Partito Comunista Rivoluzionario di Francia | pcrf
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
05/02/ 2025
Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da numerosi cambiamenti nella struttura del capitalismo-imperialismo. Una delle aree di influenza più importanti per le classi capitaliste, storiche ed attuali, è il continente africano.
Lo Stato francese possiede ancora alcune colonie o eredità coloniali (Mayotte, Kanaky...), ma la maggior parte degli investimenti diretti esteri (IDE, esportazioni di capitali) che sono un meccanismo primario e fondamentale del capitalismo-imperialismo, avviene in regioni e Stati che non sono direttamente soggetti allo Stato francese.
Total, Vinci, Eiffage, Air liquide, Alsthom, EDF o LVMH, per citarne solo alcuni, sono solo una manciata di monopoli che sfruttano la forza lavoro all'estero, mano nella mano con lo Stato francese sul piano legale e militare, consentendo di fatto un'influenza concreta della borghesia francese su territori in tutto il mondo. La borghesia e l'oligarchia finanziaria cinesi dal canto loro, stanno emergendo come dominanti nell'imperialismo con i loro monopoli nazionalizzati e privati, segno dell'effettivo carattere capitalista della Cina.
In Africa altri imperialismi sono in competizione, i paesi del Medio Oriente, ad esempio, non hanno mai esportato così tanto capitale. Di tutti i Paesi del Golfo, gli Emirati Arabi Uniti sono quelli che investono di più nel continente, seguiti da Arabia Saudita e Qatar. Tra il 2012 e il 2022, gli Emirati sono diventati il quarto investitore straniero diretto in Africa, dietro alla Cina, Unione Europea e Stati Uniti. Ma in un articolo così breve, ci concentreremo sull'attività delle due borghesie monopolistiche francese e cinese in Africa, nel quadro dell'imperialismo mondiale e sulle contraddizioni (e alleanze temporanee) che esistono tra queste borghesie.
Quali sfide?
Innanzitutto dobbiamo chiarire le sfide socio-economiche nelle regioni in cui sono più attive. La Francia è oggi presente militarmente in tre territori: Gibuti, Gabon e Costa d'Avorio. Gibuti è un luogo importante per il flusso delle merci e dei capitali a livello mondiale, situato sulla costa africana del Mar Rosso, attraverso il quale è obbligatorio il passaggio per ogni nave mercantile che attraversa il Canale di Suez. Questo canale ha visto transitare il 10% dell'intero flusso mondiale di merci e capitali. In merito al canale di Suez, Gibuti ospita diversi porti di indubbio interesse strategico. I porti del paese concentrano una capacità massima cumulativa annuale di diverse decine di milioni di tonnellate. Gibuti possiede anche risorse minerarie di sale e di gesso. Per quanto riguarda la Costa d'Avorio è importante notare che il paese è geograficamente opposto a Gibuti, essendo all'incirca alla stessa latitudine, ma sulla costa occidentale.
L'esercito francese dispone di basi collocata su entrambi i lati dell'Africa; una posizione strategicamente interessante che, con i nuovi mezzi militari attuali, consente il dispiegamento di forze in Africa centrale, nel Sahel e in Nord Africa. Nuovi sottomarini a lunghissima portata, nuovi rifornitori di volo notturno e maggiore autonomia dell'A330 MRTT, i nuovi radar e le capacità satellitari, i droni e le portaerei di nuova generazione raddoppiano le capacità della Charles de Gaulle: tutti questi mezzi rendono operative nuove possibilità di rapidi interventi, temporanei, mirati e forti. Inoltre, laddove le basi militari francesi sono chiuse, i nuovi trattati di "cooperazione" prevedono, salvo alcune eccezioni, la presenza di piccoli gruppi di personale francese in grado di fungere da punto di appoggio per guidare interventi sul luogo a seconda della situazione. Lo Stato francese realizza così grandi risparmi sulle basi militari permanenti, molto costose in termini di uomini e di fondi. La Costa d'Avorio ha molti porti, come quello di Abidjan che da solo ha una capacità di 30 milioni di tonnellate all'anno: il più grande porto dell'Africa occidentale, interessante per gli stessi motivi dei porti di Gibuti. La Costa d'Avorio in termini di produzione, possiede diverse importanti risorse naturali, come petrolio, cobalto, ferro, nonché alcune riserve di oro e manganese.
In Gabon, il terzo paese in cui lo Stato francese ha mantenuto una base, la principale sfida economica è rappresentata dalle risorse naturali. Le principali risorse naturali del paese sono le riserve di petrolio stimate tra i 3 e i 4 miliardi di barili, le riserve di gas naturale di circa 30 miliardi di metri cubi, nonché ferro e manganese.
I monopoli francesi
Al di là di questo territorio e di queste sfide, un'analisi delle forze dei monopoli francesi nel Sahel deve prima di tutto tornare su uno degli strumenti più potenti e antichi: il franco CFA (oggi ribattezzato ECO). Ad oggi, Camerun, Ciad, Repubblica Centrafricana, Congo, Gabon e Guinea Equatoriale utilizzano ancora questa moneta nell'ambito della Banca Centrale dell'Africa Occidentale. Le Comore utilizzano il franco comoriano, equivalente della moneta per quest'altra regione. Su questa premessa la borghesia francese gioca la carta del compromesso attraverso nuove alleanze inter-imperialiste o l'attesa dell'evoluzione delle diverse congiunture nazionali prima di impegnarsi nuovamente, piuttosto che quella dell'uscita dei paesi centrali del Sahel.
Pensiamo al disastro economico, umano e ambientale costituito dal megaprogetto petrolifero di TotalEnergies, associato alla cinese CNOOC - perforazione di 419 pozzi e costruzione del più lungo oleodotto riscaldato al mondo (1443 km) -, che continua a suscitare mobilitazioni nei due paesi interessati, Uganda e Tanzania. Di fronte a questa opposizione popolare, i regimi al potere, che si fanno complici di questo peso massimo dell'economia francese attraverso i rispettivi apparati statali, scatenano la repressione.
Total è inoltre all'avanguardia nelle manovre tattiche della borghesia francese, ristrutturando le sue attività anche in Mozambico con il rilancio di un progetto di oleodotto sui giacimenti di gas naturale al largo del paese. In Niger è ancora in corso una lotta economica e politica per recuperare un'area di influenza essenziale per l'uranio. Il Niger rappresenta il 15% dell'approvvigionamento francese. Il gruppo francese ORANO (ex-Areva) ha continuato a sfruttare la miniera di uranio di Somaïr, 800 chilometri a nord di Niamey, fino a ottobre 2024. Questo monopolio francese, detenuto al 90% dallo Stato borghese, è presente in Niger da oltre 50 anni attraverso tre filiali di diritto nigerino, che corrispondono a tre siti minerari dedicati all'estrazione di uranio. Si tratta della Compagnie des mines d'Akokan (Cominak), della Société des mines de l'Aïr (Somaïr) e di Imouraren, un sito gigantesco con una capacità di 20.000 tonnellate di uranio. ORANO ha presentato una denuncia internazionale e ha scelto di interrompere la produzione di questi cantieri in seguito al ritiro da parte dello Stato nigeriano dei diritti di sfruttamento del sito di Imouraren, ancora incerto sulle modalità di alleanza con i monopoli cinesi.
La borghesia francese, come nel caso del progetto Total, attende quindi di verificare quali compromessi e risultati finanziari potranno essere trovati, preferendo rafforzare queste forze economiche e militari in aree più sicure, in attesa dei futuri sviluppi delle lotte di classe. Inoltre, il fabbisogno di approvvigionamento di uranio è già stato completamente assicurato dallo Stato francese con nuovi contratti in Canada e Mongolia.
I monopoli cinesi
Dal punto di vista dei monopoli cinesi si osserva un approccio molto più offensivo da un punto di vista tattico nella regione. Infatti la Cina è il primo partner commerciale del continente africano con 167,8 miliardi di dollari (151,8 miliardi di euro) di scambi bilaterali nella prima metà del 2024, secondo i media ufficiali cinesi. Lo Stato cinese ha inviato centinaia di migliaia di operai e ingegneri in Africa ottenendo un accesso privilegiato alle sue vaste risorse naturali, come rame, oro e litio.
Da un punto di vista economico l'impatto delle alleanze interimperialiste tra diverse borghesie nazionali e monopoli a capitale cinese è aumentata negli ultimi 20-30 anni. Tra il 2020 e il 2022 il volume totale dei prestiti cinesi agli Stati del continente africano ha raggiunto oltre 170 miliardi di dollari. I debiti contratti si distribuiscono tra le nazioni africane e si estendono alle borghesie nazionali più deboli: 31,1 miliardi di dollari in Ghana, 21,9 miliardi in Guinea e 14,8 miliardi in Etiopia, solo per citare i tre maggiori beneficiari. Per comprendere l'entità di questi prestiti, anche il confronto in termini percentuali è eloquente: la Cina è il primo creditore mondiale di Guinea, Camerun, Comore, Togo e Zambia. Nel 2022, il 60% delle nazioni legate da questi prestiti si trova in difficoltà finanziarie, una cifra in costante aumento a causa dell'impossibilità o della rivalutazione dei debiti nei confronti della Cina.
Questi prestiti sono principalmente destinati al finanziamento di infrastrutture: ponti, strade, ferrovie o infrastrutture urbane. Tutti mezzi di produzione e di circolazione di capitali vantaggiosi per ogni borghesia, ma soprattutto per il dominio dei capitali finanziari cinesi. L'insieme di questi prestiti è distribuito in ben 49 Stati africani. Così lo Stato cinese sostiene attivamente il piano di una "zona di libero scambio continentale africano" guidata dalla Banca Mondiale, al fine di aumentare la rapidità e la facilità delle esportazioni tra le diverse nazioni del continente. Infine, è opportuno stabilire un collegamento tra queste alleanze finanziarie cinesi asimmetriche e la questione delle zone di influenza commerciale, di cui le "nuove vie della seta" sono ovviamente la componente principale. È stata creata un'intera rete portuale, per esempio dallo Stato cinese, che va dall'Algeria a Gibuti, ma anche attraverso il Camerun, il Togo e la Mauritania.
Contraddizioni
Le contraddizioni inter-imperialiste in Africa non sono quindi né una lotta aperta, né semplici scambi. Rivelano al contrario un complesso insieme di compromessi e offensive, dove alleanze e loro rovesciamenti sono da intendersi come due facce della stessa medaglia. Queste contraddizioni si articolano in particolare, sul piano militare, con la base cinese a Gibuti che si impone in concorrenza con i paesi della NATO e con gli alleati della NATO lì già insediati. Queste basi, che assicurano un controllo strategico, devono essere comprese alla luce di queste stesse contraddizioni: la Cina ha impiantato la sua base nel 2017, la Francia nel 1977, il Giappone nel 2011, l'Italia nel 2012 e gli Stati Uniti nel 2002. Le basi delle nazioni della NATO e alleati sono quindi presenti da più tempo, mentre la Cina sta chiaramente cercando di farsi strada nel controllo della zona strategica intorno a Gibuti. Inoltre l'installazione di questa base non è un fatto isolato. Un progetto in corso, importante per la borghesia cinese, è quello delle nuove vie della seta.
La borghesia cinese e il suo Stato strutturano questo progetto come una gigantesca tela di flussi di merci e capitali, concludendo accordi con non meno di 68 Stati del mondo in diverse regioni importanti. Una delle importanti rotte su cui si basa la Cina per questo progetto non è altro che il canale di Suez, quindi il Mar Rosso. L'importanza di una base a Gibuti per la Cina è quindi chiara. Il progetto delle nuove vie della seta e il fatto che questa base, la prima ufficiale dello Stato cinese all'estero, compaia in questo momento, non è un caso. È anche chiara l'importanza per lo Stato francese della conferma delle sue posizioni a Gibuti, anche se ne perde altrove.
La Cina sta gradualmente diventando il primo paese in termini di scambi bilaterali con il Gabon, avendo concluso nel settembre 2024 accordi che hanno portato a 4,3 miliardi di dollari di IDE dalla Cina. Va notato che la presenza francese in Africa non è da meno: il numero di filiali di aziende francesi in Africa è raddoppiato tra il 2010 e il 2020. Si avvicina a 5.000 nel 2023. Anche il volume degli IDE delle imprese francesi in Africa continua a crescere: con 60 miliardi di euro è al secondo posto a livello mondiale. L'attività della Cina deve quindi essere intesa come un tentativo di mettere in discussione l'equilibrio della borghesia francese.
Cosa si può dedurre da questi elementi?
Lungi dal diventare una vittima del sistema imperialista mondiale, la borghesia francese è piuttosto incoraggiata ad operare quello che chiameremo, in primo luogo, un cambiamento tattico riguardante specificamente l'Africa. Abbiamo fatto notare in precedenza che la Francia ha già messo in sicurezza zone ricche di uranio in Canada e Mongolia. A ciò si possono aggiungere i prossimi avidi piani finanziari di "ricostruzione" dell'Ucraina da parte dell'UE, i cui contratti devono ancora essere stipulati o la questione del MERCOSUR, altrettante zone di influenza in cui i monopoli francesi sono stati in grado di stabilizzare e mettere in sicurezza numerosi investimenti. Invece di un ritiro dall'Africa si tratta quindi di un riorientamento tattico, che consente di preservare questi interessi in altre forme, alla luce dei guadagni nel resto dell'imperialismo mondiale.
Al posto di grandi spostamenti militari come Serval o Barkhane, le contraddizioni internazionali riportano i loro monopoli alla tattica preferita fin dalle indipendenze: alimentare e rafforzare una rete di legami istituzionali, economici e militari, ma meno visibile. Ma la borghesia francese consolida bene le sue posizioni concentrandole in alcuni Stati-nazione, prendendo geograficamente l'Africa in una morsa (forte base a ovest, forte base a est) e preferendo firmare accordi per una presenza logistica ridotta, piuttosto che una base militare combinata con una potente proiezione armata grazie alle prestazioni tecnologiche.
In secondo luogo, si noti l'impatto degli scontri nazionali tra il capitale nazionale (anche se debole) e i lavoratori e le lavoratrici in ogni regione: i vari colpi di stato in Mali, Niger o Burkina Faso esprimono un malcontento e un rifiuto della Francia-Africa spiegando i demagogici cambiamenti di alleanze con i monopoli cinesi o russi sotto un falso " anti-imperialismo", al fine di canalizzare la lotta di classe. È quindi prevedibile che si verifichino nuove esacerbazioni nazionali quando lo sfruttamento sarà intensificato. Questo potrebbe favorire nuovamente un capovolgimento delle alleanze. Tali dati dimostrano il carattere particolarmente offensivo dei monopoli cinesi, che vogliono organizzare vaste zone di influenza nel continente africano attraverso meccanismi finanziari a lungo termine.
Questi dati finalmente mettono a tacere la propaganda statale francese e coloro che la riprendono senza metterla in discussione. Infatti, dai gruppi trotskisti come Révolution Permanente, che parlano di "crisi dell'imperialismo francese", al Polo della Rinascita Comunista in Francia, che difende persino la tesi di una "morte senza gloria della neo-coloniale Françafrique", i fatti ci ricordano una realtà completamente diversa dall'ideologia dominante. Per i popoli del mondo, per la pace, contro l'imperialismo: costruiamo il nostro partito e il suo internazionalismo, lottiamo per il socialismo-comunismo!
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