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da Rebelión - www.rebelion.org/noticia.php?id=67106
 
Bolivia: Chi ha vinto il referendum del 4 maggio?
 
Marta Harnecker 
Rebelión
 
08/05/2008                                   
 
Dopo gli incerti risultati elettorali del referendum sullo Statuto Autonomista svoltosi nel Dipartimento di Santa Cruz, ambo le parti si attribuiscono la vittoria. Chi ha ragione?
 
Per poter giudicare o misurare i risultati di un’azione, si deve tenere conto della finalità che cercava l’autore di quell’azione
 
L’oligarchia di Santa Cruz voleva ottenere una partecipazione elettorale di massa: era l’unico modo per togliere forza all’argomento governativo circa l’illegalità del processo autonomista. Se avesse raggiunto l’obiettivo, avrebbe potuto far leva sul fatto che pur non essendo un processo legale, era però un processo legittimo, un’espressione popolare di cui il governo, a quel punto, doveva tenere conto.
 
Da parte del governo, del MAS e dei movimenti sociali, l’obiettivo era la maggior astensione possibile, per indebolire il risultato che pronosticava un ampio sostegno al SI.
 
Ma accanto a questa indicazione se n’era aggiunta un’altra, quella di votare NO, lanciata da alcuni settori per assecondare le pressioni dell’opposizione, che stava facendo di tutto per spingere la popolazione alla partecipazione di massa.
 
Anche se i dati a disposizione non sono ufficiali e probabilmente non lo saranno mai, perché non c’è mai stata una totale neutralità nell’osservare tale iniziativa, oltre al fatto che sono state scoperte schede elettorali premarcate con il SI, se usiamo gli ultimi dati forniti dai media e usati dal governo per dichiarare che l’astensione è stata maggiore di quanto sperato, a Santa Cruz l’astensione a questo referendum è stato del 39%, contro solo il 17% del referendum autonomista del 2006.
 
Il 39% è la cifra ottenuta sommando i voti NO a quelli nulli, arrivando quindi a circa la metà dell’elettorato (48%). Su dieci boliviani di Santa Cruz chiamati alle urne, quattro non hanno votato, uno ha votato NO ed uno ha annullato la scheda.
 
Sulla base di questi dati il governo ei suoi sostenitori si possono dire soddisfatti.
 
Resta da opinare se si tratti di un trionfo il fatto che più della metà della popolazione di Santa Cruz si è dichiarata contraria, coscientemente o manipolata dai gruppi oligarchici che dominano la regione, al progetto di paese rappresentato da Evo Morales. E ci sarebbe pure da chiedersi se questa iniziativa autonomista sia solo il frutto di un’azione machiavellica dell’oligarchia locale appoggiata dall’imperialismo.
 
Sembra più probabile che qui abbiano concorso errori e debolezze del governo e del MAS, il suo maggiore strumento politico. [1] Evo Morales non ha forse indicato di votare NO al referendum del 2006, svoltosi nella fase in cui si stavano eleggendo le persone che avrebbero formato l’assemblea Costituente, lasciando la bandiera autonomista in mano alla reazione (come poi hanno riconosciuto gli stessi dirigenti del MAS)? Non sono stati applicati alla zona orientale del paese degli schemi organizzativi e dei criteri che confliggono con l’idiosincrasia propria di queste terre basse? Non si è etichettato come “oligarchia secessionista” anche quelli che, per via di un sentire che viene da generazioni, si è dichiarato favorevole all’autonomia, ignorando le contraddizioni che esistono fra i grandi oligarchi filo imperialisti ed una parte rilevante dei settori medi urbani bianchi che - anche se critici a certe politiche del governo - sostanzialmente lo appoggiano perché rappresenta il riconoscimento della dignità dei popoli indigeni e l’affermazione della sovranità della patria?
 
Si può discutere su chi abbia davvero trionfato, ma quello che è indiscutibile è il fatto che il progetto di paese guidato da Evo Morale da questo referendum esce rafforzato. La maggioranza dei ceti popolari boliviani, specialmente i movimenti contadini indigeni e i lavoratori delle città, hanno capito che dietro questo progetto autonomista c’era l’oligarchia di Santa Cruz, e che se ne serviva strumentalmente. In questo senso hanno agito anche professionisti e tecnici. Significativo è stato il comportamento del gruippo “Santa Cruz Somos Todos”, che si è esposto a rischi lanciando l’appello a votare NO.
 
Quello che l’oligarchia voleva e continua a volere, è far cadere il primo presidente indigeno dell’America Latina, per continuare a controllare le immense ricchezze della regione che hanno cominciato ad essere controlate dallo Stato. Infatti, proprio dal Primo Maggio il governo ha deciso di ricuperare il controllo maggioritario di quattro mulitnazionali petrolifere e la nazionalizzazione di ENTEL, la compagnia di telecomunicazioni.
 
Una oligarchia che non ha mai capito la richiesta di una vera riforma agraria e la necessità di distribuire in modo più equo le ricchezze in America Latina, cosa che fece quasi cinquant’anni fa il presidente degli USA, John Kennedy. Va ricordato che lo faceva un liberale borghese, non un comunista, e lo faceva solo per fermare l’avanzata rivoluzionaria nel nostro continente.
 
Ma questo popolo ha capito anche altro, ha capito che doveva colpire la piccola elite che con il sostegno statunitense cercava di fermare il processo della Rivoluzione Democratica e Culturale che sta vivendo la Bolivia da quando Morales ha preso il potere.
 
Significativamente, il Primo Maggio è stato celebrato con una manifestazione in cui si sono fusi il movimento operaio e i movimenti indigeni, alla presenza di Evo Morales e del segretario generale della leggendaria Central Obrera Boliviana, Pedro Montes.Un gesto unitario che fa pensare alla consapevolezza della necessità di anteporre l’interesse della Patria, l’unità, alle naturali differenze e contraddizioni fra i diversi gruppi.
 
Sembra che le organizzazioni popolari abbiano capito che l’unità di tutti i settori che difendono il progetto di paese umanista e solidale, rispettoso delle differenze e della natura, che rappresenta il Presidente Evo Morales, è ciò che lo renderà irreversibile.
 
A proposito dell’unità, vorrei ricordare le parole di Fidel, il grande artefice dell’unità del popolo cubano:
 
“Anch’ìo ho fatto parte di un’organizzazione. Ma le glorie di quest’organizzazione sono le glorie di Cuba, sono le glorie del popolo, sono le glorie di tutti. Ed io, un giorno, quell’organizzazione l’ho lasciata. Quando è stato? Il giorno (in) cui noi abbiamo fatto una rivoluzione più grande di quell’organizzazione (..) E marciando fra paesi e città, ho visto molti uomini e donne cubani, centinaia, migliaia di uomini e donne che avevano la loro uniforme rosso e nera del Movimineto 26 Luglio; ma molte migliaia e migliaia di più che avevano uniformi che non erano rosse e nere, ma da lavoratori e contadini, da uomini del popolo. E dal quel giorno, sinceramente, nel più profondo del mio cuore, da quel movimento che amavamo, sotto le cui bandiere i compagni avevano combattuto, sono passato al popolo, da allora sono diventato parte del popolo, della rivoluzione, perchè avevamo fatto davvero qualcosa che andava oltre noi”. [2]
 
Note:
 
[1]. Su questa organizzazione politica “sui generis” ci sarà presto il libro testimonianza MAS IPSP di Bolivia. Partito che si costruisce dai movimenti sociali, di Marta Harnecker e Federico Fuentes, in questo sito web.
 
[2]. Fidel Castro, Discorso del 26 maggio del 1962, in Obra revolucionaria Nº11, 27 marzo, 1962, pp.36-37. Testo citato da Marta Harnecker, La strategia politica di Fidel . Dal Moncada alla vittoria, varie edizioni in America Latina, www.rebelión.org, autorei, Harnecker.
 
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org di FR