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- popoli resistenti - bolivia - 29-11-07 - n. 205
da rebelion.org
USA e borghesia boliviana cercano di far cadere il governo di Evo
Pedro Echeverría V. - pedroe@cablered.net.mx
29/11/2007
1. Il governo assassino di Bush sta intensificando i suoi sforzi per intervenire in Bolivia.
Usando potenti proprietari terrieri ed imprenditori, il governo yankee cerca di far cadere il governo di Evo Morales, o quanto meno, di separare la ricca Santa Cruz e la sua zona d’influenza.
I miliardari di Santa Cruz (città che reclama il diritto di essere capitale della Bolivia), in combutta con l’impero USA e utilizzando i media al loro servizio, stanno acuendo la campagna di calunnie contro il governo di Morales. Evo, però, conta sull’appoggio degli indios, dei contadini e della quasi totalità della popolazione povera che ha risposto con una mobilitazione di massa.
Cosa vogliono gli imprenditori di Santa Cruz? Non vogliono perdere i loro privilegi, perché le nuove leggi che stanno per essere approvate li ridurranno, facendo perdere loro gli enormi ed illegittimi guadagni.
2. Si tratta di una vera ribellione al progetto costituzionale boliviano, approvato solo dai legislatori che seguono Evo di fronte al boicottaggio della destra imprenditoriale.
E’ cominciata a Sucre con l’annuncio del lider del movimento civico locale, il proprietario terriero d’origine jugoslava Branco Marinkovic, di voler lanciare un piano di riconquista dell’autonomia dipartimentale. Di fronte a migliaia di persone dei ceti medio alti, concentratisi martedì nella piazza principale di Santa Cruz de la Sierra, Marinkovic ha chiesto un “sacrificio” alla popolazione e criticato duramente il governo per la morte di almeno quattro persone, decedute durante gli scontri avvenuti in città fra manifestanti e polizia, mentre l’Assemblea Costituente svolgeva i propri lavori in una struttura militare.
La protesta contro Evo è continuata in tutta la regione con l’appoggio dei media.
3. Ciò che preoccupa Bush e i suoi militari non è soltanto la Bolivia ed i suoi undici milioni di abitanti oggi sotto il governo dell’indio Morales, ma tutta l’area in cui il presidente venezuelano Hugo Chavez sta consolidando la sua leadership, seguito da Bolivia, Ecuador e Nicaragua.
Chavez (come lo è stato Fidel per 30 anni) è un pericolo per il dominio statunitense in America. Le sue denunce in tutti gli ambiti internazionali hanno reso grande la sua influenza, e smascherato l’impero oppressore. Se gli yankee riescono a far cadere Evo, possono mantenere salda la presa su Paraguay e Perù, dove ci sono dei governi loro amici ma che stanno affrontando un crescente scontento popolare. Inoltre, la totale subordinazione del presidente colombiano Uribe, permette loro di usare l’esercito di quel paese - finanziato tramite il Plan Colombia - per colpire Venezuela ed Ecuador.
4. Non dimentichiamoci che l’esercito yankee è il grande e meglio armato del mondo.
Il Dipartimento di Difesa ora controlla tre dipartimenti militari: quello dell’armata (che include l’esercito e il corpo dei marines), quello dell’esercito (responsabile dell’esercito), e quello della forza aerea. Tiene sotto controllo anche lo Stato Maggiore ed altre agenzie di difesa che si occupano dello scudo antimissile. Il Dipartimento della Difesa e il Pentagono posseggono 7/800 basi militari in tutto il mondo, in 63 paesi; le loro basi hanno un’estensione totale di 120,191 Kq. Si finanzia con 1.000 milioni di dollari, il 3,7% del PIL del 2006.
5. Osservando questi dati, mi ricordo quello che aveva detto Mao Tse/Tung alla giornalista Anna Luise Strong indicando l’imperialismo e tutti i reazionari come “tigri di carta”, perché “in prospettiva è il popolo ad essere davvero potente”. Mao aveva ragione, ma il suo ottimismo sembrava molto lontano. Pronunciò quella frase nel 1946, tre anni dopo la vittoria della rivoluzione cinese che aveva guidato; quando i contadini erano già divenuti potenti dopo che 86.000 uomini e donne, undici anni prima, avevano cominciato la lunga marcia che diede loro unità e forza. Dopo sessanta anni l’imperialismo ha dimostrato che è davvero una tigre assassina, anche là dove si traveste da agnello, e se il popolo in America Latina non si sveglia completamente non può sconfiggerlo. Il discorso di Chavez, ugualmente ottimista, da speranza al popolo venezuelano.
6. Il recente battibecco fra il re di Spagna e il presidente Chavez nella conferenza cilena, ma soprattutto il discorso di Daniel Ortega, fanno vedere una lotta fra interessi transnazionali. Sembra che in America Latina ci sia una lotta tra due imperialismi, quello yankee e quello europeo, per ottenere la conquista di nuovi mercati. Negli anni ’90 e quest’inizio di nuovo millennio, il mercato comune europeo, così come quelli asiatici, hanno cercato di penetrare sloggiando gli investitori statunitensi dalla zona. Questo scontro economico sta modificando la mappa militare del continente. Gli USA hanno promosso organizzazioni economiche internazionali con l’obbiettivo di controllare le risorse come il petrolio, l’acqua ed altre risorse naturali, ma soprattutto di controllare i governi dell’area. L’ALCA, il Piano Puebla - Panama, i TLC, il Plan Colombia, il Plan Mexico, sono proprio questo.
7. L’aver cacciato Hugo Chavez dai negoziati di scambio dei prigionieri in Colombia per il prestigio internazionale che ne avrebbe avuto, e le pressioni golpiste su Evo Morales in Bolivia, stanno definendo il futuro immediato dell’America del Sud. I governi di Brasile, Argentina ed Uruguay (quelli del Mercosur), devono sostenere Evo perché la sua sconfitta permetterebbe il rafforzamento di Bush. Il futuro dell’America Latina si trova nelle mani di questi paesi, in questi anni guidati da Hugo Chavez, che in un modo o nell’altro, con politiche diverse, stanno affrontando l’imperialismo. Sfortunatamente, paesi importanti per le loro dimensioni e numero di abitanti come Perù, Colombia e Messico, sono subordinati agli interessi USA. Li tengono in pugno con i debiti, con le basi militari, con degli investitori che saccheggiano le loro risorse naturali e con governi che sanno solo trascinarsi ai piedi del potere yankee.