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Rivista Comunista Internazionale n. 3

L'ideologia del "patto sociale" e il suo impatto negativo sulla classe operaia

Ali Ruckert (KPL) * | iccr.gr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

I tentativi del capitale di avere un influenza ideologica sul popolo lavoratore e sulle sue organizzazioni sono parte integrante della storia del capitalismo. Questi sforzi hanno lo scopo di allontanare i lavoratori dalla lotta di classe, di evitare il verificarsi di un cambiamento radicale nelle relazioni di potere esistenti e nello stato della proprietà ed impedire l'abolizione dello sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo.

Questa strategia del capitale è stata eseguita con successo in ampi settori del movimento sindacale, i cui obiettivi inizialmente erano limitati a miglioramenti sociali all'interno del sistema capitalista e, in seguito, alla difesa di ciò che era stato raggiunto.

Mutando gli obiettivi, cambiano anche i metodi. In caso di conflitto di interessi, i sindacati hanno cominciato a non mobilitare la classe operaia attraverso azioni di massa e scioperi, che avrebbero contribuito a rafforzare le richieste dei lavoratori e la loro coscienza di classe. Al contrario, i dirigenti sindacali si unirono ai rappresentanti del capitale come "soggetti sociali con uguali diritti", con l'obiettivo di raggiungere compromessi "attraverso il consenso tra le organizzazioni degli imprenditori e dei lavoratori". Nei paesi di lingua tedesca hanno anche introdotto un nuovo vocabolario. Al posto di "lavoratori" e "capitalisti", parlano di "chi prende il lavoro" (jobtakers) e "chi da il lavoro" (jobgivers).

In Lussemburgo, il "patto sociale" non si è limitato ai "soggetti sociali". In più, lo Stato borghese ha stabilito le condizioni per l'istituzionalizzazione della via del "dialogo sociale". Questa è stata la condizione necessaria e la ragione del fruttuoso costituirsi del "patto sociale". Le condizioni giuridiche sono state sviluppate in modo che il sindacato comunista, che operò sulla base della lotta di classe tra il 1945 e il 1965, venisse permanentemente discriminato, emarginato ed escluso dalle trattative salariali. Allo stesso tempo, il capitale e il governo hanno fatto ciò che era necessario per sostenere e rafforzare i movimenti sindacali socialdemocratico e cristiano, che seguono la linea del "patto sociale", ed aumentare la loro influenza tra la classe operaia del nostro paese. Ma data l'esistenza dei paesi socialisti e della competizione internazionale tra i due sistemi sociali, il capitale si vide costretto al compromesso e a fare concessioni di tipo sociale, rese anche possibili dal fatto che durante i 30 anni di crescita economica dopo la II Guerra mondiale, esisteva una base finanziaria per realizzare una tale politica.

Il "patto sociale", raggiunse un nuovo livello di sviluppo quando, nel 1975, la crisi del capitalismo nel settore siderurgico colpì il Lussemburgo. Si creò un nuovo organo del "patto sociale", chiamato "Tripartito", che comprendeva il governo, le associazioni padronali ed i rappresentanti dei tre principali sindacati. Anche il Parlamento approvò una "legge del Tripartito", che stabilì che questo organo doveva decidere su tutte le misure necessarie per "stimolare la crescita economica e preservare la piena occupazione".

Il comitato coordinatore del "Tripartito" discusse e decise a porte chiuse le misure per affrontare le conseguenze della crisi, mentre la maggioranza dei sindacalisti e degli organi eletti dei sindacati erano esclusi dal processo decisionale. Allo stesso tempo, il Parlamento venne privato del suo diritto di controllo e fu retrocesso al compito di semplice esecutore delle decisioni di una istituzione che non era prevista nella Costituzione del paese.

E' stato compito del "tripartito" gestire le conseguenze della crisi strutturale del settore siderurgico e garantire l'espansione globale del complesso siderurgico "ARBED" (ora ArcelorMittal) e dei suoi profitti, vero dominatore dell'intera economia del Lussemburgo. Il "Tripartito" doveva paralizzare la grande resistenza operaia e garantire la stabilità del sistema esistente.

In quasi 10 anni, nel periodo tra il 1975 e il 1985, vennero distrutti 15.000 dei 27.000 posti di lavoro dell'industria siderurgica. I lavoratori sono stati costretti ad accettare il prepensionamento o pensioni di invalidità, e molti di loro si organizzarono in una "divisione anti-crisi " sovvenzionata dallo Stato con fondi pubblici e predisposta per attività di emergenza pubblica. Allo stesso tempo, i lavoratori della siderurgia furono costretti ad accettare tagli salariali e, molto "opportunamente", venne sospeso il collegamento dei salari all'aumento dei prezzi.

Il successo di questa strategia fu in gran misura uno dei "meriti" dei vertici sindacali che hanno seguito la tattica di presentare ogni chiusura di fabbrica, ogni nuovo taglio di posti di lavoro come una "vittoria", dichiarando pubblicamente che le misure del "Tripartito" avevano "salvato" migliaia di posti di lavoro ed evitato licenziamenti di massa.

Tutto questo non era altro che una bufala. I padroni delle acciaierie annunciavano più licenziamenti di quanto in realtà fossero previsti ed i rappresentanti sindacali del "Tripartito" potevano salvare la faccia, affermando che il numero dei licenziamenti effettivi era stato inferiore a quanto inizialmente dichiarato. Un altro aspetto del successo fu che lo Stato acquisì il 30% delle azioni, pompando così denaro fresco nel mercato siderurgico senza interferire nelle decisioni strategiche degli imprenditori del settore.

Il Partito Comunista del Lussemburgo (KPL) ha tentato di mobilitare i lavoratori dell'industria siderurgica contro la distruzione di posti di lavoro, ma senza successo. La ragione principale del fallimento fu il rifiuto del sindacato OGBL, guidato dai socialdemocratici, delle proposte dei comunisti. Tra giugno e settembre del 1981, i militanti comunisti raccolsero 12.000 firme tra i lavoratori siderurgici per chiedere la nazionalizzazione dell'industria siderurgica e ottennero l'accettazione del Sindacato siderurgico della OGBL, la maggiore centrale sindacale del paese. Ma la direzione della OGBL si oppose categoricamente a qualsiasi nazionalizzazione, non prese in considerazione la decisione del Sindacato siderurgico e continuò la sua politica di "patto sociale" con i padroni.

L'attività del sindacato nel settore siderurgico ha portato a conseguenze contraddittorie. In particolare perché, per iniziativa dei rappresentanti comunisti nei consigli di fabbrica, si sono potuti raggiungere garanzie salariali per i lavoratori che dovevano lavorare per salari più bassi in altri luoghi di lavoro o nella "divisione anti-crisi". Questo era, naturalmente, un buon risultato, ma dall'altro lato ha portato la maggior parte dei lavoratori a non resistere alla distruzione dei posti di lavoro nel settore. Molti lavoratori erano dell'opinione che il problema si risolvesse una volta risolta la propria situazione personale.

Allo stesso tempo, contrariamente a quanto accaduto nel settore siderurgico nel Lussemburgo meridionale e nonostante la lotta sindacale e operaia, si distrussero quasi tutti i posti di lavoro del settore nella vicina regione francese della Lorena. Questo favorì la politica dei sostenitori del "patto sociale", dato che furono in grado di fabbricare la "prova" che "i colloqui del Tripartito" con i capitalisti e il governo sarebbero stati più vantaggiosi per i lavoratori rispetto alla lotta di classe e allo scontro con il capitale.

Sindacati e mezzi di comunicazione presentavano ogni giorno ai lavoratori l'ideologia del "patto sociale", che alla fine ha portato alla rapida distruzione della coscienza di classe, che era stata forgiata nei settori del proletariato siderurgico negli anni Sessanta. Di conseguenza, svanì la disposizione dei lavoratori a combattere attivamente e congiuntamente contro lo smantellamento del settore siderurgico.

Come conseguenza della sconfitta nel settore siderurgico, molti lavoratori si allontanarono dai comunisti ed il Partito comunista perse la sua influenza nelle fabbriche e di conseguenza si indebolì nei parlamenti nazionali e comunali - con risultati negativi dopo questo evento. Inoltre, il KPL non ha riconosciuto in tempo la necessità di aumentare la sua influenza tra i lavoratori dei servizi pubblici, dell'artigianato e delle istituzioni finanziarie, che normalmente non avevano coscienza di classe - e in seguito il Partito non ebbe sufficiente forza per prendere iniziative in questa direzione.

Dopo che l'Unione Sovietica, con Gorbaciov al timone, dichiarò unilateralmente la fine della "guerra fredda" arrendendosi al capitalismo, in Lussemburgo, inizialmente non ci fu alcun cambiamento nel rapporto tra il capitale e la classe operaia. I dirigenti sindacali socialdemocratici, che in parte erano sotto una forte influenza anticomunista, si considerarono dalla parte dei "vincitori della storia".

Ma dopo i cambiamenti del sistema nel 1989-1990, il capitale non ha visto più alcuna necessità di rispettare un sistema sociale alternativo e ha cominciato sistematicamente a mettere in discussione e rimuovere le precedenti concessioni sociali.

Non solo i salari e le conquiste sociali sono state attaccate dal capitale, ma anche i miglioramenti legislativi per i quali la classe operaia aveva lottato nei decenni precedenti. La Legge sulla giornata lavorativa venne peggiorata a danno dei lavoratori, le condizioni di lavoro vennero flessibilizzate a favore del capitale, principalmente attraverso l'introduzione del lavoro esternalizzato e temporaneo, ed i salari minimi, così come erano definiti dalla legge, vennero ridotti. Parallelamente a questo, le imposte sul capitale e i costi non salariali del lavoro si ridussero maggiormente e crebbe la redistribuzione dei mezzi pubblici a favore del capitale. Tuttavia, i sindacati hanno continuato a mantenere una ferma politica del "patto sociale".

Nel 2006, il governo ha risposto alle esigenze del capitale frenando sistematicamente gli adeguamenti dei salari all'inflazione, in modo che, nel 2009, ogni salariato aveva perso circa la metà del salario mensile. I sindacati del "Tripartito" diedero la loro approvazione a questa misura, e dopo questo il "patto sociale" ha subito la sua prima crepa. Quasi un terzo dei membri del Comitato esecutivo nazionale del maggiore sindacato del settore privato si rifiutò di ratificare la decisione del "Tripartito". Ciò non portò a conseguenze politiche dirette, ma era un segno che le politiche di redistribuzione a favore del capitale, ripetutamente ammesse dai dirigenti sindacali nel "Tripartito", venivano respinte sempre da più lavoratori.

Con la crisi finanziaria ed economica del capitalismo, le contraddizioni si sono intensificate. Il governo ha salvato due delle più grandi banche del Lussemburgo prima del fallimento e così ha continuato la redistribuzione a favore del capitale. Ciò ha portato ad un crescente malcontento tra i salariati.

Questo malcontento è stato espresso ampiamente nella manifestazione sindacale del 16 maggio 2009, con lo slogan "Noi non paghiamo la vostra crisi". Tuttavia, questo non ha impedito che le direzioni dei grandi sindacati continuassero con il governo e il capitale nel quadro del "Tripartito", invece di mobilitare i lavoratori del settore privato e dei servizi pubblici e orientarli verso uno sciopero generale che evitasse maggiore austerità e tagli sociali.

Ma questa volta, a differenza dei precedenti negoziati del "Tripartito", non è stato possibile raggiungere un accordo. Con la scusa di migliorare la competitività delle imprese, il deficit di bilancio e l'aumento del debito pubblico, il governo ha annunciato per il 1 gennaio 2011 massicci aumenti fiscali e tagli sociali, tra cui l'aumento dei costi che il popolo deve pagare per i trattamenti medici ed i farmaci. Inoltre si prese in considerazione la riduzione dei salari d'ingresso nel settore pubblico.

Inoltre, il capitale ha esortato il governo a sospendere o almeno a limitare, il meccanismo di indicizzazione dei salari con l'aumento dei prezzi (Index). I partiti di governo, il Partito Popolare Social Cristiano (CSV) e il Partito Socialista Operaio Lussemburghese (LSAP), inizialmente concordarono tale restrizione ma, come risultato della pressioni dei sindacati socialdemocratici, il LSAP si vide costretto a ritirare il proprio sostegno.

Eppure, il governo e le direzioni sindacali raggiunsero un "compromesso" e il 29 settembre 2010 firmarono un accordo di manipolazione dell'Index. Si abbandonò il taglio del 50% delle indennità di chilometraggio che era previsto nel programma di austerità del governo, ma in "cambio" si accordarono per frenare l'adeguamento dei salari all'inflazione. Indipendentemente dalla data di scadenza, gli aumenti salariali legati all'inflazione vennero pagati il 1 ottobre 2011, vale a dire, una settimana prima delle elezioni comunali in Lussemburgo.

A causa della crescita reale dell'inflazione, l'aggiustamento doveva essere pagato entro il 1 maggio. Questo significa che ogni salariato ha perso nei mesi tra maggio e ottobre 2011 il 2,5% del loro salario, riducendo così il loro salario per il periodo del 12,5%. Ciò unito agli aumenti fiscali ha comportato una riduzione del potere d'acquisto della gente.

A questo bisogna aggiungere che il governo ancora una volta soccombendo alla pressione del capitale e all'UE, ha annunciato una "riforma" del sistema pensionistico pubblico, che si realizzerà nel 2013 e che porterà indirettamente ad un prolungamento della vita lavorativa. Chi in futuro vorrà o potrà lavorare 40 anni, dovrà accettare un taglio del 15% della pensione rispetto al sistema attuale. Se qualcuno volesse ricevere la stessa pensione che il sistema pensionistico garantisce oggi, dovrà lavorare altri quattro anni. I sindacati hanno annunciato la loro opposizione a un peggioramento del sistema pensionistico pubblico esistente e il governo ha accettato di discutere con gli "agenti sociali" dopo le elezioni comunali del 9 ottobre 2011.

Oggi il "patto sociale", si trova ad affrontare una seria sfida. Il grande capitale industriale e finanziario sta cercando di acquisire una quota maggiore di profitti dalla produttività, e esige la ridistribuzione accelerata delle finanze pubbliche a suo favore. Il risultato sarà un maggiore indebitamento dello Stato borghese e un maggior carico sui salariati, in modo che, quando questi raggiungeranno il limite, molti di loro si renderanno conto che non c'è altra scelta che la lotta di classe. D'altra parte, i lavoratori hanno perso le esperienze della lotta di classe nel corso dei decenni di "patto sociale", così che sarà indispensabile un difficile processo di apprendimento.

Come risultato di ciò che è accaduto durante la crisi, l'ideologia del "patto sociale" e della "solidarietà nazionale", si è incrinata, ma è ancora profondamente radicata nella coscienza non solo dei dirigenti sindacali, ma anche della stragrande maggioranza dei sindacalisti e dei lavoratori. Questo ha a che fare con il fatto che non vedono un'alternativa al capitalismo, ma piuttosto vorrebbero tornare alla cosiddetta "economia sociale di mercato", dove pensano che il "patto sociale" abbia funzionato senza troppi problemi garantendogli miglioramenti sociali. Non si rendono conto che quella porta ora si è chiusa, in quanto non era un sistema alternativo al sistema sociale del capitalismo. In realtà, era l'esistenza del sistema socialista che ha costretto il capitale a fare delle concessioni alla classe operaia.

In queste condizioni, l'attività sindacale dei comunisti in Lussemburgo è molto difficile, in quanto sono organizzati principalmente nel sindacato socialdemocratico che è orientato verso il "patto sociale".

Ma, di fronte la distruzione attuale del settore siderurgico, si vedono i primi segni di resistenza. Insieme con i loro compagni provenienti da Belgio, Germania e Francia, i metalmeccanici hanno organizzato uno sciopero di 24 ore il 7 dicembre 2011, che è stato il primo sciopero in Lussemburgo dal 1982.

Insieme al Partito del Lavoro del Belgio (PTB), il KPL ha pubblicato una dichiarazione sui recenti sviluppi nel settore siderurgico, e ha tenuto una conferenza stampa il giorno prima dello sciopero, dove KPL e PTB hanno ribadito la loro posizione che l'espropriazione del miliardario indiano Lakshmi Mittal e la nazionalizzazione delle acciaierie sono l'unica soluzione possibile per evitare la completa distruzione dell'industria e salvare posti di lavoro in entrambi i paesi.

Ci vuole molta pazienza rivoluzionaria per incrementare la coscienza dei sindacalisti e anche dei lavoratori che non hanno alcuna affiliazione sindacale. La classe operaia del Lussemburgo è sempre più formata da lavoratori di varie nazionalità, lavoratori frontalieri e immigrati, che parlano lingue diverse e hanno diversi patrimoni culturali. I lavoratori nati in Lussemburgo sono minoranza.

Ancora più importante è l'istruzione marxista dei militanti comunisti, in modo che siano in grado di spiegare ai loro compagni nelle imprese e nei sindacati, supportati da esempi concreti delle loro aziende, come funziona lo sfruttamento, quali sono le tasche che beneficiano degli incrementi di produttività, per quali motivi continuano a pensare e agire nel "patto sociale" e rinunciano alla lotta di classe per evitare gli attacchi che vedono arrivare, che è possibile ottenere concrete conquiste sindacali e perché il capitalismo non è in grado di risolvere i problemi che affrontano i lavoratori.

Questo lavoro ideologico è la condizione primaria per lo sviluppo della coscienza di classe, perché solo attraverso la lotta di classe, sarà possibile evitare che tutte le conquiste precedenti siano distrutte una per una e che i salariati, che sono spinti a una posizione difensiva dal pensiero del "patto sociale", ancora una volta siano i perdenti nel conflitto con il capitale.

Il nemico principale dei salariati continua ad essere il grande capitale industriale e finanziario. Il suo potere economico e politico può essere spezzato solo quando gran parte della classe operaia e del movimento sindacale si renderà conto che il "patto sociale" indebolisce i lavoratori e li subordina agli interessi economici del capitale e ai meccanismi sociali di sfruttamento. I lavoratori devono sapere che il "patto sociale" sta limitando la capacità di produrre, nel loro stesso interesse, cambiamenti fondamentali dell'attuale situazione proprietaria e creare così le condizioni necessarie per i cambiamenti economici, sociali e politici nell'interesse dei lavoratori.

(*) Presidente del Partito Comunista del Lussemburgo

 


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