www.resistenze.org - pensiero resistente - imperialismo e globalizzazione - 11-02-14 - n. 485

Ginevra 2 è morta. Viva la prossima conferenza di Ginevra!

D. Marie Nassif-Debs * | solidnet.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

06/02/2014

Come previsto, la conferenza "Ginevra 2" riguardante la crisi siriana è stata un insuccesso. Si prevedeva, poiché i preparativi di questa conferenza - rinviata molte volte nel corso del 2013 - non avevano dato luogo a nemmeno una piccola apertura verso un abbozzo di possibile soluzione politica… Va detto che ai tutori di questa conferenza, gli Stati Uniti e la Russia, manca l'accordo di massima sui grandi temi, in primo luogo sulla sorte che deve essere riservata a Bashar Assad alla fine del suo mandato (maggio 2014) o, ancora, sul futuro regime politico in Siria. Inoltre, sono in disaccordo totale, tanto sulla partecipazione dell'Iran alle trattative che, soprattutto, sulla situazione esplosiva in Ucraina, avvelenata dall'intervento statunitense, e non solo europeo, negli affari interni di questo paese allo scopo di accerchiare la Russia di Putin dopo avere avuto ragione di uno dei suoi principali alleati. 

E se a questo aggiungiamo i disaccordi tra le diverse fazioni dell'opposizione siriana al regime baathista ed i sanguinosi combattimenti tra loro (combattimenti causati dall'intromissione dell'Arabia Saudita e della Turchia), potremmo sin da ora affermare che "Ginevra 3" avrà la stessa sorte delle due conferenze che l'hanno preceduta e si concluderà con una dichiarazione cosiddetta "di principio" che non sarà mai applicata. 

I belligeranti e le condizioni avverse

Se studiamo di più vicino quanto accaduto nelle sale dove si è tenuta la conferenza "Ginevra 2", non possiamo evitare di analizzare i discorsi degli antagonisti. 

Difatti, né il tono, né il contenuto lasciavano il minimo barlume di speranza, tanto da parte dei capi delle due delegazioni siriane che da quella dei paesi presenti, a Montreux particolarmente. Eccone la prova. 

Consideriamo, in primo luogo, l'opposizione siriana. Supervisionata da Washington e venuta dall'estero (principalmente della Turchia), questa opposizione ha insistito su un solo punto, l'ottavo della dichiarazione della prima conferenza di Ginevra: la formazione di un governo transitorio che potrebbe, secondo Ahmad Jarba, facilitare la creazione di una soluzione politica. Lo stesso Jarba aggiunge che la delegazione governativa siriana deve firmare un documento secondo cui le prerogative del Presidente della Repubblica siriana saranno trasmesse ad un governo futuro, che avrà poi la missione di perseguire Assad e quelli intorno a lui accusati di avere commesso dei crimini… 

Sull'altro versante, il ministro degli Esteri siriano, Walid Moallem, ha lanciato una controffensiva nella quale ha accusato l'opposizione di alto tradimento, per aver venduto - secondo lui - l'anima a Israele e agevolato la guerra dei terroristi contro la Siria dandole un aspetto legale. Inoltre, Moallem ha rifiutato ogni discussione relativa al governo di transizione perché, diceva, "è il popolo siriano a dare legittimità al presidente", affermando che la Siria farebbe tutto ciò che è necessario per difendersi, ignorando le grida e le dichiarazioni di alcuni. 

Ritroviamo queste due posizioni contraddittorie nei discorsi dei rappresentanti degli Stati Uniti e della Russia, ma anche di tutti i partecipanti all'apertura di "Ginevra 2." 

Difatti, il ministro degli Esteri saudita, Saud Faisal, e con lui il Segretario generale della "Lega araba" hanno allargato i punti sollevati da Ahmad Jarba, dando a loro volta la palla a John Kerry che ha chiesto le dimissioni di Bashar Assad come premessa ad una soluzione politica in Siria. Per contro, Sergei Lavrov ha messo in guardia contro "ogni soluzione che viene dall'esterno", soprattutto con le condizioni difficili vissute da tutti i paesi della regione… 

Le cause visibili e quelle implicite 

Tutto ciò spinge a chiederci il perché di "Ginevra 2", le sue ragioni, tacite, che hanno spinto il regime siriano e l'opposizione con base al di fuori del paese ad accettare di incontrarsi prima di dichiararsi, sollecitamente, ostili ad ogni soluzione reale e di lasciare il campo agli "esperti"?

Va da sé che la prima causa ha a che fare con ciò che accade sul campo, nella stessa Siria. Il regime di Bashar Assad, così come l'opposizione, contavano su dei cambiamenti sul piano militare prima che si tenesse la conferenza di Ginevra, previsioni basate sui combattimenti che avevano avuto luogo durante i primi sei mesi del 2013. Tuttavia, i due belligeranti non hanno potuto mettere in pratica il minimo cambiamento, malgrado la violenza dei combattimenti intorno ad Aleppo e vicino alle frontiere libanesi. Difatti, la vittoria riportata a Koussair da parte del regime, non è stata seguita da altre, come alcuni si aspettavano, soprattutto nelle due regioni di Kalamoun e di Aleppo. Inoltre, l'esacerbazione dei problemi socio-economici, l'estensione del ruolo della mafia che lavora sotto il mantello del regime, così come i cambiamenti nelle posizioni di governo hanno dato l'impressione che nulla andasse bene. D'altra parte, la violenza gratuita e selvaggia (omicidi di civili) da parte delle fazioni islamiche dette "jihadiste" (come la "Repubblica Islamica in Iraq e nella regione di Damasco" o ancora il "Fronte Al Nosra"), ha offuscato l'immagine dell'opposizione, confondendo tutte le sue fazioni, immagine già sbiadita dalle lotte interne, ma anche dall'aumento del numero degli sfollati dalle zone dove imperversano i combattimenti ed è diffusa la distruzione generalizzata di villaggi e città… 

Era dunque necessario ed urgente per le due parti ricorrere ad una tregua temporanea, tregua voluta forse pure da Stati Uniti e Russia per riesaminare la situazione in Siria, ma anche in tutto il Medio Oriente, e rivedere la quota che ciascuno di loro ha potuto o potrà acquisire in termini di fonti di energia scoperte nel bacino orientale del Mediterraneo. E' questa tregua ad aver spianato la strada a "Ginevra 2". 

E poiché di una tregua si tratta, ciò non vuole dire che i belligeranti e le grandi potenze che li sostengono abbiano l'intenzione di vedere avanzare la soluzione politica, ma piuttosto il contrario. Ecco perché ci aspettavamo il fallimento di "Ginevra 2", tanto più che il regime e l'opposizione, rappresentate da "L'alleanza patriottica", si somigliano su molti punti: non solo riuniscono i rappresentanti più illustri dell'alta borghesia siriana, ma hanno anche la stessa posizione riguardo le politici economiche (e sociali) neoliberali caldeggiate dal FMI, quelle stesse politiche che furono alla base della crisi esplosa già tre anni fa. 

Come vediamo l'avvenire? 

Per tutte queste ragioni, la conferenza "Ginevra 2" non poteva, dunque, realizzare le aspirazioni del popolo siriano, principalmente quelle di un cessate il fuoco che permetterebbe di spalancare la porta ad una soluzione politica. 

A ciò, aggiungiamo due altri problemi che bisognerebbe affrontare velocemente. 

Il primo riguarda la situazione dei profughi siriani, il cui numero ha già superato i nove milioni, secondo i rapporti pubblicati dall'ONU alla fine del 2013. Gli stessi rapporti che citano la somma di 54 miliardi di dollari come costo annuo per i profughi, mostrando la gravità della situazione, non solamente sull'economia siriana ma anche su quella dei paesi vicini (del Libano, in particolare). 

Quanto al secondo problema, esso ha a che fare con la ricostruzione, stimata ad oggi a circa 200 miliardi di dollari, che aumenteranno se i combattimenti proseguiranno nelle zone attuali e, soprattutto, se si allargheranno ad altre zone per ora risparmiate. E se consideriamo l'esperienza della guerra statunitense contro l'Iraq o anche l'esperienza libanese in seguito alla guerra civile (che distrusse il centro cittadino di Beirut e lo consegnò alla società soprannominata "Solidere" formata dall'ex presidente del consiglio Rafic Hariri), se ricordiamo il ruolo negativo degli Stati arabi e delle grandi potenze capitaliste nell'enorme debito che grava oggi sul popolo libanese, a seguito dei diktat della Banca mondiale e del FMI, diremo che la Siria non sfuggirà ad una tale sorte; sarà presa nella morsa delle potenze imperialiste così come dalla Russia, cosa che da una parte si tradurrà certamente in instabilità economica, e dall'altra nella esacerbazione delle tensioni religiose e confessionali. 

Chiaramente, questa situazione impedirà al popolo siriano di realizzare le sue aspirazioni di cambiamento, perché ciò che si profila all'orizzonte è o il ritorno all'attuale regime baathista, per paura di vedere i reazionari islamici al potere, o un consenso tra il regime attuale ed i rappresentanti dell'alta borghesia nell'opposizione. Nei due casi, l'orizzonte del cambiamento democratico è chiuso a causa dell'inerzia delle forze progressiste, uniche ad avere interesse a lavorare per il cambiamento radicale. 

Articolo pubblicato sul numero 230 del bimensile "An Nidaa" del 31 gennaio 2014

* D. Marie Nassif-Debs, Partito Comunista Libanese


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