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- pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 16-02-09 - n. 261
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Brasile 21-23/11/2008 - 10° Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai
Contributo del Partito del Popolo Palestinese (PPP)
Brasile, 2008
Compagne e compagni partecipanti alla X Conferenza dei Partiti Comunisti e Operai del mondo:
In primo luogo desideriamo esprimere, a nome del Comitato Centrale del Partito del Popolo Palestinese, la nostra più profonda gratitudine al Partito Comunista del Brasile, che si è assunto l’incarico per la celebrazione di questa importante riunione dei comunisti del mondo, che per la prima volta si realizza in America Latina.
Quest’importante incontro di San Paolo in Brasile, la maggiore fra le città dell'America Latina, ha un grande significato: si celebra in un continente considerato dagli Stati Uniti come loro cortile di casa, oggetto di ambizioni colonialiste, egemonia e aggressività; un continente i cui popoli oggi combattono tali pretese coloniali ed aggressioni lottando per ottenere la pace, la democrazia, la sovranità, il progresso, il socialismo, per sradicare la povertà e salvaguardare l’equilibrio ambientale. Questo è, appunto, uno dei compiti principali della nostra riunione nelle attuali difficili circostanze internazionali, segnate dall'aggravarsi della crisi nei paesi del sistema capitalista mondiale e delle sue catastrofiche conseguenze per i loro popoli e classi più diseredate, come per tutti i paesi del mondo e particolarmente per quelli più poveri. Per questi popoli la crisi implica maggiore dipendenza, più debito estero e ulteriore deterioramento della situazione socio-economica ed ambientale.
Alla luce della filosofia della fine della storia, del crollo del neoliberalismo e della globalizzazione feroce che ha sciolto le briglie del mercato e dei monopoli, oggi più che mai abbiamo bisogno di unità d’azione per i partiti comunisti e operai del mondo e dell'internazionalismo, per potere offrire un'alternativa rivoluzionaria ed umanista e tornare al marxismo ed al suo metodo dialettico materialista per analizzare le prospettive di un futuro più giusto ed equo per la classe lavoratrice e per tutti gli oppressi e sfruttati nel mondo, un futuro socialista fondato sui principi della partecipazione democratica e della giustizia sociale.
L'unità di azione dei partiti comunisti e operai, unita alla solidarietà internazionalista, sono tra le questioni più importanti che dobbiamo discutere in quest’incontro, per giungere a conclusioni e concetti comuni sull’attuale crisi finanziaria internazionale, in modo particolare negli Stati Uniti, e sul fallimento del neoliberalismo basato sulla globalizzazione feroce e colonizzatrice, su come ridefinire la solidarietà internazionalista, i suoi limiti, contenuti e implicazioni nell'era post-sovietica.
Riteniamo che la attuale crisi finanziaria negli Stati Uniti condurrà a tre grandi risultati:
In primo luogo, la diminuzione dell'influenza statunitense nel teatro internazionale, che aprirà la strada ad un mondo multipolare e alla fine dell'unilateralità che ha prevalso dalla fine della guerra fredda.
Secondo, il riconoscimento del ruolo fondamentale dello Stato nell'economia, che condurrà ad un liberalismo alternativo che manterrà le leggi del mercato con certi limiti alla sua azione. Lo Stato si imporrà come socio delle grandi istituzioni finanziarie, il che equivale ad una nazionalizzazione negativa e parziale a beneficio dei monopoli finanziari e del capitale finanziario, definito da Marx come capitale virtuale.
Terzo, la rottura negli USA del blocco monolitico e del sostegno reciproco tra la forza militare e l'economia. Tale rottura fa sì che l'economia non possa sopportare il carico derivante dalle avventure militari nordamericane fuori dalle sue frontiere, particolarmente in Iraq ed Afghanistan, né quella di centinaia di basi militari disseminate in tutto il mondo.
Stiamo di fronte a fenomeni nuovi nelle relazioni internazionali, una fase che testimonierà l’ascesa di altri poli come Unione Europea, Giappone, Russia, Cina, India e Brasile, di una nuova ripartizione del mercato mondiale e di quello che cesserà di essere la sfera d’influenza degli Stati Uniti. Non sarebbero per ciò inevitabile nuove guerre militari imperialistiche, benché non si escluda quest’eventualità.
La crisi delle banche nordamericane e la speculazione finanziaria sfrenata hanno smosso le fondamenta del sistema capitalista liberale e dell'economia di mercato, ponendo seri interrogativi sul futuro del sistema, i cui leader durante gli ultimi venti anni si sono vantati dei successi e proclamarono la vittoria sul socialismo ritenendo il capitalismo l'ultimo dei sistemi sociali dell'umanità: la fine della storia. Quei leader oggi si affannano disperatamente a scongiurare il collo del capitalismo.
In quanto agli effetti dell'attuale crisi finanziaria e delle altre difficoltà politiche e militari nordamericane che si sono succedute nella nostra regione del Medio Oriente, in maniera particolare in Palestina, non nutriamo la speranza che il nuovo presidente Barak Obama, che nella sua campagna elettorale tanto ha parlato di cambiamento, comprensione e cooperazione, riconosca la sconfitta del suo paese in Iraq ed Afghanistan, il fallimento dell'alleanza strategica delle amministrazioni nordamericane con Israele, di non avere agito con equilibrio e correttezza per ottenere una pace giusta e duratura in Medio Oriente, una pace che si fondi sul riconoscimento dei diritti del popolo palestinese alla sua libera determinazione, allo stabilimento del suo Stato indipendente entro le frontiere dell'anno 1967 ed al ritorno dei rifugiati alle loro case come previsto dalla risoluzione 194; o riconosca che il blocco contro il popolo palestinese, particolarmente a Gaza, è fallito così come la politica di minacce contro l’Iran.
Ciò non significa che la nuova amministrazione nordamericana non si vedrà forzata a cercare alternative per la sua politica fallimentare e le sue avventure nel quadro di quella che si è definita guerra preventiva e guerra contro il terrorismo, ed ad agire con più apertura – dato il peso della crisi - per potere stabilire accordi bilaterali, regionali o internazionali che conducano a relazioni internazionali più equilibrate e moderate. Tutto ciò poiché gli USA avranno meno capacità di imporre il loro monopolio e la loro politica unipolare al mondo. Saranno meno in grado di impedire che altri attori internazionali come l'UE, l'ONU, la Russia, ecc., possano svolgere un ruolo più ampio ed attivo nella situazione politica della nostra regione e di altre zone del mondo, particolarmente dopo il deterioramento della Conferenza di Annapolis celebrata sotto la pressione della rigidità israeliana e della sua espansione coloniale.
Gli USA hanno monopolizzato il processo negoziale, allineandosi totalmente a fianco di Israele. Questo ha determinato che il 2008, descritto come l'anno della soluzione, finisse senza di essa. In più, secondo le dichiarazioni ufficiali di Israele, durante questo periodo gli alloggi dei coloni israeliani sono aumentati di circa 8.000. In maniera uguale è aumentata la ferocia e l’intensità delle misure per ebraicizzare la città occupata di Gerusalemme Est ed isolarla dalla Cisgiordania. Si è mantenuto il blocco inumano contro Gaza a dispetto dell'Accordo di Pacificazione firmato circa 6 mesi fa con Israele. Sono aumentate a 630 le barriere all’interno della Cisgiordania, 93 di esse fortificate con soldati e 537 edificate (cemento, pareti, porte di ferro ecc.). Nel solo mese di maggio si sono costruite 610 barriere. Queste cifre non provengono da fonti palestinesi bensì dell'Ufficio delle Nazioni Unite per la Coordinazione delle Questioni Umanitarie - OCHA – che ha inoltre osservato come circa il 65 % delle principali strade in Cisgiordania rimangono chiuse o controllate dall'Esercito israeliano. È evidente che il sistema delle barriere militari israeliane in Palestina, con il muro razzista, ha come obiettivo quello di imporre il controllo e dominio, il che costituisce una nuova forma di dominazione colonialista israeliana, creata ed incoraggiata durante gli anni dell'occupazione.
Tutte queste misure di espansione coloniale sono state applicate durante l'anno 2008 con il consenso degli USA e del processo negoziale da essi monopolizzato, processo che non ha saputo portare ad una soluzione che metta fine all'occupazione e alla situazione dei rifugiati palestinesi.
È una lunga pagina di sterili sforzi nordamericani e della loro politica unipolare che sta arrivando alla sua fine, per aprire la strada ad una stagione in cui la comunità internazionale agirà in modo più vincolato al diritto internazionale.
Tuttavia, dobbiamo dire che risulta molto improbabile che tali cambiamenti si producano senza una grande pressione delle masse e una ampia resistenza popolare ai piani di occupazione, particolarmente in questa fase delicata. Ciò richiede una posizione araba forte e più decisa nella solidarietà militante col popolo palestinese; un cambiamento nella posizione ufficiale palestinese che deve condizionare la ripresa delle trattative all'annuncio del ritiro totale di Israele dai territori che occupò nel giugno 1967, cioè definire in primo luogo le frontiere dello Stato Palestinese e non negoziare dettagli come pretende Israele.
Il Partito del Popolo Palestinese considera che il prossimo periodo porterà con sé molte possibilità, opportunità, sfide e rischi. In questo i nostri partiti comunisti e operai potrebbero essere di grande sostegno al nostro popolo. D'altra parte, il nostro partito è disposto, come sempre, a partecipare – secondo le sue possibilità - alla solidarietà con altri popoli per la loro liberazione e indipendenza.
Compagni e compagne:
Non ci può essere cornice più appropriata di questa tribuna latinoamericana di comunisti per esprimere il nostro illimitato e militante appoggio e la nostra solidarietà coi popoli fratelli di Cuba, Venezuela, Brasile, Bolivia, Ecuador, Nicaragua, Argentina, Uruguay, Paraguay e di altre nazioni dell'America Latina e dei Caraibi, i cui governi portano avanti veri processi rivoluzionari e democratici che hanno creato un nuovo collegamento tra forze antimperialiste e anti-oligarchiche che sta trasformando il panorama politico di una regione del mondo tanto importante.
All’approssimarsi del 50° Anniversario del trionfo della Rivoluzione cubana, questa continua a rappresentare un vigoroso e luminoso esempio di lotta antimperialista per un mondo migliore, impegnandosi nel consolidamento di una società socialista, con tutti e per il bene di tutti. Nell’esprimere al suo popolo e al suo governo la nostra solidarietà verso la loro giusta causa, condanniamo ed esigiamo la fine dell'inumano ed ingiusto blocco economico e finanziario imposto dal governo degli Stati Uniti da quasi mezzo secolo. Ugualmente, chiediamo la libertà dei Cinque Eroi cubani incarcerati ingiustamente nelle prigioni nordamericane per aver lottato contro il terrorismo.
Infine il nostro partito desidera avanzare le seguenti proposte:
1 - che la presente conferenza lanci un appello alla solidarietà col popolo palestinese e al suo diritto all’autodeterminazione, a stabilire il suo Stato indipendente ed affinché si risolva il problema dei rifugiati in modo conforme alla Risoluzione 194, e che tale appello includa un invocazione ai palestinesi affinché serrino le fila e mettano fine alla divisione interna e che si metta fine all’assedio imposto a Gaza.
2 - che si stabilisca un comitato di appoggio al popolo palestinese formato dai partiti comunisti e operai presenti alla riunione. Tale comitato avrebbe per mandato quella di realizzare iniziative a livello internazionale con quello scopo. In caso si arrivi a stabilire questo comitato, il nostro partito estende un invito affinché venga in visita in Palestina.
3 - che la presente conferenza adotti la decisione di stabilire un comitato ideologico con l’incarico di unificare le posizioni riguardo le attuali circostanze internazionali, in modo particolare dinanzi alla crisi catastrofica che colpisce gli USA ed il sistema capitalista mondiale, lanciando una lotta attiva sul fronte ideologico che resista alla propaganda capitalista e alle illusioni che tale sistema diffonde sull'inutilità dei principi del socialismo. Detto comitato dovrebbe giungere ad una comprensione comune delle cause che propiziarono il fallimento dell'esperienza socialista nell'ex Unione Sovietica e nei paesi ex socialisti.
4 - costituire uno o vari comitati di ricerca, che lavorino da qui alla prossima riunione di partiti comunisti e operai, per garantire la comunicazione e il coordinamento tra noi e diano seguito ai compiti su cui ci si accorda nell’ambito della nostra comune lotta.
5 - il Partito del Popolo Palestinese appoggia la proposta di celebrare la XI Conferenza dei Partiti Comunisti e Operai in Siria, rispondendo all’invito presentato dal suo Partito Comunista e all'appoggio annunciato degli altri partiti comunisti della regione. Ugualmente, il Partito del Popolo Palestinese desidera appoggiare la richiesta del Fronte Popolare e del Fronte Democratico di unirsi alla Conferenza dei Partiti Comunisti e Operai.
Vi rinnoviamo i nostri saluti e auguriamo ogni successo alla Conferenza.
Abbasso il capitalismo!Viva il Comunismo! Lunga vita ai nostri popoli e alla loro lotta antimperialista! Abbasso le guerre! Viva la Pace Mondiale!
Comitato Centrale del Partito del Popolo Palestinese
20/11/2008