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- pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 08-11-24 - n. 914
La giustificazione della guerra imperialista viene usata per "prendere per il naso" il popolo
Partito Comunista di Grecia (KKE) * | iccr.gr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
2024
Rivista Comunista Internazionale - Numero 13 - 2024
La giustificazione della guerra imperialista viene usata per prendere per in giro il popolo
Introduzione
Fin dall'inizio, il KKE ha evidenziato il carattere imperialista della guerra in Ucraina, che viene condotta dalle classi borghesi nel contesto del capitalismo monopolistico, alimentato dalla sete di profitto dei capitalisti.
L'Ucraina è un vero e proprio tesoro per il capitale, in virtù delle sue importanti risorse minerarie, delle sue vaste estensioni di terra arabile, delle sue infrastrutture tecnologiche avanzate (12 centrali termoelettriche, 6 centrali idroelettriche, 5 centrali nucleari, 6 importanti oleodotti, un'enorme rete di decine di chilometri di gasdotti per il trasporto del gas russo nei Paesi europei, 8 raffinerie), di decine di grandi impianti industriali (legname, lavorazione dei metalli, produzione di alimentari, industrie chimiche, industrie della difesa, cantieri navali) e di una numerosa manodopera. Tutto questo, oltre alla posizione geo-strategica del Paese, in particolare al suo accesso al mar Nero e al mar d'Azov, fa dell'Ucraina un moderno "pomo della discordia" tra gli imperialisti del blocco euro-atlantico (USA, NATO, UE) da un lato e la Russia capitalista e il blocco eurasiatico emergente a guida cinese dall'altro.
La corretta valutazione del carattere imperialista della guerra e l'approccio di classe che svela la natura antipopolare delle forze di classe che stanno conducendo questa guerra da entrambe le parti non ha peraltro impedito al KKE di organizzare lotte contro la NATO, di cui la Grecia è membro attivo. Lo stesso vale per la lotta del KKE contro gli USA, con i quali i governi borghesi - di destra, di sinistra e di centro - hanno sottoscritto un "accordo strategico" (Accordo di Cooperazione per la Difesa Reciproca), e per la lotta contro il coinvolgimento del nostro Paese nel conflitto.
Sin dallo scoppio della guerra, il KKE ha battuto la Grecia organizzando centinaia di iniziative contro la guerra e contro l'imperialismo: mobilitazioni di massa presso le basi USA, i porti e gli aeroporti di importanza strategica per le forniture di armamenti euro-atlantici - come il porto di Alexandroupolis - e blocchi simbolici delle forze NATO, con la condanna della guerra imperialista e la richiesta della fine della partecipazione della Grecia ai piani avventuristici dell'imperialismo euro-atlantico in Ucraina. Sia nel parlamento greco sia in quello europeo, il KKE ha votato contro la fornitura di armi e denaro al governo reazionario di Zelensky; e quando quest'ultimo ha tenuto un discorso al parlamento greco, il gruppo parlamentare del KKE è stato l'unico a rifiutarsi in blocco di partecipare alla seduta.
Il KKE ha informato il popolo riguardo alle cause della guerra, respingendo i pretesti utilizzati da entrambe le parti, e ha esortato il popolo a non prendere posizione per questi o quegli imperialisti - come hanno fatto purtroppo alcuni partiti comunisti che hanno accettato questi falsi pretesti o ne hanno inventati di nuovi in nome dell'"anti-imperialismo".
A prescindere dagli sviluppi militari del conflitto, siamo convinti che sia tuttora necessario, nell'ambito del movimento comunista internazionale, impegnarsi per smascherare le vere ragioni della guerra imperialista - ed è questo lo scopo di questo articolo.
«La Russia è stata costretta a reagire all'espansione della NATO allo scopo di imporre la "smilitarizzazione" dell'Ucraina»
Questa è un'argomentazione cruciale, che V. Putin ha utilizzato nel discorso con cui annunciava l'inizio dell'operazione militare in Ucraina.1 La verità, tuttavia, è che i rapporti tra la Russia borghese e la NATO erano iniziati molto prima. La borghesia russa era grata agli USA e alla NATO, che avevano appoggiato in ogni modo la restaurazione del capitalismo in Russia. Il famigerato Boris Yeltsin, parlando al Congresso USA nel 1992, proclamò che insieme sarebbero riusciti a "seppellire una volta per tutte il simulacro del comunismo", e concluse il suo intervento augurando "Dio benedica l'America".2 Nel frattempo, la Russia capitalista entrava a far parte della cosiddetta "Partnership per la Pace", veniva istituito il Consiglio NATO-Russia, si scambiavano ambasciatori, i due Paesi si invitavano a vicenda a esercitazioni militari, la Russia appoggiava l'intervento USA in Afghanistan e, come ha rivelato V. Putin, ancora un anno dopo i bombardamenti NATO contro la Jugoslavia, la Russia aspirava a entrare nella NATO.3
È significativo che la borghesia russa sia rimasta in silenzio in occasione del primo allargamento della NATO che ebbe luogo nel 1999 dopo la dissoluzione dell'URSS (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca), nonché del secondo, avvenuto nel 2004 (Bulgaria, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia, Estonia).
Questa presa di posizione è legata ai rapporti di forza tra le classi borghesi dei Paesi NATO e della Russia in quel particolare momento storico. È indicativo che la Russia abbia iniziato a sollevare il problema dell'allargamento della NATO soltanto a partire dal fatidico discorso che V. Putin tenne a Monaco (nel 2007), ricordando che gli Stati Uniti avevano dato a Gorbachev assicurazioni verbali riguardo al non allargamento della NATO e via dicendo.4 La borghesia russa iniziava a ritenere di aver consolidato il proprio potere e di dover rivendicare spazi per i propri monopoli, per creare a sua volta organizzazioni capitaliste nei territori dell'ex-URSS - ciò che l'allargamento della NATO le impediva di fare. L'allargamento mirava ad accerchiare la Russia, con nuove basi, nuove truppe, nuove esercitazioni rivolte contro la Russia. Questo allargamento e tutti i piani NATO contro la Russia, che si andavano accumulando come una polveriera, avevano lo scopo di dimostrare alla Russia che la NATO, braccio militare dei monopoli USA-UE, non avrebbe tollerato che interessi rivali sfidassero la supremazia dei suoi monopoli. Lo stesso valeva per l'Ucraina, che svolge un ruolo cruciale per gli interessi dei capitalisti sia euro-atlantici sia russi.
Oggi sappiamo che l'invasione russa dell'Ucraina non soltanto non ha arrestato l'allargamento della NATO, ma anzi lo ha accelerato, con l'ingresso nell'alleanza della Svezia e della Finlandia.
E naturalmente non ha nemmeno arrestato la militarizzazione dell'Ucraina. Migliaia di armi sono state convogliate e utilizzate nel conflitto in Ucraina. La Russia sostiene che la NATO intendeva dislocare missili in Ucraina, allo scopo di impedire alla Russia di reagire nell'eventualità di un attacco nucleare preventivo. È evidente che entrambe le borghesie stanno tentando di accrescere il proprio potere - non soltanto economico, ma anche politico e militare. A tale scopo, fabbricano nuove armi e potenziano i propri armamenti. Il numero delle armi ha ormai raggiunto livelli record in tutto il mondo.
Stati Uniti e Russia possiedono oggi il più vasto arsenale nucleare, in grado di distruggere il nostro pianeta. È il cosiddetto "equilibrio del terrore". Ciascuna potenza sa che verrà distrutta dall'altra se questa sarà la prima a usare armi nucleari contro l'avversario durante un conflitto.
La NATO si espande e parla apertamente di "first strike" ("attacco preventivo") nucleare. Anche la Russia ha abbandonato la "dottrina" nucleare che fu dell'URSS, che si era impegnata a non utilizzare per prima le armi nucleari in nessuna circostanza. In generale, entrambe le potenze stanno tentando di accantonare l'"equilibrio del terrore" assicurandosi un vantaggio strategico. La Russia, per esempio, ha sviluppato missili in grado di raggiungere la velocità di Mach 9, che attualmente nessun sistema di difesa aerea è in grado di abbattere e che possono trasportare testate nucleari, mentre gli Stati Uniti mirano a installare sistemi anti-missile in prossimità dei confini russi per impedire alla Russia di reagire energicamente a un attacco nucleare preventivo.
La Russia sostiene che la difesa dei suoi confini da una simile eventualità costituisce una questione "di vita o di morte" e che tale difesa può essere garantita soltanto assicurandosi la smilitarizzazione dell'Ucraina oppure occupando parte del suo territorio, destinata a fungere da "zona cuscinetto" o a essere direttamente annessa alla Federazione Russa. Tanto più che una serie di risoluzioni OSCE ha ribadito che "il rafforzamento della difesa di uno Stato non può andare a detrimento della sicurezza di un altro Stato".5 Perciò, la Russia ritiene di avere il diritto di intervenire militarmente per impedire questi sviluppi.
Tutto ciò è vero soltanto a metà - non soltanto perché il diritto internazionale e l'OSCE menzionano anche altre cose, tra cui l'inviolabilità dei confini e l'integrità territoriale delle nazioni,6 ma anche perché a rigor di logica questa argomentazione russa potrebbe applicarsi non soltanto all'Ucraina, ma anche alla Lettonia, alla Lituania, all'Estonia e alla Finlandia. Osservando una mappa, si nota che la distanza in linea retta tra Kharkiv e Mosca è più o meno uguale a quella che separa Mosca da Riga o da Tallinn, mentre la distanza tra Helsinki e Leningrado è addirittura minore. È evidente, quindi, che la Russia ha un atteggiamento diverso nei riguardi dell'Ucraina, il che significa che in realtà le ragioni dell'invasione russa dell'Ucraina non hanno a che fare con la smilitarizzazione.
«In Ucraina, la Russia sta combattendo il nazismo»
Anche questa scusa viene utilizzata ufficialmente dalla borghesia russa per giustificare la sua invasione che, afferma, sta "denazificando" l'Ucraina. È vero che, diversamente dalla borghesia ucraina che ha scelto di riabilitare i fascisti e i loro collaboratori che combatterono contro l'URSS, la borghesia russa sta utilizzando il sentimento antifascista del popolo russo. Questo, tuttavia, non protegge gli scolari russi dalla "contaminazione" del veleno dell'anticomunismo, per esempio quello del ben noto autore anti-sovietico Solzhenitsyn, che giustificava i collaborazionisti russi del nazismo, ammirava Franco e appoggiava Pinochet. I media - pubblici e privati - grondano anticomunismo, e perfino la vittoria sulla Germana nazista viene presentata come un trionfo ottenuto senza - o addirittura malgrado - l'azione del partito bolscevico. Organizzazioni paramilitari nazionaliste quali i cosacchi stanno assumendo le funzioni di forze di sicurezza nelle aree di frontiera. Già da diversi anni la ricorrenza pubblica della Rivoluzione d'Ottobre (7 novembre) è stata abrogata e sostituita da una festività nazionalista (4 novembre), il giorno dell'"unità nazionale". Lo stesso V. Putin dichiara pubblicamente di studiare le opere di Ivan Ilyin, ideologo fascista russo, e ne raccomanda la lettura ai giovani. Ha perfino visitato la sua tomba, deponendovi dei fiori.
Possiamo quindi concludere che la borghesia dominante in Russia sta tentando in realtà di strumentalizzare la Vittoria Antifascista e i sentimenti antifascisti e filo-sovietici del popolo russo.
Oltretutto, la ripresa delle posizioni fasciste in Ucraina non è stata improvvisa, e non è avvenuta dall'oggi al domani. È andata montando per anni, con la reintroduzione della visione di Goebbels sul "genocidio".
Che cos'ha fatto l'attuale leadership russa in tutti quegli anni per prevenire questo inaccettabile sviluppo? Ha fatto affari: come ha proclamato V. Putin, "nel 2011 il valore degli scambi bilaterali ha superato i 50 milioni di dollari".7 Proprio mentre in Ucraina si ridava fiato alla propaganda di Goebbels, la Russia forniva all'Ucraina "aiuti materiali", come ha affermato V. Putin; e soltanto tra il 1991 e il 2013 (cioè nel periodo in cui le idee fasciste prendevano piede in Ucraina), il bilancio ucraino ha beneficiato di qualcosa come 250 miliardi di dollari in termini di prestiti agevolati dalla Russia e prezzi speciali per l'energia russa. La Russia ha perfino coperto per intero i debiti contratti dall'Ucraina nel periodo sovietico. È davvero l'Occidente, dunque, il solo responsabile della rinascita della propaganda nazifascista in Ucraina? La borghesia russa non è forse altrettanto responsabile? Con chi stava collaborando, chi stava finanziando in tutti quegli anni?
Infine, non dobbiamo dimenticare che il fascismo è una creazione del sistema di sfruttamento, una scelta della borghesia, che mira a contrapporre al movimento operaio e popolare una forma di oppressione più dura, destinata a fare da "punta di diamante" privando il movimento di ogni possibilità di azione legittima allo scopo di preservare lo sfruttamento capitalista, cioè il sistema borghese. Per questo è assurdo dal punto di vista rivoluzionario ritenere, come fanno alcuni partiti comunisti, che la borghesia, perfino quella di un altro Paese, possa realmente avere l'intenzione di sbarazzarsi del fascismo, mentre difende costantemente con ogni mezzo il "grembo" che ha generato il fascismo stesso, cioè il sistema capitalista. Nessuna dittatura del capitale può condurre una vera lotta antifascista - nemmeno quella russa. Non a caso in entrambi i Paesi i diritti sindacali dei lavoratori sono sospesi, le voci contrarie alla guerra vengono zittite e i comunisti e gli altri progressisti che mettono in discussione le scelte dei governi borghesi vengono perseguitati.
«La Russia sta difendendo i suoi compatrioti»
Un altro pretesto è che la Russia si sia trovata costretta a difendere i cittadini russi e russofoni nel Donbass, minacciati di genocidio dal regime di Kiev.
È vero che milioni di russi e russofoni, dopo la dissoluzione dell'URSS, si sono ritrovati al difuori dei confini della Federazione Russa, per esempio nelle regioni della Crimea e del Donbass.
Ma le forze controrivoluzionarie russe, mentre smantellavano l'URSS, hanno forse sollevato la questione dei diritti di queste persone, o dei Paesi a cui sarebbero appartenute da quel momento le regioni in cui abitavano? Niente affatto!
Come sono state trattate queste popolazioni? La neonata borghesia russa le ha trattate come pedine nei suoi piani geopolitici per i territori dell'ex-URSS. La Russia calcolava che queste popolazioni avrebbero in ogni caso appoggiato i vari partiti russi o filo-russi che si stavano formando in diverse repubbliche ex-sovietiche, e che questi partiti a loro volta si sarebbero trasformati nei "pilastri" della politica russa in questi Paesi, appoggiando le varie strutture e organizzazioni capitaliste promosse dalla Russia.
Questa è stata la politica perseguita dalla Russia in relazione alle popolazioni russe e russofone dell'Ucraina fino al 2014, quando è divenuto chiaro che la borghesia ucraina avrebbe utilizzato mezzi repressivi per "ucrainizzare" con la forza le popolazioni dell'Ucraina orientale, il che ha suscitato la reazione e perfino l'insurrezione di parte di queste popolazioni. La borghesia russa ha strumentalizzato questa comprensibile reazione delle popolazioni russe e russofone, sollevatesi contro l'oppressione etnica e linguistica, per promuovere i propri piani. Così ha isolato e annesso la Crimea, inglobando in tal modo tre quarti delle acque territoriali di cui l'Ucraina disponeva nel mar d'Azov e nel mar Nero. Ha inoltre isolato parte della regione del Donbass, e oggi, dopo l'invasione, controlla quasi per intero questa regione nonché quella di Kherson, che comprende una porzione importante della base industriale e delle terre arabili dell'Ucraina.
Gli interessi dei capitalisti russi per i loro compatrioti al di là del confine, camuffati dallo slogan del "Mondo Russo" e della sua riunificazione, sono alimentati dal puro e semplice profitto. I capitalisti russi ritengono che questi milioni di persone permetteranno loro di accrescere la manodopera da sfruttare e di utilizzarla come "testa di ponte" nella base industriale e nei territori dell'altro Paese, violandone i confini e annettendo territori che nel 1991, mentre smantellavano l'URSS, avevano riconosciuto come non appartenenti a loro.
La verità è che le minoranze etniche, religiose e linguistiche dovrebbero avere il diritto di tutelare la propria lingua, la propria religione, le proprie usanze e le proprie tradizioni, e potrebbero costituire dei pilastri dell'amicizia tra i popoli - non degli "strumenti" per smembrare i Paesi. Questo, infatti, non può che condurre a diffusi spargimenti di sangue, come è già avvenuto in varie regioni, come i Balcani, dove vediamo come le classi borghesi abbiano strumentalizzato e continuino a strumentalizzare queste questioni.
Oltretutto, i comunisti sono sempre stati contrari alle annessioni di territori con il pretesto della "protezione delle minoranze etniche".
Nella pratica, la superiorità dello Stato multietnico e federale dell'Unione Sovietica nell'affrontare i problemi dell'oppressione etnica e delle minoranze è stata dimostrata sia con la creazione di territori nazionali, con ampie autonomie e forme di autogoverno, sia attraverso il rispetto delle caratteristiche specifiche che formavano le varie identità etnico-culturali, con la preservazione e il sostegno fornito alla lingua, alla scrittura, alle usanze, alle tradizioni, alla letteratura, alla poesia di ciascuna nazione e gruppo etnico. Le accuse della leadership russa secondo cui Lenin avrebbe piazzato una "bomba a orologeria nelle fondamenta dell'URSS" con la politica delle nazionalità perseguita dai bolscevichi sono totalmente infondate e inaccettabili.
«Lo "scontro di civiltà": il "miliardo d'oro" contro il "mondo russo"»
In questa confusa prospettiva non di classe, al "miliardo d'oro", denominazione che riunisce arbitrariamente gli Stati Uniti e i Paesi loro alleati, si contrapporrebbe il cosiddetto "mondo russo".
Quest'ultimo concetto, che è condiviso anche da alcuni partiti comunisti russi, si fonda su un presunto approccio culturale, geopolitico e religioso alla realtà internazionale. Trae origine dall'idea secondo cui il mondo sarebbe suddiviso in varie civiltà che si scontrano per stabilire quale di esse prevarrà assimilando l'altra.
Su tali basi viene appoggiata senza riserve la politica estera della classe dominante russa, per esempio in relazione alla creazione delle organizzazioni capitaliste multinazionali promosse dalla Russia nei territori dell'ex-URSS, come l'Unione Economica Eurasiatica e l'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO). Inoltre, dopo l'invasione russa dell'Ucraina, è emersa anche l'argomentazione - basata sullo stesso concetto - secondo cui la nazionalità ucraina non esisterebbe e sarebbe un'invenzione bolscevica, come l'Ucraina stessa. In tal modo viene giustificata l'annessione di territori ucraini alla Russia, così come la guerra imperialista.
Si tratta di un approccio non di classe, che non considera - e anzi occulta - il carattere di classe del sistema sociale capitalista, della classe al potere e degli interessi dominanti. Sotto questo aspetto, tale approccio è non soltanto anti-scientifico, ma anche molto pericoloso, dal momento che unifica gli interessi dei lavoratori con quelli degli industriali nel nome dello "scontro di civiltà".
«La Russia è parte di un "asse anti-imperialista" che combatte l'imperialismo»
Secondo questa visione la Russia, in quanto contrapposta agli Stati Uniti che rappresentano "la principale potenza imperialista", sarebbe una potenza anti-imperialista intorno alla quale si starebbero raccogliendo altri Paesi che hanno problemi con gli USA. Da un lato, cioè, vi sarebbe l'asse dell'imperialismo, rappresentato dagli USA e dai loro alleati, e dall'altro le forze dell'"anti-imperialismo"
Si tratta di un approccio molto problematico e arbitrario, in quanto considera l'imperialismo una semplice politica aggressiva - contrariamente al criterio fondamentale leninista secondo cui l'imperialismo è il capitalismo monopolistico, il capitalismo in cui dominano i monopoli. Questo approccio ignora il fatto che ogni Paese capitalista, a prescindere dalle specificità del suo sistema politico, è integrato nel mercato capitalista globale, nel sistema imperialista globale, nell'ambito di relazioni di interdipendenza ineguale - una sorta di "piramide" imperialista.
Apriamo qui una parentesi: ci preme aggiungere che alcuni ambienti opportunisti stanno tentando di calunniare il nostro partito, distorcendo l'approccio leninista all'imperialismo a cui il nostro partito si attiene. Sostengono cioè che la posizione del KKE metterebbe sullo stesso piano tutti i Paesi che hanno raggiunto oggi lo stadio del capitalismo monopolistico, cioè dell'imperialismo; affermano che per noi "tutti i Paesi sono imperialisti, e quindi tutti i Paesi sono uguali - non c'è differenza tra Russia, Stati Uniti, Serbia, Burkina Faso e via dicendo". Questa non è altro che una sciocca calunnia contro il KKE, che ha sempre specificato che ogni Paese capitalista svolge un ruolo diverso e occupa una posizione diversa nel sistema imperialista globale, in funzione della sua potenza economica, politica e militare.
In pratica, questo approccio fallace fa coincidere l'imperialismo con gli Stati Uniti, il che comporta grossi problemi. Rappresenta tutti gli altri Paesi capitalisti, che non dispongono della potenza degli Stati Uniti, come semplici vassalli degli USA, e si spinge sino a considerare "potenze anti-imperialiste" quei Paesi che momentaneamente entrano in disaccordo o in conflitto con gli Stati Uniti o con le loro scelte. Tale approccio arriva al punto di fantasticare su un "asse anti-imperialista" formato da Stati capitalisti!
Si tratta di un approccio molto pericoloso, che abbandona i criteri di classe nell'analisi della realtà e non tiene conto del ruolo delle classi borghesi. Tale approccio non soltanto conduce a conclusioni politiche errate sulle contraddizioni che si verificano nel sistema imperialista globale, ma si spinge perfino a esortare i lavoratori a schierarsi con un "ladro" contro l'altro, dimenticando quale classe è al potere in un determinato Paese e quali interessi di classe vengono serviti in un determinato momento. Questo approccio può condurre a conclusioni errate, quale per esempio quella promossa dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, che qualche anno fa proclamava falsamente: "In Occidente non mi amano perché sono anti-imperialista!".
«La Russia è sì imperialista, ma "immatura", ed è impegnata in una guerra difensiva contro il "liberal-fascismo" e il "fascismo da esportazione"»
Altrettanto diffusa è la presentazione della Russia come Stato imperialista "debole" e "dipendente", che i "Paesi imperialisti più forti" si rifiutano di trattare come "partner eguale". Su queste basi, la guerra in Ucraina viene interpretata come una reazione "difensiva" e "giustificata" della Russia contro le potenze imperialiste più forti.
Chi sostiene questa posizione, tuttavia, non tiene conto del fatto che le relazioni tra i Paesi imperialisti sono sempre caratterizzate dalla diseguaglianza e dall'interdipendenza. Non è soltanto la Russia capitalista a essere trattata come "partner ineguale". Inoltre, la Russia è la seconda potenza militare a livello mondiale, l'unico Paese imperialista attualmente in grado di minacciare di distruzione nucleare la più grande potenza imperialista del pianeta, gli Stati Uniti; è un paese che possiede monopoli assai forti; è al 5° posto nel mondo per numero di miliardari, all'11° per quota nominale del PIL mondiale e al 5° in termini di PIL mondiale reale, nonché in termini di produzione industriale a livello mondiale. Ha la possibilità di promuovere la propria politica estera esercitando il suo diritto di veto al Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
La realtà dimostra che la Russia occupa una delle posizioni più importanti nella "piramide" imperialista, in virtù delle sue capacità economiche, politiche e militari. È fuorviante sopravvalutare il fatto che un settore importante dell'economia russa sia l'estrazione di materie prime, e ignorare altri settori scientificamente avanzati in cui la Russia è leader a livello mondiale (costruzione di centrali nucleari, missioni spaziali, commercio di armamenti moderni, vaccini eccetera). Sulla base di questa interpretazione erronea della posizione della Russia e del mondo moderno, vi è chi utilizza molto liberamente la citazione di Lenin sulla "manciata di Paesi" - una frase pronunciata in un'epoca in cui tre quarti del pianeta erano ancora occupati da colonie - e finisce per accettare il concetto non classista dei Paesi appartenenti al cosiddetto "miliardo d'oro" (dal cui novero vengono esclusi potenti Paesi capitalisti quali Cina e Russia).
La prospettiva errata del "fascismo da esportazione", che caratterizza gli USA e l'UE come esponenti del "liberal-fascismo" o li descrive come "fascisti" o "esportatori del fascismo", va nella stessa direzione della giustificazione della guerra imperialista secondo la prospettiva della borghesia russa.
Questa suddivisione degli Stati del sistema imperialista internazionale in Stati filo-fascisti e guerrafondai e Stati che non lo sono, in realtà, contribuisce a celare le cause dell'ascesa e del consolidamento della corrente fascista, che vanno ricercate nel capitalismo monopolistico stesso e all'interno di ciascun Paese. La suddivisione delle forze imperialiste in "cattive" ("fasciste" o "neofasciste") e "buone" conduce ad appelli per la creazione di "fronti antifascisti" privi di prospettive di classe, cioè di alleanze non fondate su criteri sociali e di classe, perfino con forze borghesi, e a prese di posizione al fianco dei cosiddetti "Stati antifascisti".
Questa concezione conduce il movimento comunista e la classe operaia alla smobilitazione, all'abbandono della loro missione storica e all'adesione a una linea di presunta "purificazione" dell'imperialismo da ottenere togliendo di mezzo le "forze fasciste", in collaborazione con le forze borghesi che sfruttano la classe operaia e ricorrono a qualunque mezzo per opporsi alla causa del socialismo. In pratica, nel nome della lotta contro il fascismo, si spiana la strada alla collaborazione con l'opportunismo, la socialdemocrazia, le forze politiche borghesi e settori della borghesia. Si prepara il terreno per la scelta a favore di questo o quell'imperialismo. Così, nel contesto del conflitto armato imperialista in atto in Ucraina, si chiede al movimento comunista di appoggiare specifiche potenze imperialiste, con il pretesto che le altre sono "fasciste".
Un'argomentazione cruciale della teoria del "fascismo da esportazione" è che gli Stati Uniti violano il diritto internazionale nel perseguire la loro politica estera. Non si tiene conto del fatto che gli accordi che costituiscono il diritto internazionale sono un prodotto dei rapporti di forza, e di conseguenza sono divenuti assai più reazionari negli ultimi decenni, dopo i colpi di mano della contro-rivoluzione.
«La Russia è capitalista, ma fa parte dello stesso blocco della Cina socialista (paragone con la coalizione anti-hitleriana)»
Questa concezione, se da un lato ammette che la Russia è un Paese capitalista, dall'altro sostiene che non è un Paese imperialista e che agisce di concerto con la Cina "socialista". La cosiddetta "Piattaforma Mondiale Anti-imperialista", che è tra i fautori di questo approccio, sostiene infatti che "Esistono Paesi che non vivono del super-sfruttamento o del saccheggio del mondo".
Come se la Cina e la Russia non partecipassero ai summit dei G20, i vertici tra i venti Paesi capitalisti più potenti del mondo, al fianco di Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna, Francia eccetera. Come se i monopoli cinesi e russi non esportassero capitali in altri Paesi, inseguendo i profitti ricavati dallo sfruttamento della manodopera non soltanto nei loro territori, ma anche in quelli di molti altri Paesi europei, asiatici, africani e americani, in cui prosperano i loro monopoli. Come se l'esercito privato russo "Wagner" operasse in Africa per motivi umanitari, e non per difendere gli interessi dei monopoli russi attivi in quel continente. Come se la Cina non si stesse muovendo in una direzione analoga per salvaguardare con mezzi militari la Nuova Via della Seta, che si estende attraverso decine di Paesi. È significativo che questa iniziativa coinvolga uno Stato piccolo ma molto importane in termini geopolitici, Gibuti - il cui debito verso la Cina ammonta al 43% del suo PIL - dove la Cina ha inaugurato nel 2017 la sua prima base militare all'esterno dei suoi confini.
Le affermazioni riguardo ai Paesi "che non sottomettono altri Paesi a una schiavitù militare, tecnologica o del debito" si riferiscono proprio a Stati che svolgono un ruolo cruciale nel commercio delle armi e che attualmente sono Paesi creditori - come la Cina, tra i principali Stati creditori a livello mondiale.
Questa prospettiva occulta accuratamente il fatto che sia in Cina sia in Russia comandano le classi borghesi, i monopoli, che trattano e si scontrano con i monopoli degli Stati Uniti, dell'UE e di altri Paesi, oltre che tra loro. La Cina sfida addirittura in modo diretto la supremazia degli Stati Uniti nel sistema imperialista. Come osservò Lenin, quando gli avvoltoi imperialisti si scontrano tra loro, schierarsi dalla parte giusta della storia non significa porsi al fianco dell'avvoltoio più debole per consentirgli di rimpiazzare quello più forte. Schierarsi dalla parte giusta della storia significa schierarsi con i popoli contro il campo capitalista, che trae profitto ora dalla pace ora dalla guerra, versando il sangue della classe operaia e dei popoli.
Infine, questa concezione si richiama al comportamento dei Paesi capitalisti della "coalizione anti-hitleriana" che collaborarono con l'URSS durante il secondo conflitto mondiale. Le analogie che mira a tracciare sono evidenti. Ma come abbiamo visto più sopra, la Cina di oggi non può essere paragonata all'URSS durante la seconda guerra mondiale, poiché ha un carattere di classe diverso. Inoltre, dovremmo tenere presente che la seconda guerra mondiale fu una guerra imperialista e ingiusta, sia da parte dei Paesi fascisti sia da parte dei Paesi capitalisti "democratici". La seconda guerra mondiale fu una guerra giusta soltanto da parte dell'URSS, dove era stato instaurato il potere dei lavoratori, e da parte dei movimenti partigiani dei Paesi occupati. Simili paragoni sono forzati e fuorvianti.
«Si deve appoggiare la Russia nel conflitto affinché nasca un mondo multipolare e giusto»
Le concezioni secondo cui l'invasione russa dell'Ucraina stia contribuendo a creare un mondo (capitalista) moderno e pacifico con una diversa "architettura internazionale", un "mondo multipolare e giusto" in cui "sarà rispettata la sovranità di tutti i Paesi", sono irrealistiche e prendono in giro il popolo.
Dobbiamo rilevare che non è la prima volta che emergono posizioni del genere. Sulla base di visioni analoghe, vari partiti "di sinistra" salutarono con favore il rovesciamento dei regimi socialisti, sostenendo che in tal modo sarebbe stato possibile unire il mondo e costituire una molteplicità di poli. Costoro invitarono i popoli ad appoggiare la CEE e la sua trasformazione in UE come "nuovo polo internazionale" che avrebbe fatto da "contrappeso" agli Stati Uniti a livello globale.
Oggi viene nuovamente riproposto l'approccio erroneo del "mondo multipolare", in cui alcuni grandi Paesi presuntamente "pacifici" (Cina, Russia eccetera) "neutralizzeranno" le aggressioni degli Stati Uniti e delle altre potenze imperialiste, senza che sia necessario rovesciare il capitalismo.
Tuttavia, esattamente come l'UE non è in grado di fare da "contrappeso" agli Stati Uniti, allo stesso modo né i nuovi potenti Stati capitalisti, né le unioni da essi costituite, in cui svolgono un ruolo dominante, saranno mai in grado di "contenere" e "neutralizzare" le contraddizioni imperialiste di cui sono parte integrante - tutt'al più potranno rimpiazzare i Paesi attualmente al vertice della piramide imperialista mondiale.
La falsa dicotomia tra "unipolarismo" e "multipolarismo" conduce alla smobilitazione della classe operaia, elimina la lotta autonoma dei lavoratori e del popolo contro gli sfruttatori e attira i popoli sotto una "falsa bandiera", ricorrendo a pretesti come quello secondo cui "non esistono lotte puramente anti-imperialiste né progetti puramente socialisti", per cui sarebbe indispensabile un'"alleanza tra forze anti-imperialiste e progressiste" che comprenda forze politiche borghesi, Stati e alleanze capitaliste, nel nome della difesa della "sovranità" e dell'uguaglianza nelle relazioni tra gli Stati.
Ma il multipolarismo non elimina la diseguaglianza tra gli Stati capitalisti, né abolisce gli interventi degli Stati capitalisti più forti negli affari interni degli altri Stati borghesi, dove le classi borghesi sono disposte a cedere diritti di sovranità allo scopo di preservare e rafforzare il loro predominio. La repressione della sollevazione popolare in Kazakistan nel 2021 da parte della Russia e dei suoi alleati, con l'approvazione dell'"Occidente", è un esempio assai istruttivo.
Il multipolarismo non è altro che la coesistenza di più centrali imperialiste, che non soltanto non creano condizioni di equilibrio e di pace, ma al contrario inaspriscono la competizione tra loro che conduce a conflitti locali provocati dalle contraddizioni interne all'imperialismo in un Paese o in una regione specifici. Oltretutto, l'esistenza di più centrali imperialiste in competizione implica il rischio di conflitti anche tra i Paesi imperialisti più forti.
In sostanza, il concetto di multipolarismo ha molto in comune con le visioni in voga nel periodo della cosiddetta "perestrojka", il "nuovo approccio al mondo" di Gorbachev, o - risalendo ancor più indietro - con la "coesistenza e competizione pacifica tra socialismo e capitalismo", con i "sistemi di sicurezza regionali" e con la "transizione pacifica": posizioni che prevalsero nel Partito Comunista dell'Unione Sovietica in occasione del suo XX e del suo XXII Congresso ed ebbero un effetto catalizzatore che condusse alla degenerazione di molti partiti comunisti sia dell'Est sia dell'Ovest.
Oggi, posizioni analoghe esortano la classe operaia e i settori popolari a rinunciare ai propri interessi o a identificarli con quelli delle classi borghesi e delle centrali imperialiste che contendono all'imperialismo USA il controllo delle risorse e dei mercati più redditizi.
Conclusioni
I pretesti utilizzati oggi dai capitalisti e dagli opportunisti per indurre la classe operaia a schierarsi al fianco di questa o quella potenza imperialista nello scontro tra imperialismi sono destinati a diversificarsi sempre più.
Smascherarli e rigettarli sul piano ideologico e politico è un compito importante per qualsiasi partito comunista che difenda il marxismo-leninismo, e in particolare la concezione leninista dell'imperialismo e della guerra. Lenin sottolineò che la guerra è "una fase inevitabile del capitalismo, una forma della modalità di vita del capitalismo altrettanto legittima della pace". Così è la guerra in Ucraina. Le precondizioni per questa guerra sono state create dallo storico arretramento costituito dalla controrivoluzione del 1989-1991, quando fu completato il processo contro-rivoluzionario del rovesciamento del socialismo, fu smantellata l'URSS, i mezzi di produzione - fabbriche, risorse minerarie, forza-lavoro - furono nuovamente trasformati in merci e il capitalismo e lo sfruttamento di classe tornarono a dominare.
La nostra lotta contro gli USA e la NATO continua a costituire un compito rivoluzionario adeguato ai tempi e necessario. Non intendiamo lasciare questo compito rivoluzionario né a organizzazioni reazionarie sul modello dei talebani, che erano collegati da "mille fili" agli imperialisti, né ai regimi borghesi sorti dai processi contro-rivoluzionari, come quello di Putin nella Russia odierna, né, naturalmente, all'ex-presidente USA e miliardario D. Trump, che parla anch'egli di smantellamento della NATO. Perché questo compito, nella prospettiva degli interessi del popolo contro gli USA, la NATO, l'UE e le centrali, alleanze e organizzazioni imperialiste d'ogni risma, è collegato al nostro obiettivo strategico - il rovesciamento del capitalismo e l'edificazione della nuova società socialista-comunista, con lo sganciamento da tutte le alleanze imperialiste.
Oggi il movimento comunista internazionale, per poter fare fronte alle esigenze di questa lotta ideologica e politica, deve trarre insegnamento dalla sua storia, difendere le conquiste dell'URSS e il contributo storico dell'Internazionale Comunista, e al tempo stesso studiare con occhio critico gli errori, le debolezze e gli approcci problematici che continuano tuttora a esercitare un'influenza sulle nostre file.
Note:
*) Eliseos Vagenas, membro del Comitato Centrale del KKE e capo della sezione Relazioni Internazionali del KKE
1Discorso del Presidente della Federazione Russa V. Putin, 24/02/22, http://en.kremlin.ru/events/president/news/67843
2Discorso del Presidente della Federazione Russa B. Yeltsin al Congresso USA, 17/06/1992, chrome-extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://www.govinfo.gov/content/pkg/GPO-CRECB-1992-pt11/pdf/GPO-CRECB-1992-pt11-4-2.pdf
3Intervista rilasciata da V. Putin a Tucker Carlson, http://en.kremlin.ru/events/president/news/73411
4Discorso di V. Putin e successivo dibattito alla Conferenza di Monaco sulla Politica di Sicurezza, http://en.kremlin.ru/events/president/transcripts/24034
5Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), Carta della Sicurezza Europea, Istanbul, novembre 1999, https://www.osce.org/mc/17502
6Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), Dichiarazione Finale di Helsinki, 1975, https://www.osce.org/helsinki-final-act
7"Putin prevede che il valore degli scambi tra Russia e Ucraina raggiungerà i 50 miliardi di dollari entro fine anno", Agenzia di Stampa Russa TASS, 18/10/2011, https://tass.ru/politika/536000
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