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- pensiero resistente - editoriali - 24-02-22 - n. 818
Di nuovo "si sta, come d'autunno, sugli alberi, le foglie"
Enzo Pellegrin
24/02/2022
Generale, il tuo carro armato è una macchina potente
Spiana un bosco e sfracella cento uomini
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.
Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido di una tempesta e porta più di un elefante
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.
Generale, l'uomo fa di tutto.
L'uomo può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.
Bertolt Brecht
* * *
Sono passati oltre 103 anni dalla fine del Primo Conflitto Mondiale, oltre 76 anni dalla fine del Secondo, e già più di venti anni dalla fine di uno dei più lunghi conflitti nel cuore dell'Europa a due passi dall'Occidente, e dalla nostra Penisola, le guerre jugoslave.
Molte altre sono state le guerre nel mondo, e in altre parti della stessa Europa, durante tutti questi anni.
Eppure, ancora sentiamo risuonare nelle cancellerie diplomatiche gli stessi echi del 1914: etnie, popoli come nazioni, irredentismo, sovranità nazionale, popoli da tutelare, territori da ascrivere a nazionalità, religioni, origine dei popoli che si perdono in non so quale recondito angolo della storia. False coscienze utilizzate come ragioni di un conflitto armato.
Un balzo all'indietro, culturale e sociale, di oltre cento anni.
Per una semplice evidenza, in un conflitto armato l'umano elimina l'umano.
Nei conflitti armati, però, non tutti gli umani sono uguali. Nei conflitti armati, sono le classi più deboli che vengono utilizzate e manovrate nella guerra, subiscono i tracolli economici, la povertà, la distruzione, la barbarie, gli stupri, le mutilazioni, lo smembramento delle comunità, delle famiglie, dei corpi.
Le classi deboli sono le stesse che subiscono sfruttamento, umiliazioni, pregiudizio, dispotico comando, manovra egemonica, espropriazione della ricchezza prodotta col loro lavoro, in tempo di pace.
Fiumi di libri sono stati scritti sugli orrori della guerra.
Un oceano di parole è stato scritto sull'ingiustizia dello sfruttamento dell'umano sull'umano. Eppure, questa umanità non sembra affrancarsi da una mortifera dialettica: pace e sfruttamento, guerra, morte e sfruttamento.
Scriveva Aldo Capitini: "Non si può dire di volere la pace e lasciare la società com'è, con i privilegi, i pregiudizi, lo sfruttamento, l'intolleranza, il potere in mano di pochi."
Le classi sfruttate del globo non si dividono in etnie, nazionalità, ascendenze storico-etniche. Esse hanno in comune un legame che, una volta riconosciuto, potrebbe essere più forte del ferro e del fuoco: la ricchezza da loro prodotta viene espropriata da dirigenti, possessori di capitali, burocrati, detentori di potere. Ricchezza espropriata, rapinata, trasformata in altro sfruttamento, altro dispotismo, competizione, conflitto, guerra, morte, distruzione dell'ambiente.
Se questo legame venisse inteso e messo a frutto, potrebbe fondare un mondo di cooperazione, pacifica e ragionata pianificazione, per porre la ricchezza prodotta ad eguale vantaggio di ciascun bisogno, tutelare l'ambiente, eliminare la fame, che nel 2022 non è ancora scomparsa dalla faccia del pianeta, nonostante la parte più ricca sprechi oggi il 17 per cento del cibo che produce.
Questo legame più forte del ferro e del fuoco potrebbe cementare gli sfruttati di tutto il mondo, al di là delle finte differenze di lingua, razza, etnia, religione. La sua potenza potrebbe essere finalmente utilizzata per scalzare i dirigenti aguzzini, i pregiudizi, i monopoli di ricchezza e potere. Solo così può essere estirpata la gramigna del 1914, del 1929, del 1939, del 2011…
Scriveva Bertolt Brecht; "Tebe dalle sette porte, chi la costrui?"
La poesia non continua enumerando popoli, razze, nazioni od etnie, ma semplici lavoratori e lavoratrici. Parliamo di rapporti di produzione, diceva ancora il letterato tedesco.
Sarebbe tempo, per i veri produttori del mondo, di agire.
"A che serve avere le mani pulite, se le tieni in tasca? Bisogna usarle le mani" scriveva Primo Mazzolari, che visse la carneficina della Prima Guerra Mondiale.
Non dobbiamo essere più disposti ad accettare i nostri guerrafondai dirigenti, burocrati o plutocrati, le loro strutture di sfruttamento, le loro leggi ingiuste, le loro guerre per la supremazia. Chi possiede la forza della produzione, possiede una via per organizzare la resistenza, demolire le loro ideologie, false coscienze utilizzate da chi sfrutta. La guerra non è il gioco in uno stadio del football. La guerra è una malattia, diceva Gino Strada, ma nasce da una pace malata.
La guerra sarà sempre e solo vittime, finchè la pace sarà sfruttamento.
Per questo, oggi, di nuovo, "si sta, come d'autunno, sugli alberi, le foglie" (1)
Note:
1) Giuseppe Ungaretti, Soldati, 1918.
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