da rebelion.org
http://www.rebelion.org/noticia.php?id=37632
Andrés Piqueras
16/09/2006
La vittoria del Movimento al Socialismo (MAS) in Bolivia segna una pietra miliare nel corso delle lotte popolari, perché è la prima volta che un movimento sociale accede al potere politico.
Questo ”schok politico” ha messo in moto un processo di trasformazione che contiene molti incognite circa la possibilità di trasformarsi in un'autentica rivoluzione sociale con il dominio delle basi economiche.
Per il momento si stanno mettendo i pilastri per ottenere una decolonizzazione delle coscienze e delle pratiche politiche, e si cerca di riprendere in diversi ambiti i principi ideologici ed organizzativi di strutture socioculturali precolombiane, un cocktail con forme più democratiche di approccio ai processi produttivi e politici generali. Il fatto che sia la stessa popolazione indigena a guidare quel processo in questo senso è molto promettente.
Il processo “masista” in Bolivia lo si deve a due congiunture, una interna ed un'altra esterna, di cui dobbiamo citare alcuni elementi importanti:
1. Interna. Le possibilità del MAS di approdare al potere politico istituzionalizzato si sono moltiplicate con l'esaurimento delle opzioni di scorta del capitalismo boliviano dipendente e periferico, incapace di rispondere al processo di pauperizzazione generale della popolazione, con più del 60 % della stessa sotto la soglia della povertà - e quasi il 40 % nella miseria -, ed un'aspettativa di vita che non supera i 55 anni. Una popolazione che nella stragrande maggioranza è rimasta per secoli ai margini di una rudimentale cittadinanza.
Ciò è la conseguenza del controllo assoluto delle risorse del paese, da parte di un'oligarchia creola sostentata da un'economia estrattivo - esportatrice senza reinvestimenti industriali né ripercussione in servizi per la popolazione degni di tale nome, a tal punto che lo “Stato” come ente d’amministrazione, gestione ed intervento nelle vite della popolazione boliviana, per la maggioranza della stessa è stato solo una finzione. Si tenga conto che fino al 1994, con la promulgazione della Legge sui Municipi, buona parte della popolazione rurale aveva appena avuto un contatto diretto con l'Amministrazione dello Stato (oltre la presenza di qualche distaccamento militare.)
Il quadro è dunque quello di un capitalismo primario, inefficiente e di rapina, che non ha neanche creato infrastrutture e ha generato bassi livelli di sviluppo delle forze produttive nel paese. Come diceva un tecnico di una ONG impegnata sul posto: “il capitalismo in questa zona delle Ande è arrivato troppo tardi”. Il testimone aggiungeva che se il capitalismo non lo aveva fatto prima dell’attuale fase di globocolonizzazione, ora poteva farlo solo in modo militare, il che lascia tutto l’ordinamento sovrastrutturale capitalista sguarnito nei confronti della popolazione.
2. Esterna. Con l'arrivo del MAS ed i tentativi di mettere qualche razionalità economica al di sopra dell'avidità esclusiva di un'inetta plutocrazia, l'investimento estero è diminuito sensibilmente, solamente 50 milioni di dollari fino all’inizio dell’agosto 2006, e con le multinazionali che cominciano ad esplorare altre prospettive geografiche più “docili” per i loro interessi. Allo stesso tempo, i paesi della regione, specialmente Cile e Brasile (non tanto l’Argentina che si evidenzia più dipendente delle risorse gassose boliviane) hanno incominciato a riconsiderare fonti alternative di fornitura energetica, date le condizioni politiche e sociali che comincia ad imporre il governo boliviano alle loro rispettive imprese. [Fatto che sta per essere utilizzato - come no ? - dalla destra del paese per frustrare di nuovo i tentativi di sovranità energetica, che almeno parzialmente, sono presenti nel governo del MAS].
Insomma, il capitale si “ritira” ancora una volta, esplicitamente, da un paese mirando ad ostacolare le possibilità di trasformazione e passa a manifestarsi, con ogni probabilità, nella sua espressione più bellicosa, sul terreno politico e forse, col tempo, anche militare.
Nonostante questo, gli aspetti del contesto latinoamericano in cui si è verificato il processo “masista” contiene aspetti più positivi. Tra quelli, c’è l'interconnessione energetica in corso nel subcontinente, guidata dal Venezuela, ed il conseguente progetto d’integrazione bolivariana in marcia. Nonostante le debolezze di questo processo, ed i tremendi punti interrogativi che apre il come si sta realizzando tale “interconnessione” energetica - molto poco integratrice in termini politici - , i paesi della regione sanno che dalla loro autosufficienza energetica comune dipendono le loro possibilità di futuro. E ciò attraverso una sempre maggiore rivendicazione della sovranità sulle proprie risorse, permettendo di rinforzarsi reciprocamente di fronte alle corporazioni della Triade, per quanto continuino a competere a beneficio delle rispettive imprese, soprattutto nel caso dei grandi paesi della regione, e in particolare del Brasile, che non è disposto a cedere la sua leadership economica nel subcontinente. In più, per la prima volta il sogno bolivariano, oltre la dichiarazione sovrastrutturale di intenzioni, potrebbe avere un rovescio ben infrastrutturale, che nel caso concreto della Bolivia è in grado di influenzare l'introduzione dell'attuale processo di trasformazione.
Descriviamo ora, brevemente, alcune di quelli che a nostro giudizio, sono forze e debolezze del processo, per finire con le incognite:
Esiste un appoggio massiccio della popolazione al MAS e al processo di cambiamenti che ha scatenato; perfino maggiore di quello che hanno riportato le urne nelle ultime elezioni, e al di sopra di quello avuto nelle sue prime fasi da qualunque altro processo trasformatore in America Latina, e
oseremmo dire, nel mondo. Conta anche sul deciso appoggio delle organizzazioni e varie espressioni di movimenti indigenisti e di contadini.
La popolazione indigena e buona parte di quella meticcia, che sono l'assoluta maggioranza del paese - non meno del 78 %, circa otto milioni di abitanti [1] - lo vive come un processo di recupero della propria dignità e protagonismo sociale. Dove finalmente ha qualcosa da dire nella sua terra, e vede il risultato della sua voce.
Si sta verificando un'ampia dinamica di politicizzazione della società, di interesse per la Politica, e si comincia a capire finalmente che il governo delle cose colpisce tutti gli aspetti della vita.
In questo senso, si ricorre anche al recupero di forme organizzative, produttive e sociali, ed anche di governo, proprie delle comunità precapitaliste che oggi non risultano poi tanto anacronistiche, in un paese in cui il capitalismo mostra solo uno sviluppo molto elementare.
La democrazia sovrastrutturale borghese potrebbe così essere coadiuvata oppure contrastata da forme democratiche più dirette ed assembleari, in cui per la prima volta, a differenza del passato colonizzatore e precolombiano, cominciano ad avere voce anche le donne.
Il MAS ha incominciato a guadagnare simpatie tra determinati settori medi del paese, meticci e perfino bianchi, che vedevano che coi governi “neoliberali” non si otteneva mai niente, ed anzi, la situazione peggiorava anno dopo anno.
B. Debolezze
Il MAS non ha una struttura politica consolidata, fatto che gli procura numerosi rovesci tattici nella direzione del paese, e quel che è più importante, lo lascia vulnerabile alla penetrazione crescente dell'opportunismo nelle sue file, rendendolo abbastanza dipendente della figura del suo leader, autentico agglutinante della popolazione, col conseguente pericolo che si stabilisca un “evismo” politico. Fino ad ora il movimento non ha intrapreso un processo di selezione per determinare le basi minime di militanza ideologica, né di compromesso politico dentro il proprio movimento, sicché come sempre in questi casi, cominciano a giungere arrivisti di ogni sorta, e di sicuro anche personaggi appositamente infiltrati.
È altrettanto dubbia la sua proiezione strategica, non troppo chiara a giudicare dal suo programma di governo, che può favorire anche l’ambiguità interna di certi settori della sua crescente militanza. È molto difficile che a breve termine possa essere superata la dipendenza del paese dal capitale straniero e dalla sua tecnologia, lasciandolo in una posizione di debolezza a determinate negoziazioni chiave e prese di decisione sovrane, sulle quali ha dovuto fare già più di una concessione - già duramente criticata dai “sinistri puri”[2] -.
Come capita normalmente in questo tipo di processi, la maggior parte dei media, e in minore misura la rete universitario-scientifica, sono schierati contro. Oltre, ovviamente alla Chiesa, sempre all'erta contro tutto quello che cerchi la giustizia in questo mondo, anche se non ha ancora mostrato la virulenza e l'orchestrazione che ha dimostrato in Venezuela.
Il MAS, per resistere, ha già incominciato a creare la sua rete di stazioni radio, ma è molto la strada da fare al riguardo, e poche le risorse.
Ha anche contro la maggior parte della sinistra “pura” molto ridimensionata; la trotskista innanzitutto, ed ovviamente gli anarchici, che vedono nel programma di azione del MAS un processo non ortodosso e pertanto condannato al fallimento, secondo gli stretti criteri da manuale che si possono trovare nella pubblicazione dal titolo pleonastico “Socialismo Rivoluzionario”. L’ambiente anarchico, da parte sua, non si disturba a formulare una critica ragionevole che includa un’alternativa allo stato delle cose attuale. Caso mai, come quasi sempre, anche il trotskismo boliviano invece di cercare di collaborare per cooperare al carattere trasformatore del processo in corso, si colloca nella più aperta opposizione, quando non lo si vede addirittura camminare più o meno a braccetto con la reazione del Capitale. Tutto fa pensare, una volta di più, che per questa corrente si sinistra “la rivoluzione” non è altro che il prodotto di un illimitato spiegamento della volontà politica in uno scenario di dottrina pura, dove non bisogna tenere in conto le enormi forze antagonistiche, interne ed esterne, ignorando anche i rapporti di forze, il livello di coscienza sociale ed in generale lo sviluppo delle forze produttive da cui parte il processo costituente di una nuova società in Bolivia, e dove, in definitiva, la lotta di classe è sostituita, come direbbe Atilio Borón,
“dall'aridità irreparabile del dogma”. [Inoltre, questa dannosa presa di posizione politica, non può superare i fondamenti della stessa critica trotskista, che appaiono periodicamente nella pubblicazione menzionata, e che avvicinano con chiaroveggenza ai grandi dubbi che apre il processo in corso in Bolivia].
La chiusura delle sinistre”pure” è tanta più difficile da spiegare perché la Bolivia è un paese in cui il lavoro nero riguarda l’80 % della popolazione attiva, compresi i contadini, che a fatica collocano parte dei loro prodotti sul mercato, dato che spesso l'obiettivo del loro lavoro è la mera sussistenza. La “rivoluzione proletaria” sarebbe poca più che una chimera in un paese che tra il settore formale e quello informale raggiunge appena un 20 % di “classe operaia” propriamente detta, e solo un 5 % se contiamo il settore non sommerso.
In queste circostanze il primo grande punto interrogativo che si apre è se tutto il processo che sta muovendo il paese, sintetizzato sotto la sigla del MAS, non sia solamente un tentativo di generare alcune condizioni sociali inclusive, una sorta di capitalismo più sociale. Oppure sia facilitare l'accesso alla cittadinanza di quel 70 % della popolazione che rimane ancora a secoli di distanza della stessa: fare entrare d'un colpo il paese nella Modernità, con la M maiuscola.
Naturalmente, con la teoria in mano, è difficile pensare oggi ad altre possibilità per un paese con un simile sviluppo delle forze produttive ed elementi sociali. Ma in ogni caso, le possibilità d’accelerazione del processo verranno chiaramente marcate dal contesto internazionale, in particolare di quello latinoamericano, dall'energia del volano bolivariano che conferma l’importanza del Venezuela.
A suo favore - ma anche contro - potrebbe giocare la decomposizione del resto dell'opposizione politico-sociale ai governi “neoliberali” che il Capitale ha tentato di proporre, e sostenere alla disperata, ma che alla fine non si sono accordati con il MAS. E’ il caso di alcuni leader, e in specie Jaime Solari, della Centrale Operaia Boliviana (COB), un’organizzazione di lotta, e di altri che hanno continuato a perdere appoggio e credibilità tra le loro basi, che però hanno votato per il MAS.
La stessa cosa è successa con l'indigenismo di Felipe Quispe, che si è ritirato della politica apparentemente incapace di essere all'altezza delle circostanze che vive il paese, e del “tupakatarianismo” in generale, molto sfumato nell'attuale congiuntura.
Questo potrebbe essere favorevole, perché almeno quelle forze hanno meno capacità di disturbare un processo in cui si ha un bisogno estremo di “cooperazione” delle forze sociali. Ma anche sfavorevole, perché la sinistra perde, almeno parzialmente, altri che potrebbero essere, da obiettivi comuni simili, critici con le forme di procedere delle MAS. La pluralità, presuppone sempre una garanzia contro l’irrigidimento degli apparati, e contro i differenti assorbimenti burocratico- parziali, clientelismi ed omogeneizzazioni sterilizzanti.
Non sappiamo se il MAS andrà a facilitare i settori di lavoro autonomo alle numerose e disperse sinistre locali ed alternative del paese, o tenterà invece di “accogliere” tutti sotto la sua ala, annullando la sua capacità organizzativa e rivendicativa. Della sua riuscita in questa materia (coordinazione senza assorbimento) dipenderanno anche gran parte dalle sue possibilità di futuro come movimento democratico e democratizzante della società boliviana. Non dimentichiamoci che nonostante tutti i dubbi e le condizioni di partenza, si è dato il nome di “Movimento al Socialismo.”
Infine, ma forse la più importante, è l'incognita dell'opzione della forza, tanto interna quanto esterna. Sul MAS grava sempre il comportamento dell'Esercito, che da “vigilante della legalità” dei potenti, può intervenire in qualunque momento. [Il governo, come in altri casi, ha cercato di ingraziarsi gli alti comandi, concedendo loro alcuni generosi aumenti salariali, ma come di certo saprà, non è mai sufficiente se esiste chi può pagare di più].
Questo Movimento al Socialismo ha già compiuto i primi passi per una nazionalizzazione ed industrializzazione, degli idrocarburi; vuole, come in Venezuela, che il suo reddito sia ridistribuito in forma di politiche sociali. Queste ultime, fino ad ora sconosciute nel paese, sebbene in modo lento e precario, hanno però cominciato a mettersi in moto, soprattutto in ambito sanitario, scolastico e dei servizi sociali - settori in cui gode dell’appoggio e della collaborazione dei professionisti cubani e venezuelani -. Si è rifiutato di accettare le imposizioni USA circa l’allineamento regionale e la cancellazione della coltivazione di coca, ha cercato l’alleanza con il progetto d’integrazione bolivariano e con l’ALBA, accrescendo il proprio ruolo in America Latina.
C’è anche una nuova Costituente che entro l’agosto del 2007 deve trasformare le basi su cui si fonda l'ordine istituzionale del paese.
Il movimento di sinistra “internazionale”, ne è al corrente, quanto alle varie sinistre nazionali, queste non dovrebbero lasciare passare quest’opportunità di raggiungere con il MAS le vecchie massime del Manifesto Comunista.
[1] l’autodefinizione di “indigeno”, “puro” o “meticcio”, così come qualunque altra affermazione identitaria, dipende da costruzioni politicoculturali che si ripercuotono sulle soggettività in modo collettivo. La cosa importante è l’aver concordano progetti d’attribuzione di dignità e di recupero d’autonomia decisionale.
Nel caso boliviano il fatto basilare è che queste definizioni cominciano ad inserirsi dentro l'indigenismo politico che sta affrontando i poteri costituiti nell'insieme dell'America.
[2] in realtà, per il suo apporto ai processi trasformatori, dovremmo parlare piuttosto di “pseudosinistra”. Non dovremmo dimenticare che la sinistra si definisce di volta in volta per la sua capacità e volontà di contribuire ai processi di trasformazione a beneficio delle masse, e a partire dalla lotta delle masse, oltre al suo ruolo di mera autodefinizione.
Traduzione dallo spagnolo di FR per www.resistenze.org