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- popoli resistenti - bolivia - 14-08-08 - n. 239
La vittoria di Evo Morales in Bolivia
di Ángel Guerra - La Jornada
14/08/2008
Il trionfo di Evo Morales nel referendum revocatorio sarebbe di per sé una grande vittoria in qualunque paese del mondo, ma a ben vedere significa molto di più. A fronte di un terribile piano destabilizzante e ad una martellante campagna mediatica internazionale diretta dagli Stati Uniti, Evo e il movimento indigeno - popolare boliviano sono riusciti in una prodezza politica che dà fiato alla prospettiva di mutamenti sociali in Bolivia, ma contribuisce pure a favorire il processo d’emancipazione a sud del Rio Bravo.
Ancora più rilevante in un contesto in cui Washington, incapace di vincere in Irak e Afghanistan, stoppata duramente nel Caucaso dalla Russia e avviata in una catastrofe economico - sociale interna, cerca di recuperare terreno sul piano dell’iniziativa politica in America Latina.
Evo Morales è stato ratificato su scala nazionale con circa il 67% dei voti percentuali, 13% al di sopra di quanto aveva già ottenuto quando era stato eletto presidente nel 2005, quindi col sostegno di due elettori su tre.
Nella regione occidentale ha vinto con più del 75% di consensi.
Nell’area della cosiddetta Mezzaluna, dove si è radicato il progetto separatista dell’oligarchia, a Santa Cruz, (sede dello stato maggiore della controrivoluzione) i suoi voti sono cresciuti del 6%, nel Pando sono cresciuti del 30%, arrivando ad un aumento complessivo che oscilla fra il 38% (Santa Cruz) e il 53% (Chuquisaca).
Nelle zone rurali del paese ha stravinto, col 90% di voti, conservando le due prefetture leali e revocando i prefetti dell’opposizione nei distretti strategici di La Paz e Cochabamba, dove i suoi candidati hanno la possibilità di vincere con ampio margine nelle prossime elezioni.
Questi risultati elettorali dimostrano che il suo lavoro di governo guadagna sempre più consenso e che la coscienza politica cresce, fornendo condizioni le adeguate per andare avanti in questo processo di recupero delle risorse naturali e delle imprese statali, e nello sradicare la povertà estrema.
C’è spazio anche per ottenere l’approvazione della nuova Costituzione elaborata dall’Assemblea Costituente, il paso decisivo per iniziare la smantellamento della repubblica coloniale oligarchica. Si sente che si è vicini alla fondazione di una nuova era, in chiave popolare, democratica e coinvolgente per i popoli indigeni e gli emarginati di sempre.
Sembra facile, a portata di mano, ma sarà ancora moto difficile.
Serviranno immaginazione e determinazione fino all’estremo, reprimendo con l’uso della legittima forza dello Stato se necessario, color che vogliono insistere nello sconvolgere l’ordine costituzionale. La ratifica di una maggioranza di prefetti ostili, anche se indeboliti, è un fatto che non va sottovalutato.
Lungi dal crogiolarsi nella vittoria, Evo si è appellato ancora una volta al dialogo e ha designato una commissione di ministri per stabilire un calendario di lavori che renda compatibile le richieste autonomistiche con la nuova Costituzione, lavori cui parteciperanno mediatori e facilitatori internazionali. Questo è un passo intelligente, perché se dopo la reiterata dimostrazione di disponibilità conciliatrice da parte del governo, unita al chiaro messaggio di sostegno popolare al presidente e alla sua politica di cambiamenti, l’oligarchia non darà segni di una volontà di negoziazione e insisterà nell’azione destabilizzatrice, questo sarebbe il momento di dire stop!
Sarebbe ingenuo pensare che questa classe sociale, cresciuta grazie allo sfruttamento, alla spoliazione e all’esclusione sistematica della popolazione, e i loro padroni di Washington, accetteranno il verdetto popolare. Nell’arduo cammino del popolo boliviano verso la sua liberazione e l’incontro con quelli della Nostra America, si è vinta una battaglia, ma non la guerra.