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- popoli resistenti - cile - 17-09-08 - n. 241
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org di FR
A 35 anni dal colpo di stato
di Álvaro Cuadra*
11/09/08
Non si può parlare di quanto è successo l’11 settembre del 1973 mettendo da parte le proprie passioni. Si tratta, infatti, di un avvenimento traumatico per una grandissima parte dei cileni, le cui conseguenze le viviamo ancora oggi. Il golpe è avvenuto tre decenni fa ma non è un fatto storico sepolto nel passato. Al contrario, l’attualità economica, politica e culturale del Cile di oggi non si spiega se non si prende in considerazione quella fatidica data.
La dittatura militare ha disegnato la matrice del Cile di oggi; un modo particolare di organizzare l’economia, il neoliberismo, un modo particolare di amministrare la politica, una democrazia a bassa intensità. Un tipo di cultura avversa ad ogni forma collettivista e associativa, l’individualismo. Oggi quello stampo continua a riprodursi in ogni aspetto. Qualunque osservatore spassionato deve ammettere che il disegno militare è stato oggetto di uno scarso lavoro di maquillage.
Il senso ultimo di questa riorganizzazione militare del Cile contemporaneo, è stato ed è ancora, salvaguardare la tradizione e l’ordine della nazione. Cioè, come afferma lo stesso Pinochet, salvare vita e fortune delle elite dirigenti che sentirono minacciati i loro privilegi. Detto con tutta onestà, dobbiamo ammettere che le linee guida del progetto militare hanno funzionato fino ai giorno nostri, esaudendo gli obiettivi per cui furono create. Dalla legge elettorale fino alla legislazione sulla sanità, la previdenza sociale o le leggi tributarie.
A rigore, la cosiddetta Concertazione dei Partiti per la Democrazia, non ha fatto altro che amministrare il modello ereditato, con il chiaro impegno di garantirne la continuità. Al di là delle loro epilettiche bravate e del consumato discorso demagogico, i personaggi concertazionisti sono stati più “staffette” della destra economia che rappresentanti del popolo. Incapaci di portare avanti un progetto storico alternativo, si sono integrati in un atmosfera di inettitudine e, per dirla con eleganza, di “debolezza morale”.
Come in una brutta storia di terrore, il Cile amnesico di oggi, volge i suoi sguardi alle luminose vetrine del consumo suntuoso, ai rutilanti schermi al plasma, mentre nel cortile dissotterrano le ossa di qualche parente o vicino. Sono i morti zittiti da questa storia macabra che persiste, ostinata, nell’occultare i cadaveri nel guardaroba. L’11settembre nel nostro paese non è finito, è presente in ogni riga della Costituzione, nel grigio opaco di caserme e commissariati, nella risata sguaiata dell’”onorevole”, e in molti “uomini d’affari”. L’11 settembre è vivo in chi deve tanto al Generale.
Il crimine commesso in Cile ci colpisce, solo per i drammatici fatti noti a tutti. Il male vero è però con noi, nella nostra vita quotidiana, nell’ingiustizia naturalizzata ed accettata come disperazione. Il vero tradimento del Cile è aver impedito, che per la prima volta, quell’uomo e quella donna di umile estrazione, abbiano iniziato a costruire la propria dignità nei loro figli, nei figli dei loro figli.
Augusto Pinochet Ugarte, fu la mano tirannica che interruppe la meravigliosa catena della vita. Come Caino, il generale ha assassinato i suoi fratelli, offendendo lo spirito latente sullo sfondo della vita umana. Le sue opere, la sua brutta eredità li conosciamo: generazioni di cileni condannati all’inferno dell’ignoranza, della povertà, al lutto e all’indegnità. Nel Cile di oggi non c’è pace per i morti, come non c’è per i vivi.
Al di là delle complicità delle menzogne per nascondere la natura di quella tragedia, per tanto che i falsi profeti si sforzino di esorcizzare le ceneri insegnando la rassegnazione, e anche al di là dei demagoghi dell’ultima ora che oggi amministrano il palazzo, c’è un popolo che incarna l’avvenimento storico di un altro mondo.
*Álvaro Cuadra è ricercatore è docente della Scuola Latinoamericana (ELAP). Fa parte di ARENA PÚBLICA, Pubblicazione di Opinione dell’Università ARCIS.