www.resistenze.org - pensiero resistente - imperialismo e globalizzazione - 07-11-13 - n. 474

Se sommiamo gli eserciti di tutti i suoi Stati membri, l'Unione Europea ha il secondo esercito più grande del mondo

Salvador López Arnal, El Viejo Topo | rebelion.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

01/11/2013

Estratto

Intervista a Àngel Ferrero sul libro "La quinta Germania"; Giornalista free-lance, membro del Comitato di Redazione di Sin Permiso, collaboratore di La Directa, Àngel Ferrero è anche traduttore di Elmar Altvater (La fine del capitalismo così come lo conosciamo, La Vecchia Talpa) e di James Connolly (Txalaparta, in stampa). La nostra conversazione, precedente alle elezioni di ottobre 2013, si concentra sul II e III capitolo- "Verso una costruzione neo-imperialista" e "Che ne è stato della sinistra? "- del libro citato.

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Il tuo ragionamento è il seguente: l'obiettivo delle élite europee è la dissoluzione della democrazia parlamentare in un sistema presidenziale legittimato da plebisciti. Non è chiaro che l'attuale sistema sia veramente una democrazia parlamentare. Ma, sia come sia, sei d'accordo con questa considerazione? E' questo l'obiettivo delle classi dirigenti europee?

Le istituzioni comunitarie hanno un funzionamento abbastanza complesso, che nessuno si è preso la briga di spiegare seriamente alla popolazione. Se sapere come funzionano queste istituzioni è già difficile, ancora di più è sapere qual è l'obiettivo delle élite europee, con riunioni che sono fuori il controllo pubblico. Si è parlato di una "disintegrazione ordinata" della zona euro (e anche dell'Unione Europea), della creazione di una "Europa a due velocità", con una Kerneuropa (Euronucleo ndt) composta dai paesi del Benelux, Germania e Austria e una periferia, ogni area con la propria moneta ... Una "federazione", come detto prima, probabilmente risponde meglio agli interessi del capitale europeo, visto che eliminerebbe la burocrazia e trasformerebbe l'Unione Europea in uno spazio economico omogeneo in grado di competere con gli Stati Uniti e gli stati BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa). Cohn-Bendit e Verhofstadt lo dicono molto chiaramente nel loro manifesto. Il problema che questo ci porta, o meglio ci riporta, perché l'Unione Sovietica ha frenato in qualche misura questo sviluppo durante i quasi 70 anni della sua esistenza, ad una epoca di "imperialismi rivali", con la creazione di unità economiche e politiche che superano i confini nazionali e il consolidamento del capitale finanziario. Verhofstadt dice apertamente che l'Unione Europea dovrebbe essere un "impero". Poi aggiunge, quando il giornalista che lo intervista lo avverte della gravità del termine: "nel miglior senso della parola".

In questo schema, l'Unione Europea si doterà, secondo il modello degli Stati Uniti, di un presidente eletto direttamente. Sembra un modello molto democratico, ma considerando la popolazione ineguale degli Stati membri, il suffragio diretto non farebbe che rafforzare lo status quo. Come avrebbe anche poteri speciali, questo ipotetico Presidente dell'Unione Europea sottrarrà influenza al Parlamento europeo, da qui Thomas Wagner parla di un "sistema presidenziale legittimato per plebisciti", qualcosa, d'altra parte, non molto diverso da quello che abbiamo sperimentato con il referendum sul Trattato di Lisbona. Quando gli irlandesi hanno votato "no" al Trattato, sono stati costretti a ripetere la votazione, dopo un paio di concessioni, che alla fine non erano tali e dopo aver eliminato il limite di finanziamento della campagna a favore del "sì" e aver ostacolato e marginalizzato nei mezzi di comunicazione le voci contrarie al Trattato. Una settimana fa, a proposito, Angela Merkel e François Hollande hanno proposto la creazione della carica di presidente dell'Eurogruppo.

Quando si parla di Europa come un Impero, nel senso migliore del termine "impero", a che Europa si sta pensando? Che esercito accompagnerà questo nuovo Impero costruito con "sangue e petrolio"?

Oltre alle conseguenze sociali che comporta ogni progetto di stampo imperialista, come il ricatto delle dirigenze sindacali per accettare il progetto in cambio di un relativo benessere rispetto ai paesi che aderiscono alla sua orbita, si tratta di un progetto con un carattere sempre più militare, un tratto che i partiti di sinistra e i movimenti sociali tendono ad ignorare, perché, ovviamente impegnano la maggior parte del loro tempo a combattere contro le misure di austerità e tagli sociali. I combustibili fossili e altri materiali necessari per la produzione industriale nel capitalismo sono, per loro natura, finiti e non rinnovabili. La penisola europea del continente eurasiatico non è particolarmente ricca di queste materie prime. Il loro esaurimento arriverà e di fatti sta già portando ad una lotta per il controllo del loro sfruttamento e delle vie di trasporto. Quando non si ottiene la complicità della classe dirigente locale (quello che nel gergo accademico è conosciuto come soft power), una relazione che blocca lo sviluppo e la democrazia in questi paesi, creando una economia dipendente e poco diversificata e una élite corrotta, si utilizzano i mezzi militari, come, purtroppo, accade con sempre maggiore frequenza. Gli esempi sono così noti che non vale la pena di ripeterli qui. Nei sogni neo-imperiali di alcuni think tank di Bruxelles, che menziono nel capitolo de La quinta Germania, questa zona di influenza si estende a sud fino a coprire la metà superiore del continente africano, con l'Oceano Indiano fino in Indonesia e ad est copre l'intero continente europeo fino ai giacimenti di gas nella penisola di Yamal in Russia. Una Unione Europea così vivrà - per non dire vive - in uno stato di guerra permanente che consuma enormi quantità di denaro. Dalla sparizione dell'Unione Sovietica, si sono prodotti più conflitti in tutto il mondo che durante tutto il postguerra. Sono conflitti "periferici", che "si risolvono" più o meno rapidamente, da qui l'interesse marginale dei mezzi di comunicazione.

Se sommiamo gli eserciti di tutti i suoi Stati membri, l'Unione Europea ha oggi il secondo più grande esercito del mondo. Il numero di soldati pro capite supera anche quello della Cina, che ha il più grande esercito del mondo. La cifra è impressionante, ma il fatto è che un tale esercito è molto poco utile per questo tipo di guerre neocoloniali. Da qui gli appelli, anche, tra l'altro, di Cohn-Bendit, per creare un esercito europeo, ridotto e moderno, in cui gli stati mettono in comune le loro risorse e si specializzano, che non hanno nulla a che fare con ragioni economiche e tanto meno con la pace. Questa idea, che viene supportata dalla maggioranza della NATO nella sua strategia "una organizzazione, due pilastri" (USA e UE) esiste già in forma embrionale con i cosiddetti battle-groups, nei quali vari paesi formano unità militari d'intervento rapido.

Quali condizioni hanno permesso le prime operazioni dell'esercito tedesco all'estero? Fino al 1990, il Bundeswehr era rimasto calmo. Cosa è successo allora? Dove fu il "Nie wieder Krieg!"?

Tranne in rari casi, come ad esempio le guerre rivoluzionarie o la guerra di guerriglia, i paesi ricorrono alla forza armata per il controllo o l'appropriazione diretta delle risorse naturali o per espandere la loro influenza o per l'espansione territoriale. Ovviamente, la popolazione di nessun paese accetterà di andare in guerra con tali premesse. In Germania, la partecipazione dell'Esercito tedesco in missioni internazionali è stato un tabù. Ovviamente, questa non è una sorpresa: la Germania iniziò la Seconda Guerra Mondiale, il più grande conflitto della storia umana. Questo tabù è stato rotto nel 1999 con la guerra in Kosovo. Per convincere l'opinione pubblica dovette effettuare una intensa campagna di sensibilizzazione che non ha esitato ad usare la reductio ad Hitlerum (e relativizzare, così, l'Olocausto) con la Jugoslavia: il Kosovo era "un altro Auschwitz", Milosevic non era il presidente della Jugoslavia, ma il "leader serbo"(Serbenführer in tedesco ha connotazioni molto negative, ovviamente) e così via. Che il governo fosse nelle mani della prima coalizione tra socialdemocratici e verdi, facilitò enormemente le cose, perché se al governo vi fossero stati i conservatori, si sarebbero riempite le strade di manifestanti contro la guerra. Il bombardamento, che si giustificò per evitare una "catastrofe umanitaria", ciò che veramente fece fu quello di causarne una. Es begann mit einer Luge, un rapporto della ARD che si trova facilmente su YouTube con sottotitoli, scopre tutte le bugie del governo tedesco in quell'epoca. Questo tabù doveva essere rotto per far si che la Germania, lo stato industrialmente più forte dell'Unione Europea, potesse partecipare, come reclamavano gli Stati Uniti, a questo tipo di scenari e con questo fine si fece ogni sforzo. Tuttavia, la popolazione tedesca continua ad essere abbastanza antimilitarista e le percentuali di rifiuto alla guerra in Afghanistan continuano ad essere, nonostante i voti parlamentari in senso contrario, alte.

Con Altvater, affermate che in fondo il primo obiettivo strategico della campagna del Kosovo è stata la Russia. Perché la Russia?

La Russia è il più grande produttore di petrolio al mondo e possiede enormi quantità di altre risorse naturali. Grazie all'elevato prezzo degli idrocarburi, la Russia è riuscita a stabilizzare la sua economia e quindi ricostruire i maltrattati legami con alcune delle ex repubbliche sovietiche. Nel 2015 potrebbe essere in piedi l'Unione Eurasiatica composta da Russia, Bielorussia e Kazakistan, espandibile ad altri paesi. La paura di una Russia forte è una costante nella politica internazionale, ma ora dobbiamo aggiungere alla sua estensione geografica il fattore delle risorse naturali, così come un tessuto industriale che potrebbe rivitalizzarsi e che, di fatto, in parte lo sta già facendo (anche se la presenza di capitali stranieri è ancora importante e gli squilibri regionali sono evidenti).Come dice Elmar Altvater ne La fine del capitalismo così come lo conosciamo, la guerra in Jugoslavia ha completato questa nuova tenaglia della NATO che si estende dalle repubbliche baltiche al nord della Polonia, della Repubblica Ceca e Ungheria fino alla Grecia e la Turchia, che circondano la Russia creando un ponte dall'Europa occidentale al Medio Oriente, regioni chiave per il controllo e il trasporto delle materie prime. In questa cintura sono installate basi militari in Kosovo, da qui l'interesse della NATO nella secessione di questo stato, in Croazia decisive per questa strategia di dominio imperialista. Quest'ultima base, per esempio, è un anello importante nel trasporto di armi dall'Arabia Saudita, Giordania e Qatar agli islamisti che combattono il regime baathista in Siria, un paese che mantiene legami stretti con la Repubblica Islamica di Iran e paese in cui si trova l'ultima base navale russa nel Mediterraneo. La morsa di cui parla Altvater potrebbe ampliarsi se la Svezia e la Finlandia decidessero di aderire alla NATO.

Jutta Ditfurth cita nel suo libro un rapporto per il Bundeswehr comparso in un numero della rivista Petroleum Economist, che affermava che l'intervento della NATO in Kosovo, senza la legittimità di un mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, può essere il precedente di un futuro intervento nella sfera immediata della Russia. Beh, dieci anni dopo la pubblicazione di questa informazione scoppiò la guerra in Ossezia del Sud, quando l'allora presidente della Georgia, Mikheil Saakashvili, autorizzò una offensiva militare per reclamare la sua sovranità su questo territorio, in disputa dal 1991.

E' molto difficile dare al lettore queste informazioni da un punto di vista oggettivo, perché i mezzi di comunicazione occidentali tendono a presentare tutta l'informazione da e per la Russia in bianco e nero. Ad esempio, le recenti esercitazioni militari della NATO in Polonia e Georgia hanno avuto scarso impatto sui media, si fa però eco sulle manovre navali russe nel Mar Nero.

L'accesso alle materie prime affermi che si tratta di un obiettivo esplicito degli interventi effettuati dall'esercito tedesco. Quali materie prime va cercando la Germania?

Le più importanti. Il petrolio, senza dubbio, è risorsa chiave. La rivoluzione industriale tedesca nel XIX secolo, fu in gran parte dovuta al settore minerario a est e ovest del paese. L'applicazione del petrolio in determinati processi industriali ha cambiato la situazione. Di fatto, secondo molti autori, la ricerca di materiali sintetici che rimpiazzino il greggio ha stimolato lo sviluppo dell'industria chimica in Germania (una delle più grandi al mondo), nei primi anni del XX secolo. Questo 2 febbraio si è celebrato il 70° anniversario della fine della battaglia di Stalingrado. Se questa battaglia fu così importante è, tra le altre cose, perché la vittoria sovietica impedì che la Wehrmacht arrivasse ai giacimenti di petrolio nel Caucaso meridionale. La Germania sta cercando di espandere la sua influenza in Africa, in paesi come il Ghana, ricco di petrolio, minerali e gas naturale e in Asia Centrale per le stesse ragioni. Questa scarsità spiega anche l'impulso governativo del riciclaggio e delle energie rinnovabili che, purtroppo, nulla hanno a che vedere con una maggiore consapevolezza del degrado ambientale.

Il Bundeswehr potrà essere utilizzato in futuro, sostieni, per reprimere la stessa popolazione tedesca, come un corpo repressivo interno. Su cosa ti basi per questa affermazione?

Il Bundeswehr può esser dispiegato dal 1969 nel territorio della Repubblica Federale di Germania "per la lotta contro insurrezioni armate e organizzate militarmente". Nel 2012 la Corte Costituzionale ha stabilito che l'esercito potrà essere dispiegato in Germania, in caso di "incidenti o catastrofi particolarmente gravi". Ma l'esercito tedesco era sempre stato schierato per aiutare negli sforzi di soccorso, come nel caso delle alluvioni ... Il junge Welt ha scoperto poco dopo che in Sassonia-Anhalt vi è un centro di addestramento per il combattimento in cui, oltre ai villaggi albanesi-kosovari e afghani, si era ricostruito uno scenario urbano tipicamente europeo, con stazione metropolitana, strade ed edifici governativi. Durante l'ondata di disordini in Grecia nel 2008 si vociferava che il governo stesse pensando di mettere l'esercito per le strade per controllare la situazione. Se l'immigrazione adesso viene trattata come un "problema di difesa" nei documenti della Commissione Europea, perché non i conflitti sociali, se riescono a sopraffare le forze di sicurezza? Poche settimane fa, i media britannici hanno rivelato che nel 2011, Eton, l'università dove si forma l'élite del Regno Unito, ha chiesto ai suoi studenti in un esame di retorica come giustificare la morte di manifestanti dopo il dispiego dell'esercito per reprimere le proteste. Perché la Germania o qualsiasi altro stato europeo, dovrebbe escludere questa possibilità?

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