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- popoli resistenti - afghanistan - 01-03-10 - n. 308
Traduzione a cura di da Adelina Bottero
Afghanistan: una routine da macellai
di Higinio Polo - Rebelion
25/02/10
Gli Stati Uniti si sono assunti una grave responsabilità in Afghanistan. Non soltanto hanno insanguinato il paese finanziando ed armando la rivolta del fanatismo islamico negli anni ‘80, per creare problemi all'Unione Sovietica, ma, in seguito, hanno invaso il paese. È già da oltre otto anni che gli Stati Uniti hanno occupato l'Afghanistan, dal 2001, inalberando le menzogne che hanno fatto della loro politica estera una scuola di falsità, garante della morte, e che hanno forzato il successivo coinvolgimento dei loro alleati della NATO, con l’invio di truppe a partire dal 2003.
Il movimento dei talebani ed il confuso mondo delle organizzazioni della Jihad sono un mostro creato dagli Stati Uniti. Dal Mullah Omar, Bin Laden stesso, per terminare ora con la cattura del Mullah Abdul Ghani Baradar (arrestato in Pakistan, in un'operazione della CIA e dell'ISI), tutti quanti furono protetti a suo tempo dai servizi segreti pachistani dell'ISI, che collaborò strettamente con la CIA ed altre agenzie statunitensi, e con l'Arabia, armando e finanziando i “signori della guerra” ed i mujahidin, che terrorizzarono la popolazione afgana negli anni del governo progressista alleato di Mosca. In seguito armarono i talebani stessi, in alternativa al caos creato dai feroci mujahidin, che gli statunitensi avevano aiutato a giungere al governo afgano, per distruggere l'impegno progressista precedente ed instaurare un nuovo medioevo di chierici e banditi, di signori della droga e della morte.
La CIA, i comitati della Camera dei Rappresentanti statunitense (con l’infausto parlamentare Charlie Wilson in prima linea), e lo stesso governo USA, concordarono innanzitutto nell’inviare armamenti sofisticati e migliaia di milioni di dollari ai cosiddetti “combattenti della libertà”, in realtà feroci mercenari e fanatici religiosi, e, successivamente, nel fomentare il movimento talebano. Quella campagna, destinata a creare problemi all'URSS, si riconvertì in seguito in un'operazione “giustificata” dagli attentati dell’11 settembre, che puntava, per mano dei neoconservatori di Bush, a controllare il grande Medio Oriente e l’Asia Centrale, a mantenere la pressione sulla Russia dalle sue frontiere meridionali, e a contenere la Cina.
Oltre otto anni di guerra ed occupazione sono riusciti solo ad aggiungere ulteriore sofferenza alla popolazione afgana, senza prospettive di soluzione che pongano fine a decenni di guerra. Obama, nel febbraio 2009, decise d’incrementare di 17.000 nuovi soldati il contingente del Pentagono in Afghanistan, in una tacita ammissione di fallimento della politica nordamericana. In realtà, i nuovi responsabili della Casa Bianca e del Pentagono avevano deciso d’iniziare una nuova tappa della guerra, aumentando le truppe e nominando il generale McChrystal in sostituzione del generale McKiernan, precedente capo del contingente statunitense. Lo stesso Segretario alla Difesa Robert Gates (veterano ministro prima di Bush ed ora di Obama), ha ammesso recentemente che la politica seguita fino a quel momento era fallita. Alla fine del 2009 Obama ha deciso di aumentare di altri 30.000 soldati le forze destinate all'occupazione del paese. La vertigine della guerra ha inghiottito il nuovo presidente.
Ora i portavoce del Pentagono e della NATO parlano della frontiera del 2011 (quando si compirà un decennio d’occupazione militare, guerra e morte) e di una nuova rotta, per completare la formazione di un esercito afgano di 300.000 soldati agli ordini del potere imposto da Washington. Un potere oggi rappresentato da Karzai, ma domani da qualunque altro signore della guerra, soprattutto vista la crescente impazienza con cui Washington tratta l'imposto dittatore afgano, vero uomo di paglia delle truppe coloniali nordamericane. Il cambiamento di rotta può essere illustrato dalle parole di Richard Holbrooke, inviato speciale di Obama in Afghanistan e Pakistan (un veterano del Vietnam, colui che ordì gli inganni e le menzogne nella guerra in Yugoslavia), che va dicendo che il pericolo non risiede tanto nei talebani, quanto piuttosto nelle (immaginarie) reti terroristiche, come Al Qaeda… quantunque Holbrooke preferisca dimenticare che questo spauracchio è anche figlio di Washington.
Tuttavia, queste “novità” non sono buone per Washington, perché la nuova strategia USA, resa ufficiale nella Conferenza di Londra del gennaio scorso, presuppone di rinunciare alla sconfitta dei talebani per procedere all’offerta d’integrazione nelle strutture del narcostato presieduto da Karzai. A tal fine gli statunitensi devono imporre un negoziato coi talebani da una posizione di forza, appunto per questo hanno preparato l'offensiva lanciata dal generale McChrystal. L'operazione in corso, presentata fin dall’inizio come un successo, va di pari passo con un programma di reintegrazione, finalizzato a comprare la volontà dei talebani, finanziato con 350 milioni di euro (la Spagna contribuirà con 10 milioni, senza scrupolo alcuno per la collaborazione con una vergognosa guerra coloniale), che si aggiungono alle migliaia di milioni destinati alla creazione di un nuovo esercito afgano di fiducia per Washington. Nella guerra non sono necessari l'onestà né l'etica: questa strategia di captazione di dirigenti islamici ha portato già ad eliminare vari ex-ministri talebani delle liste dei “terroristi” elaborate dagli Stati Uniti con tanto impegno.
La nuova strategia USA pretende di applicare in Afghanistan il presunto successo in Iraq: alla devastazione e alla morte (come avvenne con la distruzione ed il massacro di centinaia e centinaia di civili nella città di Fallujah, crimine di guerra che nessun tribunale internazionale ha ancora investigato), unisce l’acquisizione di alcuni settori contrari agli Stati Uniti, come la via più rapida per debilitare i propri rivali e forzare il negoziato. In realtà, le carte si sono scambiate in varie occasioni: l'Iraq è stato fonte d’ispirazione per l'Afghanistan, e viceversa, sempre in funzione dell'evoluzione della guerra in ciascun paese. In Iraq comprare gruppi ribelli ha permesso di disattivare diverse migliaia d’insorti, che sono passati a collaborare con le truppe d’occupazione.
Ubbidientemente, tutti gli alleati della NATO hanno applaudito alla nuova strategia. In Spagna, il presunto cambio di rotta incoraggiato da Obama, ha portato il governo di Rodríguez Zapatero a giustificare l'aumento dei soldati spagnoli inviati in Afghanistan: passeranno dagli 800 militari nell'estate del 2009, al doppio un anno dopo. Senza la minima vergogna, adottando il cinismo dei guerrieri di Washington, il ministro Chacón ha giustificato quella decisione parlando di una missione di “imposizione della pace”, adempimento tanto singolare che ha già obbligato Washington a riconoscere due massacri di civili, giustificati sempre con presunti errori. Le costanti rappresaglie ed assassini di massa di cittadini afgani sono ignorati dalla stampa internazionale, perché un errore copre un altro: nella sede della NATO o nel Pentagono, nessuno ricorda più il massacro di Kunduz, dove appena cinque mesi fa i bombardamenti tedeschi assassinarono 142 persone.
Quell'offensiva, lanciata nell’Helmand dalle truppe del generale Stanley McChrystal, l'operazione Moshtarak, mira a indebolire l'organizzazione armata dei gruppi talebani, benché già durante l'estate 2009 Stati Uniti e Gran Bretagna avessero lanciato un'offensiva nella stessa provincia, senza risultati apprezzabili. USA e NATO contano già su 150.000 soldati sul terreno, oltre che su un elevato numero di mercenari, incapaci fino ad ora di pacificare il paese e conquistare il controllo del territorio. Perfino Rasmussen, segretario generale della NATO, riconosce le difficoltà, sebbene fedele portavoce della strategia ordita a Washington. Egli pretende di far credere al mondo che la sicurezza dei paesi membri di tale alleanza esige avventure coloniali come quella dell'Afghanistan, mentre essi rimangono ciechi di fronte all'evidenza che, in nome della sicurezza, si è seminata la morte in buona parte di Medio Oriente, e, inoltre, si corre il rischio d’incendiare il Pakistan, aggiungendo nuove sofferenze e massacri. La recente visita di Holbrooke a Yusuf Raza Gilani, primo ministro pachistano, dimostra il crescente coinvolgimento di Islamabad nel conflitto.
Presto saranno dieci anni che l'esercito USA ha invaso l'Afghanistan parlando di libertà, di sviluppo, di democrazia: ma il paese ha visto solo guerra e distruzione, morte e commercio di droga, e, dati i continui massacri di civili, non sembra che le cose cambieranno. Ovviamente, i negoziati segreti coi talebani sono cominciati molto tempo fa, per opera di Karzai e dei servizi segreti USA, sotto la supervisione di McChrystal e David Petraeus, capo del Comando Centrale statunitense, mentre i massacri della popolazione civile continuano a disseminare di tombe le strade del paese. Il cinismo e la ferocia degli uomini di Washington, il loro disprezzo della volontà dei popoli, si possono illustrare con le parole del generale nordamericano McCrhrystal, capo delle truppe NATO in Afghanistan: “Abbiamo un governo conservato in scatola, pronto ad entrare in funzione appena possibile”. Nonostante la nuova rotta, con le truppe del Pentagono o con quelle dell'ISAF, con McKiernan o McChriystal, con Bush e con Obama, Washington non sembra disposta ad abbandonare la consueta pratica di macelleria in cui ha trasformato l'Afghanistan.
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