica.

Un mese dopo, l'Unione Sovietica propose un protocollo da sottoscrivere congiuntamente con la Germania che escludesse ogni iniziativa rivolta direttamente o indirettamente contro gli Stati baltici. La Germania nazista respinse la proposta.

In maggio, il ministro degli Esteri sovietico Litvinov si rivolse alla Conferenza Internazionale sul Disarmo suggerendo di rafforzare la pace attraverso l'imposizione di sanzioni e favorendo la firma di ulteriori patti di non aggressione (i sovietici ne avevano sottoscritto uno con la Francia nel 1932). Propose la stipula di accordi paneuropei e regionali di mutua assistenza contro eventuali aggressioni. L'opposizione britannica e l'indifferenza degli Stati Uniti fecero di fatto naufragare questa iniziativa.

Tra la fine del 1933 e l'inizio del 1934, il ministro degli Esteri francese Barthou, insieme ai sovietici, propugnò con entusiasmo un ampio patto di sicurezza collettiva (Patto Orientale) esteso a numerosi Paesi europei e rivolto contro eventuali aggressioni tedesche. Ma diversi governi, in particolare quello britannico, insistettero affinché vi venisse inclusa anche la Germania! Francia e Unione Sovietica acconsentirono a questa condizione, ma la Germania e la Polonia rifiutarono di sottoscrivere il patto. A causa del mutato orientamento della diplomazia francese all'indomani dell'assassinio di Barthou e dell'intransigenza britannica, successivamente il patto naufragò. Molti collocano in questo momento la nascita della politica di «appeasement» franco-britannica. È evidente che i governi di destra al potere in Polonia, in Finlandia e nei Paesi baltici erano più anti-sovietici che timorosi di un'aggressione nazista.

Quando il fascismo italiano prese di mira l'Etiopia nel 1935, i diplomatici francesi e britannici fecero capire che non avrebbero agito contro l'aggressione. In settembre, Litvinov biasimò la Lega delle Nazioni per la sua inazione, richiedendo che essa non risparmiasse «alcuno sforzo né alcun mezzo allo scopo di prevenire conflitti armati tra due Stati membri...». In un successivo telegramma, Litvinov dichiarava: «La risoluta applicazione di sanzioni da parte della Lega contro l'Italia costituirà un severo monito anche nei confronti della Germania». Le «democrazie» occidentali si opposero all'imposizione di sanzioni, a un intervento militare o a un embargo allo scopo di bloccare l'aggressione. Al contrario, premiarono l'invasione svendendo l'Etiopia con l'oneroso accordo Hoare-Laval. Gli Stati Uniti ribadirono la loro passività nei riguardi dell'aggressione fascista approvando il Neutrality Act.

L'Unione Sovietica proseguì la sua offensiva di pace per tutto il 1935 e il 1936, opponendosi strenuamente all'inazione di fronte all'occupazione tedesca della Renania in marzo e al riarmo della Germania.

Ma la vera misura dell'impegno antifascista e antinazista si ebbe nelle reazioni all'aggressione fascista contro la Repubblica spagnola del 17 luglio 1936. Quando il traditore Franco, aiutato dalle forze militari italiane e tedesche, insorse contro il governo eletto, le «democrazie» occidentali scelsero vergognosamente di abbandonare una repubblica sorella, permettendo al nazismo e al fascismo di agire indisturbati. Soltanto l'Unione Sovietica (e in misura minore il Messico) offrirono assistenza materiale, umana, diplomatica e politica alla Repubblica spagnola sotto assedio.

Per contro, i governi britannico e francese promulgarono un embargo sugli armamenti e chiusero i confini, ostacolando i movimenti dei veri antifascisti che accorrevano in difesa della Repubblica.

Gli USA estesero alla Spagna il loro Neutrality Act - una neutralità che si rivelò assai permeabile, dal momento che le corporation americane trovarono vari modi per aiutare i ribelli. I governi degli USA e dell'Europa occidentale adottarono così un'assurda politica di non intervento contro l'intervento nazista! Per intere generazioni, buona parte della sinistra internazionale ha considerato la guerra di Spagna come il primo energico sforzo di resistenza contro l'aggressione fascista. Oggi, questa prospettiva sembra essere stata cancellata dalla memoria collettiva del XXI secolo.

Va osservato che la politica estera sovietica fu sistematicamente improntata alla solidarietà contro le aggressioni. Quando il Giappone attaccò la Cina nel luglio 1937, l'Unione Sovietica fu l'unica grande potenza a fornire assistenza materiale alla Cina.

Chamberlain e il governo britannico premiarono i fascisti italiani per il loro intervento in Spagna con un trattato di amicizia e cooperazione sottoscritto il 16 aprile 1938.

I diplomatici sovietici ricevettero chiari segnali del fatto che i governi britannico e francese erano decisi a escludere l'URSS da qualsiasi patto, ed erano altrettanto determinati a deviare l'aggressività tedesca verso est, contro l'Unione Sovietica. In alcune conversazioni private, il britannico Lloyd George e lo statunitense Sumner Welles lo lasciarono intendere chiaramente. Le potenze occidentali ritenevano di poter a un tempo contenere la Germania (a spese dei piccoli Stati e dell'URSS) e conservare i propri imperi.

Quando i tedeschi entrarono in Austria nel marzo 1938, soltanto l'Unione Sovietica si oppose fermamente. La Pravda descrisse come un funesto presagio l'indifferenza occidentale all'Aschluss: «È una politica che avrà inevitabilmente conseguenze fatali. E coloro i quali la perseguono devono essere ritenuti responsabili di aggravare la minaccia di una guerra in Europa [grassetto mio]». Secondo i sovietici, era la complicità occidentale a «spianare la strada» alla guerra in Europa - una considerazione che sembra sfuggire ai burocrati dell'Unione Europa, oggi tanto ansiosi di gettare sui sovietici la colpa della seconda guerra mondiale.

L'Anschluss imbaldanzì gli ambienti di destra in tutta Europa. Nel marzo 1938, il governo militare e cripto-fascista al potere in Polonia, agendo in tacito accordo con la Germania, mise in atto una provocazione mirante all'occupazione di una parte della Lituania. L'Unione Sovietica si oppose con forza.

Durante tutto il 1938, i sovietici proposero piani di sicurezza collettiva, prevedendo l'aggressione tedesca contro la Cecoslovacchia. In settembre le loro iniziative furono accolte con favore da Winston Churchill, che allora non faceva parte del governo. Ignorando sia le iniziative sovietiche sia i desideri del governo cecoslovacco, Gran Bretagna e Francia regalarono ai tedeschi i Sudeti (con l'infame Accordo di Monaco). In seguito, Hitler si vantò del fatto che la Cecoslovacchia gli era stata «offerta su un piatto d'argento dai suoi stessi amici».

Mentre le potenze occidentali facevano a pezzi la Cecoslovacchia, anche la Polonia pretese la cessione della regione di Teschen.

Nel marzo successivo (1939), la Germania occupò il resto della Cecoslovacchia. Il 18 marzo il governo sovietico propose una conferenza di URSS, Gran Bretagna, Francia, Polonia, Romania e Turchia per discutere la minaccia di guerra. Chamberlain e Halifax rifiutarono la proposta senza mezzi termini; il governo francese non si prese nemmeno il disturbo di rispondere. In aprile, un'ulteriore offerta sovietica di sottoscrizione di un trattato di mutua assistenza con Gran Bretagna e Francia fu lasciata cadere in modo sprezzante.

Dopo anni di iniziative di pace, offerte di accordi di sicurezza collettiva e reciproca difesa e appelli a opporre un fronte comune al fascismo, il governo sovietico si rese conto che le potenze europee erano decise a soddisfare Hitler allo scopo di deviare la sua attenzione verso est. Nel maggio 1939 l'architetto della politica sovietica di sicurezza collettiva, Maksim Litvinov, fu sostituito da V. Molotov.

L'aggressione giapponese contro un'Unione Sovietica isolata nel maggio 1939 non fece che intensificare per i sovietici l'urgenza di concludere accordi atti a preservare la pace (i sovietici, sconfiggendo i giapponesi a Khalkhin Gol in settembre, scongiurarono il rischio immediato di una guerra su due fronti).

Malgrado il cambiamento avvenuto al vertice della politica estera sovietica, in giugno il governo sovietico propose alla Gran Bretagna e alla Francia una bozza di trattato di mutua assistenza in caso di attacco contro una delle tre parti. La bozza proponeva inoltre di prestare assistenza a Belgio, Grecia, Turchia, Romania, Polonia e Stati baltici in caso di aggressione. Le due potenze inviarono a Mosca emissari di secondo piano a discutere la bozza. Dal momento che gli inviati non avevano alcun mandato per negoziare, ma si limitavano a opporre un'obiezione dopo l'altra, i sovietici giunsero alla conclusione che non intendessero fare sul serio. Le trattative si trascinarono sino ad agosto e con ogni probabilità si sarebbero protratte sino almeno a ottobre.

Contemporaneamente, i britannici discutevano con la Germania ulteriori concessioni, offrendo una revisione delle clausole del Trattato di Versailles relative ai mandati e alle colonie in cambio della sicurezza del loro impero.

Malgrado in almeno tre occasioni l'URSS avesse respinto le avance tedesche per un accordo reciproco, il 23 agosto 1939 il governo sovietico, frustrato, accettò di sottoscrivere un patto di non aggressione e assistenza reciproca con la Germania.

Ai critici occidentali del cosiddetto Patto Molotov-Ribbentrop occorrerebbe ricordare le parole di Stalin al XVIII Congresso del PCUS del marzo 1939: «1. Siamo a favore della pace e del rafforzamento delle relazioni economiche con tutti i Paesi... 2. Siamo a favore di relazioni pacifiche, strette e amichevoli con tutti i Paesi confinanti... 3. Siamo a favore del sostegno alle nazioni che sono vittime di aggressione e combattono per la propria indipendenza». Stalin aggiunse che l'URSS doveva «essere cauta e non... consentire che il nostro Paese venga attirato in un conflitto dai guerrafondai abituati a farsi togliere le castagne dal fuoco da altri».

Naturalmente vi furono molte altre iniziative e proposte di pace avanzate dai sovietici oltre a quelle qui menzionate. Questo non è che un breve riassunto. Ma i fatti sono incontrovertibili.

Per di più, si tratta di fatti ben noti a qualunque storico serio del periodo. Questi fatti tracciano il quadro di un'Unione Sovietica isolata, attivamente impegnata a perseguire una politica di pace contro l'indifferenza e perfino l'incoraggiamento della marcia verso la guerra.

In nessuna occasione, nel periodo successivo alla presa del potere da parte dei nazisti, le cosiddette «democrazie» occidentali più importanti si opposero energicamente all'aggressione (e non soltanto nel caso di Chamberlain a Monaco). In tutte le occasioni furono i sovietici a dare l'allarme e, nel caso della Spagna, a fronteggiare il fascismo sul campo di battaglia.

Forse i sovietici furono responsabili di errori di calcolo e valutazioni sbagliate nel preparare le loro iniziative di pace, ma esse costituirono una reazione razionale alla minaccia di una guerra destinata ad avere una portata letale senza precedenti. Inoltre, queste iniziative mirarono sempre, dai primi tentativi sino al patto di non aggressione tedesco-sovietico, a garantire la pace e la sicurezza dell'Unione Sovietica.

È quindi inaccettabile che gli storici di professione rimangano in silenzio di fronte alle ridicole risoluzioni architettate dai ciarlatani politici senza scrupoli al servizio del capitalismo dell'Unione Europea.

Ma forse questa vigliaccheria intellettuale non dovrebbe sorprendere, in un'epoca popolata da intellettuali in vendita al miglior offerente, comodamente sistemati in think tank provvisti di sostanziosi finanziamenti e del tutto allergici all'obiettività e allo studio accademico rigoroso.

Forse è una reazione prevedibile da parte di questi accademici privi di spina dorsale.

Questi sono i tempi in cui viviamo...


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