www.resistenze.org - popoli resistenti - bolivia - 08-02-10 - n. 305

da bloguerosrevolucion.ning.com
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Il vicepresidente, Álvaro García Linera, spiega le basi del socialismo comunitario
 
Alejandrina Sanchez
 
La Paz – 7 Febbraio 2010.
 
Il progetto di socialismo comunitario che sostiene il governo del presidente Evo Morales è un orizzonte, un futuro, un tipo di società che bisogna costruire nel tempo, contrario alla barbarie, la povertà, la miseria e la distruzione generata dal capitalismo, ha affermato il vicepresidente Álvaro García Linera.
 
Il Vicepresidente boliviano argomenta che la nuova Costituzione Politica dello Stato è il cammino che i boliviani devono percorrere per costruire una nuova società, in maniera pacifica e in democrazia.
 
"Un socialismo comunitario per un solo motivo, perché la società che oggi abbiamo nel mondo è una società con troppe ingiustizie, troppa disuguaglianza", ha sottolineato in un'intervista con la stampa nazionale.
 
Argomenta inoltre che nel mondo capitalista muoiono 11 milioni di bambini all'anno per denutrizione o per mancanza di denaro per le spese mediche, che almeno 800 milioni di persone non hanno un’alimentazione sufficiente e quasi due milioni non hanno servizi basilari.
 
"Stiamo parlando di qualcosa di differente dal capitalismo che genera morte abbandono e povertà", ha spiegato.
 
Ha poi assicurato che lo Stato deve rappresentare tutti, ricordando che in Bolivia fino al 2005 non esisteva uno Stato organico reale, bensì "uno Stato conventicola dove solo pochi settori dominanti, costruirono il potere politico" che lasciò al margine della società gli indigeni, i lavoratori e le donne.
 
"Quello era un sub-stato, uno Stato apparente, che non fece lo sforzo di rappresentare e servire tutti", ha sentenziato, e proseguendo ha aggiunto che con l'arrivo al potere di Evo Morales si è cercato di costruire un Stato Reale che rappresentasse tutti.
 
La proposta di socialismo comunitario, che potrebbe avere anche un altro nome, si basa sulle potenzialità, sull’esperienza delle comunità e dei paesi indigeni che hanno resistito al capitalismo per 500 anni.
 
"In fondo il socialismo comunitario è la comunità agraria a livello del paese, urbano, rurale e del mondo. Il seme del socialismo comunitario, conservato e maltrattato come una cosa vecchia, se alimentato può far cresce in Bolivia un tronco poderoso, con frutti per il paese e per il mondo".
 
Riconosce che questo processo può durare anni, decenni, addirittura secoli, ma che il suo consolidamento dipenderà dalla lotta dei poveri, delle classi medie e di tutti i settori della società.
 
Ha spiegato inoltre che in Bolivia questa transizione, questo ponte tra il capitalismo ed il socialismo comunitario, ha la forma dello Stato Plurinazionale che è un governo dei movimenti sociali, con due pilastri fondamentali: le comunità indigene contadine ed il movimento operaio organizzato.
 
Entrambi i pilastri devono unificare tutti i settori sociali, le classi medie e gli imprenditori in base all'esperienza ed i risultati per garantire un transito democratico al socialismo comunitario.
 
"Il capitalismo è un suicidio lento, è capace di uccidere, distruggere pur di generare guadagni. Non gli importa se fa sparire boschi, nazioni, ma se dà ricchezza serve", ha puntualizzato giustificando la necessità di un socialismo comunitario.
 
"È una necessità, anche se non sappiamo quanto tempo ci vorrà e quanti ostacoli incontreremo. Quello che è invece chiaro è che tornare indietro sarebbe un suicidio. Sarebbe come dichiarare l'estinzione della natura e dell'essere umano.
 
Per la sua sopravvivenza siamo obbligati a costruire un socialismo comunitario, ha esordito in conclusione.
 

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