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- pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 28-12-07 - n. 208
Traduciamo e pubblichiamo, nella sua versione integrale, una interessante dichiarazione di uno dei settori di comunisti francesi, che all’interno del PCF conducono una battaglia contro le tendenze liquidatorie del gruppo dirigente.
Viva il Partito Comunista Francese!
Noi non vogliamo che il PCF scompaia ma che ritrovi la sua ragione d’essere.
Sabato 22 dicembre 2007
Testo redatto per iniziativa dei delegati del Venissieux, di molte sezioni della Haute-Saone, di Parigi 14°, del Meaux, di due sezioni del Tarn, dei delegati delle sezioni di Donai, Villeurbanne, Amiens, La Courneuve, Parigi 19°, proposto alla firma dei delegati di altre sezioni entro gennaio 2008.
Dichiarazione dei delegati della sezioni del PCF a seguito della “Assemblea nazionale straordinaria” dell’8 e 9 dicembre 2007.
Siamo stati delegati dalle nostre sezioni all’assemblea nazionale straordinaria del PCF dell’8 e 9 dicembre scorso.
Abbiamo constatato che durante la sua preparazione e il suo svolgimento, i comunisti hanno massicciamente respinto l’ipotesi di una sparizione del Partito Comunista francese. Essi hanno così sconfessato i numerosi dirigenti che da mesi esprimono pubblicamente, particolarmente sull’Humanitè, che il partito sarebbe ormai superato e dovrebbe essere sostituito da un’altra cosa.
L’esigenza di mantenere in vita il PCF, espressa nelle assemblee di sezione, si è manifestata senza ambiguità nel corso dell’Assemblea straordinaria, malgrado che la sua gestione abbia limitato ad una ventina gli interventi, rispetto ai 1200 delegati, rappresentanti la “base” del partito. In ogni caso, la risoluzione adottata riprende la “necessità di far vivere e sviluppare il Partito nel corso del 2008”.
La direzione non ha tuttavia rinunciato a proseguire il processo di liquidazione. Lo ha dimostrato tentando, invano, di riproporre nel testo la frase che l’autorizza a “sperimentare” una nuova forza politica in preparazione del congresso del dicembre 2008. Essa continua ad eludere l’esigenza di un bilancio che indaghi sulle cause e le sue responsabilità circa l’indebolimento del partito. Vuole invece restare al comando e continuare per la stessa strada fino al congresso del 2008. Il suo allineamento con le posizioni dei socialisti è stato confermato nella dichiarazione comune del “comitato di ricomposizione della sinistra” illustrato l’11 dicembre scorso.
La discussione dell’Assemblea ha comunque cominciato a confutare gli argomenti di coloro che vogliono la fine del PCF e (ri)fondare una nuova forza politica.
“Saremmo diventati troppo deboli per mantenere in vita il PCF”
Ecco che il gatto si morde la coda ! Ancora una volta l’argomento usato evita di tracciare un bilancio delle scelte strategiche compiute negli ultimi 10 anni, cioè da quando, nel 1997, il Partito raccoglieva ancora il 10% dei voti.
Noi pensiamo, e non siamo i soli, che l’abbandono dell’organizzazione rivoluzionaria, delle cellule di quartiere e di fabbrica, di una linea ideologica conseguente basata su un analisi marxista, che l’avere seguito per 30 anni una politica di alleanze al vertice, privilegiando le rappresentanze istituzionali e l’unione di ceti politici, anziché le lotte e l’unità popolare, siano le ragioni principali che hanno portato il partito ai suoi minimi storici. Sorvolare su questo bilancio disastroso per potere proseguire nella stessa direzione è un’imposizione irricevibile. L’1,9% alle presidenziali è il risultato di una candidatura cosiddetta “antiliberale” che non si è mai manifestata come autentica candidatura del PCF. L’esperienza dei collettivi ha confermato che le trattative di “apparato” con gruppi politici alternativi al Partito portano alla sconfitta. Non esiste alcuna altra formazione politica “anticapitalistica” che abbia la stessa capacità di mobilitazione (ancorchè indebolita) ed un bagaglio storico- ideologico e di lotta uguale a quella dei comunisti.
Con il pretesto di rompere con lo stalinismo, la direzione propone di cancellare, insieme alle ragioni che portarono alla fondazione del partito nel 1920, tutti i riferimenti alla Rivoluzione d’Ottobre e alle varie esperienze socialiste ad essa collegate. Sono state altresì interrotte le relazioni del PCF con numerosi partiti comunisti, seguite poi dal rifiuto di assistere agli incontri internazionali dei comunisti. Si privilegiano invece i rapporti con partiti di “sinistra” in Germania, in Grecia o in Italia sotto l’egida del “partito della sinistra europea” (PSE).
La rottura con il riformismo, e la nascita del PCF quale partito di massa e di classe, hanno rappresentato un potente strumento politico per il mondo del lavoro, per le sue lotte di classe e in difesa del Paese, soprattutto nei momenti cruciali: nel 1936 (1), nella Resistenza e nella lotta di liberazione, nelle lotte anticoloniali… Certuni nel Partito si dichiarano partigiani di un congresso di Tours alla rovescia (2), e invocano il ritorno del PCF nella vecchia “casa madre” socialista. Noi riaffermiamo invece che la scelta del 1920 mantiene tutta la sua validità ! Per questo noi dobbiamo farci carico della nostra storia proseguendo l’analisi critica già cominciata cinquant’anni fa.
I salariati che lottano con noi non ci rimproverano di essere comunisti ma di non saper costruire una chiara alternativa politica a Sarkozy e al partito socialista.
Che fare nel 2008?
Il testo finale del mandato approvato per il congresso del 2008 è sufficientemente duttile per “autorizzare tutto il possibile”. Restiamo tuttavia convinti che la maggioranza del Comitato nazionale continuerà a lavorare per la sparizione del PCF, anche se non ha alcuna legittimità per farlo. Come l’assemblea nazionale ha dimostrato, la maggioranza dei comunisti intende mantenere in vita il Partito restituendogli la sua ragione di essere nella ripresa della lotta di classe.
In queste condizioni, per quanto ci compete, intendiamo assumerci le nostre responsabilità di militanti del PCF, impegnandoci a lavorare nel 2008 su quattro obbiettivi chiave per far vivere e rafforzare il nostro Partito e per preparare il congresso che avrà luogo alla fine del 2008.
- esprimere con forza le posizioni comuniste, in piena autonomia, nelle lotte di classe e nelle competizioni elettorali
- consolidare e ricostituire le organizzazioni di base, cellule e sezioni, soprattutto nelle fabbriche
- rilancio della teoria rivoluzionaria del PCF e della critica marxista al capitalismo abbinandolo ad un rilancio della formazione politica dei militanti
- ricupero dei compagni isolati e il loro reinserimento nel PCF su basi di lotta
L’assemblea dell’8 e 9 dicembre 2007 ha dimostrato che possiamo contare sui comunisti.
Facciamo loro appello perchè agiscano, perchè facciano sentire la loro voce per evitare di essere scippati del partito, per garantire l’esistenza e il rafforzamento del PCF, del quale il mondo del lavoro e il paese hanno oggi più bisogno che mai.
Note a cura del traduttore
(1) Il 1936 è stato l’anno della grande vittoria del Fronte Popolare in Francia, un avvenimento che ha segnato un punto di svolta nella strategia unitaria del movimento comunista internazionale. Per meglio comprenderne la portata riproponiamo una sintesi degli avvenimenti, meno conosciuti, accaduti due anni prima, nel 1934, che confermano la forza ed il ruolo decisivo assunto dal movimento operaio francese, guidato da un forte partito comunista di massa.
Parigi, 6 febbraio 1934. Oltre 20.000 fascisti in camicia nera di Action Francaise, Croix de Feu, Camelot du Roi, convergono armati di tutto punto a Place de la Concorde. Sono il distillato della peggiore feccia politica francese ed hanno l’obbiettivo di occupare l’Assemblea Nazionale (Parlamento francese) ed altre sedi governative. Un golpe in piena regola. L’allarme si diffonde e nelle banlieu operaie della capitale cominciano ad ululare le sirene delle fabbriche. Da Saint Denise, Clignancourt, Saint Cloud, colonne di operai con alla testa i comunisti si riversano nelle strade e si dirigono al centro città.. Sono in 25 mila, disarmati, ma disposti a fare argine con i loro corpi in difesa della Repubblica. Finalmente, dopo qualche esitazione, anche il governo di Daladier rompe gli indugi e ordina alla polizia di usare le armi contro i golpisti. I Champs Elysees e Concorde diventano un campo di battaglia, molto sangue cola sul pavè, ma alla fine i fascisti battono in ritirata.
Fu solo l’inizio di una grande mobilitazione popolare che vide scendere in piazza contro il fascismo milioni di persone. Quel febbraio del 1934 fu un mese decisivo per il futuro della Repubblica. Due anni più tardi il Fronte Popolare vinse alla grande le elezioni politiche. (a cura di S.R.)
(2) Tours è il luogo dove nel dicembre 1920 i socialisti di sinistra guidati da Marcel Cachin si staccarono dal partito e fondarono il Partito Comunista Francese.