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- popoli resistenti - bolivia - 12-11-07 - n. 202
da La Rinascita della Sinistra del 8/11/07
Morales, la visita non conforme
di Domenico Giovinazzo
La scorsa settimana il presidente boliviano Evo Morales è venuto in Italia per una visita che potremmo definire “istituzional-sociale”. Infatti, oltre ai consueti incontri con i rappresentanti istituzionali – i presidenti della Camera, del Consiglio e della Repubblica – Morales ha voluto incontrare anche i movimenti sociali.
Così, nell'insolita ma significativa cornice delle case occupate di via De Lollis, a Roma, è stato organizzato un appuntamento tra una ventina di rappresentanti dei movimenti e il presidente “campesino”, il quale, dopo aver ascoltato con attenzione le istanze provenienti dalla società civile italiana, ha descritto il cammino della «rivoluzione pacifica e democratica» da lui avviata in Bolivia.
Ma il vero evento del viaggio italiano di Morales è stata la lectio magistralis nella gremita aula magna dell'Università La Sapienza. Dove una folla festosa ha accolto “il compagno Evo” con calorosi applausi e numerosi striscioni di benvenuto, tra i quali spiccava quello dei giovani della Fgci che recitava: “Un otro mundo es posible... si es socialista”.
E' toccato a Luciano Vasapollo e a Gianni Minà fare gli onori di casa. Il direttore di Latinoamerica ha presentato il presidente boliviano come «la dimostrazione che Ernesto Che Guevara non era un visionario quando sosteneva che l'America Latina poteva essere liberata». La parola è passata quindi a Morales, il quale, nonostante la difficoltà della lingua (l'intervento era in spagnolo e non c'era alcuna traduzione simultanea), ha mantenuto vivi l'attenzione e il coinvolgimento della platea per più di un'ora e mezza.
Gran parte della “lezione” di Morales era incentrata su come un contadino indio sia riuscito a farsi eleggere presidente della Bolivia: «Le lotte per i diritti, per le risorse comuni, per la terra e per la foglia di coca mi hanno fatto vincere – ha dichiarato – e sono diventate i punti di forza per il riscatto del mio paese». Poi, ben sapendo che quello della coca è uno dei temi più strumentalizzati dai suoi detrattori, ha spiegato subito che «l'uso della foglia di coca, altra cosa rispetto alla cocaina, non è dannoso per la salute e appartiene da secoli alla cultura indigena».
Il leader boliviano ha toccato anche il tema della nazionalizzazione degli idrocarburi: «Prima, nelle casse dello Stato entravano appena 300 milioni di dollari all'anno da questo settore, per quest'anno prevediamo di superare i 2 miliardi». Un notevole incremento che gli ha permesso di realizzare importanti interventi sociali, come l'istituzione di un buono destinato ai bambini «per ridurre l'analfabetismo che flagella le zone rurali».
Anche le riserve monetarie dello Stato sono un indice concreto del cambiamento che Morales sta attuando in Bolivia. Il rapidissimo aumento dai 700 milioni di dollari del 2004 ai 5 miliardi attuali, «dimostra che in Bolivia la ricchezza c'era anche prima – ha spiegato il presidente – ma finiva nelle tasche dei politici o alimentava gli interessi stranieri».
Uno striscione della campagna “Acqua pubblica? Ci metto la firma” ha offerto al leader indio lo spunto per un passaggio su questo bene primario, che «è un diritto fondamentale dell'uomo e come tale non può essere gestito da privati». E mentre la platea applaude lui rilancia: «Tutti i servizi basilari devono essere considerati diritti umani fondamentali, e non possono essere i privati ad amministrare i diritti umani».
Non potevano poi mancare i riconoscimenti ai «due comandanti delle forze libertarie dell'America Latina», Fidel Castro e Hugo Chavez, che costituiscono dei pilastri importanti per il riscatto del continente sudamericano. Morales ringrazia Cuba per i «150mila cittadini boliviani che – grazie ai medici inviati da L'Avana – sono stati operati agli occhi senza sborsare un centesimo». Un esempio di cooperazione internazionale basata sulla solidarietà, che si contrappone al modello statunitense: «Anche gli Usa offrono cooperazione internazionale – denuncia Morales – ma lo fanno solo a condizione che privatizziamo le imprese e le risorse naturali del nostro paese, che proibiamo la foglia di coca e che ci impegniamo nella loro guerra al terrorismo».
Prima di congedarsi, il presidente della Bolivia indica anche la strada da seguire perché la rivoluzione pacifica verso il socialismo del XXI secolo si espanda dal Sud America al resto del mondo: «Il suo destino – spiega Morales – dipenderà dalla solidarietà internazionale e dalla diffusione della coscienza che il cambiamento è possibile. Ecco perché consideriamo i movimenti sociali di tutto il mondo nostri importanti interlocutori». La platea, a questo punto, non può che salutare il presidente indio con un coro: “El pueblo unido jamás será vencido”.