Elezioni in Bulgaria: Vittoria socialista ma difficile governabilita’
di Marcello Graziosi
Sabato 25 giugno 2005 si sono tenute le elezioni per il rinnovo del Parlamento monocamerale bulgaro, il Narodno Sobranje, assemblea composta da 240 componenti eletti con un mandato di quattro anni attraverso un sistema elettorale proporzionale con sbarramento al 4%.
Dopo due esperienze traumatiche di governo, quella della
destra liberista di Kostov uscita vittoriosa dalle elezioni anticipate dell’aprile
1997 e, sulle ceneri di questa, quella successiva dell’ex Zar Simeone II,
segnata da una stabilizzazione del quadro macroeconomico e da un ulteriore e
conseguente peggioramento delle condizioni di vita di larghe masse popolari, la
vittoria elettorale è andata alla Coalizione per la Bulgaria, una sorta di
cartello di forze di centro-sinistra guidato dai socialisti e comprendente, tra
gli altri, i comunisti di Paunov, il fronte antifascista di Valkanov e gli
agrari di sinistra. La Coalizione, che aveva sostenuto con successo Parvanov
alle elezioni presidenziali del novembre 2001, ottiene il 31% dei consensi,
contro il 19,88% del Movimento Nazionale Simeone II, forza di governo uscente.
Al terzo posto si piazza il Movimento per i Diritti e le Libertà, partito della
minoranza turca, da anni determinante per gli equilibri di governo in Bulgaria
(12,68%), ed al quarto, a sorpresa, la coalizione populista, nazionalista ed
antieuropea “Attacco”, una sorta di “Rodina” bulgara (8,16%). Seguono le tre
forze di orientamento più liberista, ancora divise dall’esperienza del governo
Kostov: Unione delle Forze Democratiche, guidata dall’ex Ministro degli Esteri
Mihaylova (7,7%), Democratici per una Forte Bulgaria (Kostov, 6,45%) e l’Unione
Popolare Bulgara del Sindaco di Sofia Sofianski e del VMRO macedone, 5,2%.
Sono, di conseguenza, sette le forze politiche rappresentate in Parlamento, con
la conseguenza che il quadro uscito dalle elezioni è il più complesso dal 1990.
L’incertezza,
da questo punto di vista, regna sovrana, dal momento che non bastano i seggi di
Coalizione e minoranza turca per garantire la governabilità. Il quadro, di
conseguenza, si complica: se una coalizione tra socialisti, minoranza turca e
sostenitori di Simeone potrebbe rivelarsi una soluzione difficile ma
praticabile, assai più ostico potrebbe rivelarsi qualsiasi progetto di “grande
coalizione” liberal-conservatrice per isolare i socialisti da una parte ed
Attacco dall’altra.
Se i socialisti riuscissero ad ottenere la guida del governo, pur se in coalizione, sarebbe la prima volta dal gennaio 1997, data dell’assalto al Parlamento compiuto dai sostenitori della destra liberista, sostenuti dal Presidente uscente Zhelev e da quello entrante Stoyanov, da Stati Uniti ed Unione Europea, a favore della richiesta di elezioni anticipate. Assalto che si sarebbe ripetuto a Belgrado nell’ottobre 2000 e si sarebbe rivelato l’antesignano delle attuali destabilizzazioni imperialiste mascherate da rivoluzioni fiorite o cromatiche concentrate nello spazio ex-sovietico (ma non solo). I socialisti bulgari di oggi non sono, però, gli stessi di allora.
Sono due,
sostanzialmente, le caratteristiche generali della proposta politica e
programmatica della Coalizione: coesione sociale e sviluppo economico sul piano
interno ed integrazione nelle strutture euro-atlantiche sul piano
internazionale.
Obiettivo
fondamentale dei socialisti è la creazione di un governo e di uno stile di
governo proiettati verso l’integrazione nell’Ue, promuovendo pratiche
concertative, valorizzando il ruolo dei tecnocrati ed evitando quelle pulsioni
autoritarie che hanno caratterizzato i governi bulgari dal 1997 (Kostov e
Simeone). L’individuazione dei componenti del governo sarà sulla base di
precise competenze, così come accadrà per strutture ed apparati, senza alcuna
logica epurativa ma salvaguardando le competenze che già esistono. Su tutto
questo si è concentrata la relazione del giovane Segretario Generale del
partito e candidato primo ministro, Sergei Stanishev, al 45° Congresso del
partito di Plovdiv (9 aprile 2005), che può essere sintetizzata nella formula:
“Il nostro obiettivo è far sentire i giovani bulgari europei in Bulgaria,
piuttosto che bulgari in giro per l’Europa!”[i].
L’Europa
viene ritenuta l’unica ancora di salvezza possibile per la Bulgaria, anche dopo
l’esito dei referendum sul trattato costituzionale in Francia ed Olanda, da queste parti considerato non come una
reazione popolare all’impianto neoliberista e burocratico dell’Ue, ma come una
manifestazione di egoismo nazionale da parte di alcuni paesi “ricchi” e
sfiducia nei confronti dei nuovi stati che hanno aderito all’Unione nel maggio
2004. Questa la percezione di fondo, nonostante l’alto prezzo pagato dalla Bulgaria
nel contesto della destabilizzazione dello spazio ex-jugoslavo nei primi anni
’90, dell’aggressione Nato contro la Repubblica Federale Jugoslava nella
primavera del 1999 e della successiva e conseguente occupazione militare di
parte dei Balcani meridionali, con la convergenza tanto degli Stati Uniti
quanto del nascente imperialismo di quello che è stato il blocco europeo
occidentale.
Sul piano
dello sviluppo economico, il tentativo è quello di coniugare una politica di
ripresa e sviluppo dell’economia, senza escludere un processo di pesante
privatizzazione e valorizzando innovazione e ricerca scientifica, con politiche
ridistributive sul piano salariale e sociale, garantendo misure concrete per
diminuire la disoccupazione dilagante, potenziare il potere d’acquisto dei
salari e dei redditi più in generale, migliorare l’accesso e la qualità del
sistema scolastico, della sanità e dei servizi sociali.
Riguardo le politiche di difesa, l’obiettivo dell’azione di governo è quello di “modernizzare le forze armate. Sviluppare capacità di difesa in grado di soddisfare le priorità, gli interessi e le possibilità nazionali. Adeguata integrazione nelle strutture euroatlantiche di sicurezza e difesa”. Salvo poi sottolineare, nella parte finale del documento, ragionando di politica estera, che “occorre approfondire la cooperazione regionale, le relazioni con Stati Uniti e Russia, con i paesi della CSI, con i tradizionali ed i nuovi partners commerciali della Bulgaria in Medio Oriente, Asia, Africa ed America Latina. Noi riaffermiamo la nostra volontà di immediato ritiro del contingente militare bulgaro in Iraq una volta vinte le elezioni”[ii]. Nonostante alcuni elementi interessanti, dal ritiro dei militari dall’Iraq ad una ricerca di relazioni positive con la Russia, probabilmente dovuta ad esigenze nazionali (difficile ipotizzare una crescita dell’economia bulgara ancorata solamente ad ovest), il quadro generale delle politiche di difesa e delle relazioni internazionali è preoccupante e negativo.
Con l’ingresso del Partito Socialista Bulgaro a pieno titolo nel Partito
Socialista Europeo (19 maggio 2005) si è probabilmente chiusa una fase,
apertasi subito dopo la caduta di Jivkov e la trasformazione in Partito
Socialista di quello che era il Partito Operaio Bulgaro al potere. Il nuovo
soggetto politico, come in Romania, non aveva perduto il proprio carattere di
classe né l’opzione strategica legata alla costruzione di un’economia
socialista, dando luogo ad un’esperienza interessante ed originale. Pur nel
contesto di una discussione complessa ed articolata, le posizioni
filo-atlantiche e subalterne alle riforme liberiste imposte dal FMI hanno
subito una secca sconfitta al 40° Congresso del dicembre 1991. Una volta
tornati al governo i socialisti nel 1994 (con Videnov) dopo una disastrosa
esperienza di governo della destra liberista e di governi di unità nazionale,
vi sono stati continui tentativi di destabilizzazione del paese fino a quello,
riuscito, del 10 – 11 gennaio 1997, che ha imposto le elezioni anticipate ed
aperto una fase di lacerante discussione interna al partito socialista, dalla
quale è uscita egemone l’ala riformista di Parvanov, attuale Presidente della
Repubblica, ed oggi di Stanishev. La sconfitta dei settori di sinistra si
evidenzia in un programma elettorale che, pur contenendo alcuni elementi di
interesse – politiche ridistributive e ritiro del contingente militare
dall’Iraq -, è sostanzialmente in linea con quanto elaborato dalle
socialdemocrazie europee, subalterne al sistema di alleanze euroatlantico.
L’involuzione moderata del PSB potrebbe essere alla base della perdita dei
settori più radicali dell’elettorato di sinistra, confluiti forse verso il
blocco populista Attacco[iii].
Se volessimo riassumere l’involuzione del Partito Socialista con un’immagine,
basterebbe il profilo biografico di Stanishev, così come riportato dall’agenzia
di stampa Associated Press: “Nato il 5 maggio, che è anche il compleanno di
Karl Marx, Stanishev ha rimosso tutti i ritratti del filosofo comunista dal suo
ufficio presso il quartier generale del partito, rompendo con la tradizione dei
suoi predecessori”[iv].
Il prezzo politico pagato all’Internazionale Socialista ed all’Europa?
[i] “Rapporto politico di Sergei Stanishev, Presidente del Partito Socialista Bulgaro, presentato al 45° Congresso del PSB – Plovdiv, 9 aprile 1945 (dal sito www. bsp.bg).
[ii] Le citazioni sono tratte da: “Impegni per un’azione di governo socialmente responsabile: piattaforma elettorale della Coalizione della Bulgaria”, 20 maggio 2005, p. 2 e p. 5 (il testo è reperibile sul sito del Partito Socialista Bulgaro, www.bsp.bg).
[iii] Secondo quanto dichiarato all’agenzia di stampa Novinite (www.novinite.com) dal socialista Stoilov, quasi il 40% dell’elettorato tradizionale del PSB potrebbe essere stato attratto da Attacco (27 giugno 2005).
[iv] “Intervista con Sergei Stanishev”, Associated Press, 20 giugno 2005 (dal sito del PSB).