www.resistenze.org - pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 10-01-10 - n. 301

da www.solidnet.org
Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
11° Incontro dei Partiti Comunisti e Operai
New Delhi, 20-22 Novembre 2009
 
Intervento di George Loukaides 
Capo Ufficio Relazioni Internazionali del C.C. di AKEL
 
La crisi capitalistica internazionale, la lotta dei lavoratori e dei popoli, le alternative e il ruolo dei comunisti e del movimento della classe operaia
 
A nome del Comitato Centrale di AKEL, vorrei portare i nostri più affettuosi saluti a tutti i Partiti che partecipano all’11° Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai. Permettetemi di ringraziare in particolare il Partito Comunista dell’India e il Partito Comunista dell’India - Marxista per aver ospitato questo incontro in modo eccellente.
 
Il continuo dialogo e scambio di opinioni ed esperienze tra i Partiti comunisti e di sinistra è di importanza cruciale poiché attraverso questo processo si è in grado di elaborare strategie e coordinare le attività e le lotte.
 
Cari compagni,
 
durante gli ultimi due anni, l’umanità è stata testimone di una crisi economica mondiale che costituisce la prova più evidente del fallimento del sistema capitalistico e delle politiche neoliberiste che sono state attuate nel corso degli ultimi tre decenni a livello globale.
 
Gli apologeti del capitalismo e del neo-liberalismo fin dall’inizio si sono affrettati ad affermare che la crisi economica scaturisce dalla responsabilità personale e dal comportamento degli alti dirigenti delle grandi istituzioni finanziarie. Naturalmente, questo non ha nulla a che fare con la realtà.
 
Le cause della crisi hanno a che fare con la natura stessa del sistema capitalistico. E’ il risultato del carattere ingiusto e disumano di questo sistema in cui i lavoratori producono ma solo un gruppo ristretto raccoglie i vantaggi e accumula ricchezze e profitti. Come osservava Marx, la contraddizione fondamentale del capitalismo è il carattere sociale della produzione contro la sua appropriazione individuale da parte dell’oligarchia.
 
Sebbene la classe operaia non sia in alcun caso responsabile di questa crisi, è quella ad essere chiamata dalle classi dominanti a pagarne ora il prezzo.
 
Oltre ai milioni di lavoratori, che sono le prime vittime di questa crisi e che stanno perdendo i loro posti di lavoro, ce ne sono milioni di altri, soprattutto nei paesi del Sud, che vedono sfumare le già fragili risorse per sostenere le loro famiglie. Le stime dell’OIL dicono che più di 30 milioni di persone hanno perso il lavoro nel 2008 e questa cifra salirà a oltre 50 milioni nel 2009. La FAO stima che il numero di persone che soffre la fame è passato dagli 850 milioni nel 2007 a 960 milioni 2008, e che la cifra potrebbe raggiungere un miliardo nel 2009!
 
Tutto questo sta avvenendo nonostante tutti sappiano che l’umanità ha una capacità produttiva sufficiente per soddisfare le esigenze della popolazione mondiale e nonostante sia sempre più chiaro che specifici progressi scientifici e tecnologici non sono utilizzati in quanto non servono ai criteri lucrativi imposti dal capitale che controlla il processo.
 
L’attuale situazione, però, non è un fenomeno nuovo, ma riflette il peggioramento di un mondo diseguale e ingiusto basato sul sistema capitalistico, un mondo in cui le disuguaglianze sono riprodotte e riflesse anche nei tassi di sviluppo delle varie regioni del mondo. In questo mondo, le cosiddette economie avanzate (31 Stati in totale) fino ad oggi detengono il 56,4% del Prodotto Mondiale Lordo, mentre alle economie emergenti in via di sviluppo (141 Stati in totale) va il restante 43,6%. La ricchezza dei 15 uomini più ricchi del mondo è superiore al PIL di un intero continente, l’Africa. Secondo l’ONU, la metà della popolazione del pianeta è minacciata dalla fame. Nei paesi più ricchi, 100 milioni di persone vivono al di sotto della soglia di povertà.
 
Il modello neoliberista messo in atto nel corso degli ultimi decenni in tutto il mondo, ha intensificato le contraddizioni del capitalismo. In particolare, nell’Unione Europea le forze conservatrici, in accordo con la maggior parte dei socialdemocratici, ha imposto il neoliberismo come filosofia dominante della UE.
 
In questo modo sono state imposte illegalità e anarchia del mercato, la limitazione del controllo e del ruolo regolatore dello Stato e la distruzione dello stato sociale.
 
Purtroppo, è ovvio come queste forze non siano disposte, anche oggi, a cambiare rotta e politica. Esse insistono ancora sulle politiche a vicolo cieco. Cosa altro rappresentano se non questo le politiche di flessicurezza, privatizzazione e liberalizzazione, e di estensione dell’impiego attivo? Si sta cercando di caricare il peso della crisi economica sulle spalle dei popoli d’Europa. L’approvazione in un secondo referendum del Trattato di Lisbona da parte del popolo irlandese, costituisce un ulteriore passo in questa direzione. Il Trattato di Lisbona istituzionalizza il modello neoliberista, le guerre preventive al di fuori dell’UE e la completa dipendenza dell’UE dalla NATO.
 
Sul piano politico, il cosiddetto Nuovo ordine mondiale continua nella flagrante violazione della Carta costituzionale delle Nazioni Unite e a infrangere il Diritto Internazionale. Si prosegue nel tentativo di emarginare e utilizzare le Nazioni Unite al fine di servire gli interessi egoistici delle forze imperialiste del pianeta e delle imprese multinazionali. Si sta imponendo la legge dei potenti con qualsiasi mezzo, in nome della presunta “esportazione della democrazia”. Violando il Diritto internazionale, la NATO sta tentando di intervenire in ogni angolo del mondo attraverso operazioni definite “interventi umanitari” in nome della lotta al terrorismo. L’attacco degli USA e della NATO contro l’Afghanistan, l’Iraq, i Balcani, dimostrano che la pace mondiale e la sicurezza restano mere dichiarazioni di facciata. Nel tentativo di ammantarsi di un qualche tipo di legittimazione giuridica, la NATO si serve di programmi dai nomi appariscenti, come “Partnership for Peace” (Partenariato per la Pace).
 
Naturalmente, nonostante la mancanza di coerenza tra parole e fatti, le forze reazionarie e l’imperialismo appaiono molto coerenti riguardo un’altra questione: la propaganda anticomunista. Un violento e incomprensibile tentativo di equiparare comunismo e nazismo è in corso, come se i fatti storici inconfutabili e i criteri politici non vanificassero la filosofia, lo spirito e le argomentazioni di queste manovre.
 
Cari compagni,
 
dal momento che vengo da un Paese che è stato nel corso della sua storia anch’esso vittima della cospirazione imperialista, mi sia consentito a questo punto accennare brevemente alla questione di Cipro e dei recenti sviluppi riguardanti gli sforzi per la sua soluzione.
 
Sono trascorsi 35 anni da quando Cipro e il suo popolo furono divisi a causa dell’invasione e dell’occupazione turca. Negli ultimi 19 mesi dalla sua elezione, l’attuale Presidente della Repubblica di Cipro, il compagno Dimitris Christofias, ha compiuto uno sforzo enorme per la riunificazione del nostro Paese e del nostro popolo attraverso una soluzione giusta basata sulle risoluzioni delle Nazioni Unite e che andrà a beneficio dell’intero popolo cipriota, dei greco-ciprioti come dei turco-ciprioti.
 
I colloqui diretti tra i leader delle due comunità sono iniziati nel settembre dello scorso anno. I presupposti per l’inizio dei negoziati, concordati tra le due parti, mirano verso un soluzione federale bizonale e bicomunale, con uguaglianza politica come stabilito dalle risoluzioni pertinenti delle Nazioni Unite. E’ stato chiarito che la riunificazione di Cipro porterà ad un’unica sovranità, un’unica soggettività internazionale e un’unica cittadinanza.
 
La prima fase dei negoziati si è conclusa nel mese di giugno. I leader delle due comunità hanno discusso dei capitoli relativi al governo, la questione della proprietà, la partecipazione in seno all’Unione Europea, l’economia, la questione territoriale, la sicurezza e le garanzie. In questa prima fase, nelle posizioni presentate dalle due comunità si sono registrate un certo numero di convergenze, ma anche molte divergenze. Dal settembre 2009, i due leader hanno iniziato la seconda fase dei negoziati.
 
Sui capitoli riguardanti la questione territoriale e dei coloni, le due posizioni non raggiungono alcuna corrispondenza poiché la parte turco-cipriota prosegue in modo intransigente a rifiutare l’accettazione dei principi fondamentali del Diritto Internazionale. Per quanto riguarda il capitolo sul governo, dopo i recenti incontri è stato raggiunto un accordo su diverse questioni che consentono un cauto ottimismo sulla possibilità di raggiungere un’intesa.
 
Per quanto riguarda la questione della proprietà si registra un passo in avanti in quanto il diritto di proprietà ai greco-ciprioti è stato riconosciuto dalla parte turco-cipriota [si riferisce al diritto di proprietà sui territori occupati dal '74 a seguito dell'intervento militare turco, ndt]. Tuttavia, vi sono ancora enormi differenze, perché la controparte turca insiste sul fatto che dovrebbe spettare agli attuali possessori, invece che ai legittimi proprietari, il diritto di scegliere che cosa accadrà delle proprietà. Purtroppo, disaccordi sono sorti anche sulla questione della partecipazione all’Unione Europea. La parte turco-cipriota sta sollevando la questione di deroghe permanenti dall’acquis comunitario [insieme dei diritti e degli obblighi giuridici e degli obiettivi politici che accomunano e vincolano gli stati membri dell'Unione Europea, ndt] in relazione ai diritti di insediamento, proprietà e alle questioni connesse. Inoltre i turco-ciprioti propongono la sostituzione del Protocollo 10 [Il Protocollo 10 è stato adottato per consentire alla Repubblica di Cipro di aderire all’Unione Europea senza incorrere in una violazione del diritto comunitario per il fatto di non essere in grado di far applicare le disposizioni dell’acquis comunitario su tutto il proprio territorio nazionale, concernenti per es. l’acquisto di proprietà immobiliare nella parte turcocipriota, ndt] con un nuovo Protocollo che, in base alla loro proposta, una volta ratificato dai parlamenti dei paesi membri, darà definitiva legittimità alla situazione. Nessuna di queste richieste può essere accettata dalla comunità greco-cipriota. Durante la discussione del capitolo su sicurezza e garanzie, la dirigenza della comunità turco-cipriota ha insistito nella sua posizione di mantenimento delle garanzie turche del 1960 [si riferisce al Trattato di garanzia tra Cipro da un lato e Regno Unito, Grecia e Turchia dall'altro siglato all'indomani del ritiro degli inglesi in aggiunta al Trattato istitutivo della Repubblica di Cipro del 1960, ndt] e anche sul diritto di intervento unilaterale. Il Presidente della Repubblica ha sottolineato che tale posizione non sarà mai accettata. Come AKEL, concordiamo con questa posizione.
 
Mentre la seconda fase dei negoziati è in corso, è nostra convinzione che i problemi presenti da tempo possano essere risolti solo quando i principi siano rispettati. Questo è un dato di fatto che, purtroppo, la parte turca sembra ignorare. Nonostante tutti questi sviluppi, il nostro impegno rimane quello di compiere ogni sforzo possibile per conseguire una soluzione fondata sui principi concordati.
 
Cari compagni,
 
la crisi economica mondiale ha riconfermato che il futuro dell’umanità non può essere il capitalismo, ma il socialismo. Il futuro dell’umanità non può essere un sistema che ha come obiettivo primario la continua concentrazione della ricchezza e la massimizzazione del profitto a scapito dei bisogni sociali.
 
Come AKEL, riteniamo che le forze comuniste, assieme alle forze progressiste, antimperialiste e anticapitaliste di tutto il mondo, debbano compiere passi più decisi per aprire le nostre società e il mondo all’alternativa socialista. Abbiamo bisogno di convincere le persone non solo che il capitalismo sta portando l’umanità verso la barbarie, ma anche che il socialismo è l’unica alternativa possibile. Per farlo, dobbiamo rafforzare i nostri legami con la classe operaia e tutti gli strati della società a cui facciamo riferimento. Dobbiamo convincerli che le nostre lotte sono anche le loro lotte. Dobbiamo essere con loro nelle strade, nelle fabbriche, nei sindacati, sui luoghi di lavoro e in qualsiasi altro luogo in cui vi siano da condurre lotte sociali o politiche. Dobbiamo collegare dialetticamente la nostra battaglia per il socialismo con le nostre lotte per elaborare progetti e soluzioni di breve termine sui grandi temi sociali come la disoccupazione, la lotta per la casa, l’aumento dell’età di pensionamento, la riduzione degli stipendi e dei salari e la restrizione dei diritti lavorativi. Dobbiamo intensificare le nostre lotte per salvare il pianeta dalla distruzione ambientale. Marx ed Engels, ancora una volta, hanno dimostrato di essere assolutamente nel giusto quando scrissero che i capitalisti distruggono le due risorse fondamentali della loro ricchezza: l’umanità e la natura. Dobbiamo unire le nostre forze nella lotta contro le ingiuste e aggressive guerre imperialiste e intensificare le nostre attività di solidarietà con tutti i popoli e movimenti che lottano per l’indipendenza nazionale, la pace, la libertà e la giustizia sociale.
 
Compagni,
 
purtroppo, dobbiamo riconoscere che l’impatto della dissoluzione dell’Unione Sovietica e del campo socialista incide ancora negativamente sulle forze comuniste e progressiste. Tuttavia, il movimento comunista si è già rimesso in piedi e sta gradualmente diventando più forte. Gli sviluppi in America Latina e la radicalizzazione antimperialista di molti Paesi in questo continente è uno degli esempi che mostrano le possibilità che abbiamo come movimento comunista e di sinistra.
 
Ciò nonostante, è ovvio che la nostra strada rimane ancora difficile, irta di ostacoli, ma è l’unica strada che può offrire una prospettiva positiva alla classe operaia e all’umanità nel suo insieme: la prospettiva di emancipazione dell’umanità, la prospettiva del socialismo.
 
Grazie.
 
 

 


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