www.resistenze.org - popoli resistenti - burkina faso - 21-10-09 - n. 291

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Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura di C.T. del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
22° Commemorazione della morte di Thomas Sankara e l’iniziativa della Campagna internazionale di giustizia per Sankara
 
Il 15 ottobre 2009 segna la 22° Commemorazione dell’assassinio di Thomas Sankara, il primo Presidente del Burkina Faso.
 
L’assassinio di Sankara e di una dozzina di suoi compagni e la serie di crimini politici che si sono succeduti, hanno chiuso in modo sanguinoso una delle ultime esperienze rivoluzionarie in Africa. In questo periodo di crisi economica, finanziaria, alimentare, ambientale caratterizzata da instabilità politica e svendita delle risorse del continente africano, lo sviluppo autonomo e il panafricanismo di Sankara non sono più di attualità. Il popolo del Burkina, la popolazione africana e la comunità internazionale aspettano ancora di conoscere le circostanze di questo assassinio ed il suo o i suoi responsabili.
 
L’impunità eretta a sistema in Burkina è stata intaccata da dodici anni di sforzi della CIGS (Campagna Internazionale di Giustizia per Sankara) e di combattività del popolo burkinabé. Si ricorda che dopo aver esaurito tutti i ricorsi giudiziari in Burkina Faso, il suo Collettivo giudiziario aveva portato il caso davanti al Comitato dei Diritti dell’Uomo dell’ONU. Quest’ultimo aveva creato un precedente in Africa e in seno all’ONU riconoscendo le violazioni del partito di Stato:
 
«il rifiuto di condurre un’inchiesta sulla morte di Thomas Sankara, il non riconoscimento ufficiale del luogo di sepoltura e la mancata rettifica dell’atto di morte costituiscono un trattamento inumano verso Mme Sankara e i suoi figli, contrario all’articolo 7 del Patto (par. 12.2). La famiglia di Thomas Sankara ha il diritto di conoscere le circostanze della sua morte (…). Il comitato considera che il rifiuto di portare avanti un’inchiesta sulla morte di Sankara, il non riconoscimento ufficiale del luogo di sepoltura e la mancata rettifica dell’atto di morte costituiscono un trattamento disumano verso Mme Sankara e i suoi figli…» e al paragrafo 12.6. «…il Comitato considera che, contrariamente agli argomenti del partito di Stato, nessuna prescrizione porterebbe alla nullità del procedimento dinanzi al giudice militare, e pertanto la responsabilità della mancata denuncia del caso al Ministero della Difesa spetta al Procuratore, il solo abilitato a farlo...»
 
Tuttavia il Comitato dei Diritti dell’Uomo non chiedeva espressamente il diritto di inchiesta, ma pretendeva una compensazione economica e il riconoscimento del luogo di sepoltura. Il Burkina Faso dal canto suo non ha portato nessuna prova a riguardo. Inoltre la somma offerta come risarcimento alla famiglia ammontava appena a 43.445.000 Franchi CFA, ossia 66.231,475 euro, o 65.000$, una somma equivalente alla pensione del defunto Sankara ai suoi aventi diritto. Mentre alcuni esperti si sbagliavano nella conversione aggiungendo uno zero all’indennità (650.000 $ - 434.450.000 FCFA), altri consideravano che il partito di Stato aveva fatto molti sforzi nel depennare la parola « naturale » dai falsi certificati di morte che dichiaravano che il Presidente Sankara era deceduto appunto di morte naturale. Nonostante la rettifica della cifra da parte degli avvocati e l’evidenza che il pellegrinaggio dei sostenitori di Sankara alle presunte tombe non potesse servire da prova, il Comitato dei Diritti dell’Uomo nell’aprile 2008 si dichiarava soddisfatto «al termine di ininterrotti accertamenti… e senza l'intenzione di esaminare oltre tale questione».
 
Ma la CIGS persiste nella sua lotta contro l'impunità tanto più che il Burkina Faso ha continuato ad accumulare altre violazioni, passibili di essere perseguite, e nuove rivelazioni di alcuni protagonisti su questo tragico caso avrebbero dovuto portare il Paese ad aprire un'inchiesta o almeno a fornire finalmente la versione ufficiale dei fatti. In realtà alcune confessioni inedite che rinforzano le affermazioni del Generale Tarnue, già considerate come prove dalla CIGS, il Senatore liberiano Johnson, davanti alla Commissione di Riconciliazione, ha imputato l'omicidio di Sankara al Presidente Compare, al suo regime ed alle connivenze con l’ex-Presidente Taylor. Quest’ultimo, contro-interrogato dal Tribunale Penale de L’Aia il 25 agosto 2009 (pagina 270632), ha negato sostenendo che in quel periodo era agli arresti in Ghana, ma si è smentito sulla colpevolezza di Campaore, prima di ritrattare (Ero ancora rinchiuso in prigione quando Blaise Compaoré ha ucciso tutti - durante l'assassinio di Thomas Sankara, perché non posso dire che ha ucciso, ma non lo ha fatto da solo. Io ero in prigione in Ghana…) www.sc-sl.org/LinkClick.aspx?fileticket=prr6j5%2bbmsc%3d&tabid=160
 
In un documentario della RAI «Ombre Africane» un altro liberiano, il Generale Momo Jiba, che è stato la guardia del corpo di Blaise Compaore, conferma le opinioni di Tarnue e di Johnson, riportando chiarimenti inediti sull’assassinio di Thomas Sankara. Sostiene, davanti ad una telecamera nascosta, di aver assistito all’omicidio e soprattutto che il Presidente Campaore ha sparato personalmente a Sankara e che questo colpo di Stato è stato un complotto internazionale che ha beneficiato anche dell’appoggio della CIA. Un altro giornalista, Keith Harmon Snow, in un’intervista con il suo collega Norbert Zongo assassinato poi dal regime di Compaore, aveva anche lui confermato l’implicazione del Mossad e della CIA nell’assassinio: www.allthingspass.com/journalism.php?jid=4
 
Tutti questi testimoni dicono di temere per la loro vita e rifiutano di fornire maggiori dettagli su questo caso. Quest’ultimo, più che mai, preme affinché i paesi coinvolti aprano i loro archivi e i testimoni diano la loro versione per permettere che la verità emerga e che i burkinabé possano “voltare la pagina dell’impunità”.
 
Il Presidente Blaise Compaore, il presunto responsabile di questo assassinio, è stato recentemente nominato Mediatore della crisi in Guinea dopo la sanguinosa repressione dei manifestanti. Al microfono di RFI, Compaore dichiara senza battere ciglio: «non possiamo tollerare che in Guinea ci siano ancora discussioni su persone disperse di cui non si trovano i corpi» www.rfi.fr/actufr/articles/118/article_85342.asp
 
Però il corpo di Thomas Sankara non è mai stato ritrovato, ed è per questo che è stata fatta una denuncia di sequestro da Dieudonné Nkounkou, avvocato al Tribunale di Montpellier che non ha ancora ricevuto risposta dalle autorità giudiziarie del Burkina Faso.
 
Il Collettivo della CIGS [1], oltre che la famiglia Sankara, riferendosi alla decisione dell’ONU, vogliono sapere se la tomba costruita dallo Stato burkinabé è veramente quella di Thomas Sankara. È la ragione per cui, il 15 ottobre 2009, il Collettivo, rappresentato da Me Djammen Nzépa, avvocato al Tribunale di Tolosa, sta per aprire una procedura giudiziaria per sottoporre a perizia le tracce genetiche del corpo sepolto al fine di compararle con quelle prelevate ai due figli di Sankara.
 
In una nota di ringraziamento al GRILA [Group for Research and Initiatives for the Liberation of Africa] e agli avvocati, Mariam Sankara, vedova di Thomas, ha dichiarato: «siete i pionieri della difesa della memoria del mio sposo. Se molti altri hanno ripreso ad interessarsi a lui è grazie a voi. Avete il merito e il coraggio d’avere portato avanti la mia richiesta di verità sull’omicidio di Thomas Sankara…». Questa frase di Seneca lo illustra: «Non è perché è difficile che non si osa. È perché non si osa che è difficile».
 
In un messaggio rivolto al suo popolo in occasione della 22° commemorazione, Mariam Sankara, riprendendo il detto popolare: «qualunque sia la lunghezza della notte, il giorno apparirà», ha lanciato un appello all’unità, alla resistenza e alla determinazione ricordando come il messaggio e l’obiettivo di Sankara sono ancora attuali. Recentemente, in vista del Summit dell’Africa e dell’America Latina, il Presidente venezuelano Hugo Chavez lo ha presentato citando a lungo Thomas Sankara e il suo discorso del 1984, per spronare i suoi ospiti africani e promuovere l’esperienza bolivariana:
 
«potremmo cercare forme di organizzazione migliori, più adatte alla nostra civiltà, rifiutando in modo chiaro e definitivo ogni forma di imposizione esterna, per creare condizioni degne, all’altezza delle nostre aspirazioni. Porre fine alla condizione di sopravvivenza, liberarci dalle pressioni, liberare le nostre campagne dall’immobilismo medievale, democratizzare la nostra società, innalzare gli spiriti ad un universo di responsabilità collettiva, per osare inventare il proprio futuro».
 
Questa lotta, il popolo del Burkina Faso l’ha capita e può contare sull’appoggio della CIGS perché come sosteneva Sankara: là dove si sconfigge lo scoraggiamento, si eleva la vittoria dei perseveranti!
 
Note
[1] Collettivo della CIGS: (Maîtres Nargess Tavassolian, Aïssata Tall Sall, Jean Abessolo, Catherine Gauvreau, Charles Roach, Dieudonné Nkounkou, Gaston Gramajo, Ferdinand Djammen Nzépa, John Philpot, Vincent Valai, Neda Esmailzadeh, Patricia Harewood, William Sloan e l’Ufficio Sankara)