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Sessantesimo anniversario dei decreti del marzio 1963: dai diritti acquisiti dei lavoratori agricoli ai diritti concessi alla nuova borghesia terriera

Sid Ali | alger-republicain.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

05/04/2023

Poco più di 60 anni fa, all'indomani dell'indipendenza del Paese, in assenza di un potere politico o di un'amministrazione pubblica in grado di esercitare un'autorità sul settore agricolo, i lavoratori agricoli occuparono oltre un milione di ettari di terre coloniali abbandonate dai proprietari europei.

Questa giusta riappropriazione dei mezzi di produzione da parte dei lavoratori e dei loro comitati di gestione creati in tutto il territorio fu sostenuta da alcune sezioni sindacali dell'UGTA (Unione Generale dei Lavoratori Algerini). I collettivi degli operai agricoli formarono dei "comitati di gestione" nell'estate del 1962 per assicurare il raccolto della campagna agricola. Nel corso di quell'anno, una serie di leggi legalizzò le forme assunte dal "movimento di autogestione".

Con un'ordinanza del 24 agosto 1962, l'Esecutivo provvisorio, che assicurava la transizione politica dello Stato algerino, arrivò a promulgare una legge volta a proteggere le proprietà sfitte e a vietare le transazioni immobiliari e mobiliari "per evitare [un movimento] di accaparramento delle terre" in formazione.

La creazione dell'Ufficio nazionale per la protezione e la gestione delle proprietà vacanti è stata la prima misura adottata del governo Ben Bella. Il suo compito era di dare impulso al processo dei comitati di gestione e di istituzionalizzare l'autogestione.

Il decreto n. 62-02 del 22 ottobre 1962 ordinò e istituì in ogni azienda agricola vacante con più di 10 lavoratori un comitato di gestione eletto da tutti i lavoratori dell'azienda autogestita.

Nella primavera del 1963, il giovane Stato algerino adottò i famosi "Decreti di marzo", che stabilirono legalmente il principio dell'autogestione agricola. Adottati il 18 e il 22 marzo 1963, questi "decreti di marzo" definirono le modalità di organizzazione e di funzionamento di queste nuove aziende agricole. Essi istituirono un settore autogestito nella prospettiva più ampia di una grande riforma agraria. Il primo decreto del 18 marzo 1963 sulla regolamentazione delle proprietà vacanti, definì la nozione di "vacanza" e regolamentò definitivamente le "proprietà vacanti".

Questi decreti fornirono alle aziende agricole autogestite uno statuto che definiva gli organi di gestione interna: Assemblea generale dei lavoratori, Consiglio dei lavoratori, Comitato di gestione, Presidente e Direttore. Inoltre, istituirono degli organismi per la promozione dell'autogestione: il Consiglio di promozione comunale e l'Ufficio nazionale di promozione del settore socialista, successore dell'Ufficio nazionale delle proprietà vacanti. L'ordinamento giuridico fu infine completato da un decreto che stabiliva le regole per la distribuzione del reddito e dei profitti delle aziende agricole autogestite.

Al di là dell'importante ruolo storico nella costituzione del dominio pubblico dello Stato svolto dai comitati di gestione, sia nel settore agricolo che in quello commerciale e industriale, il movimento di autogestione doveva servire da riferimento per la "opzione socialista" dello Stato algerino.

L'impatto politico e simbolico è stato importante. Il sindacato dei lavoratori UGTA lanciò una grande campagna a sostegno dei decreti di marzo, segnata da un'imponente manifestazione ad Algeri il 3 aprile 1963. Su invito dell'UNEA (Unione nazionale degli studenti algerini), gli studenti organizzarono brigate di solidarietà per riparare macchinari o partecipare alla mietitura, istituendo così una tradizione di volontariato che continuò fino alla fine degli anni Settanta, ma che fu silurata dal nuovo governo presieduto da Chadli dopo la morte di Boumediène.

Sulla scia dei decreti del marzo 1963, e su impulso popolare derivante dall'indipendenza conquistata con una dura lotta contro il colonialismo francese, un decreto del 26 luglio 1963 procedette alla confisca di 200.000 ettari appartenenti ad agenti coloniali, governatori (caïds), bachaghas, notabili politici o religiosi. Seguì una legge del 1° ottobre 1963 che dichiarava proprietà dello Stato tutti i terreni agricoli sfruttati dai coloni, compresi quelli rimasti nel Paese.

La nazionalizzazione delle terre coloniali, uno dei punti salienti della prima riforma agraria, si protrasse per tutto il 1963-64. Furono nazionalizzati oltre 1.700.000 ettari, tra cui le tenute Germain e La Trappe, situate alla periferia di Algeri e appartenenti al senatore Borgeaud, simbolo della efferatezza dell'oppressione coloniale, del razzismo e della feroce opposizione non solo all'indipendenza algerina, ma persino alla concessione dei diritti più elementari agli algerini nel quadro dello status coloniale.

Tra il 1962 e il 1965, 22.400 fattorie coloniali furono raggruppate per creare 2.200 tenute autogestite, che coprivano 2,7 milioni di ettari e impiegavano quasi 250.000 lavoratori, tra cui 100.000 stagionali.
I primi insegnamenti tratti da questa giovane esperienza furono formulati al primo Congresso di autogestione, tenutosi nell'ottobre 1963 alla presenza di 2.500 delegati dei lavoratori autogestiti. Le difficoltà economiche e finanziarie furono ampiamente discusse dai congressisti e le principali critiche dei lavoratori dell'autogestione furono rivolte all'ONRA e alle organizzazioni delle aziende agricole. In un recente libro sull'autogestione ("L'autogestion en Algérie : une autre révolution? 1963-1965"), Mohamed Harbi parla di questi ostacoli, legati all'ostilità espressa dalle forze sociali presenti nell'apparato statale ereditato dall'epoca coloniale (p. 24 e seguenti).

Queste difficoltà giustificarono le prime riorganizzazioni e riforme attuate nel 1966-67.

Un'ordinanza promulgata il 30 dicembre 1968 riaffermava all'articolo 1 che "I terreni e gli altri mezzi di produzione agricola, mobili e immobili, che sono stati nazionalizzati, sono costituiti in aziende agricole. La gestione di queste aziende è affidata dallo Stato a collettivi di lavoratori...". I beni affidati furono dichiarati inalienabili, imprescrittibili e insequestrabili. Non potevano essere affittate. Lo Stato assegnava i dirigenti alle aziende agricole autogestite; la legge affermava che non potevano sostituirsi agli organi di autogestione "che da soli determinano gli orientamenti e gli obiettivi dell'unità produttiva nel quadro della pianificazione nazionale".

Nel febbraio 1969, però, furono apportate delle modifiche alle modalità di funzionamento dell'autogestione. Sebbene i testi riconoscessero gli organi di autogestione (assemblea dei lavoratori, consiglio dei lavoratori, comitato di gestione e presidente) e insistessero sul ruolo principale del collettivo dei lavoratori nella gestione delle tenute - era "l'Assemblea Generale l'organo sovrano dell'autogestione" - la legge del febbraio 1969 stabiliva che era lo Stato a "definire l'orientamento tecnico ed economico delle aziende agricole autogestite e ad esercitare il controllo su di esse".

Lo Stato e la sua amministrazione finirono per giocare un ruolo fondamentale nel funzionamento del cosiddetto sistema autogestito: approvò i piani di coltivazione, determinò i costi di coltivazione, decise le tabelle che definivano gli anticipi sul reddito e gli anticipi in natura, fissò i prezzi di produzione...

I decreti di marzo non possono essere citati senza ricordare i grandi progressi compiuti in campo sociale a favore dei lavoratori agricoli delle tenute autogestite. Un'ordinanza del 5 aprile 1971 istituì un nuovo regime di assicurazione sociale che garantiva i lavoratori agricoli e le loro famiglie contro i rischi di malattia, invalidità e morte, copriva le spese di maternità, prevedeva una pensione di vecchiaia e, in via transitoria, un assegno per i lavoratori anziani. Questa ordinanza, che ha rappresentato un importante progresso sociale per i lavoratori del settore agricolo autogestito, è stata seguita da una serie di decreti attuativi promulgati nella stessa data.

In una dinamica incoraggiata dall'attuazione della "rivoluzione agraria" iniziata nel novembre 1971, nel marzo 1972 fu creato un fondo sociale. Esso era destinato a "finanziare tutte le azioni che tendono a garantire l'avanzamento sociale e culturale dei membri del collettivo dei lavoratori" nei settori dell'istruzione e della salute, delle attività ricreative e dell'alloggio. Le istituzioni sociali sono state create dall'articolo 2 del decreto del 21 marzo 1972, che stabiliva le condizioni di utilizzo del Fondo sociale per le aziende agricole autogestite.

Il movimento di occupazione delle terre da parte dei collettivi di lavoratori agricoli coloniali andò oltre la salvaguardia della produzione delle prime campagne agricole. I decreti di marzo sostengono un movimento di "autogestione" che realizzerà concretamente un compito storico, quello di assicurare e garantire il trasferimento delle proprietà coloniali allo Stato, costituendo così un fondo terriero di dominio pubblico.

È stato questo movimento di rivendicazione della terra, dei diritti sociali e della dignità dei lavoratori agricoli a essere messo in discussione dalle riforme liberali attuate negli anni Ottanta.

A sessant'anni dai decreti del marzo 1963, cosa rimane di queste conquiste dell'indipendenza?

Una borghesia che stava appena emergendo negli anni Sessanta sarà rafforzata nel frattempo grazie a riforme liberali che la avvantaggeranno. I suoi rappresentanti nel sistema politico le concederanno nuovi diritti e privilegi soffocando al contempo la resistenza dei lavoratori. Incoraggiati dal rafforzamento dei loro legami con gli apparati di potere, negli ultimi anni sono arrivati a chiedere la privatizzazione totale delle terre strappate dalle mani dei coloni dal proletariato agricolo e dai patrioti progressisti al potere nei primi due decenni dell'Algeria indipendente.

I nuovi "coloni" indigeni fingono di dimenticare che queste terre sono state confiscate dagli invasori ai contadini e alle comunità rurali che hanno pagato un pesante prezzo di sangue per garantire una riconquista che oggi viene messa in discussione, a più di 60 anni dall'indipendenza del Paese.


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