www.resistenze.org - pensiero resistente - imperialismo e globalizzazione - 10-06-13 - n. 457

La posizione del Libano nel quadro degli sviluppi regionali e come affrontare l'attuale fase del progetto per un "Nuovo Medio Oriente"
 
Articolo pubblicato su "Annidaa", rivista bimestrale del Partito Comunista Libanese e sul sito web del Tudeh (PC dell'Iran)
 
Dr. Marie Nassif Al-Debs | lcparty.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
15/05/2013
 
Il Libano, con tutte le sue stratificazioni e regioni, sta vivendo una fase cruciale e pericolosa della sua storia, che potrebbe portare a cambiamenti radicali, a una accelerazione degli sviluppi regionali soprattutto nel contesto siriano e palestinese, insieme a sviluppi regionali che interessano l'Iraq, la Turchia e la questione curda a seguito dell'esecuzione dell'accordo sulla cessazione delle ostilità curde come preludio al rilascio del leader del PKK, Abdullah Ocalan. Nel mentre, le prospettive di formazione del governo stanno nuovamente allontanandosi, anche se di recente vi era stato un aumento delle dichiarazioni che indicavano il conseguimento di una soluzione a seguito di altre visite in Arabia Saudita e in altri luoghi. In attesa dell'esito di ciò che sta accadendo in ambito siriano e oltre, a cominciare dal fronte aperto ad al-Qussair [strategica città nella provincia di Homs, che il 5 giugno scorso, dopo due settimane di combattimenti, è tornata sotto il controllo dell'esercito siriano, Ndt] e da quanto è stato detto circa l'apertura del fronte del Golan, da ricondurre all'esito del summit Putin-Netanyahu e Putin-Obama, i partiti della classe dominante stanno riposizionandosi al loro interno, attraverso processi di diversificazione sotto la copertura della legge elettorale, intenzionati a rinviare le elezioni parlamentari per mischiare nuovamente le carte e riorganizzare le fila, nell'attesa di quanto sarà deciso a Washington e Mosca nei prossimi mesi.
 
Come analizzare questa fase, che abbiamo descritto come decisiva e pericolosa? E' possibile rispondere ad essa al fine di scongiurare il conflitto confessionale o la guerra civile che si profila all'orizzonte?
 
Al fine di analizzare la fase futura, dobbiamo tornare al quadro tracciato dal piano imperiale (USA) per la regione dopo che quasi tutti i regimi arabi avevano avviato negoziati con l'entità israeliana attraverso la Conferenza di Madrid del 1991. Nonostante il regime libanese non si sa impegnato direttamente in tali negoziati e che la liberazione dei territori sia stata il risultato di un atto di resistenza e senza firmare alcun accordo con il nemico lungo le linee degli accordi di Camp David, Oslo, o Wadi Araba, questo regime, grazie alla sua struttura basata su di un equilibrio confessionale riformulato dall'accordo di Taif, è ampiamente entrato nel gioco del Nuovo Medio Oriente attraverso la divisione della sua classe dominante in due campi polarizzati, contaminati dal settarismo sunnita e sciita, ed inseriti nei due assi regionali esistenti e negli equilibri internazionali che li reggono. Le vittorie della resistenza nazionale contro il nemico sionista si sono quindi trasformate in vittorie fragili, che non hanno influito sulla situazione interna tanto da originare il cambiamento sociale auspicato. Al contrario, come conseguenza delle ripercussioni della crisi siriana e delle possibilità di sviluppo della causa palestinese per via della risposta di alcuni arabi al piano sionista adottato dalla amministrazione Obama con il titolo "Israele è lo stato degli ebrei nel mondo", il Libano è oggi testimone dei segnali di un deterioramento spaventoso della pace civile, che si riflette nel coinvolgimento diretto negli eventi siriani sotto vari pretesti, incluso il supporto alle aspirazioni democratiche del popolo siriano o il lancio di fronti di resistenza contro il nemico sionista o l'affrontare la marea Takfiri [estremismo islamico]... ecc.
 
In questo contesto, ci soffermiamo su tre aspetti fondamentali:
 
Primo - Il piano del l'emiro del Qatar e del presidente di turno della Lega Araba
 
Il Qatar ha annunciato con l'altisonante nome di "pace" un piano che si basa sulla possibilità di concludere uno scambio di territori tra l'entità israeliana e l'Autorità palestinese. Sotto il pretesto della determinazione dei confini dello Stato di Palestina, vale a dire i confini precedenti al giugno 1967, Gerusalemme Est inclusa, la trasposizione effettiva di questo piano è l'approvazione del "transfer", cioè del trasferimento dei palestinesi dalla loro terra in modo da permettere ai coloni sionisti di completarne l'opera di sequestro, preludio di nuovi confini da tracciare per il loro stato. Ciò include la possibile realizzazione di una pulizia religiosa attraverso l'acquisizione dei territori palestinesi rimasti dopo la Nakba del 1948.
 
Cosa significa in pratica per i rifugiati palestinesi? Significa che è impensabile parlare di diritto al ritorno, seppure incluso nella risoluzione 194 dell'ONU. Oppure, più chiaramente, che le popolazioni dei rifugiati, sia in Libano che in Giordania, permarranno o si amplieranno a causa delle implicazioni della crisi siriana, ed i palestinesi che vivono nel campo profughi di Yarmouk a Damasco e in altri campi potranno essere costretti a fuggire verso Libano, dopo che i loro centri di accoglienza si sono trasformati in luoghi infiltrati da alcuni partiti del "Esercito siriano libero" e in particolare da alcune forze di combattimento salafite [estremiste islamiche].
 
Possiamo quindi dedurre che il nuovo piano del Qatar altro non è che una più arretrata riscrittura degli accordi di Oslo, con l'insieme delle loro interpretazioni, inclusi i tentativi di stabilire i palestinesi in alcuni dei paesi arabi nei quali sono presenti. Questo, per il Libano, ha due conseguenze. Conduce a instabilità interna in seguito della lotta settaria che è destinata a divampare.Questo rappresenterebbe un sollievo per l'entità israeliana e le darebbe anche la possibilità di intervenire ancora una volta negli affari interni libanesi, come è sempre stato nei periodi di intensificazione dello scontro.
 
Secondo - I tentativi di andare verso una divisione della Siria
 
A questo proposito, è sempre più evidente il ruolo turco, supportato dagli Stati Uniti in combinazione con il sostegno finanziario degli stati arabi del Golfo. Gli attentati criminali che hanno avuto luogo a Rihaniya e quanto sta attualmente accadendo nella periferia della zona strategica di Al-Qussair, collegamento della zona rurale di Damasco con la regione di Homs e la costa siriana, indicano un nuovo tentativo di muoversi verso una delimitazione delle frontiere all'interno del territorio siriano prima che inizi il summit USA-Russia, in modo da rendere questi confini un punto di partenza per questo o quel gruppo, ed espandere il proprio controllo attraverso la continuazione delle battaglie successive nel caso che le due potenze internazionali dominanti non raggiungano un accordo per una soluzione. La divisione della Siria, se si verificasse, lancerebbe la penultima fase del progetto "Nuovo Medio Oriente", quella della delimitazione del confine tra la mezzaluna sunnita e sciita, vale a dire, le due regioni di influenza americana e russa, con Israele che riacquista una parte del ruolo perso dopo la guerra in Iraq a seguito dell'intervento imperialista diretto.
 
Terzo - Completamento della divisione dell'Iraq e sue implicazioni nella regione del Golfo
 
Il nuovo fattore curdo, cioè l'accordo tra il governo di Erdogan ed il PKK di cessazione dei combattimenti e per i combattenti del PKK di spostarsi verso la regione del Kurdistan iracheno, che è entrato in vigore dopo essere stato approvato da Masoud Barzani, costituisce un primo serio passo per trasformare l'autogoverno di questa regione nel nucleo dello stato curdo, proposta che risale ai primi anni novanta del XX secolo.Questo significa aprire la porta alla frammentazione dell'Iraq in conformità ad uno schema già pianificato in precedenza, oltre ad ampliare l'area di influenza politica ed economica della Turchia attraverso lo sviluppo degli esistenti accordi sul petrolio iracheno, come anche attraverso la pressione sull'Iraq (e sulla Siria) riguardo la questione della ridistribuzione delle risorse idriche, per via del suo impatto sul settore agricolo turco e sul monopolio delle scorte alimentari, data la loro riconosciuta importanza strategica.
 
Come dovrebbe contrapporsi la sinistra araba a questo piano?
 
Alla luce di quanto detto, possiamo scorgere l'importanza fondamentale del piano imperialista-sionista e il fatto che alcuni arabi lo abbiano assecondato, compresi coloro che il piano ha voluto togliere dalla scena, come sta accadendo al regime siriano che non ha imparato dalle occasioni mancate.
 
Ciò richiede la nostra unità per un'opposizione che può avere successo solo soddisfacendo due condizioni:
 
La prima è di riunire tutte le forze di resistenza regionali, siano esse arabe che esterne al mondo arabo, contro il piano di frammentazione del Medio Oriente per trasformarlo in una zona di conflitti settari ed etnici.
 
La seconda sta nello sviluppo dell'Incontro della sinistra araba come quadro collettivo, ampliando la sua attività affinché ci si diriga verso un incontro della sinistra nella regione del Medio Oriente. I comunisti dovrebbero costituirne il nocciolo duro al fine di attuare un programma che metta insieme gli obiettivi della contrapposizione al piano imperialista, con tutte le sue derivazioni, nonché le necessità di un cambiamento sociale rivolto verso la costruzione della società socialista.
 
Beirut, 15 Maggio 2013
 
(65° anniversario della Nakba di Palestina)
 
 

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