www.resistenze.org - pensiero resistente - imperialismo - 21-05-20 - n. 751

Il virus della guerra

Fabrizio Poggi, Nuova Unità n.3  | nuovaunita.info

Maggio 2020

… Dimenticando la storia del capitale finanziario, la storia di come sia maturata questa guerra per una nuova spartizione, si presenta la questione così: vivevano in pace due popoli, e poi uno ha attaccato e l'altro si è difeso. Si dimentica così ogni scienza, si dimenticano le banche... questa guerra è stata provocata inevitabilmente da quel gigantesco sviluppo del capitalismo, soprattutto bancario, che ha fatto sì che quattro banche a Berlino e cinque o sei banche a Londra dominino sul mondo intero... e, infine, si scontrino in una disputa di inaudita bestialità... (Lenin, maggio 1917)

Non è possibile non capire come l'attuale contrapposizione tra potenze mondiali minacci di trasformarsi in una Terza guerra mondiale a tutti gli effetti, scriveva Viktor Saulkin un anno fa.

Oggi, l'epidemia Covid-19 ha esacerbato al massimo la contrapposizione tra cordate imperialiste. È possibile, e ovviamente augurabile, che le rivalità tra gruppi monopolistici per la spartizione di mercati e di materie prime non sfocino in conflitti armati. Le condizioni per un tale scenario, però, purtroppo non mancano. È sotto gli occhi di tutti l'evidenza di quanto indicato da Lenin oltre cento anni fa, a proposito della fase imperialista del capitalismo, con concentrazione e centralizzazione di capitali, simbiosi di capitale industriale e finanziario nel monopolio, fonte di sviluppo ineguale dei paesi capitalisti; uno "sviluppo a balzi", che lasciava spazi per la vittoria del socialismo, all'inizio in un piccolo gruppo di paesi, o addirittura in un paese solo.

Oggi ci raccontano che la pandemia comincia ad affievolirsi, ma l'allarme per un possibile conflitto tra poli imperialisti è più attuale che mai. Le guerre mondiali sono il risultato di crisi, della tendenza dei grossi monopoli a rafforzare le proprie posizioni, inghiottendo i capitali più piccoli. Non fa eccezione la crisi legata al Covid. Sul piano interno, se ne preparano le condizioni, sperimentando nuovi metodi di controllo sociale, elettronico e poliziesco, ipocritamente spacciati per "necessari" contro l'epidemia.

Obiettivo primario dello scontro sembra destinata a essere la Cina. Ma è impossibile non vedere come, prima o poi e in ogni caso, il conflitto debba dar vita a nuove "alleanze" - necessariamente, e come sempre, temporanee, legate a quello "sviluppo a balzi" - e come l'attacco alla Cina sia anche destinato, nelle intenzioni di Washington, a tentare di riportare nel proprio alveo i paesi allettati dal "virus" del 5G cinese. In questo senso, diversi soggetti europei sembrano essersi già rimessi "sulla retta via" dell'osservanza atlantica; ma la percorreranno solo finché i loro interessi convergono con un polo imperialista e contrastano con l'altro. "Ogni guerra è indissolubilmente legata all'ordine politico da cui scaturisce", scriveva Lenin.

D'altronde, non va dimenticato nemmeno lo sfondo euro-atlantico su cui avviene lo scontro (per ora senza l'invio di cannoniere): TPP-Trans-Pacific Partnership e TTIP-Transatlantic Trade and Investment Partnership, orientati a esclusivo vantaggio dei monopoli USA; multe miliardarie USA contro partner europei per violazione di sanzioni contro Cuba, Iran, ecc.; multe UE contro Apple e altri colossi yankee; gasdotto "North stream 2" fermato nel 2019, per la minaccia di sanzioni USA alle ditte europee appaltatrici di "Gazprom". Forse è per ora escluso uno scontro Europa-USA: più probabile che la guerra si combatta nelle periferie; anche se non va scordato il Bukharin del 1915: "Se si unirà tutta l'Europa, ciò non significherà affatto il "disarmo"; significherà un balzo in avanti mai visto del militarismo, poiché sarà il turno della lotta con l'America e l'Asia". E tornano d'attualità anche le parole di Arkadij Erusalimskij, sul Bol'ševik del 1939, secondo cui "ai precedenti metodi di inganno delle masse se ne aggiungono di nuovi", uno dei quali è la "tesi sulla possibilità di "guerre locali", "isolate"; una tesi che ha ampia diffusione quale mezzo per attenuare la vigilanza dei popoli, per mascherare il progressivo strisciare verso una nuova guerra mondiale".

Una "guerra non normale"

Oggi però, con la nuova pandemia, si apre anche un'altra questione: in una guerra "normale", osserva Stanislav Vorobev, si cerca di colpire il nemico per primi; nel conflitto economico globale, invece, "ci si spara sui piedi: si colpisce per primo non il nemico, ma noi stessi"! Così, a gennaio 2020, si è scoperto che la Cina avrebbe perso il 5-10% del PIL (nel primo trimestre: -6,8% su base annua); ma, in aprile, la Cina stava già risalendo, mentre in USA si pronosticava una caduta del PIL intorno al 50% e fino al 40% di disoccupazione. E infatti: già chiuse un migliaio di grosse imprese americane e la Casa Bianca conferma un "piano Barbarossa" economico contro la Cina, in attesa dell'attacco alla Russia. Di contro, sembra proprio che quel "ferirsi per primi per riprendersi prima degli altri", stia funzionando: Radio Cina International afferma che la sospensione delle attività economiche cinesi è stata solo temporanea; a metà marzo, circa il 99% delle imprese con un fatturato annuo di oltre 20 milioni di yuan era già tornato operativo.

L'economista americano Jeffrey Sachs, scrive Xinhua, prevede che la produzione industriale cinese riprenderà in modo significativo già a metà dell'anno. Secondo il World Economic Outlook, nel 2020 la Cina, insieme all'India, potrebbe essere una delle poche grandi economie in espansione (fino a +1,9%), a fronte di un calo medio globale previsto a -3,9%, con un -5,9% USA, -6,6% russo, -7,5% dell'area Euro, fino al -9,1% italiano.

Così che, scatenando la caccia alle streghe contro la Cina (invece della provetta di antrace di Colin Powell, c'è il laboratorio di Wuhan) scrive Aleksandr Sitnikov, l'occidente unito, per tentare di frenare la propria caduta economica, presenta alla Cina un conto di trilioni di dollari, "per sottrarle riserve e investimenti aziendali in tutto il mondo. Tuttavia, tali nuove spartizioni, come dimostra la storia, terminano con guerre su larga scala". Come scriveva Lenin nella "Lettera agli operai americani" del 1918, "I risultati di quattro anni di guerra hanno mostrato la legge generale del capitalismo, nella sua applicazione a una guerra tra ladroni per la spartizione del bottino: quello che era più ricco e più forte, ha incassato e depredato più di tutti; quello che era più debole di tutti, è stato razziato, sbranato, schiacciato e strangolato fino alla fine".

Resta a vedere quale veramente sia oggi il predone più ricco e più forte, quali riserve detenga, di quali e quanti "fidati" alleati disponga, su quali fonti sia già riuscito ad allungare le mani. Basta guardare a come venga confermato il momento "non felice" dei rapporti Washington-Mosca, mentre tra gli europei ci sia un va e vieni di ammiccamenti verso il Cremlino.

Guerra o pandemia

Quanto alla incrollabile supremazia USA, l'americana Foreign Affairs giudica improbabile uno spostamento dell'asse economico mondiale verso la Cina dovuto al Covid-19, nonostante che, se allo scoppio dell'epidemia si prevedeva una "Černobyl cinese", poi, velocemente, con l'attenuarsi del virus in Cina e lo scoppio in Europa e USA, le valutazioni si sono invertite. Ma gli USA hanno ancora grosse potenzialità materiali e politiche: non è prevedibile un'uscita di scena degli USA, come avvenne per l'impero britannico a metà del XX secolo. Inoltre, la stessa economia cinese dipende molto dalla domanda di USA e Europa: più del 40% dell'export cinese va in 12 paesi più colpiti dal virus, tra cui i maggiori fornitori di semilavorati alla Cina. Ciò comunque, conclude Foreign Affairs, non annulla la crisi della leadership USA.

E, quanto ad analogie con la fine dell'impero britannico, si può dire che proprio la consapevolezza di tale declino e dell'emergere della nuova potenza atlantica, aveva portato Londra a foraggiare la Germania nazista, sia per spingerla contro l'URSS, sia anche per usarla in vista di uno scontro con gli USA. In ogni caso, l'impero britannico non sopravvisse e il mondo pagò quelle scelte con 50 milioni di morti. Settant'anni dopo, monopoli e banche d'Europa sono tornati a ergersi e armarsi di fronte a soggetti mondiali che, rispetto al passato, manifestano nuove posizioni: ancora una volta, lo "sviluppo a balzi" porta in primo piano, o caccia dalla scena, una delle cordate imperialiste, mentre sul mappamondo compaiono nuovi soggetti che si accingono a banchettare, lasciandone altri a digiuno.

Con discreto ottimismo, Maksim Isaev, polemizzando con Foreign Affairs, secondo cui l'epidemia può spingere la potenza che si sente superiore ad attaccare la rivale giudicata indebolita, osserva che il Covid indebolisce più o meno allo stesso grado tutte le grandi e medie potenze. Come risultato, quasi nessuno avrà vantaggi significativi rispetto ad altri, tutti saranno pessimisti sulle proprie capacità militari e nessuno sarà disponibile alla guerra: questo, almeno, perdurante la pandemia e, probabilmente, nei primi anni successivi, finché lo "sviluppo a balzi" non tornerà a farsi sentire.

Ancor più "ottimista" lo storico Andrej Fursev, secondo il quale anche per il capitale costituisce una "cosa inquietante" scatenare una guerra nell'era nucleare; ma "ecco che appare il coronavirus, che, di fatto, per le sue conseguenze, adempie la funzione solitamente adempiuta da una guerra mondiale, mettendo in moto una completa ristrutturazione della sfera finanziaria e una nuova spartizione di risorse", senza scontri armati. Molto; troppo ottimista. Basti guardare al concentrato di urla guerrafondaie e invettive anti-cinesi e anti-russe lanciate il 26 aprile da The National Interest, sulla necessità di por fine al supposto precedente rallentamento di riarmo nucleare yankee. Gli USA devono darsi al "rafforzamento della difesa missilistica nell'Indo-Pacifico" e a modernizzare l'invecchiata "deterrenza nucleare", dato che "Russia e Cina modernizzano ed espandono le loro forze nucleari". Ora, gli "oppositori della modernizzazione nucleare USA citano la politica del No First Use cinese, come prova del fatto che Pechino non ha intenzioni nucleari ostili. Ma fidarsi della Cina" significa scordare la sua abitudine "del dire una cosa e farne un'altra", come per la "gestione dell'epidemia di Covid... Non c'è motivo di credere che la Cina avrebbe un approccio diverso alle armi nucleari".
L'attacco, sinora commerciale e verbale, a Cina e Russia, non è per nulla tranquillizzante.

Nuovi scenari europei

In "Europa", poi, torna in primo piano il ruolo dei suoi diversi attori, accentuato dalla pandemia. Stanislav Stremidlovskij scrive che il partito di governo polacco "Diritto e Giustizia" punta più che mai sugli USA e su Trump in particolare, anche se l'arrivo a Varsavia di aerei cinesi carichi di medicinali ha ridato fiato ai filo-cinesi polacchi. La semiufficiale Rzeczpospolita parla di "nuovo Vietnam per gli americani" e scrive che, con un eventuale Joe Biden alla presidenza, arrendevole verso Mosca e Pechino, e con "l'America che deve leccarsi le ferite, la Polonia a tenersi pronta", in caso gli USA si accingano ad abbandonare l'Europa. La Polonia, in mezzo a Russia e Germania, potrebbe trar profitto dalla sua posizione, che nella storia le è sempre stata funesta, ma che ora potrebbe tornarle vantaggiosa. Varsavia intende allargare la collaborazione con gli USA nella sfera della sicurezza, puntando al ruolo cui ambisce da tempo in Europa: sostituto della Germania quale avamposto yankee e, però, anche sponda "cinese".

Non a caso, già oltre dieci anni fa, la StratFor (Stategic Forecasting: la cosiddetta "CIA privata") scriveva che "verso il 2030 la Polonia dominerà su Bielorussia e Ucraina, mentre la Russia si sgretolerà in tanti principati… Verso il 2045 la Polonia riunirà intorno a sé Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania e stabilirà un protettorato su Slovenia e Croazia. Così, per la metà di questo secolo", sulla carta d'Europa ci sarà "un nuovo impero, la Rec Pospolita come nel XVII secolo, da mare a mare", dal Baltico al mar Nero.

Sinora la Polonia, dice Stremidlovskij, è stata la più tenace nel voler coinvolgere gli USA in Europa. Di fronte all'emergere del polo imperialista europeo (vedi l'esercito europeo, ma non solo), Washington non farà più riferimento a Bruxelles, ma alle singole capitali. Dunque, da un lato, la Germania, punta a porsi quale "faro" per i Paesi dell'Europa centro-orientale e anche per diverse ex Repubbliche sovietiche. Dall'altro, non a caso, negli ultimi tempi, Vladimir Putin è tornato a parlare di possibile "riunione dello spazio sovietico": ovviamente, il perno è sul termine "spazio" e non sull'aggettivo "sovietico".

USA-Europa-Russia-Cina: uno scontro globale

Quindi, per riprendere le indicazioni leniniane, anche oggi vediamo come i diversi ritmi di sviluppo portino alla ribalta ora questo o quella singola potenza imperialista, al seguito della quale si muovono, in maniera disordinata, "alleati" non sempre fidati. Le condizioni del mercato spingono poi una potenza indietro rispetto alle altre, mentre determinati progressi tecnici e produttivi, l'accaparramento di un mercato, consentono a un terzo polo di spodestarne un quarto dalla scena. E anche all'interno delle singole cordate imperialiste, i diversi gruppi capitalistici tentano di scalzare i concorrenti, approfittando della momentanea crisi dovuta al fermo produttivo, o intervenendo strategicamente sui prezzi dei prodotti energetici, ecc.

È chiaro, diceva Lenin nel maggio 1917, che "per noi non ha alcuna importanza la questione su quale dei due predoni abbia per primo tirato fuori il coltello. Esaminate la storia degli investimenti di carattere militare e navale dei due gruppi di potenze negli ultimi decenni, prendete la storia delle piccole guerre che essi hanno condotto prima di quella grande - "piccole", perché in esse sono morti pochi europei, ma vi sono morti centinaia di migliaia di uomini di quei popoli che gli europei strangolavano, che dal loro punto di vista non sono considerati nemmeno popoli (degli asiatici, o africani: sono forse popoli?); contro tali popoli si sono condotte guerre di altro tipo: erano inermi e gli europei li hanno sterminati con le mitraglie".

In conclusione, non è detto che lo scenario sopra delineato debba sfociare immediatamente in un conflitto armato. Molto più probabile, insieme all'augurio di soluzioni "incruente" - per quanto possano apparire "incruente" le serrate, con milioni e milioni di disoccupati - che lo scontro attuale sfoci in inevitabili "riposizionamenti" politico-territoriali, come potrebbero essere quelli conseguenti a nuovi rapporti USA-Germania-Polonia, o Russia-Repubbliche ex sovietiche, oppure Cina -Area Pacifico, ecc.

In ogni caso, lo scenario è quanto mai aperto; e oltremodo pericoloso.


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