Noi non ci lasciamo manipolare
di Jorge Insunza
www.solidnet.org - 14 aprile 2003
Jorge
Insunza è un valoroso dirigente storico del Partito Comunista del Cile, ed è
stato in prima fila nella lotta contro la lunga e terribile dittatura di
Pinochet.
Ci
sembra interessante proporre la traduzione dell’intervento da lui scritto, in
risposta alla dichiarazione rilasciata dalla segretaria nazionale del Partito
Comunista Francese, di dura condanna di quanto sta avvenendo a Cuba in questi
giorni. L’intervento di Insunza, che non è certo isolato nel contesto
latinoamericano, esprime con chiarezza riflessioni comuni alla parte più nobile
e coraggiosa della resistenza rivoluzionaria all’imperialismo in quel
continente.
Ho letto con sorpresa
e con una certa amarezza la dichiarazione su Cuba di Marie George Buffet,
Segretaria nazionale del Partito Comunista Francese. Mi sorprende, ammesso sia
possibile sorprendersi, l’effetto devastatore che produce il controllo
imperiale dei mezzi di comunicazione nella formazione della coscienza e delle
opinioni in tutti i settori sociali e politici, compresi quelli di sinistra.
Marie George Buffet ha reagito in base a questa pressione e non mi rimane di
biasimare profondamente i contenuti della sua dichiarazione: un giornalista me
l’ha fatta conoscere, usandola come arma per squalificare la difesa che noi
comunisti cileni abbiamo fatto del comportamento di Cuba.
Le misure che il popolo e il governo cubani si sono visti costretti ad adottare
non possono essere valutate, senza tenere in considerazione il dramma che oggi
sta vivendo il popolo dell’Iraq.
Là si è materializzata la dottrina illegale e immorale della guerra preventiva.
In base ad essa, l’imperialismo si arroga il diritto di aggredire in “qualsiasi
oscuro angolo del mondo” (Bush) tutti coloro che osino levare la propria voce
contro la sua pretesa di instaurare una dittatura planetaria.
Non è ancora terminata la guerra in Iraq, che già si parla apertamente dei
rischi per l’Iran e la Siria, per la Corea del Nord. Sarebbe un’ingenuità
escludere Cuba da questi disegni. Basterebbe prestare ascolto a quanto
affermano i capi del terrore di stato: il giorno dell’occupazione di Baghdad,
Dick Cheney, vicepresidente dell’aggressore, ha sentenziato che quanto è
accaduto rappresenta “un messaggio chiaro per tutti i paesi che praticano il
terrorismo”. Non molto tempo fa, il rilevante sviluppo della scienza cubana è
stato preso a pretesto dal governo aggressore per denunciare la presunta
produzione di armi di distruzione di massa a Cuba.
Per mettere in pratica qualsiasi aggressione è sempre richiesta la
manipolazione delle coscienze dell’opinione pubblica mondiale. Bisogna
costruire l’immagine dell’appartenenza all’ “impero del male”. Per ottenere il
risultato si predispone una sporca miscela di operazioni di intelligence e di
comunicazione manipolata. Nelle vicende di Cuba, tale metodologia è stata
smascherata.
James Cason, capo dell’Ufficio di interessi USA a Cuba, di fatto l’ambasciata
americana nell’isola, abusando dei propri privilegi diplomatici, ha operato
intensamente per organizzare provocazioni, per spianare la strada
all’aggressione.
Occorre dire che non ha lavorato male. E’ riuscito ad organizzare l’attività di
alcuni oppositori al governo rivoluzionario, a rifornirli di denaro e di altri
mezzi utili a creare le condizioni perché si generassero fatti tali da
giustificare l’impiego della forza contro Cuba, che Bush e i suoi rincorrono
con disperazione. Si è fatto in modo di provocare 2 sequestri di aerei e uno di
un’imbarcazione, la cui realizzazione si è stati costretti ad accelerare, nel
momento in cui l’arresto di molti dei partecipanti aveva reso evidente che le
azioni erano state scoperte. Bisognava dimostrare ai mandanti che i milioni non
erano stati spesi invano.
L’affermazione di Marie George Buffet, che definisce i processi come
repressione di “delitti d’opinione” non corrisponde ai fatti. Ciò che è stato
sottoposto a giudizio è l’esistenza dimostrata della cospirazione con una
potenza straniera per destabilizzare il paese. Noi abbiamo diretta esperienza
degli effetti di queste pratiche. Così furono create in Cile le condizioni per
il golpe di Pinochet…Così si agisce oggi per creare le condizioni per
rovesciare il governo democratico del Venezuela. Una valutazione approfondita
dei fatti dovrebbe partire da queste realtà e, di conseguenza, la conclusione
dovrebbe essere una dichiarazione che condanna non il governo cubano, ma quello
nord-americano che persevera nella sua cospirazione contro il processo
rivoluzionario da oltre 40 anni.
Alcuni decenni fa, un illustre comunista francese, Jacques Duclos, si rivolse
al segretario generale del PC USA, avanzando alcune osservazioni a suoi
atteggiamenti politici, nella convinzione che essi stavano danneggiando il
contributo dei comunisti alle lotte dei lavoratori e dei popoli per i propri
diritti. Non era un’ingerenza. Era la riflessione di un compagno. E’ con lo
spirito di Jacques Duclos che scrivo queste righe.
Quando stavo terminando queste note, ho saputo della decisione dei tribunali
cubani di condannare a morte 3 dei sequestratori del traghetto dell’Avana. E’
una decisione che è stata assunta, in ultima istanza, anche dal Consiglio di
Stato, di fronte al quale si sono appellati i condannati. Io sono contro la
pena di morte e mi duole che essa sia contemplata dalla legislazione cubana. Ma
tale circostanza, pur importante per me, non mi darà comunque il destro per
alcuna condanna del sistema giudiziario cubano, del suo Consiglio di Stato.
Esprimerò solo il mio desiderio che tutti gli stati la eliminino dai propri
codici e, in primo luogo, gli USA, dove un mediocre governatore ha firmato e
fatto eseguire più di 150 esecuzioni. Conosciamo il suo nome: George Bush…
Noi che abbiamo a cuore il progresso e la pace, non abbiamo il diritto di fare
nulla che contribuisca a trasformare i nostri popoli in oggetto di
manipolazione. Abbiamo, al contrario, il dovere di fare di tutto per
smascherare e sconfiggere le manovre e le campagne medianiche che intendono spianare
la strada alle pretese imperiali di dominio mondiale.
Traduzione di Mauro Gemma