www.resistenze.org - pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 01-03-12 - n. 399

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Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
13° IMCWP - Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai - Atene 9-11/12/2011
 
Contributo del Partito algerino per la democrazia e il socialismo (PADS)
 
Cari compagni,
 
Ringraziamo i nostri compagni del Partito Comunista di Grecia per aver ospitato questo Incontro internazionale. Ci ritroviamo in un paese che i popoli di tutto il mondo hanno imparato a conoscere e ad amare non solo per l'innegabile contributo alla civiltà universale, ma soprattutto per la mobilitazione straordinaria della sua classe operaia, della sua gioventù, della sua classe contadina, contro i piani economici e anti-popolari della plutocrazia greca ed europea. Li ringraziamo per tutti i sacrifici che sostengono per creare occasioni di incontro e confronto, quando sono loro che avrebbero più bisogno del nostro sostegno materiale nella lotta contro il capitalismo.
  
La crisi in cui si dibatte il sistema capitalistico a partire dal 2007 sta peggiorando di giorno in giorno. Infligge una netta smentita alle grida di gioia che la borghesia aveva lanciato una ventina di anni fa sulla presunta superiorità del capitalismo e la sedicente chiara e definita vittoria sul comunismo.
 
Questa crisi riflette le contraddizioni inconciliabili, in ogni paese e a livello internazionale, tra gli interessi dei lavoratori e dei popoli e quelle di un pugno di oligarchi che guidano gli Stati del complesso capitalista monopolistico finanziario, industriale, militare e mediatico. Esprime il blocco dello sviluppo delle forze produttive nei paesi imperialisti in seguito all'impoverimento della classe operaia, delle classi popolari così come sezioni di significative sezioni delle classi medie, creando una situazione di sovra-accumulazione di capitali. Questa situazione (di sovra-accumulazione di capitali) è il risultato di tutto l'insieme delle misure adottate da oltre 30 anni per elevare il tasso di profitto dei gruppi monopolistici: la riduzione delle tasse sui più ricchi e l'estensione dei paradisi fiscali, l'indebitamento degli Stati con queste stesse oligarchie, la compressione del potere d'acquisto e la precarizzazione delle condizioni dei lavoratori, la delocalizzazione e la distruzione dei posti di lavoro industriali, lo sviluppo di pratiche speculative del capitale finanziario. Gli squilibri nei saldi commerciali e i deficit dei bilanci statali, conseguenze di tale distruzione e dell'esportazione di capitali, accentuano la crisi del sistema capitalista. Queste conseguenze esacerbano le contraddizioni inter-imperialiste, i disaccordi e le divergenze sulle soluzioni alla crisi. Ogni stato imperialista e, all'interno di ciascuno, ogni gruppo di capitalisti monopolisti, cerca di salvare la testa a spese dei propri rivali.
 
Questa crisi non è semplicemente una crisi del debito degli Stati che potrebbe trovare una via d'uscita attraverso accordi o compromessi finanziari tecnici internazionali tra Stati aventi grandi riserve valutarie e Stati indebitati.
 
La crisi è quella dei fondamenti del sistema capitalista. Alla sua base vi è una contraddizione tra il livello delle forze produttive e l'arresto o addirittura la regressione della domanda solvibile su scala planetaria nel quadro della globalizzazione imperialista. Le politiche di austerità e di rigore messe in opera da un numero crescente di grandi paesi capitalisti per aumentare i sovrapprofitti della borghesia monopolista, non potranno che aggravare la crisi.
 
La crisi attuale rende più aggressive le oligarchie imperialiste. Non si fermeranno davanti a nulla per stabilire o mantenere il loro dominio su tutto il pianeta.
 
Le oligarchie imperialiste sono pronte a mettere a ferro e fuoco tutto, a bombardare i popoli, assassinare i loro dirigenti, distruggere le infrastrutture utilizzando la loro tecnologia militare avanzata. Non esitano a ridurre i popoli alla fame, a radere al suolo intere città per terrorizzare chi osa resistere, a stroncare sul nascere ogni ribellione nelle nazioni economicamente dominate e annientare i capi di Stato impegnati a sostenere la sovranità del loro paese, anche se sostenitori del capitalismo e promotori di concessioni agli imperialisti per preservare il potere. Tutto questo sotto il paravento ipocrita della democrazia, dei diritti umani e della protezione dei civili.
 
Le oligarchie imperialiste sono unite per schiacciare i popoli che si oppongono loro. Ma si dividono in una lotta feroce l'una contro l'altra per la divisione e la spartizione del mondo per ammassare super-profitti, le une a spese delle altre.
 
La profondità della crisi attuale rende queste oligarchie più pericolose, ma allo stesso tempo accelera il condensarsi delle premesse di un nuovo grande movimento rivoluzionario mondiale. Le misure economiche e sociali d'austerità e rigore, i metodi autoritari utilizzati dagli Stati Uniti o dall'Unione europea, le campagne di criminalizzazione non solo del comunismo ma di qualsiasi movimento progressista, creano una linea di scontro sempre più netta e violenta tra una minoranza di oligarchi e un vasto insieme comprendente la classe operaia, i salariati e settori importanti degli strati intermedi e delle classi medie che hanno finora sostenuto il capitalismo.
 
I conciliatori socialdemocratici sono sempre più screditati. Il loro programma non promette ormai alcun miglioramento materiale. Esso consiste nel far accettare i piani di salvataggio del capitalismo da parte dei lavoratori sotto la promessa ridicola di applicare l'austerità ai magnati dell'alta finanza.
 
La crisi mette all'ordine del giorno la questione della preparazione politica, ideologica, organizzativa, nelle lotte di classe quotidiane, della rivoluzione socialista, dell'avvento al potere della classe operaia e dei suoi alleati fra le altre classi lavoratrici, dell'espropriazione della borghesia.
 
Il quadro che emerge conferma la validità della teoria leninista dell'anello debole della catena imperialista e della possibilità della vittoria del socialismo in un paese solo o in un gruppo di paesi. Ma, come Lenin ha insegnato nella sua definizione della situazione rivoluzionaria, le condizioni materiali non sono sufficienti per mettere fine all'ordine capitalista. L'elemento soggettivo è determinante. La fermezza nelle lotte per unire le condizioni politiche e organiche di questo obiettivo è essenziale per condurre la classe operaia a compiere la sua missione storica. I comunisti sono chiamati a combattere con tutte le loro forze la propaganda degli ideologi della borghesia, dei suoi assistenti socialdemocratici, dei movimenti trotskisti, secondo i quali la forza d'attacco dell'imperialismo e l'interdipendenza economica non consentono una rottura immediata col capitalismo.
 
Ci teniamo a salutare calorosamente le lotte condotte così ostinatamente dai nostri compagni greci. Essi hanno dimostrato che l'azione organizzata dal partito della classe operaia, un partito guidato dai principi del marxismo-leninismo, il suo rifiuto a piegarsi ai dettami della plutocrazia, anche in un piccolo paese la cui quota nella produzione e dei debiti nell'UE è basso, questo ammirevole spirito combattivo ha causato un'onda d'urto in tutta l'Unione europea, un'onda d'urto che fa tremare l'intero edificio del blocco imperialista, che scuote tutta l'intera catena imperialista mondiale, che incoraggia i popoli di tutto il mondo a rifiutare la legge degli oligarchi imperialisti.
 
Che questo esempio stimoli la lotta dei comunisti in tutti i paesi capitalistici e in particolare in quelli più sviluppati, a lavorare per rimettere all'ordine del giorno il compito storico della rivoluzione socialista!
 
Cari compagni,
 
La crisi che scuote il mondo capitalista ha peggiorato le condizioni di vita dei lavoratori, dei contadini poveri, dei giovani emarginati, in tutti i paesi arabi che subiscono il peso della impennata dei prezzi dei prodotti alimentari importati anche nei paesi che dispongono di entrate petrolifere importanti.
 
Questa crisi sociale, ha favorito l'esplosione della rabbia delle classi lavoratrici a lungo represse. Ha accelerato lo sviluppo dei movimenti di massa per strappare le libertà democratiche.
 
Gli stati imperialisti stanno facendo di tutto per impedire la trasformazione di queste rivolte in rivoluzioni democratiche popolari, vale a dire nel processo di trasformazioni economiche e sociali profonde che avrebbe come indirizzi: il controllo delle multinazionali, la tutela dell'indipendenza e della sovranità, una strategia progressiva di sviluppo nazionale, una politica di solidarietà con i popoli in lotta contro la dominazione imperialista, il sostegno della causa palestinese e la rottura delle relazioni con Israele. In tutti i paesi a maggioranza musulmana gli Stati imperialisti annodano alleanze strategiche con i movimenti islamisti, vale a dire movimenti feudali, borghesi o piccolo-borghesi reazionari che manipolano la religione per ingannare le persone e deviare la lotta di classe anti-capitalista e anti-imperialista. Li usano per arginare il movimento popolare, nei paesi dominati. In taluni casi, il loro obiettivo è quello di mantenere il dominio sotto un'apparente veste islamica, con la falsa promessa di realizzare una giustizia sociale, detta islamica, che in realtà non va contro alla grande proprietà privata e non minaccia le posizioni del capitale straniero. Così i leader dei partiti cosiddetti islamici che hanno conquistato i successi elettorali in Tunisia e in Egitto, dichiarano apertamente che collaboreranno con le potenze imperialiste, accordando vantaggi che essi esigono per le loro società che saccheggiano le ricchezze di questi due paesi.
 
In altre condizioni li usano per dirigere il malcontento popolare contro i regimi che rifiutano di sottomettersi ai loro diktat. Grazie ai soldi che le monarchie reazionarie teocratiche del Golfo hanno dato loro per decenni, grazie anche alla complicità e alla dittatura antioperaia della borghesia, che utilizza gli islamisti contro comunisti e progressisti, i movimenti islamici ingannano grandi gruppi di popolazione e di giovani politicamente inesperti. Il compito dei comunisti è quello di lavorare nelle lotte politiche e sociali sulla base degli interessi di classe dei lavoratori e delle masse lavoratrici e sulla base della loro esperienza per smascherare i veri scopi di classe anti-operai e anti-popolari dei capi e animatori dei movimenti islamisti. Questo lavoro deve permettere di aprire gli occhi dei giovani e dei lavoratori ingannati, strappando i più sinceri tra loro all'influenza degli islamisti reazionari asserviti all'imperialismo.
 
La questione che si pone, anche in Algeria, è quella dell'alternativa: regimi democratici popolari anti-imperialisti e progressisti o regimi reazionari e anti-nazionali, vassalli dell'imperialismo dietro una facciata di democrazia o sotto colorazione islamica? Quali che siano i ritmi e le forme nazionali particolari dei processi in corso, non c'è via di mezzo.
 
Cari compagni,
 
Le lotte politiche e sociali si sono intensificate negli ultimi mesi in Algeria. Le classi popolari vogliono che i proventi del petrolio vengano utilizzati per migliorare le loro condizioni di vita e non siano più monopolizzati da una minoranza oligarchica che si è accaparrata le risorse del paese dopo il lancio di "riforme" e adeguamenti strutturali negli anni 90. Sezioni importanti dell'apparato statale, la borghesia e i ceti medi, ivi compresi i partiti borghesi o socialdemocratici detti d'opposizione, sono spaventati da queste lotte. Essi sono disposti a venire a patti pienamente con l'imperialismo, a cedere a tutte le sue esigenze, a diventare ausiliari della dominazione dell'imperialismo in cambio della garanzia di meschini privilegi politici e materiali e di protezione contro il movimento popolare.
 
Ci sono pressioni da parte delle potenze imperialiste, Stati Uniti e Francia in particolare, per ottenere un accesso nel Sahara con il pretesto di combattere "contro il terrorismo" nella regione del Sahel. Con il rovesciamento da parte della NATO del regime libico di Gheddafi la situazione è diventata più pericolosa per le ultime zone di indipendenza del paese e per gli interessi delle masse lavoratrici. Gli obiettivi dell'imperialismo sono di spingere il regime a denazionalizzare gli idrocarburi, liquidare completamente tutti gli ultimi dispositivi di protezione dell'economia nazionale, rimuovere tutti gli ostacoli alla completa libertà di movimento dei capitali e il rimpatrio senza controllo o condizione dei profitti, mettere a completa disposizione le risorse delle banche pubbliche, aprire alle multinazionali il capitale delle aziende pubbliche che controllano i settori altamente remunerativi di elettricità, gas, acqua, ecc.
 
Di fronte a queste minacce, la prospettiva di un peggioramento della crisi del capitalismo e la caduta delle entrate petrolifere conseguente, la preoccupazione vince le masse popolari e importanti sezioni dei ceti medi. Le opportunità di mobilitazione crescono nonostante il blocco della vita politica.
 
I comunisti algerini considerano che la loro priorità nella ricostruzione del loro partito è quello di radicarsi nella classe operaia, soprattutto nelle grandi concentrazioni operaie, tra i piccoli contadini, nei giovani emarginati dallo sfruttamento capitalistico e dallo spreco di risorse nazionali. La loro parola d'ordine in questa fase è l'istaurazione di uno Stato democratico popolare progressista, che esprima gli interessi della classe operaia e delle masse lavoratrici, che rinazionalizzi i grandi mezzi di produzione e di scambio, limiti la proprietà fondiaria, controlli il commercio estero, rilanci una politica di sviluppo industriale e agricolo, sostenga i movimenti anti-imperialisti e anticolonialisti, uno Stato che produca profonde trasformazioni spianando la strada al socialismo.
 
Con la sua esperienza dal 1920, il movimento comunista algerino dimostra di esser sempre riuscito a addensare attorno a sé vaste masse attraverso le lotte che ha guidato tra gli operai, i contadini, i giovani, gli intellettuali, quanto è determinato nella realizzazione dei compiti messi all'ordine del giorno dallo sviluppo storico e quanto agisce in modo indipendente, rifiutando di legarsi le mani con accordi al vertice con altri partiti dettati pretestuosamente da imperativi di "più ampia unità". Esso si rafforza quando difende apertamente i suoi obiettivi rivoluzionari. Si indebolisce, perde l'iniziativa e si stacca dai lavoratori quando rinuncia alla sua indipendenza politica e ideologica e abbandona tali scopi storici.
 
L'avanguardia dei comunisti algerini che è organizzata nel PADS, opera senza compromessi per radicarsi nella classe operaia, costruire un grande partito rivoluzionario capace di guidarla e prepararla a svolgere un ruolo propulsore e di guida nelle trasformazioni rivoluzionarie nella nuova fase contemporanea. Essa non si lascerà mai distogliere da questo grande compito dalle diverse correnti riformiste provenienti dal vecchio PAGS che pretendono che il comunismo sia una "utopia feconda" e che il compito prioritario non sia quello di ricostruire il Partito Comunista guidato dai principi del marxismo-leninismo, ma di porre le basi per un "grande partito di sinistra" senza discriminanti ideologiche, intorno a una semplice piattaforma di rivendicazioni politiche sociali generali cosiddette immediate.
 
I lavoratori e la classe operaia si trovano ad affrontare la crescente ingerenza da parte delle potenze imperialiste che li sospinge verso la miseria e l'oppressione di prima dell'indipendenza, per trasformare l'Algeria in una fortezza utile a sorvegliare i popoli della regione. In questo contesto pericoloso, solo un partito comunista armato della teoria scientifica del marxismo-leninismo può aiutare le masse popolari a resistere in modo organizzato e risoluto all'imperialismo spezzando le trame dei suoi alleati interni, la borghesia e il ceto medio che non esiteranno, per interessi di classe, a tradire gli interessi generali del paese.
 
Viva la solidarietà internazionalista proletaria
 
Viva il Partito Comunista di Grecia!
 

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