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- pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 14-11-24 - n. 915
Le guerre imperialiste e il compito dei comunisti
Partito Comunista del Messico (PCM) * | iccr.gr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
2024
Rivista Comunista Internazionale - Numero 13 - 2024
Le guerre imperialiste e il compito dei comunisti
In memoria di Vladimir Ilich Lenin
Quando nel febbraio 2022 la Russia è intervenuta militarmente in Ucraina, le posizioni diverse espresse dai partiti comunisti hanno confermato la crisi ideologica, politica e strategica del movimento comunista internazionale; non si tratta di varietà di approcci, di pluralismo, bensì di una questione di principio, in cui non è accettabile una doppia interpretazione: o si marcia sotto lo stendardo dell'internazionalismo proletario, o si imbocca la fatale china discendente che a suo tempo condusse la II Internazionale alla dissoluzione allo scoppio del primo conflitto mondiale.
La realtà, tutto ciò che è materiale, può essere conosciuta mediante l'approccio scientifico del marxismo-leninismo, e lo stesso vale naturalmente per i processi e gli sviluppi sociali; e se si parte da una prospettiva di classe, non è possibile giungere a due conclusioni diverse od opposte - salvo quando l'approccio non è di classe, quando cioè ci si limita ad affermare di partire dalla nostra teoria, ma in realtà non lo si fa, perché alcuni dei suoi elementi sono stati annacquati e altri sono stati contaminati dal revisionismo o dal dogmatismo, dal soggettivismo o dall'eclettismo: è il caso, per esempio, della teoria leninista dell'imperialismo, nonché della questione delle guerre.
È necessario sottolineare alcuni elementi essenziali della situazione interna alla II Internazionale di fronte alla guerra imperialista scoppiata nel 1914 - senza per questo voler tracciare alcuna analogia con l'attualità.
Nel periodo che precedette la prima guerra imperialista, la socialdemocrazia definì la propria posizione internazionalista, ammonendo che l'inizio del conflitto avrebbe fatto da base anche per esplosioni rivoluzionarie, come era avvenuto con la guerra franco-prussiana e la Comune e con la guerra russo-giapponese e la rivoluzione del 1905. Il Manifesto di Basilea spiega molto chiaramente che "i lavoratori considerano un delitto spararsi tra loro a beneficio dei capitalisti", ed esorta a opporsi al militarismo e ad agire in modo efficace. Ma allo scoppio della guerra tutto ciò fu tradito, e i socialdemocratici tedeschi votarono a favore dei crediti di guerra con il pretesto che il 30% dell'esercito tedesco era favorevole al socialismo; furono accampate giustificazioni, alcune delle quali assai bizzarre (come nel caso di Adler e degli austriaci), ma in generale la II Internazionale collassò, rimpiazzando il marxismo con il social-sciovinismo. Questa sostituzione, improvvisa e repentina come tutti i mutamenti qualitativi - ma non certo imprevedibile - fu l'esito di una progressiva decomposizione perpetrata dall'opera costante del revisionismo e del riformismo, che indebolì le posizioni politiche rivoluzionarie dei partiti operai, impedendo loro, inoltre, di cogliere il passaggio dal liberoscambismo al monopolio nell'ambito del modo di produzione capitalista. Nel dibattito sull'imperialismo si può cogliere la netta divergenza, per esempio, tra Lenin e Kautsky - tra chi considerava questa fase una fase di decomposizione e il preludio alla rivoluzione socialista e chi vi ravvisava un elemento di progresso e di pace universale (come teorizzava l'"ultra-imperialismo").
In controtendenza, una minoranza interna al movimento operaio internazionale seppe fare fronte alle proprie responsabilità, senza smettere di lottare, e affrontare le vicissitudini quotidiane della lotta di classe, difendendo la teoria marxista dagli apostati e sviluppandola creativamente in tutti gli aspetti essenziali e portandola a un livello superiore: in particolare il partito bolscevico di Lenin e gli spartachisti, che, malgrado i loro sforzi sinceri in alcuni ambiti, esitarono, pur mantenendo una posizione corretta sulle questioni cruciali; lo sviluppo teorico dei bolscevichi seppe superare con successo la prova della storia con la Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre; sfortunatamente, uno dei limiti della rivoluzione tedesca del 1919 fu che il partito, così com'era concepito, non possedeva le caratteristiche necessarie per attuarla.
Sia i bolscevichi sia gli spartachisti, che vantavano un buon livello di sviluppo organizzativo e un'influenza reale nel proletariato, non esitarono a cooperare con spunti organizzativi assai meno sviluppati, a livello di singoli gruppi che agivano su una base di principio in una fase di generale dissoluzione ideologica. Alcuni di questi gruppi, che a Zimmerwald e a Kienthal1 appoggiarono gli internazionalisti e Lenin, e che contribuirono a porre le fondamenta della III Internazionale, in seguito divennero partiti; altri non riuscirono mai a superare la propria cultura di gruppo (fu il caso della formazione di Gorter e Panekoek); ma al momento cruciale si schierarono sulle posizioni corrette. Ora che siamo in grado di cogliere il fallimento di alcuni partiti comunisti che precedentemente sembravano aver imboccato la direzione giusta, e che passando di punto in bianco nel campo dell'opportunismo determinano al proprio interno l'emergere di correnti decise a non rinunciare alle posizioni rivoluzionarie e all'internazionalismo proletario, è necessario tenere presente che nei momenti di confusione il criterio cruciale è l'atteggiamento nei riguardi della guerra imperialista.
Non è irrilevante che questo periodo di dissoluzione e crisi del movimento operaio abbia costituito anche una fase di vitale sviluppo teorico e strategico del marxismo, il crogiolo del marxismo-leninismo - nell'economia, nello Stato, negli obiettivi programmatici - che aprì la strada alla storica epoca della transizione dal capitalismo al socialismo.
Concentrarsi sulla natura di classe della guerra, allora come oggi, significa evidenziare un incrocio di tendenze diverse - e non si tratta di percorsi diversi che conducono allo stesso obiettivo, bensì di prese di posizione diverse nell'ambito della lotta di classe: al fianco della classe operaia e dei suoi interessi storici e immediati, o dalla parte del dominio di classe del regime di sfruttamento. E su questo punto gli sforzi teorici dei marxisti rivoluzionari hanno condotto alle seguenti conclusioni: la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi, è l'esito di scontri e conflitti inconciliabili tra i diversi Paesi capitalisti, e finché esisterà il capitalismo la guerra sarà inevitabile; per questo, un conto è denunciare e combattere costantemente il militarismo, un altro conto è optare per un pacifismo sterile e utopistico illudendosi che sia possibile evitare la guerra senza attuare un rovesciamento rivoluzionario del capitalismo; per un certo periodo, quando nell'ambito dell'attuale modo di produzione (l'ultimo in cui esisterà una classe sfruttatrice) il processo di concentrazione e centralizzazione non aveva ancora eliminato il liberoscambismo, alcune guerre potevano essere giuste - ma dalla fine dell'Ottocento e dai primi del Novecento, come affermò Lenin, le guerre erano imperialiste per entrambi gli schieramenti in lotta.
Nel 1914 né la Russia, né l'Austria-Ungheria, né la Francia né l'Inghilterra erano schierate dalla parte "giusta"; per nessuno degli schieramenti si trattava di una guerra giusta, e per questo i rivoluzionari internazionalisti, con Lenin alla loro testa, dichiararono che il loro compito non era schierarsi sotto bandiere altrui, ma promuovere l'indipendenza di classe.
Oggi vi è chi sostiene che la guerra non è imperialista per entrambi gli schieramenti, e che vi è una parte "giusta", pur riconoscendo che i Paesi coinvolti sono capitalisti e che il capitalismo attraversa la sua fase suprema, l'imperialismo.
Si afferma, per esempio, che la Russia ha il diritto di difendere la propria sovranità, o che la sua è una guerra antifascista. Sciocchezze! È triste che questa posizione venga fatta propria da alcuni partiti comunisti e da gruppi di provocatori come la Piattaforma Mondiale Anti-imperialista, creata con lo scopo specifico di attaccare i partiti comunisti rivoluzionari.
La natura della guerra in Ucraina
Per i rivoluzionari, lo scoppio della guerra ha portato alla ribalta il dibattito sul livello di sviluppo del capitalismo e sul significato dell'imperialismo, sulla strategia e sulla tattica, sul ruolo dei comunisti e sui compiti della fase. Ma per affrontare questo dibattito è necessario chiarire la natura della guerra in Ucraina e il suo significato.
La guerra imperialista attualmente in corso in Ucraina affonda le radici nella vittoria della controrivoluzione nell'URSS e nella restaurazione del capitalismo. In questa regione i conflitti inter-imperialisti si sono rapidamente inaspriti, e i loro momenti cruciali sono stati: la decisione dell'Ucraina di rafforzare i legami economici con la Russia a spese di quelli con USA e UE; il successivo intervento del blocco USA-UE nel 2014, con l'instaurazione di un governo favorevole ai loro interessi; e la reazione della Russia, con l'annessione della Crimea e, nel 2022, l'inizio formale della guerra.
Lo scoppio della guerra in Ucraina ha segnato l'inizio di una nuova fase in questo conflitto inter-imperialista, in cui entrambi gli schieramenti sono pronti a sacrificare interi popoli nel tentativo di accaparrarsi il massimo profitto, in cui viene agitata la minaccia dell'uso dell'arma nucleare e i rappresentanti delle borghesie di entrambi gli schieramenti parlano apertamente della necessità di prepararsi a una guerra generale. Al centro della questione della guerra vi sono i conflitti tra i poli dell'imperialismo, in particolare tra Cina e USA, e in subordine lo scontro tra la Russia e il blocco USA-UE.
Per Lenin l'imperialismo è la fase suprema dello sviluppo del capitalismo, una fase caratterizzata dal processo di concentrazione e centralizzazione economica, una fase di dominio dei monopoli e di fine della libera concorrenza caratteristica del periodo precedente, una fase in cui a svolgere un ruolo centrale non è soltanto l'esportazione di merci, ma anche l'esportazione di capitali. Nell'analisi di Lenin, questa fase non può essere interpretata semplicemente come sviluppo unilaterale di alcuni Paesi, ma va esaminata nel suo insieme come fase raggiunta dal capitalismo, in cui tutti i Pesi sono legati tra loro dalla legge dello sviluppo ineguale. Lenin osservò lo sviluppo di questo fenomeno tra fine Ottocento e inizio Novecento, in un periodo in cui alcuni Paesi iniziavano a raggiungere la fase imperialista, che cominciava a determinare i rapporti interni al capitalismo nel suo insieme. Lenin evidenziò il problema dei Paesi dipendenti, coloniali e semi-coloniali, ma lo sviluppo delle forze produttive e della lotta di classe (in cui l'URSS e i comunisti svolsero un ruolo decisivo) hanno modificato quella situazione. Paesi che ai primi del Novecento erano caratterizzati da un basso livello di sviluppo delle loro forze produttive (come il Brasile, il Messico o l'Australia) hanno subito un processo accelerato di sviluppo e sono oggi integrati in una complessa rete di interdipendenza. In molti di questi Paesi, la storia ha evidenziato la nascita di una borghesia e il suo sviluppo mediante mezzi pacifici o violenti, che l'ha condotta a occupare posizioni importanti.
È necessario prendere le distanze dalle analisi che trattano l'imperialismo in modo riduzionista, considerandolo non già una fase dello sviluppo generale del capitalismo, bensì una fase dello sviluppo di singoli Paesi o un insieme di politiche estere aggressive, il che porta a identificare la lotta anti-imperialista soltanto con la lotta contro alcune azioni di alcuni Paesi capitalisti - una posizione che in molti casi riduce la lotta contro l'imperialismo alla lotta contro il solo imperialismo USA. Sulla base di queste posizioni, alcuni gruppi di comunisti hanno aperto la strada ad alleanze spurie, andando a rimorchio dei poli borghesi ostili agli USA senza far avanzare di un centimetro la rivoluzione socialista.
La lotta anti-imperialista coerente è la lotta contro i monopoli, la lotta contro la borghesia in ciascun Paese. In un momento di guerra imperialista, il solo rivoluzionario coerente è quello che opera per il rovesciamento della borghesia, come sottolineava Lenin: "la lotta contro il governo che conduce la guerra imperialista non deve arrestarsi dinanzi alla possibilità della sconfitta del proprio paese, come risultato di questa agitazione rivoluzionaria" (Conferenza delle sezioni estere del Partito Operaio Socialdemocratico Russo, 1915).
Dopo aver evidenziato il problema della caratterizzazione della fase dello sviluppo del capitalismo, veniamo alla questione della guerra in Ucraina.
Con la vittoria della controrivoluzione nell'URSS, le relazioni capitaliste si sono sviluppate rapidamente sia in Russia sia in Ucraina, facendosi forti dei progressi tecnici e della capacità produttiva dell'industria socialista; la proprietà sociale è passata in mani private in cui si è rapidamente concentrata la ricchezza, il che ha dato vita a monopoli che controllano i vari settori dell'economia, e complessivamente trovano nello Stato il proprio rappresentante. La classe lavoratrice, in Russia e in Ucraina, ha risentito duramente dello smantellamento del socialismo e della restaurazione del capitalismo, perdendo conquiste sociali quali sanità, scuola e casa gratuite, giornata lavorativa di 8 ore, pensione garantita per tutti i lavoratori, eliminazione della disoccupazione, sicurezza sociale, importanti provvedimenti per l'eliminazione della discriminazione delle donne, elezione diretta dei rappresentanti nei luoghi di lavoro e diritto di revocarli; inoltre, sono riapparsi fenomeni precedentemente sconosciuti quali la formazione di un esercito industriale di riserva e flagelli quali la miseria, lo sfruttamento eccetera. La restaurazione del capitalismo ha significato anche la divisione e la contrapposizione tra i popoli russo e ucraino, popoli che avevano vissuto insieme per decenni, costruendo una società socialista, e avevano combattuto insieme contro il fascismo nella seconda guerra mondiale. Parallelamente, è stata messa in atto una sistematica operazione di discredito delle conquiste del socialismo.
Nel processo di ripristino del capitalismo, sia la Russia sia gli altri Paesi che formavano l'URSS si sono integrati nel sistema imperialista, ma vi si sono inseriti in posizioni diverse a causa della legge dello sviluppo ineguale.
Nello stesso periodo in cui si formavano la borghesia russa e ucraina, i monopoli statunitensi ed europei si sono presi la loro fetta di bottino. Sono state istituite alleanze a livello politico, diplomatico, militare ed economico, e diversi Paesi sono entrati a far parte dell'Unione Europea e della NATO (- 1998-2007 - Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca, Bulgaria, Slovacchia, Slovenia, Estonia, Lettonia e Lituania), rafforzando uno dei poli imperialisti.
I capitalisti russi hanno dovuto cedere posizioni poiché non potevano contare su rapporti di forza favorevoli sul piano internazionale. Poco a poco, però, la Russia - ora pienamente governata da relazioni capitaliste - è riuscita a ritagliarsi un proprio spazio nell'arena capitalista; i suoi monopoli, in particolare quelli legati all'energia, si sono rafforzati guadagnando terreno e posizioni nei mercati europei, mentre sul piano militare la Russia avviava una serie di campagne in Georgia, Abkhazia e Ossezia del Sud (1992-94 e 2008), interventi in Siria e nel Medio Oriente, la repressione delle manifestazioni operaie in Kazakistan capeggiata dall'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, con truppe provenienti da Russia, Bielorussia, Armenia, Tagikistan e Kyrgyzstan, e dal 2014 le operazioni in Ucraina. Oggi la Russia gode di un elevato livello di sviluppo,si colloca all'11° posto nel mondo per PIL nominale e può contare su potenti monopoli quali Gazprom.
Nel frattempo emergevano nuovi concorrenti capitalisti, che hanno iniziato a contendersi il controllo di mercati, materie prime, rotte di trasporto e quote commerciali. La Cina, in particolare, è divenuta nell'ultimo decennio la seconda economia mondiale, superando Paesi quali Francia, Germania e Giappone e mostrando una tendenza oggettiva a scalzare gli USA dal vertice del sistema imperialista. La Cina è il principale esponente dei BRICS e promuove progetti quali la Nuova Via della Seta. È evidente che USA e Cina competono per la supremazia, scontrandosi a vari livelli, talvolta segnati da un'escalation che determina guerre commerciali, imposizioni di dazi, divieto di utilizzo di specifiche tecnologie, rotture e stipulazione di nuovi accordi, attriti militari eccetera.
Per la borghesia russa è stato vantaggioso stabilire alleanze con il capitale cinese e con le economie capitaliste emergenti riunite nei BRICS, così come con altre strutture regionali quali l'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai - alleanze segnate da dichiarazioni roboanti come quella della riunione ufficiale dei leader di Russia e Cina nel contesto delle Olimpiadi Invernali del 2022, che hanno proclamato che l'amicizia e la cooperazione tra i due Paesi non aveva né limiti né zone proibite.
Dopo la crisi del 2009, di cui il capitalismo ha tentato di scaricare il fardello sulla classe lavoratrice a livello internazionale, nei Paesi sviluppati sono subentrati anni segnati da aggiustamenti e politiche apertamente ostili ai lavoratori; contemporaneamente, i capitalisti hanno tentato di alleggerire la crisi perseguendo il controllo di nuovi mercati, risorse, snodi di trasporto eccetera. Tuttavia, diversamente che nell'Ottocento, non esistevano più terre vergini in cui il capitalismo potesse inserirsi; questo ha determinato un rapido sviluppo di conflitti tra i vari poli imperialisti, che si sono tradotti in guerre commerciali, stoccate diplomatiche, sanzioni economiche e guerre guerreggiate.
In Ucraina, dopo la vittoria della controrivoluzione nell'URSS, lo sviluppo del capitalismo è stato segnato dall'interdipendenza asimmetrica del Paese con la Russia e da conflitti per mercati, risorse naturali eccetera con le borghesie europea e statunitense. Questi conflitti sviluppatisi in Ucraina spiegano i rivolgimenti politici degli ultimi decenni.
In Ucraina, nei primi anni del nuovo millennio, ha prevalso una linea politica che mirava a massimizzare i profitti; sono stati conclusi accordi con Russia, Europa e Stati Uniti, che tuttavia, in una fase in cui le contraddizioni tra questi blocchi si andavano approfondendo, non potevano essere mantenuti a tempo indeterminato. Così, nel secondo decennio l'Ucraina si è trovata di fronte a un dilemma: scegliere un Accordo di Associazione con l'UE oppure un intesa nel contesto dell'Unione Doganale Eurasiatica, promossa dalla Russia.
Nel 2010 saliva al potere Viktor Yanukovych, un politico sostenuto dalla borghesia di tendenza filo-russa; con la sua ascesa la lotta tra le diverse tendenze della borghesia ucraina si è intensificata. Nel 2014 il governo Yanukovych ha fatto marcia indietro sull'implementazione dell'accordo con l'Unione Europea e ha proceduto a rafforzare i legami con la Russia. Una parte della borghesia, con il sostegno attivo degli USA e dell'UE, ha attuato un colpo di Stato, bloccando i piani di rafforzamento dell'integrazione economica con la Russia; in questa operazione si è servita di gruppi nazionalisti e filo-fascisti, dando carta bianca alla repressione di qualunque manifestazione comunista. La Russia ha rapidamente reagito dichiarando l'annessione della Crimea. Mentre entrambi gli schieramenti tentavano di mantenere il controllo dell'Ucraina orientale, la Russia ha riconosciuto le cosiddette "Repubbliche Popolari" di Donetsk e Lugansk, nella regione del Donbas, con il pretesto dell'autodifesa e della lotta contro il fascismo. Si sono moltiplicati i passi in direzione della guerra, che è finalmente scoppiata con l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia del 22 febbraio 2022.
La guerra in Ucraina rientra nella generale escalation degli scontri tra i poli imperialisti, che si stanno muovendo in direzione di guerre di proporzioni sempre maggiori.
Il ruolo dei comunisti contro la guerra imperialista
Dopo la controrivoluzione nell'URSS e negli altri Paesi socialisti, le forze dei monopoli si sono scatenate in una spietata competizione per il controllo dei mercati e delle risorse mondiali. Negli anni Novanta, gli Stati Uniti e le potenze europee hanno approfittato della situazione per espandere la loro influenza economica e militare nel mondo, una volta venuta meno la diga socialista. La prima Guerra del Golfo e le guerre nell'ex-Jugoslavia sono gli esempi più emblematici di quel periodo. Per qualche tempo, gli Stati Uniti hanno approfittato della propria supremazia nell'economia mondiale e della temporanea scomparsa del socialismo per ampliare i loro interventi in giro per il mondo. Ciò non è avvenuto senza contraddizioni, anche con i loro stessi alleati euro-atlantici.
Dopo diversi decenni di ammorbidimento ideologico all'interno del movimento comunista internazionale, lo shock prodotto dal temporaneo arretramento del socialismo nell'Europa orientale e nell'URSS ha condotto a una grave confusione in molti partiti comunisti. Vecchie posizioni errate sull'imperialismo hanno iniziato a penetrare nel movimento comunista internazionale - per esempio, la messa da parte dell'essenza economica e storica dell'imperialismo quale fase suprema e finale del capitalismo, con la tendenza a prenderne in considerazione le sole conseguenze politico-militari, come il carattere aggressivo ed espansionista di alcune potenze. In tal modo, l'imperialismo è divenuto sinonimo degli Stati Uniti, tutt'al più con il riconoscimento del ruolo di alcune potenze europee in veste di alleati subordinati. La posizione di Kautsky, respinta da Lenin e dall'Internazionale Comunista, è riemersa così all'interno del movimento operaio.
Tuttavia, la borghesia e i monopoli che avevano trionfato nella controrivoluzione in Russia e nelle repubbliche ex-sovietiche si sono progressivamente rafforzati, approfittando del grande sviluppo delle forze produttive che aveva avuto luogo sotto il socialismo. Inizialmente, la loro rappresentanza a livello statale si limitava a difenderne il controllo nell'ambito delle repubbliche ex-sovietiche, come nel caso delle guerre cecene o degli interventi nei conflitti in corso in Abkhazia, Ossezia e Trasnistria. Tuttavia, dopo essersi rafforzata nel corso di vent'anni, la Russia ha iniziato a potenziare i suoi interventi militari a livello internazionale, prima nella guerra in Siria, poi in Ucraina nonché in Africa, per mezzo del gruppo mercenario Wagner.
Nel caso della Cina, i rapporti di produzione capitalisti che si andavano rafforzando sin dagli anni Settanta hanno compiuto un salto di qualità nei primi anni Duemila, in particolare con l'ingresso della Cina nell'Organizzazione Mondiale del Commercio. La Cina, che nel 1990 era all'11° posto tra le economie mondiali in termini di PIL, a partire dal 2010 ha iniziato ad aspirare alla supremazia nel sistema mondiale. Questo sviluppo accelerato del capitale è stato accompagnato da un rafforzamento della borghesia cinese nell'ambito del PCC, e dalla necessità per i monopoli cinesi di competere per il controllo di rotte, risorse e mercati mondiali. La Nuova Via della Seta è un chiaro esempio di tale necessità. In misura minore, anche altri Paesi che nel secolo precedente erano caratterizzati da un minore sviluppo capitalista e da economie prevalentemente agricole hanno rapidamente intensificato il loro sviluppo capitalista nell'ultimo trentennio, nell'ambito della legge dello sviluppo ineguale scoperta da Lenin. Paesi come India, Brasile, Messico e Turchia hanno perfino superato i loro ex-dominatori coloniali, dando vita a solidi monopoli in grado di difendere i propri interessi economici, almeno a livello regionale.
Queste trasformazioni del contesto internazionale verificatesi negli ultimi trent'anni non sono altro che la forma concreta in cui si manifesta lo sviluppo del capitalismo attuale nella sua fase monopolistica, cioè imperialistica. E questo sviluppo sta alla base di tutti gli attuali conflitti armati e della sempre più aspra guerra imperialista latente tra Stati Uniti e Cina per la supremazia mondiale. Di fronte a questo scenario, uno dei compiti cruciali dei comunisti è la lotta implacabile contro tutte le posizioni politiche e ideologiche che aspirano a trasformare la classe operaia e i popoli del mondo in carne da cannone per le guerre imperialiste di oggi e di domani. Il compito principale sul piano ideologico è spiegare ai lavoratori che l'origine dei conflitti diplomatici, degli scontri militari e delle guerre imperialiste è in ultima analisi la stessa: la competizione tra i monopoli e i loro rappresentanti statali per il controllo di rotte commerciali, risorse, mercati e investimenti.
Ciò significa prendere posizione contro coloro i quali tentano di alimentare l'illusione di un capitalismo monopolista senza guerre, di una pace duratura sotto l'imperialismo. A sostenere posizioni del genere sono, da un lato, attori politici quali gli Stati Uniti e le potenze europee, che ventilano la possibilità di una "Unione Europea per la pace" o di una "NATO senza piani militari o sistemi offensivi" - ma anche, dall'altro, coloro i quali alimentano l'illusione di un pacifico "mondo multipolare" sotto il capitalismo. Si tratta di idee assai perniciose, che dietro la promessa di una futura pace imperialista nascondono la necessità di schierarsi apertamente a favore della strategia militare di questo o quel blocco imperialista.
L'esempio della guerra in corso in Ucraina dimostra che sotto l'imperialismo la pace non è altro che la fase preparatoria di una guerra ancor più ampia e sanguinosa. L'invasione russa dell'Ucraina nel 2022 ha rappresentato una nuova fase di una guerra interna che aveva avuto inizio nel 2014. Le dichiarazioni di Zelensky e di Merkel dimostravano che non vi era alcuna intenzione reale da parte della NATO o dell'Ucraina di dare attuazione alle misure degli Accordi di Minsk. Si trattava di una semplice tregua, utile per migliorare i rapporti di forza, riarmare e addestrare l'esercito ucraino e integrarvi le bande criminali fasciste come l'Azov. Dal canto suo, nemmeno la Federazione Russa, come ha ammesso Surkov, ex-consigliere del presidente russo, credeva che gli Accordi di Minsk potessero reggere. Ha invece utilizzato quel periodo per eliminare gli elementi indipendenti nei gruppi di autodifesa del Donbas e per assumere il controllo militare e amministrativo delle "Repubbliche Popolari", in alleanza con la borghesia regionale. Come ammoniva il comandante Ernesto Che Guevara nel 1961, "Non ci si può fidare dell'imperialismo, nemmeno un po', mai". Questo si applica non soltanto agli Stati Uniti, ma a tutti i Paesi in cui domina il potere dei monopoli, perché la barbarie imperialista "non ha frontiere definite, non appartiene a un Paese specifico (…) perché è la natura dell'imperialismo che trasforma gli uomini in bestie, che li trasforma in fiere assetate di sangue".
In questa lotta rientra lo scontro frontale con le manifestazioni ideologiche dell'imperialismo, quali il terrorismo, il razzismo, il nazionalismo o il cosmopolitismo della borghesia che tenta di dividere la classe operaia mettendo i lavoratori gli uni contro gli altri. Di fronte a questa minaccia, occorre indicare ai lavoratori che i loro soli alleati naturali sono i lavoratori e i popoli delle altre nazioni.
Sul piano politico, uno dei principali compiti dei comunisti è lottare per il ritiro dei loro Paesi dalle organizzazioni, dai blocchi e dai trattati imperialisti - che si tratta di accordi economici, politici o militari. Queste organizzazioni imperialiste accrescono la forza dei monopoli, sia nel soggiogare i rispettivi lavoratori e settori popolari, sia nel combattere contro gli altri blocchi imperialisti. Rendono più difficile la lotta per il miglioramento delle condizioni di vita, e in ultima analisi la lotta per la rivoluzione socialista. Inoltre fanno da magnete per possibili attacchi in eventuali future guerre imperialiste. Nel caso del nostro Paese, il Partito Comunista del Messico pone tra i suoi principali obiettivi l'uscita del Messico dall'USMCA (ex-NAFTA). Inoltre ci opponiamo ai tentativi della borghesia messicana e dei suoi governi di inviare personale militare messicano in conflitti armati esterni.
A questo punto vi è un problema importante nel movimento comunista internazionale, e cioè quello della partecipazione dei comunisti ai governi borghesi. L'attuale esperienza della guerra in Ucraina è un esempio lampante di come tale posizione sia errata. Alcuni partiti sostengono la partecipazione a questi governi in base all'idea che in tal modo saranno in grado di sospingere questi governi verso posizioni favorevoli alla classe operaia e ai settori popolari. Ma in realtà avviene il contrario - sono loro a divenire complici delle politiche anti-operaie e anti-popolari che questi governi devono necessariamente attuare di fronte alla crisi del capitalismo. Lo Stato borghese, in quanto amministratore collettivo degli interessi della classe dominante, esercita la propria diplomazia e la propria politica internazionale in funzione delle necessità oggettive dei suoi monopoli. Per questo governi socialdemocratici quali quelli al potere in Portogallo, Spagna e Cile forniscono finanziamenti o armamenti al governo reazionario di Zelensky, a prescindere dalla loro retorica. Per questo il governo di López Obrador in Messico sta rafforzando le sue relazioni con gli Stati Uniti e il Canada e assicura che il Messico prenderà posizione a favore degli Stati Uniti nella competizione commerciale con la Cina, con buona pace delle dichiarazioni demagogiche a cui talvolta indulge. Per questo noi comunisti dobbiamo opporci a tutte le amministrazioni borghesi, che siano reazionarie, liberali o socialdemocratiche. È staro dimostrato nella pratica che il sostegno o la partecipazione a questi governi non rafforza il movimento operaio e popolare - al contrario, lo conduce alla smobilitazione e lo lascia indifeso di fronte all'ideologia borghese.
Uno dei compiti immediati nel contesto delle guerre aperte, come quella in atto in Ucraina, è lottare contro l'invio di materiale bellico e contro il sostegno finanziario a entrambi gli schieramenti. Non consentire che il territorio, le aree marittime o gli spazi aerei del Paese servano da fulcro per le guerre imperialiste - il che implica la lotta per lo smantellamento di tutte le basi militari straniere. Questa è una questione importante nel contesto dell'America Latina, data la forte presenza di basi USA, in particolare in Colombia. Ma questa lotta deve estendersi anche alla presenza di agenzie e strutture di intelligence e di ordine pubblico - come nel caso del Messico, Paese in cui la DEA, la CIA e l'FBI hanno una lunga storia di impunità, di attività contro-insurrezionali e perfino di alleanza con i cartelli del narcotraffico.
Infine, uno dei compiti primari dei comunisti è la solidarietà con la lotta dei popoli. L'internazionalismo proletario in tutte le sue manifestazioni è un elemento cruciale nella lotta contro le guerre imperialiste. Di fronte a questo compito dobbiamo costantemente guardarci dai metodi subdoli con cui l'ideologia borghese tenta di insinuarsi tra noi - per esempio, nel caso della Palestina, attraverso la categoria del terrorismo che mira a criminalizzare e a negare di fatto il diritto del popolo palestinese di utilizzare ogni forma e metodo di lotta per la liberazione dall'occupante.
Ma senza dubbio, come durante la prima grande guerra imperialista, e come hanno sottolineato due dichiarazioni comuni sulla questione della guerra imperialista in Ucraina, il punto centrale è assicurare l'indipendenza politica dei partiti comunisti sia dai due gruppi imperialisti in lotta, sia dall'assurda posizione per cui in questa guerra esisterebbe una parte "giusta". È una guerra imperialista per entrambi gli schieramenti, e noi non possiamo innalzare bandiere altrui.
Note:
*) Sezione ideologica del CC del Partito Comunista del Messico
1"Le conferenze di Zimmerwald e Kienthal hanno avuto una loro importanza in un momento in cui era necessario unire tutti gli elementi proletari decisi a combattere, in un modo o nell'altro, contro la strage imperialista. Ma nel gruppo di Zimmerwald erano penetrati, oltre a elementi genuinamente comunisti, anche elementi «centristi», pacifisti e indecisi". Così la Dichiarazione dei partecipanti alla Conferenza di Zimmerwald dinanzi al Congresso dell'Internazionale Comunista, sottoscritta tra gli altri da Lenin.
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