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Rivista Comunista Internazionale n. 3

L'internazionalismo proletario: la condizione necessaria per la lotta contro la borghesia.

Partito Socialista di Lettonia | iccr.gr 
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Il nazionalismo, come determinata ideologia strutturata, nasce nel XIX secolo. Insieme con le teorie liberali di quel periodo, si sviluppava come uno dei fattori della lotta contro gli atavici rapporti feudali.

Come andava maturando il marxismo, così inevitabilmente prese corpo un'opinione rispetto a quell'ideologia sufficientemente popolare a causa di una serie di ragioni storiche ed ideologiche.

Molte opere di Marx, Engels e Lenin sono dedicate alla questione nazionale.
Lo slogan "Proletari di tutti i paesi, unitevi!" rappresenta il concentrato di questa posizione.

D'altro canto, la Grande Rivoluzione d'Ottobre e la lotta post-rivoluzionaria hanno dimostrato che i rivoluzionari avevano sottovalutato l'influenza dell'ideologia nazionalista sulle menti e le anime delle grandi masse popolari. Questo fu il motivo, insieme con la resistenza armata del capitale nazionale e internazionale, della sconfitta della classe operaia in paesi come la Lettonia, la Finlandia e la Polonia. Più tardi, sullo sfondo della crisi mondiale del capitalismo, la stessa ideologia ha favorito l'ascesa al potere dei partiti fascisti e nazionalsocialisti in Italia e Germania, come la creazione delle dittature fasciste in altri paesi europei.

Fu l'esplosione del nazionalismo una delle principali cause della disintegrazione dell'URSS, il primo e più potente Stato socialista.

E' il nazionalismo a costituire oggi il principale ostacolo all'unione e solidarietà tra i lavoratori dei paesi dell'ex Unione Sovietica e dell'Europa orientale.

Vi è un fondato motivo di supporre che sarà il nazionalismo l'arma di lotta universale contro il movimento rivoluzionario cui ricorreranno i governi borghesi di molti paesi, gli stessi governi che oggi ostentano la loro correttezza politica, il multiculturalismo ed altri valori liberali.

La base storica dell'internazionalismo del Partito Socialista di Lettonia. (1904-1906)

Nel giugno del 1904 a Riga, ebbe luogo il I Congresso del Partito Operaio Socialdemocratico di Lettonia (POSDL), "il cui erede legale ed ideologico è il Partito Socialista di Lettonia (PSL)" (1).

Dal momento della sua creazione, il partito combattente del proletariato lettone si forma sulla solida base dell'internazionalismo proletario, svolgendo una costante lotta contro il nazionalismo borghese.

Gli eventi sanguinosi del 9 gennaio 1905 posero le basi per la prima manifestazione di massa degli operai lettoni, rivelarono la solidarietà internazionale e diedero il via alla rivoluzione democratico-borghese. Il Comitato Centrale si rivolse così ai lavoratori: "Ora che la neve del suolo di Pietroburgo è impregnata col sangue dei nostri compagni, proveremo tanta vergogna a lavorare per i nostri sfruttatori versando fino all'ultima goccia di sudore. In questo momento storico, il nostro dovere e quello di tutti i lavoratori è di abbandonare il lavoro e unirci ai compagni di San Pietroburgo. Noi dichiariamo uno sciopero generale!" (2). L'esperienza della lotta internazionale congiunta durante la rivoluzione è stata uno dei fattori decisivi per demolire la posizione dei federalisti fino ad allora prevalente nel partito - "l'opportunismo in forma federalista" (3). Nel marzo del 1906 nella sua opera "Piattaforma tattica per il Congresso di Unificazione del POSDR", V. Lenin sottolineò: "è necessario prendere i provvedimenti più energici per la rapida fusione di tutti i partiti socialdemocratic nazionali nell'unico Partito Operaio Socialdemocratico di Russia"(4).

Sulla base dei principi di Lenin e in conformità con il "Progetto delle condizioni per l'unione del Partito Operaio Socialdemocratico di Lettonia con il POSDR", adottato nel IV Congresso del POSDR, si celebrò l'unione tra POSDL e POSDR. La questione dell'unificazione finale fu decisa nel III Congresso del POSDL e nel luglio del 1906 il POSDL divenne sezione territoriale del POSDR, con il nome di Socialdemocrazia della regione lettone [Social Democracy of the Latvian Area, SDLA l'acronimo in inglese, ndr]

L'esperienza della Rivoluzione: vittorie e sconfitte (1914-1920)

Verso l'inizio della Prima guerra mondiale, la SDLA seguì fermamente le direttive di Lenin, agendo sotto la bandiera della trasformazione della guerra imperialista in guerra civile.

La borghesia lettone locale cercava di difendere i propri interessi di classe e di cacciare la borghesia e l'aristocrazia tedesca dalle loro posizioni economiche e sociali in Lettonia. Nel 1915, in conformità a tale scopo vennero create le formazioni armate nazionali, le unità dei Tiratori lettoni.

Nel 1917, dopo la Rivoluzione di Febbraio, i capitalisti lettoni speravano che le unità armate dei Tiratori si unissero sotto la bandiera del separatismo e del nazionalismo borghese. Questo però non accadde. Durante la guerra, la SDLA svolse una costante attività propagandistica tra le unità dei Tiratori, spiegando la sua visione sulla questione nazionale e difendendo l'idea internazionalista dell'unione dei lavoratori. Nel maggio 1917, il Congresso dei Tiratori lettoni approvò la risoluzione proposta dal Comitato Centrale della SDLA, che prendeva atto della necessità di stabilire legami fraterni con i soldati tedeschi e di lottare contro i capitalisti di tutti i paesi. Il Congresso annunciò: "La nostra parola d'ordine continua ad essere l'appello alla democrazia rivoluzionaria: dare tutto il potere ai deputati dei Soviet degli operai, dei soldati e dei contadini" (5). Il Congresso annunciò la nascita dei Tiratori lettoni rossi, che saranno i fedeli guardiani della rivoluzione.

Durante il V Congresso, la Socialdemocrazia di Lettonia (SDL, nome acquisito dalla SDLA nel luglio 1917) diede una risposta forte al separatismo. Il Congresso osservò che "fintanto che l'ultima parola nella vita pubblica e delle singole unità non appartiene al proletariato, fino a quando l'isolamento accrescerà il ritardo politico ed economico ... lo sviluppo andrà a benefico della borghesia e ostacolerà l'unificazione internazionale del proletariato nella lotta per il socialismo" (6). Il 16 ottobre la conferenza straordinaria della SDL si pronunciò così: "il proletariato della Lettonia deve mantenere la più stretta unione con i lavoratori delle città rivoluzionarie di San Pietroburgo e Mosca, avendo come obiettivo l'appoggio con tutte le sue forze e mezzi possibili alla lotta del proletariato russo per il potere dello Stato" (7).

Come i lavoratori della Lettonia appresero del trionfo dell'insurrezione armata a San Pietroburgo, i sovietici iniziarono ad assumere il potere nelle loro mani nelle regioni lettoni prive della presenza dell'esercito tedesco. Nelle elezioni all'Assemblea costituente russa in Livonia, votò a favore dei candidati bolscevichi il 72% degli elettori. Fra le truppe dei tiratori, votarono a favore dei candidati del Partito bolscevico, che aveva come capolista il nome di V. Lenin, il 96,5% degli aventi diritto. (8)

Va ricordato che verso la metà di febbraio del 1918, circa 5.500 dei Tiratori lettoni rossi svolgevano servizio internazionale nel territorio della Russia sovietica. Tra loro c'era il 6° Reggimento di Tukums, che era a disposizione del Governo sovietico e le cui unità vigilavano la sede del Governo allo Smolny (e in seguito al Cremlino). Nel territorio libero di Lettonia in quel momento si trovavano 9.500 Tiratori lettoni rossi. Tuttavia, verso la fine di febbraio, l'intero territorio venne occupato dalle truppe tedesche. Anche in questo caso, rispondendo alla chiamata del Comitato Centrale della SDL, i Tiratori rivoluzionari decisero che: "i Tiratori lettoni non devono deporre le armi ed arrendersi alla Germania militarista, ma allearsi all'esercito del proletariato russo" (9). Tutte le unità dei Tiratori lettoni si ritirarono in Russia. Per il mese di aprile si era formata la Divisione lettone sovietica dei Tiratori, una delle prime formazioni della giovane Repubblica sovietica.

Nel novembre del 1918, aveva fine la rivoluzione in Germania ed il governo sovietico annullò il Trattato di Brest. Tra i lavoratori della Lettonia si diffuse la speranza di conquistare il potere sovietico e costituire il primo Stato degli operai e contadini.

Si capisce quindi l'intervento degli imperialisti di Gran Bretagna e Stati Uniti. Con la loro partecipazione diretta ("il fattore decisivo risultò essere l'odio dell'Inghilterra verso il bolscevismo") (10) nel territorio lettone occupato dalle truppe tedesche, il 18 novembre venne proclamata la costituzione del governo provvisorio, chiamato Consiglio popolare, che comprendeva tutti i partiti borghesi e piccolo-borghesi attivi in quel momento.

La XVII Conferenza illegale della SDL, che si svolse a Riga il 18 e 19 novembre, prese la decisione di preparare una sollevazione armata, espellere le truppe tedesche dal territorio lettone e rovesciare il dominio borghese. La risoluzione del Congresso riguardo la questione nazionale stabiliva: "Il proletariato della Lettonia non ha nulla in comune con il nazionalismo borghese ... il nazionalismo borghese e l'aspirazione all'indipendenza borghese rappresentano un mezzo per lottare contro il proletariato lettone" (11).

L'apporto della Russia sovietica al trionfo della rivoluzione in Lettonia non può essere sottovalutato. Parte dell'Occidente aiutò la VII Armata a sconfiggere i nazionalisti della Divisione dei Tiratori lettoni. Il 3 gennaio 1919, i lavoratori di Riga organizzarono una insurrezione armata e presero nelle loro mani il potere nella città.

Al I Congresso dei Soviet della Lettonia, il 13 gennaio 1919 a Riga, venne approvata la prima Costituzione della Lettonia sovietica, che celebrò il trionfo della rivoluzione in territorio lettone. Il VI Congresso della SDL cambiò il nome in Partito Comunista di Lettonia (PCL).

Tuttavia, il potere dei soviet nel territorio della Lettonia durò meno di un anno giacché fu abbattuto dall'attacco delle forze congiunte della guardia bianca lettone, dei baroni tedeschi e degli imperialisti inglesi e americani. Allo stesso tempo, la borghesia lettone sedusse la maggior parte della popolazione, soprattutto artigiani, operai e contadini, con le idee sulla sovranità nazionale e dello Stato che sarebbe appartenuto. Le truppe del governo russo cominciarono a subire perdite e a cedere territori. All'inizio del 1920, fu costretto ad annunciare il proprio scioglimento. Il PCL passò alla clandestinità e annunciò la sua adesione all'Internazionale Comunista come sezione indipendente.

Dalla dittatura della borghesia alla dittatura del proletariato (1920-1940)

Durante il periodo della dittatura borghese, il PCL mantenne una lotta attiva per organizzare i lavoratori e difendere i loro diritti legittimi. Il PCL pose l'accento principale sull'organizzazione ed esecuzione degli scioperi, sommosse e manifestazioni. I comunisti colsero l'occasione per svolgere il lavoro legale attraverso le commissioni operaie ed i sindacati di sinistra. Nelle elezioni al terzo Saiema (Parlamento) nel 1928, i comunisti riuscirono a formare il blocco di "operai e contadini", a ricevere 6 commissioni su un totale di 100 e a formare la Frazione degli operai e contadini. Fu questo un risultato considerevole. I deputati comunisti utilizzarono la tribuna del parlamento per diffondere le loro idee. Essi prestavano molta attenzione a mettere in evidenza i pericoli del consolidamento delle tendenze fasciste e nazionaliste borghesi, e portavano come esempio la vita del popolo lavoratore nell'URSS per enfatizzare il contrasto. Con la crisi generale del sistema capitalista come sfondo, la posizione del PCL si rafforzò. Nelle elezioni del quarto Saiema (1931) i comunisti ottennero 7 commissioni. Allo stesso tempo, nel 1931-1933 il paese fu attraversato da un'ondata di scioperi e manifestazioni da parte di lavoratori e disoccupati, guidate dal PCL. Era evidente che l'aumento costante della lotta di classe negli ultimi 10 anni raggiungeva il suo culmine. In quel momento, i circoli reazionari decisero di organizzare un colpo di stato per instaurare la dittatura fascista con alla testa K. Ulmanis. Il Saiema fu sciolto, la frazione operaio-contadina arrestata. Tutte le organizzazioni operaie e sindacali sospesero le attività. Quella dittatura, insieme all'ideologia tradizionale conservatrice di destra, caratteristica in molti regimi europei del tempo, aveva come principale componente quella nazionalista. Proprio in quel periodo avviene la maggior parte delle azioni nazionaliste e anticomuniste del potere borghese. Non è un caso che ancora oggi il periodo della dittatura borghese del 1933-1940 è un modello per i nazionalisti radicali e neo-nazisti in Lettonia.

In quelle condizioni, il PCL costruì la sua tattica partendo dalla necessità di creare un fronte popolare antifascista comune. Con l'iniziativa del PCL venne stipulato un accordo con il Partito Socialista Operaio-Contadino di Lettonia (creato sull'ala sinistra del Partito Socialdemocratico) e fu fondata l'Unione della Gioventù Lavoratrice di Lettonia (su base congiunta del Komsomol e dell'Unione della Gioventù Socialista della Lettonia). Rispondendo alla chiamata del PCL, molti lavoratori della Lettonia compirono il loro dovere internazionalista in Spagna, come parte delle Brigate Internazionali.

Il 5 ottobre 1939, Lettonia ed URSS firmarono l'Accordo di collaborazione e in territorio lettone vennero acquartierati 25.000 soldati sovietici. Tuttavia, K. Ulmanis violò ripetutamente l'accordo, causando una nota al console lettone da parte del governo sovietico che richiamava la sua attenzione su tali reati e chiedeva la formazione di un governo in grado di garantire il rispetto delle clausole stabilite e di ospitare sul territorio della Lettonia le forze complementari dell'Armata Rossa.

Il 17 giugno, le divisioni dell'Armata Rossa entrarono in Lettonia. Avvenimento che influenzò in misura considerevole i successi rivoluzionari seguenti, ma questa influenza non fu decisiva, come cercano invece di dimostrare gli storici borghesi. Non ci sono prove di violazione della sovranità della Lettonia durante i giorni successivi alla rivoluzione. I lavoratori della Lettonia, che avevano sofferto sulla propria pelle lo sfruttamento dello Stato della "loro" borghesia nazionale e che si erano resi conto che esso non era diverso da qualsiasi altro basato sullo sfruttamento, divennero il motore dei cambiamenti rivoluzionari.

Il numero dei membri del PCL diminuì a seguito della repressione del regime dittatoriale di Ulmanis, ma nonostante questo il PCL organizzò il 17-21 giugno alcune manifestazioni di massa dei lavoratori chiedendo le dimissioni del governo in carica, l'istituzione di un nuovo governo democratico, la legalizzazione del Partito Comunista e la liberazione dei prigionieri politici.

Il governo popolare di nuova formazione (che non aveva comunisti tra i suoi membri) annunciò nuove elezioni nel nuovo Saiema popolare. Nelle elezioni del luglio 1940, il 97,8% degli elettori votò per il Blocco del Popolo Lavoratore della Lettonia, formato dai comunisti e da deputati indipendenti. Il 21 luglio, 100.000 persone manifestarono chiedendo di risolvere la questione dell'unione della Lettonia all'URSS. Il 5 agosto, il Consiglio Supremo decise per l'unione.

Il popolo lavoratore iniziò il suo lavoro creativo e pacifico che fu interrotto dalla Grande Guerra Patriottica.

La prova del fuoco (1941 - 1945)

Gli anni della Grande Guerra Patriottica hanno rappresentato il banco di prova della resistenza non solo dell'economia socialista, ma anche della forza dell'internazionalismo di tutto il popolo sovietico. Le speranze dei fascisti, che allo scoppio della guerra le repubbliche sovietiche sarebbero state sommerse da proteste nazionaliste e separatiste contro il potere sovietico e che l'URSS sarebbe crollata sotto questi colpi, dall'interno, uniti all'aggressione fascista dall'esterno, queste speranze fallirono.

La Lettonia può servire da esempio di come la politica esercitata in tale periodo fosse corretta. Il suo obiettivo era di liquidare la borghesia come classe, a causa del suo principale interesse alla restaurazione del capitalismo e di decapitare la "quinta colonna" nazionalista. Alla Grande Guerra Patriottica corrispose il periodo della lotta di classe accanita. Una parte della "quinta colonna" venne arrestata ed allontanata dal territorio della Lettonia una settimana prima dello scoppio della guerra. Ma nel paese, dove il potere sovietico era istituito da un anno, i capitalisti agricoli non erano ancora stati neutralizzati e la borghesia nelle città sognava di recuperare le sue proprietà nazionalizzate. Per corrompere la coscienza popolare venne di nuovo utilizzato il nazionalismo borghese, vantaggioso in egual misura per la borghesia locale e gli occupanti fascisti. I lacchè fascisti e i traditori del proprio popolo coltivavano l'idea della "possibile indipendenza economica e culturale" (12) e diffondevano la menzogna propagandistica sul primo anno del potere sovietico che dipingevano come "un anno terribile" e sul "genocidio premeditato del popolo lettone" (13). In seguito a tale propaganda una parte della popolazione prese parte alle unità delle Waffen SS. È necessario ammettere che una gran parte degli contadini lettoni (in primo luogo quelli ricchi, coloro che possedevo gli appezzamenti più grandi ed i mezzi di produzione) appoggiarono attivamente anche le bande criminali nazionaliste del dopoguerra. Il carattere di classe della lotta è confermato anche dal fatto che, insieme alle truppe dell'Armata Rossa, si ritirarono in territorio sovietico gli operai (che rappresentavano la maggior parte degli esuli), l'amministrazione sovietica e del partito, così come i contadini senza terra ed i piccoli proprietari terrieri. Nel 1941 venne fondata la Divisione lettone dei Tiratori volontari. La sua composizione rifletteva esplicitamente quali erano le forze riunite sotto la bandiera dell'internazionalismo proletario per difendere la rivoluzione dalla sezione più reazionaria della borghesia mondiale - il fascismo tedesco, - "sono per il 62% operai, il 29% funzionari sovietici, il 9% contadini" (14).

Prova di forza: i "nazional-comunisti" (1956 - 1959)

L'ingresso della Repubblica Socialista Sovietica di Lettonia nel complesso economico della famiglia unita dei popoli dell'URSS, la ricostruzione dell'economia profondamente danneggiata dalla guerra, l'industrializzazione, tutto questo richiese una grande quantità di operai e intellettuali, tecnici e funzionari dello stato con esperienza. La popolazione della Lettonia nel 1950 era di 1.943.000 abitanti, di cui 1.063.000 residenti nelle aree rurali (15). Per ragioni oggettive, la Repubblica di Lettonia pativa una carenza di risorse umane altamente qualificate. Il risultato fu un considerevole aumento del saldo migratorio [differenza tra numero immigrati ed emigrati] della popolazione. Non venne adottato un approccio ragionevole e equilibrato sulla questione nazionale riguardo i nuovi arrivati da altre repubbliche sovietiche (si trattava di insegnare loro la lingua, la cultura e le tradizioni della popolazione autoctona). Una parte dei funzionari sovietici e del partito, al contrario, utilizzarono quel gruppo per i loro fini nazionalisti e separatisti. Come catalizzatore dell'intervento dei cosiddetti nazional-comunisti, servirono le decisioni nazionali del XX Congresso del Partito Comunista e la politica revisionista della "destalinizzazione". Si cercò di limitare la crescita del saldo migratorio della popolazione nella capitale con il pretesto di salvaguardare la cultura autoctona. Mentre Riga diventava una delle capitali industriali più sviluppate dell'URSS, iniziarono a manifestarsi le idee sulla "necessità di dare la preferenza non allo sviluppo dell'industria pesante e alla produzione dei mezzi di produzione, ma a quella leggera per soddisfare le esigenze della popolazione della Repubblica" (16). Questo messaggio può essere considerato un tentativo di spezzare una singola pianificazione economica nazionale e dividere la Repubblica Socialista Sovietica di Lettonia dal sistema economico sovietico

Tuttavia, in questa fase il partito era ancora in grado di bloccare le attività separatiste. L'assemblea del Comitato Centrale del PCL sconfisse i leader nazional-comunisti e le loro idee.

Nazionalismo, l'arma della controrivoluzione (1988 - 1991)

I pericolosi processi opportunisti che avevano avuto inizio con il XX Congresso del PCUS e le riforme economiche a metà degli anni 1960, avviarono l'aperta restaurazione capitalistica e controrivoluzionaria nel territorio dell'URSS, portando alla temporanea sconfitta del sistema socialista.

Il nazionalismo piccolo-borghese è stato senza dubbio uno dei metodi utilizzati dalle forze controrivoluzionarie per disintegrare l'unità statuale, per sollecitare le idee separatiste in molte delle repubbliche sovietiche. Questi processi si manifestarono come massima chiarezza nelle repubbliche baltiche, tra cui la Lettonia.

I circoli che anelavano la restaurazione borghese capirono che le aperte idee capitaliste non avevano futuro come traino per le masse. La gente non avrebbe mai ceduto le conquiste del potere sovietico come la sanità e l'istruzione gratuita, l'alloggio praticamente gratuito, il diritto al lavoro e alle vacanze garantito. Per questo motivo, spostarono il peso della propaganda sui sentimenti nazionali della popolazione, con le proposte di "ridurre l'influenza del Centro sovietico sulla regione ", ridurre il saldo migratorio della popolazione, ecc. A poco a poco, queste idee si tramutarono in richieste sempre più radicali, come la "separazione dall'unione economica dell'URSS", la "autonomia", ecc., per finire con la "restaurazione dello Stato pre-1940". Naturalmente, nessun documento menzionava che questa restaurazione doveva essere quella del capitalismo.

Le forze organizzative della controrivoluzione formarono nell'ottobre del 1988 il Fronte Popolare di Lettonia (FPL). Va notato che a quel tempo apparirono alcune fratture ideologiche nelle file del PCL. Una parte del partito si oppose alla creazione del FPL, mentre l'altra non soltanto non si oppose, ma lo caldeggiò, considerandolo il primo passo per la restaurazione del capitalismo.

Un anno dopo, nel II Congresso del FPL i temi della "democratizzazione" e della "sovranità all'interno dell'URSS" cambiarono in quello della "necessità di una piena indipendenza della Repubblica di Lettonia e della sua separazione dall'USSR" (17). In quei giorni si stavano disegnando i primi passi verso la deindustrializzazione del paese, l'annientamento della classe operaia, la disintegrazione delle unità di lavoro collettive che riunivano migliaia di persone. Questo inoltre si realizzò sotto gli slogan nazionalistici e le nobili parole sulla necessità di preservare il numero di abitanti autoctoni della nazione, riducendo la migrazione di manodopera. Il FPL scriveva nel suo programma: "Il FPL è a favore che lo sviluppo industriale della Lettonia si basi solo sulle risorse umane locali. Conseguentemente è necessario ridurre il numero sproporzionato di posti di lavoro nella Repubblica" (18). Il FPL rafforzava le sue posizioni attraverso la propaganda che contrapponeva l'idea dell'agricoltura nazionale (promettendo inoltre la dissoluzione delle cooperative agricole - kolchoz - e la conseguente privatizzazione delle terre) all'industria "sostenuta dagli immigrati". Questa politica trovava sostenitori nelle zone rurali dove la popolazione era prevalentemente di nazionalità autoctona. Il primo programma del FPL conteneva la tesi per cui "Il FPL considera l'agricoltura come sua priorità e vuole realizzare questa politica coerentemente" (19).

Nel mese di aprile del 1990, il PCL subì una scissione: 242 deputati su 700 uscirono dalla sala del Congresso e formarono il Partito Comunista Indipendente che sosteneva le idee del FPL.

I lavoratori della Lettonia non cedettero alla retorica nazionalista e rendendosi conto del pericolo del nuovo corso, si impegnarono per salvare il potere sovietico. Nei primi mesi del 1989 si costituì il Fronte Internazionale del Lavoro (Interfront) e nel maggio 1991, insieme al PCL, si formò il Comitato di Salvataggio Lettone. Tuttavia, non riuscirono a salvaguardare il socialismo. Dopo la restaurazione del capitalismo, la borghesia continuò, e continua ancora, ad utilizzare il nazionalismo per produrre crepe nel movimento operaio.

La borghesia giunse al potere e impresse il primo passo verso il consolidamento dalla sua influenza: proibì l'organizzazione che in modo costante ha seguito la politica dell'internazionalismo proletario. Il 24 agosto 1991, l'attività del PCL fu interrotta senza un'indagine o processo. La propaganda comunista venne vietata e il Primo segretario del Comitato Centrale, Alfred Rubik, fu incarcerato.

Oltre alla distruzione dei grandi centri di lavoro collettivi, i capitalisti rimossero i diritti politici (la cittadinanza) a tutti gli abitanti giunti nel paese durante gli anni sovietici, persone che formavano il proletariato industriale.

Allo stesso tempo, si intensificò l'attacco da parte dei mezzi di comunicazione diffondendo le idee del nazionalismo e della russofobia. La commissione di storici nominata dal Presidente della Repubblica di Lettonia si dedicò a "riscrivere" la storia: i legionari delle Waffen SS e le organizzazioni criminali dei nazionalisti borghesi che continuarono dopo la guerra ad opporsi al potere sovietico vennero considerati eroi. Si presenta la "occupazione" della Lettonia come un fatto indiscutibile, mentre al contrario non si dice una parola sulla lotta eroica del popolo lettone contro i propri capitalisti.

Come risultato di questo lavoro dell'apparato propagandistico borghese, gran parte della popolazione autoctona, soprattutto i giovani, ha ricevuto un'immagine errata del periodo sovietico nella storia della Lettonia, l'idea dell'internazionalismo proletario è stata falsificata, il nazionalismo piccolo-borghese si è installata nelle loro menti. Prova evidente sono le sfilate dei legionari che si svolgono con il tacito accordo del potere e in cui ogni anno si riuniscono sempre più giovani. Il livello del nazionalismo nel paese si può anche valutare dal fatto che nelle ultime elezioni parlamentari sono stati eletti 6 membri del partito neo-fascista "Tutto per la Lettonia", uno di loro è un ex legionario delle SS eletto per la seconda volta.

Dobbiamo ricordare che i problemi della minoranza russa in Lettonia sono diventati il punto di riferimento per gli interessi della Russia contemporanea. Dopo la disintegrazione dell'URSS, il sostegno della Russia è stato ridotto e concentrato sui partiti autoproclamatisi "difensori del popolo russo" della repubblica, quelli che si basano sulle idee dello scontro etnico e respingono l'internazionalismo e l'importanza del concetto di classe nei processi sociali. Utilizzano con frequenza lo slogan "I russi stanno arrivando!"

Il Partito Socialista di Lettonia (PSL), nelle condizioni attuali, con fermezza mette in pratica le idee dell'internazionalismo proletario, la fratellanza e l'amicizia tra i popoli. Il PSL non spiega i processi storici attraverso il nazionalismo, ma dal pugno di vista degli interessi di classe, insegna al popolo lavoratore che l'esperienza storica dell'allontanamento dai principi dell'internazionalismo proletario finisce con l'istituzione del potere della borghesia e lo sfruttamento dei lavoratori, rompendo il fronte unito di lotta dei lavoratori per la liberazione dalle catene del capitalismo.

L'ultimo rifugio del capitalismo

La storia molte volte ha dimostrato che in condizioni critiche, quando la situazione rivoluzionaria è alle porte, il capitalismo non disprezza i metodi più vili per mantenere il suo potere: utilizza contro il popolo la violenza spudorata, scatena i conflitti militari e le guerre mondiali. Ma le armi di distruzione di massa inventate nel XX secolo rendono la guerra pericolosa per lo stesso capitale internazionale. In caso di guerra nucleare, nella Terra non ci sarebbe alcun luogo protetto perché si possa condurre una vita sicura. Inoltre, con l'emergere dei paesi socialisti e come risultato della lotta degli operai dei paesi capitalisti per i propri diritti, il capitalismo è stato costretto a umanizzare in certa misura le relazioni socio-economiche. Cadendo il sistema socialista, questa umanizzazione non è stata più necessaria. Tuttavia, portare via ai lavoratori tutti i loro successi in un colpo potrebbe portare ad una esplosione sociale, che è assolutamente indesiderabile. Per questo motivo, negli ultimi dieci anni, il sistema di tutele è stato progressivamente eliminato con il pretesto di prendere "misure per superare la crisi", "stabilizzare i sistemi finanziari" o "migliorare la certificazione del credito del paese". Queste misure però provocano proteste da parte dei lavoratori. Con frequenza sfociano in azioni di massa sotto la guida dei partiti di sinistra e dei sindacati. Per neutralizzare le rivendicazioni, senza ricorrere apertamente alla violenza, i governi borghesi cercano di re-indirizzare il malcontento delle masse verso altri oggetti o regioni. Possiamo supporre che le relazioni nazionali, nazionalismo e razzismo tornino ad essere la base ideologica per questi obiettivi.

Questa tendenza è visibile non solo nella crescente influenza dei partiti di estrema destra e neonazisti in alcuni paesi, ma anche nel riconoscimento pubblico del "fallimento della politica del multiculturalismo" da parte di un paese come la Germania. Possiamo considerarlo come un rifiuto dei principi fondamentali delle relazioni internazionali dichiarati nella seconda metà del XX secolo, nascosto finora, ma non dubitabile.

In effetti, la politica del multiculturalismo e la correttezza politica attuata fino ad oggi nell'Unione europea è inefficace e talvolta sembra una caricatura. La stessa politica provoca una situazione che può portare allo scontro nazionale in diversi paesi.

La frequenza e le proporzioni dell'uso dell'ideologia nazionalista da parte della borghesia nella sua lotta per il potere aumentano a causa dei seguenti motivi:

1. È facile da usare. Gli avvenimenti nei paesi ex-sovietici, tra cui la Lettonia, dimostrano che per il loro uso non sono necessari argomenti seri, né molta preparazione. Tutto si può spiegare in forma concentrata: "non siamo come loro, per questo loro sono stranieri. Gli stranieri sono nemici". Ecco che i colleghi di ieri, i compagni di partito, i vicini di casa, diventano rivali inconciliabili, pronti, se non a un pogrom etnico, a ritirare loro i diritti civili.

2. È universale. Non ci sono paesi dove questa ideologia non funziona. La popolazione di molti paesi è, o era nella sua storia recente, composta da diverse etnie. Molti divennero paesi multietnici a causa dell'immigrazione di manodopera dall'estero o a eventi storici. I paesi relativamente mono-etnici hanno le loro diaspore all'estero, qui il motto sarebbe "difendere i compatrioti all'estero".

3. Ha un effetto cumulativo. Se i fattori etnici non sono abbastanza forti, è possibile far rivivere le storiche rivendicazioni territoriali o i miti sull'occupazione, lo spostamento dei popoli, le migrazioni, ecc.

L'esempio della Lettonia è inoltre degno di nota in quanto il nazionalismo non è stato utilizzato solo nel periodo del crollo dell'URSS, ma in tutti gli anni successivi, fino ad oggi. I poteri lettoni utilizzano, nella loro politica etnica, forme e metodi impensabili nei paesi europei o negli Stati Uniti. I governi e politici dell'Unione europea, compresi i rappresentanti della socialdemocrazia e delle altre forze che si auto-denominano di sinistra, criticano spietatamente gli altri Stati per la proibizione delle manifestazioni in favore dei gay o per la violazione dei diritti degli animali, ma sono accondiscendenti riguardo le centinaia di milioni di persone che sono state private dei loro diritti sociali, così come ai nazisti della Seconda guerra mondiale sono dati gli onori di eroi senza pronunciarsi sull'aperto protezionismo etnico.

Questa politica di non intervento dimostra che il capitalismo internazionale utilizza la Lettonia e altri paesi dell'ex blocco socialista come un laboratorio per migliorare i propri futuri metodi per incanalare l'energia rivoluzionaria delle masse dal settore di lotta sociale di classe al campo dei conflitti etnici. Si tratta di una tendenza molto pericolosa e non sarebbe saggio sottovalutarla. Il nazionalismo è quasi sempre legato all'anticomunismo e tende ad acquisire forme fasciste o a convertirsi in razzismo.

La situazione attuale in Lettonia mostra che è impossibile fermare il nazionalismo con le idee liberal-cosmopolite o attraverso la difesa dei diritti umani, oppure con il cosiddetto "contro-nazionalismo". Le forze politiche che avevano tentato questa strada hanno fallito o sono mutate a favore di un'ideologia chiaramente borghese.

C'è solo un modo per opporsi sia al nazionalismo che al cosmopolitismo e alle diverse conseguenze della globalizzazione capitalista: è la politica dell'internazionalismo cosciente della classe operaia volto al cambiamento rivoluzionario radicale della società.

Note

1) Programma del PSL, p.4 (in russo)
2) Opuscoli delle organizzazioni socialdemocratiche della Lettonia nel periodo della prima rivoluzione russa. Riga, 1956, p.26
3) I. Stalin. Come la socialdemocrazia considera la questione nazionale Opere complete, Rinascita, vol.1, p.52
4) I. V. Lenin, Opere Complete, Editori Riuniti, vol.10. p.155
5) La Storia dei Tiratori Lettoni, 1972, Riga, p.136
6) V.O. Miller. Primo stato sovrano del popolo lettone. Riga, 1988, p. 40-41
7) Il Partito Comunista della Lettonia nella Rivoluzione d'Ottobre del 1917. Riga, p. 466-467
8) Storia della Repubblica Socialista Sovietica di Lettonia, T.2, p.32 (in lettone)
9) Storia della Repubblica Socialista Sovietica di Lettonia, T.2, pag. 42 (in lettone)
10) Storia della Lettonia, secolo XX, 2005, Riga, p.106 (in lettone)
11) Partito Comunista di Lettonia negli anni 1918 e 1919. Documenti e materiali. 1958, Riga, pag. 160-161 (in lettone)
12) Storia della Lettonia, secolo XX, 2005, Riga, p.247 (in lettone)
13) Storia della Lettonia, secolo XX, 2005, Riga, p.225 (in lettone)
14) La lotta del popolo lettone nella Grande Guerra Patriottica, 1966, Riga, p.108 (in lettone)
15) Enciclopedia della Lettonia Sovietica, 1984, Riga, p.117 (in lettone)
16) Storia della Lettonia, secolo XX, 2005, Riga, p.364 (in lettone)
17) Enciclopedia della Lettonia, 2007, Riga, p.28 (in lettone)
18) La nostra storia, 1985-2005, Riga, 2007, p.126
19) La nostra storia, 1985-2005, Riga, 2007, p.128


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