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- popoli resistenti - colombia - 06-11-09 - n. 294
Stati Uniti – Colombia: Le sette basi che minacciano l’America Latina
di Marco Zoboli, Dip. Esteri PdCI
Quando il narcopresidente colombiano Uribe ha reso pubblico gli accordi per l’installazione di sette basi militari statunitensi nel proprio paese, la reazione dei paesi latinoamericani è stata di convocare d’urgenza il Consiglio di Difesa dell’Unasur.
Alla riunione celebratasi in Ecuador, uno dei paesi più sensibili al patto scellerato, l’assenza di Uribe e della rappresentanza colombiana ha manifestato bene come l’attuale governo colombiano abbia oltrepassato anche formalmente il Rubicone a fianco dell’imperialismo statunitense e delle sue truppe.
La presenza statunitense in Colombia era già garantita dal precedente “Plan Colombia”, uno strumento funzionale non alla lotta al narcotraffico, che si annida negli androni di palazzo Narino (il palazzo presidenziale), ma al contenimento delle guerriglie delle FARC-EP e dell’ELN e dell’espansione del conflitto ai paesi confinanti; non a caso il cancelliere brasiliano Luis Felipe Lampreia nel 2000 dichiarò: “il conflitto in Colombia è la più seria minaccia alla sicurezza nazionale brasiliana”.
Dopo la chiusura della base militare di Manta in Ecuador, per volere del presidente Correa, occorreva un riposizionamento e un’ampliamento della presenza militare nel continente, negli anni precedenti il Dipartimento di Stato Usa aveva cercato soluzioni più congeniali in paesi come il Paraguay, ma col procedere dell’avanzata del movimento progressista nel continente e i relativi cambi nelle dirigenze lo spazio di agibilità per il Pentagono si era ridotto ai confini del narcostato colombiano, già allora terzo paese al mondo in aiuti militari nordamericani.
Non siamo propriamente di fronte a un vero e proprio accordo bilaterale, ma piuttosto a l’imposizione di una dottrina politico militare a uno stato che da decenni è retto da una delle più feroci e totalitarie oligarchie al mondo, un’oligarchia che non ha avuto remore nel dichiarare guerra al proprio popolo. Il presidente Uribe sino a pochi anni or sono era al posto numero 82 nella lista dei narcotrafficanti redatta dal Dipartimento di Stato Usa, ciononostante è stato ed è il miglior alleato degli Stati Uniti indipendentemente dagli scandali relativi agli eccidi di massa perpetrati dai paramilitari e dai cosiddetti “falsi positivi” (eliminazione di civili spacciati per guerriglieri) per mano dell’esercito regolare. Non mi dilungo sulle atrocità e sulle responsabilità dell’attuale governo (o per meglio dire dittatura fascista) ma è importante sottolineare che la ricattabilità di questo governo fantoccio impedisce qualsiasi scelta autonoma anche in relazione alla propria sovranità, venduta sottobanco in tutti questi anni e ora anche formalmente al padrone del nord.
La base aerea di Palanquero sarà la punta di diamante, verrà dotata di pista d’atterraggio adeguata ai C-17 (3,5 Km) e con possibilità di decollo simultaneo per tre aerei; con una capienza in hangar di 60 velivoli. Sarà una base di pronto intervento, in grado cioè di intervenire in ogni angolo del continente con un preavviso di poche ore; ma c’è dell’altro: ci sono basi militari statunitensi segrete, non dichiarate.
Sono basi aeree già operative, la cui presenza è stata rivelata e denunciata da organizzazioni in difesa dei diritti umani così come dalla stessa guerriglia fariana presente nel territorio, la base militare Tres Esquinas a ridosso dell’Amazzonia ne è un’esempio. Non deve stupire quindi la reazione immediata da parte dei paesi confinanti che percepiscono questa provocazione per quello che realmente è: una minaccia verso il processo di autodeterminazione e d’integrazione latinoamericano che vede nei due paesi confinanti alla Colombia, le due avanguardie per eccellenza (Venezuela e Ecuador), nonché l’oggetto immediato delle minacce neoimperialiste statunitensi