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Meeting Internazionale dei Partiti Comunisti


“Le attuali tendenze del capitalismo e il loro impatto economico, sociale e politico. Le alternative dei comunisti”

A cura del Comitato Centrale del PCM
28 Novembre 2005

L’alternativa dei comunisti è l’alternativa dell’umanità

Il Comitato Centrale del Partito Comunista ringrazia il Gruppo di Lavoro che ha presentato il tema di questo Incontro, e soprattutto ringrazia il Partito Comunista Greco per i suoi sforzi internazionalisti.
La scelta di questo tema è sicuramente centrata, dato che la caratterizzazione del capitalismo ha conseguenze nell’azione del nostro movimento. Di che natura è la crisi del capitalismo? 
È cambiata la fase di concentrazione del capitalismo monopolista? Siamo entrati nella fase del superimperialismo o dell’Impero come sostengono vari pubblicisti antileninisti? Si sono esaurite le contraddizioni interimperialiste?

Dappertutto, la crisi del capitalismo è evidente, la ribellione esplode nelle sue stesse metropoli.
Le auto bruciate di Parigi sono i sintomi della crescita dell’insubordinazione all’ingiustizia, allo sfruttamento, al razzismo, alla disoccupazione, alla repressione. Dopo il No francese e le notti di rivolta, chi può difendere ora l’Europa di Mastricht, la Costituzione, il progetto della UE?

Chi dopo Mar della Plata può continuare a disprezzare il ruolo protagonista dei popoli quali soggetto della storia? Chi può continuare a negare la contraddizione capitale/lavoro, la lotta di classe?

I tratti del capitalismo contemporaneo sono la conferma del contributo leninista che aveva individuato il predominio del capitale monopolista, la sua caratteristica parassitaria e in decomposizione, con base materiale nel livello raggiunto dalla concentrazione della produzione e dal capitale. Questa concentrazione è accelerata dalla cosiddetta globalizzazione, o più semplicemente dall’aumento di velocità dell’internazionalizzazione del capitale, soprattutto quello fnanziario. Un processo che va dalla distruzione dello “stato del benessere”, fenomeno iniziato con la ristrutturazione capitalista degli anni 70, all’accelerazione registratasi dopo la retrocessione dei popoli che hanno sofferto  la controrivoluzione capitalista nei paesi socialisti dell’Europa dell’Est, con lo smantellamento dell’URSS. Questo processo denazionalizza e contemporaneamente transnazionalizza le economie dei paesi, privatizza tutto il pubblico e lo mette nelle mani dei monopoli. Sono 500 i monopoli che si spartiscono il mercato mondiale dalle banche all’industria; nell’anno 2000 hanno controllato il 45 % del prodotto mondiale. La speculazione finanziaria esprime la decomposizione del capitalismo, con le sue crisi finanziarie costanti che destabilizzano intere nazioni gettandole nel caos e nella miseria.
Nell’industria petrolifera, da 1990 al 2000 in seguito a fusioni, fallimenti o acquisizioni prodotti dalla privatizzazione di imprese statali, il numero di supermonopoli è passato da 54 a 33.
Stiamo vivendo, dopo la cancellazione della transizione socialista nell’URSS e di altri paesi europei, una lotta dei centri imperialisti per impadronirsi dei mercati emergenti, il che produce anche una nuova spartizione del mondo.

Rottosi l’equilibrio - che il campo socialista imponeva al sistema capitalista - che aveva accelerato la decolonizzazione e la comparsa di nuove nazioni alterando la mappa del colonialismo e permettendo la via di sviluppo non capitalista, si è consentita e parimenti resa necessaria la ricolonizzazione. Questa nuova spartizione del mondo non avviene senza contrattempi, come è già successo in altri conflitti interimperialisti, si ottiene solo con l’esercizio della forza militare.

L’imperialismo nordamericano dal 1991, sulla base del suo potenziale militare cerca di ampliare i suoi mercati e conquistare nazioni che gli permettano il controllo totale delle risorse naturali, energetiche, per garantirsi l’egemonia. Ha installato più basi militari e aumentato i suoi investimenti militari, tutto ciò supportato dal saccheggio dei cosiddetti paesi in via di sviluppo. Sono quei paesi che sopportano la sua attività nel libero commercio, nella guerra al terrorismo e nella minaccia permanente di guerra totale. Col Trattato di Libero Commercio con l’America del Nord (TLCAN) in primo luogo, col CAFTA, con l’Alca, il Piano Puebla-Panama ed il Piano Colombia, cerca di assicurarsi un mercato esclusivo, una ricca fonte di risorse naturali, petrolio, gas, uranio, acqua ed un’importante percentuale di flora e fauna mondiale. La stessa cosa fa l’Unione Europea nella sua area di influenza.

I caratteri monopolisti dell’imperialismo che avanza, impongono la soluzione militare dei suoi conflitti. Se l’ordine mondiale nato nel secondo dopoguerra ha patito delle alterazioni, la nascita di uno nuovo si prefigura tra i centri imperialisti oggi in spazi diplomatici, domani continuando la politica con altri mezzi. Oggi attraverso dispute commerciali, doganali, domani in guerre regionali.

Un altro tratto previsto è la crisi sistemica strutturale, quella che oggi ha chiare manifestazioni.
Il sistema capitalista è in agonia, ma la sua conclusione può avere connotazioni nefaste per il genere umano; la minaccia dall’estinzione si fa più concreta se non avanza l’alternativa rivoluzionaria del socialismo, il progetto comunista. La distruzione ambientale, il disprezzo razziale, la discriminazione della donna, la mancanza di rispetto per la vita, sono provati  dala statistica dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro: 5.000 lavoratori muoiono ogni giorno, ogni anno  270 milioni muoiono di infortuni sul lavoro e 160 milioni contraggono malattie professionali. La capacità distruttiva degli arsenali militari è poi la minaccia più grave in tutta la storia dell’uomo.

La contraddizione tra capitale e lavoro è la principale in questo processo storico. Lo è anche la contraddizione tra indipendenza e sovranità, saccheggio e ricolonizzazione imperialista, dato che gli stato-nazione sono obbligati ad aprire le loro frontiere e abbandonare ogni affanno protezionistico della loro industria o agricoltura, perché la tendenza del capitale monopolista è proprio dissolvere la forma stato-nazione come organizzazione delle relazioni di produzione e scambio. Ciò nasce dalla fusione dei consorzi internazionali, che si trasformano in supermonopolio per controllare i mercati.
 

La resistenza dei popoli e l’offensiva delle forze rivoluzionarie

Per i centri imperialisti l’espansione e il dominio sono una necesità per assicurare la loro supremazia nei mercati, una necessità vitale che permette loro di sopportare la crisi delle metropoli con il superfsfruttamento dei popoli periferici, con l’espropriazione delle risorse naturali e l’imposta coloniale conosciuta come “debito estero”.

Nel contesto della deideologizzazione il progetto capitalista è avanzato veloce nei suoi obiettivi, perché la resistenza era debole e disorganizzata. Negli ultimi anni le resistenze sono cresciute, si sono generalizzate, ed ora cominciano a realizzare azioni coordinate. In questo senso vi è una tendenza alla crescita ed un incipiente passaggio all’offensiva. Una vera ribellione al neoliberalismo è primeggiata dai popoli dell’America Latina, che rispondono combattivamente al capitalismo e all’imperialismo. In molti casi è la classe operaia quella che prende la leadership nella lotta di classe internazionale contro i monopoli e l’imperialismo.
L'eroico popolo iracheno sta frustrando il proposito dell’invasione imperialista del 2003.
 
Tuttavia le strategie di dominazione acquisiscono nuovi aspetti. Il capitale tenta la ricomposizione della sua egemonia politica rilanciando il progressismo, questo è dovuto a governi derivati della lotta di massa antineoliberale che non alterano l’essenza del sistema, e che mantengono i compromessi col FMI, con cui si mantiene la privatizzazione della cosa pubblica e la negazione delle conquiste del movimento operaio. Il progressismo, col suo discorso assistenzialista, ha come compito contenere la ribellione popolare, farla retrocedere soggettivamente, spogliarla della fiducia nella trasformazione, perché non si costituisca un’alternativa chiara di rottura col sistema, appunto l’alternativa comunista.

In questoo contesto, in Messico, come risultato di un’accumulazione di resistenze, dello sviluppo di forme di lotta extraparlamentari e della formazione di un polo di forze classiste e radicali si realizzerà “L’altra campagna”. Questa iniziativa sorge dalle riunioni che nella Selva Lacandona del Chiapas hanno sostenuto organizzazioni politiche di sinistra, movimenti sociali, lavoratori organizzati, popolazioni indigene, intellettuali, etc. con l'EZLN, dopo che quest’ultimo in Giugno ha reso pubblica la sua VI Dichiarazione della Selva Lacandona. Questa dichiarazione è molto chiara: è di sinistra, è anticapitalista, ha l’obiettivo di condurre un piano nazionale di lotta ed una nuova costituzione, mettendo in discussione radicalmente la democrazia borghese, meccanismo di falsa rappresentazione e riproduttore della dominazione.
Nella sua prima tappa (dal 1° Gennaio del 2006 fino al 24 Giugno) il Subcomandante Marcos percorrerà tutto il paese. In questo processo si sono stabiliti, per accordo di entrambe le parti, relazioni bilaterali tra l’EZLN ed il Partito Comunista.

Tra le attività de “L’Altra Campagna” e il processo elettorale borghese, si è svolto il Congresso del Partito Comunista (18 e 19 Marzo) col proposito centrale di discutere ed approvare il progetto di strategia e tattica che oggi viene già applicato dalle nostre organizzazioni. Il documento finale che n’è uscito è un’elaborazione che parte, sulla base all’esperienza degli ultimi anni, della considerazione della mobilitazione di massa come forma principale di lotta contro il sistema, e dello sviluppo delle esperienze unitarie e frontiste.

Solo nel socialismo, un altro mondo è possibile!

Siamo d’accordo con l’opinione di Federico Engels che Rosa Luxemburg aveva riassunto nell’opuscolo di junius: socialismo o barbarie.

L’alternativa dei comunisti è l’alternativa dell’umanità, della sua esistenza, del suo sviluppo sociale, e ciò esige che le forze rivoluzionarie passino all’offensiva. Il rinvigorimento del nostro movimento internazionale ed il rafforzamento di ogni partito è la questione vitale affinché questa alternativa possa trionfare.
Perciò la solidarietà tra i rivoluzionari deve incrementarsi. Vari partiti comunisti sono ormai da anni nella clandestinità, in alcuni casi nella stessa Unione Europea, il che dimostra che il suo discorso democratico è solo demagogia. La solidarietà con questi partiti comunisti ed i suoi quadri è qualcosa che non si può mercanteggiare. Lo stesso vale per le risposte dinamiche da dare alle campagne anticomuniste là dove si sviluppino, sulla base delle iniziative dei nostri stessi partiti.

Un’approccio comune anche per le iniziative di solidaritetà per tutti i nostri carcerati; per Simón Trinidad, Oliverio Medina, Sonia, Rodrigo Granda delle FARC-EP; con Sean Garland del Partito dei Lavoratori irlandese; coi cinque patrioti cubani; con tutti quelli che resistono.
Non abbassare la guardia di fronte alla campagna militarista dall’imperialismo e alle sue minacce contro i paesi socialisti, Cuba e Corea Popolare. Aumentare la solidarietà con la Repubblica Bolivariana del Venezuela.

La stessa lotta contro i supermonopoli, nemici comuni dei popoli, richiedono attività più coordinate dei nostri partiti, abbiamo bisogno di meccanismi che ce lo permettano. Questa è una lotta internazionale.
Il Partito dei Comunisti è un modesto distaccamento, eppure convinzioni profonde sulla necessità di andare alla rottura spingendo la lotta classista e l’unità degli antimperialisti ed anticapitalisti. Non sacrificheremo mai la strategia per la tattica, i principi per la congiuntura.
 
In Messico l’onda riformista-liquidatoria che pretendeva di far sparire i partiti comunisti è arrivata prima del tempo. Nel 1981, lo storico PCM - fondato nel 1919 - si sciolse per decisione del suo nucleo dirigente; si erano affrettati alla perestroika. Per anni si è lottato affinché su basi marxiste-leniniste e con forte, irrinunciabile, identità comunista, si costruisse il partito della classe operaia. Oggi abbiamo più fiducia nel futuro, siamo più coscienti delle nostre responsabilità, pensiamo che il socialismo può trionfare se si rifà ai principi del socialismo scientifico e conduce una lotta rivoluzionaria con azione permanente tra la classe operaia e le masse.
Oggi abbiamo nuove e favorevoli condizioni per avanzare, il socialismo è di nuovo al centro del dibattito mondiale: è tempo di passare all’offensiva.

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Traduzione dallo spagnolo del Ccdp