www.resistenze.org - popoli resistenti - ciad - 17-02-08 - n. 215

da Rebelion - www.rebelion.org/noticia.php?id=63067
 
“Rompere con la Francafrica”: troppe parole, ora bisogna agire
 
Survie France* - Tradotto in spagnolo da Guillermo F. Parodi e rivisto da Ferran Muinos Ballester*
 
“La nostra sola preoccupazione è l’evacuazione dei connazionali francesi”. Così si è espresso il Ministro della Difesa Hervé Morin nel telegiornale France 2, interrogato sull’ingresso delle truppe ribelli nella capitale del Ciad. Non una sola parola sui francesi di origine ciadiana, “dimenticati” nel piano di evacuazione, né sulla sparizione di oppositori storici (è confermato che il deputato Yorongar si trova agli arresti domiciliari e che molti altri oppositori sono stati arrestati), e neppure sui rischi a cui è esposta la popolazione civile. Questa dichiarazione ministeriale lascia presagire un disinteresse esplicito della Francia verso il fatto che i suoi 1.100 soldati già presenti nel paese si possano occupare della sicurezza (anche solo parziale) della capitale.
 
Che ruolo pensa di giocare la Francia in questo nuovo episodio di una crisi ciadiana che si prolunga ormai da anni?
 
Nello stesso telegiornale, Bernard Kouchner ha ricordato che la Francia sostiene militarmente e sul piano dell’informazione (nel rispetto dell’accordo di cooperazione militare con il Ciad) il Presidente Idriss Déby, “eletto” e di conseguenza rappresentante della “legalità” nel paese. Il Ministro francese degli Affari Esteri certamente sa che Idriss Déby non è mai stato eletto in maniera “legittima”. Giunto al potere con la forza il 1 dicembre 1990, dopo aver abbattuto il dittatore Hissen Habré, di cui era stato per otto anni braccio destro e Capo di Stato Maggiore, Déby ha organizzato varie elezioni presidenziali rivelatesi sempre delle mascherate elettorali: nel 1996, nel 2001 (fermamente denunciate dal Parlamento Europeo) e nel 2006, dopo aver modificato la costituzione in seguito ad un grottesco referendum ad hoc.
 
I molteplici soprusi nei confronti delle popolazioni del sud, prima durante il regime di Hissen Habré (si stima in 40.000 il numero delle persone torturate o mandate a morte in otto anni) e più tardi sotto il comando di Déby, dal 1990 fino ad ora, hanno trasformato rapidamente questo militare formato all’Ecole de guerre di Parigi in un presidente di clan, che ha saccheggiato le magre ricchezze del paese a favore del suo clan Zaghawa/Bideyat e accelerato il suo impoverimento, nonostante la nuova manna petrolifera, di cui si pensava avrebbe beneficiato il bilancio dello Stato.
 
Certamente, nel 2006 la Francia avrebbe avuto l’occasione di aiutare i ciadiani in un processo di riconciliazione scaturito dal popolo. Le associazioni della società civile avevano richiesto la celebrazione di un foro nazionale per la pace e la riconciliazione attraverso l’instaurazione di un dialogo inclusivo. Invece di appoggiare questa iniziativa, la Francia optò senza indugi per il sostegno al Presidente Déby (compreso quello militare), per soddisfare i suoi interessi di breve periodo.
 
Come in Ruanda, Africa Centrale, Togo, Congo-Brazzaville e Costa d’Avorio, la Francia ha contribuito, concedendo un sostegno massiccio a regimi criminali, illegittimi e corrotti, a collocare una bomba ad effetto ritardato. Nel caso del Ciad tuttavia c’è ancora tempo per disinnescare la bomba, assicurando le condizioni per la convocazione di questo foro nazionale inclusivo, con un mandato internazionale provvisorio per la protezione del processo. Le recenti dichiarazioni del Segretario di Stato per la Francofonia e la Cooperazione che desidera “rompere con la Francafrica” vanno in questa direzione. Jean-Marie Bockel ha gli strumenti per sostenere tale ambizione? Ma soprattutto: l’Eliseo avrà la volontà di farlo? In attesa di novità, i ciadiani pagano con il loro sangue una politica che li ha privati dei loro diritti.
 
Contatto stampa: Olivier Thimonier olivier.thimonier@survie-france.org
Testo originale in francese in http://survie-france.org/article.php3?id_article=1084
 
* Survie è un’associazione francese che milita a favore della ricostruzione delle relazioni franco-africane, per l’accesso di tutti ai beni pubblici e contro la banalizzazione del genocidio.
 ** Guillermo F. Parodi e Ferran Muinos Ballester fanno parte dei collettivi di Rebelion e Cubadebate. Guillermo F. Parodi è anche membro di Tlaxcala.
 
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare