www.resistenze.org - popoli resistenti - colombia - 12-10-09 - n. 290

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Bollettino di informazione del 08/10/2009 - CLAMORI DALLA COLOMBIA!
 
 
08/10 - IL 64% DEI COLOMBIANI VIVE SOTTO LA SOGLIA DI POVERTA'
 
Il MESEP (Missione per la congiuntura di Occupazione, Povertà, Diseguaglianza) ha presentato un dossier in cui vengono illustrate le drammatiche dimensioni della povertà in Colombia.
 
Pur cambiando anche considerevolmente le cifre in gioco a seconda degli indicatori utilizzati, resta sempre evidente l'incredibile numero di persone che soffrono una situazione economica disastrosa.
 
Secondo il sistema di identificazione dei potenziali beneficiari dei sussidi e dei programmi sociali, che include come variabili l'ubicazione dell'abitazione, la dotazione di servizi, l'occupazione e la sicurezza sociale si arriva alla spaventosa cifra di 30 milioni di poveri (su 42.888.592 abitanti), e cioé del 70% circa della popolazione totale. Occorre tenere conto del fatto che una delle difficoltà insite in questo conteggio è relativa ad esempio ai 4,6 milioni di sfollati interni, la maggior parte dei quali è priva di documento d'identità.
 
Lo studio del MESEP presenta una nuova metodologia. E' stato realizzato in 300 dei 1098 municipi, includendo i principali centri urbani, e considera povera una famiglia che abbia un introito mensile inferiore a 1,1 milioni di pesos (440 $) ed indigente una famiglia i cui introiti non raggiungano i 450.000 pesos mensili (180 $).
 
La ricerca rileva la presenza di 8 milioni di colombiani indigenti e oltre 20 milioni di poveri; le percentuali nazionali indicano il 46% del totale in stato di povertà ed il 18% di indigenti (tot: 64% della popolazione). Tuttavia, nelle zone rurali, i dati forniti sono rispettivamente del 65% e del 33%, (totale: 98%). Questo vuol dire che solo il 2% della popolazione rurale può essere considerato al di sopra della soglia della povertà!
 
Alcuni dati possono ulteriormente chiarire la situazione: al deficit di 2,5 milioni di abitazioni, si somma il fatto che 12 bambini su 100 sono denutriti (le statistiche dell'Onu dimostrano che la fame cresce più rapidamente in Colombia che nell'Africa subsahariana), e che 12 milioni di persone non hanno accesso all'acqua potabile tramite acquedotto. Inoltre, secondo dati governativi (sempre minimizzati per ragioni di propaganda) ogni anno muoiono circa 2.600 bambini per scarsità o cattiva qualità dell'acqua.
 
Questi dati sono la migliore risposta alle presunte iniziative del governo del narcopresidente Uribe e della sua cricca per "risolvere il problema della povertà". Evidentemente, è interesse dell'oligarchia che le ricchezze di uno dei paesi più dotati di risorse naturali al mondo, siano destinate alle multinazionali (da cui riceve il compenso per aver svenduto il paese) e non alla popolazione locale, che muore letteralmente di fame. Del resto, il 6% del PIL del paese è destinato alle spese di guerra, come il 65% della spesa pubblica, e a chi fra i criminali che governano il paese interessano i morti per fame?
 
Queste agghiaccianti cifre legittimano, intrinsecamente, il diritto alla ribellione del popolo colombiano. Quale regime puó essere definito "democratico" alla luce di questa intollerabile situazione, oltre che dell´applicazione sistematica del terrorismo di Stato contro gli oppositori?
 
06/10 - SENATRICE PIEDAD CÓRDOBA SMENTISCE VERSIONE DELLA CHIESA CATTOLICA SULLO SCAMBIO UMANITARIO DEI PRIGIONIERI
 
La senatrice colombiana Piedad Córdoba ha smentito le dichiarazioni di monsignor Juan Vicente Córdoba, secondo il quale per lo scambio di prigionieri sarebbe necessario un accordo consensuale preventivo tra le FARC e il governo colombiano.
 
La senatrice ha invitato il rappresentante della Chiesa Cattolica a "non ingarbugliare le cose", sostenendo che la prima cosa da fare è quella di creare le condizioni per il rilascio unilaterale di alcuni soldati dell'esercito colombiano avviato dalle FARC, e non aspettare oltre poichè "ogni rilascio è un supplizio spaventoso" ed il fatto che le FARC stiano liberando alcuni prigionieri unilateralmente potrebbe rappresentare l'inizio di un processo di distensione.
 
Dal canto suo, attraverso un comunicato pubblico del 22/09 scorso, la guerriglia ha ribadito che rilascierà due dei ventiquattro tra militari e poliziotti in suo potere, ossia il sottufficiale Pablo Emilio Moncayo ed il soldato Calvo, che saranno liberati in modo unilaterale e consegnati personalmente alla senatrice Córdoba.
 
Le FARC accettano inoltre la partecipazione della Croce Rossa e della Chiesa all'operazione umanitaria, chiedendo in modo esplicito che il presidente Álvaro Uribe specifichi pubblicamente le garanzie e i protocolli indispensabili alla stessa. Il più antico e poderoso movimento guerrigliero dell´America Latina ha inoltre stigmatizzato la sua crudele insofferenza, che ha prolungato di altri cinque mesi la detenzione dei militari, così come la sua insensibilità di fronte al dramma che vivono i prigionieri delle due parti.
 
A Uribe sembra non interessare fare passi avanti per una soluzione politica del conflitto, e con l'ausilio della Chiesa e degli Usa sembra piuttosto intenzionato a portare avanti la sua politica guerrafondaia del riscatto a ferro e fuoco, come ha già dimostrato in passato.
 
Evidentemente il narco-presidente Uribe non ha il tempo di fornire le garanzie indispensabili ad un rilascio unilaterale di prigionieri (chiamati pomposamente "servitori dello Stato"), occupato com'è a modificare la costituzione per poter ottenere un terzo mandato consecutivo!
 
04/10 - NELLE CARCERI COLOMBIANE ALMENO 7000 PRIGIONIERI POLITICI IN CONDIZIONI DISUMANE
 
Secondo i dati raccolti nell'ambito della "Campagna internazionale per la liberazione dei prigionieri politici in Colombia", almeno 7.000 fra i detenuti colombiani sono a tutti gli effetti prigionieri per ragioni politiche.
 
Di fatto, il governo non gli concede lo status di prigionieri politici perché nega l'esistenza del conflitto armato che perdura da oltre quarant'anni. Fino al 11 settembre 2001 il delitto di cui erano accusati era quello di ribellione; in seguito, sono stati qualificati come "terroristi", il che ha comportato un peggioramento delle condizioni di detenzione, privandoli di una reale possibilità di difesa.
 
Sotto il governo di Uribe Vélez la politica della cosiddetta "Sicurezza Democratica", caratterizzata dal ricorso alla barbara pratica delle ricompense in cambio di delazioni, ha portato alle retate massive nelle città e nelle campagne, dove (per mezzo di segnalazioni di informatori incappucciati) gli effettivi della polizia, dell'esercito e del DAS (polizia politica) portano a termine numerose detenzioni spesso senza l'autorizzazione della magistratura; l'accusa è sempre la stessa, e cioè essere collaboratori o membri attivi delle organizzazioni guerrigliere.
 
Di fronte alla mancanza di prove, molti detenuti sono torturati affinché riconoscano e "confessino i propri delitti". Molte prigioniere politiche escono per partorire in un ospedale e tornano in carcere con i neonati, che devono condividere la prigione con le madri nelle condizioni igieniche e climatiche più avverse.
 
Le condizioni sanitarie in cui vivono i prigionieri sono subumane: spesso i detenuti muoiono in carcere per mancanza di assistenza medica, e a molti malati terminali si nega il diritto alle cure ed alle terapie.
 
Le condizioni di sovraffollamento rappresentano un tormento terribile per i detenuti; nella maggior parte dei casi le carceri contengono un numero di detenuti 5 o 6 volte superiore alla loro capienza (+500%). A titolo di confronto si consideri che in Italia, che patisce una grave situazione di sovraffollamento carcerario, i numeri parlano di 64.000 detenuti circa contro una capienza prevista di 43.000 persone, con un aumento percentuale (comunque grave) di circa il 50%.
 
Anche le condizioni climatiche sono terribili; molte carceri sono costruite in regioni dove la temperatura scende sotto lo zero e i detenuti devono lavarsi con acqua fredda; queste carceri non dispongono di un sistema di riscaldamento. Dove invece la temperatura arriva oltre i 30-34 C°, senza alcun sistema di ventilazione, con la poca acqua a disposizione il già menzionato sovraffollamento rende la vita semplicemente impossibile.
 
Gli oppositori sociali e politici al regime fascista colombiano, quando non sono freddati da sicari paramilitari e dall'esercito, finiscono in posti come quelli descritti; i massimi dirigenti politici al governo del paese, il narco-presidente Uribe in testa, colpevoli di delitti quali il terrorismo di stato, il narcotraffico internazionale, l'ingerenza nei paesi vicini a scopo di destabilizzazione, colpevoli di aver creato, sostenuto e sovvenzionato il paramilitarismo che imperversa nel paese, invece, tengono riunioni nelle lussuose sale istituzionali con i capi della criminalità organizzata, nella complice indifferenza della comunità internazionale.
 
02/10 - EX MILITARE COLOMBIANO: "ROSALES HA OFFERTO 25 MILIONI DI DOLLARI AL CAPO DEI PARAMILITARI PER ASSASSINARE CHÁVEZ"
 
La magistratura colombiana è in possesso della testimonianza di un ex militare colombiano condannato per paramilitarismo, secondo il quale l'ex governatore del dipartimento venezuelano di Zulia, Manuel Rosales, ha partecipato con gli squadroni della morte a un complotto per assassinare il presidente Hugo Chávez .
 
In una lunga intervista rilasciata al giornale "El Nuevo Herald", l' ex soldato Geovanny Velasquez Zambrano, condannato a 40 anni di carcere per aver partecipato ad una serie di massacri nella regione colombiana del Catatumbo (zona di frontiera col Venezuela), ha dichiarato che Rosales ha partecipato a due riunioni con i paramilitari, il 23 e il 24 dicembre 1999, offrendo 25 milioni di dollari per l'assassinio di Chávez.
 
I primi dettagli del piano per assassinare il presidente venezuelano erano stati resi noti nell'aprile 2003 quando Rafael García, ex capo della sezione informatica del Dipartimento Amministrativo di Sicurezza della Colombia (DAS), aveva dichiarato che alti funzionari del governo colombiano (compreso l´allora direttore del DAS Jorge Noguera) si erano riuniti per pianificare la destabilizzazione del Venezuela e l'assassinio di diversi leader venezuelani, tra i quali Jesse Chacón Escamillo, Isaías Rodríguez e José Vicente Rangel, all'epoca rispettivamente ministro degli Interni e della Giustizia, Procuratore della Repubblica e vice Presidente.
 
Un'altra importante testimonianza viene dal maggiore dell esercito colombiano Mauricio Llorente Chávez, condannato per collusione con i paramilitari in 3 massacri nella zona di Catatumbo. Llorente ha dichiarato che il comandante dei paramilitari addestrati per assassinare Chávez era il soldato professionista dell'esercito colombiano José Misael Valero Santa, il quale sarebbe stato in passato sotto il comando dello stesso Llorente e oggi al comando di 1000 dei 2000 paramilitari presenti in Venezuela con il fine di destabilizzare il paese.
 
Velasquez ha inoltre aggiunto che nella riunione del 23 dicembre Rosales ha dichiarato che a pagare sarebbero stati alcuni uomini statunitensi, ma che lui stesso si sarebbe fatto garante dell'affare.
 
Per l'ennesima volta vengono portati alla luce i fatti della narco-parapolitica del presidente Uribe e la stretta collusione tra esercito colombiano e paramilitari che, oltre a macchiarsi di orrendi crimini nel conflitto interno, sconfinano con chiare intenzioni destabilizzatrici e di ingerenza attentando alla sovranità del Venezuela, sempre ovviamente sponsorizzate dagli Usa.
 
 
28/09 - MONCAYO CHIEDE A URIBE DI NON IMPEDIRE LE LIBERAZIONI DEI PRIGIONIERI DI GUERRA
 
In una "prova di vita" diffusa dalla congressista Piedad Córdoba, coordinatrice del gruppo dei "Colombiani per la Pace" e facilitatrice nel processo d´interscambio umanitario di prigionieri di guerra fra le FARC ed il governo, il caporale dell'Esercito colombiano Pablo Emilio Moncayo, in potere delle FARC da quasi 12 anni, ha chiesto con estrema determinazione al presidente Uribe di permettere la liberazione sua e degli altri prigionieri della guerriglia.
 
"Signor presidente Uribe, apra la porta perché voglio essere libero", ha affermato Moncayo in un video consegnato a Piedad Córdoba e diffuso giovedì 24 settembre.
 
Secondo quanto dichiarato da Moncayo, la sua condizione di prigioniero è dovuta alle trappole poste dal governo Uribe per evitare lo sviluppo dell'operazione umanitaria per la sua liberazione.
 
"Non è giusto che ci si neghi ancora il diritto di essere liberi Bisogna smettere di disporre trappole sul cammino della liberazione mia e degli altri".
 
Nel video il caporale continua le sue dure accuse al governo: "abbiamo dato il prezioso tempo delle nostre vite con abnegazione e sacrificio, per ricevere in cambio l'ingratitudine e l'oblio" dal governo; Moncayo inoltre ha ringraziato Piedad Córdoba per il suo lavoro, così come gli sforzi del Presidente del Venezuela, Hugo Chávez, e di quello dell'Ecuador, Rafael Correa.
 
Pur affermando di non aver perso la speranza di ritornare sano e salvo a casa, il caporale ha spiegato che è stato testimone delle operazioni dell'Esercito colombiano che hanno messo in pericolo la sua vita negli ultimi cinque mesi, ovvero da quando le FARC hanno annunciato che avrebbero consegnato unilateralmente il militare come gesto di pace, così come avevano fatto all'inizio dell'anno liberando unilateralmente sei prigionieri di guerra.
 
Il caso di Moncayo ha ottenuto una certa risonanza nel paese, in seguito alla marcia organizzata tempo fa dal padre del caporale, che ha raccolto adesioni e solidarietà in tutta la Colombia; ma il narcopresidente Uribe ha basato la sua campagna elettorale sullo scontro frontale con il movimento insorgente colombiano, ed è disposto a qualunque bassezza pur di non conseguire la sconfitta politico-mediatica che deriverebbe dalla liberazione unilaterale dei prigionieri in mano alle FARC. I prigionieri di guerra ed i loro familiari lo sanno bene, e con le loro dichiarazioni pubbliche deplorano l'atteggiamento di un governo criminale che non si fa scrupoli nel mettere a repentaglio la vita dei prigionieri per ragioni di immagine.
 
26/09 - CHÁVEZ ATTIVA UN PIANO PER LA SICUREZZA DELLE AREE DI FRONTIERA CON LA COLOMBIA
 
Durante l'insediamento del II Consiglio Presidenziale dei Ministri, il Presidente venezuelano Hugo Chávez ha annunciato la creazione di una fascia di sicurezza alla frontiera con la Colombia per evitare l'infiltrazione di paramilitari e narcotrafficanti nel Venezuela bolivariano.
 
Chávez ha chiarito che gli organismi colombiani competenti non portano a compimento il proprio lavoro in modo adeguato, e anzi "non solo non fanno nulla per frenare questo fenomeno, ma addirittura lo incentivano" per indebolire la rivoluzione bolivariana.
 
Il mandatario venezuelano ha poi chiesto al vicepresidente e ministro della Difesa, Ramón Carrizalez, di rivedere la "Legge sulla Sicurezza e la Difesa" in modo che contempli questa fascia di sicurezza, che era già stata attivata in passato pro tempore.
 
Il capo di Stato venezuelano ha spiegato che uno dei metodi che utilizzano i trafficanti di sostanze stupefacenti per entrare nel paese è quello di acquistare alcune tenute terriere in zone relativamente vicine alla frontiera con la Colombia, e qui stabilire "paramilitari travestiti" da contadini; Chávez ha dunque raccomandato ai governatori degli stati interessati da questa pratica di prestare attenzione alle compravendite sospette di terreni in quelle aree.
 
Il deputato per lo stato di Táchira (nell´ovest del paese), Julio García, ha chiarito che generalmente i paramilitari colombiani operano in Venezuela secondo uno schema che prevede 3 passi: penetrare nel territorio, impadronirsi di terreni e proprietà immobiliari (spesso per mezzo di intimidazioni e violenze), ed infine seminare il terrore, assassinando personalità pubbliche e detabilizzando la regione.
 
Come sottolineato dal Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, questa tendenza si rafforzerà con l'istallazione delle sette basi militari statunitensi in Colombia.
 
Il narcopresidente Uribe è certamente responsabile in modo diretto di questo stato di cose, perché come più volte denunciato da diversi pentiti colombiani è stato proprio il Dipartimento Amministrativo di Sicurezza (DAS), la polizia politica colombiana diretta emenazione del governo (nonché narcocartello delle tre lettere, secondo le dichiarazioni dell´ex direttore della sua sezione informatica), ad implementare il meccanismo di penetrazione di paramilitari in Venezuela, con l'obiettivo di facilitare vie al narcotraffico, ma anche con intenti di destabilizzazione politica e per favorire il progetto dell'assassinio del presidente Chávez stesso.
 
24/09 - CONTINUANO GLI ATTACCHI INFORMATICI ALL´AGENZIA DI NOTIZIE NUOVA COLOMBIA (ANNCOL)
 
Da oltre un mese si protraggono vigliacchi, senza soluzione di continuità, gli attacchi informatici ai danni della storica voce su internet dell'altra Colombia, quella che lotta per la pace con giustizia sociale: l´Agencia de Noticias Nueva Colombia, affiliata alla Felap (Federazione Latinoamericana dei Giornalisti).
 
Non é la prima volta che le sezioni informatiche dei servizi segreti del regime colombiano cercano di zittire una voce scomoda, antitetica ai corifei dei mass-media oligarchici, che da oltre un decennio denuncia i crimini del terrorismo di Stato in Colombia ed amplifica in tutto il mondo la voce dei settori popolari in resistenza. Già in passato alti esponenti governativi hanno accusato ANNCOL di essere l´agenzia-stampa della guerriglia rivoluzionaria delle FARC-EP; accusa, peraltro smentita a più riprese dalla stessa redazione di questo media telematico alternativo, che il regime uribista ha sempre lanciato contro qualunque persona e/o organizzazione dell'opposizione politica e sociale al fascismo di Stato, nel quadro della strategia di demonizzazione previa alla repressione fisica e manu militari.
 
Accuse pretestuose, minacce, pressioni indebite su server e tentativi di persecuzione anche penale ed internazionale non hanno tuttavia bloccato, negli anni, il coraggioso lavoro dei giornalisti e dei collaboratori di questa agenzia, punto di riferimento per centinaia di migliaia di persone che, in Colombia e nel mondo intero, vogliono e sono soliti informarsi su ció che avviene in questo paese andino-amazzonico (ma anche nel resto del Latinoamerica) a partire da un punto di vista critico ed indipendente.
 
Questa volta i membri di ANNCOL sono riusciti a rintracciare i punti d´origine e gli IP degli hackers di Uribe, ed in un comunicato gli hanno chiarito che "presto a Cali ed a Barranquilla avrete nostre notizie, siamo preparati a rispondere ed a far render conto agli autori degli attacchi di fronte alle istanze internazionali".
 
Esprimendo solidarietá ad ANNCOL, ricordiamo a tutti i lettori che la sua web è consultabile all'indirizzo anncol.eu.
 
21/09 - IN COLOMBIA LA FAME CRESCE PIU' RAPIDAMENTE CHE NELL'AFRICA SUBSAHARIANA
 
Secondo dati dell'Organizzazione delle Nazioni Unite in Colombia ben 22 milioni di persone (su un totale di circa 46 milioni) soffrono, in misura maggiore o minore, la fame; le statistiche dell'Onu dimostrano che la fame cresce più rapidamente nel paese sudamericano che nell'Africa subsahariana, la zona del mondo dove è maggiore il tasso di mortalità dovuto alla fame e alla denutrizione.
 
Il settore della popolazione che soffre maggiormente le conseguenze di questa situazione è naturalmente l'infanzia; dodici ogni cento bambini sotto i 5 anni soffrono di denutrizione cronica.
Il problema si acutizza nelle comunità indigene e rurali; basti pensare che nell'etnia dei Nabusímake l'anemia colpisce il 75% dei bambini.
 
Le origini di questa tragica situazione sono da ricercarsi nella palese disuguaglianza sociale che imperversa nel paese, dove l´1% della popolazione controlla oltre il 50% della terra; la diffusione del latifondo, spina dorsale della forma che il capitalismo ha assunto in Colombia, ha comportato la paradossale situazione per cui un paese potenzialmente ricchissimo sul piano agro-alimentare è costretto ad acquistare dall'estero una parte dei prodotti destinata al consumo interno. Si aggiunga a questo l'estensione delle coltivazioni di agro-combustibili, la rapacità delle multinazionali e delle oligarchie, e si comprenderà come si sia arrivati a questa grave situazione, che con l'ondata neoliberista degli anni Novanta, sostenuta con arrogante insensatezza dal narcopresidente Uribe nell'ultimo decennio (vedi il criminale appoggio al TLC), è andata precipitando ed ha posto uno dei paesi più ricchi di risorse naturali del mondo in una situazione in cui la metà della popolazione soffre la fame.