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- popoli resistenti - colombia - 07-01-10 - n. 301
Bollettino di informazione del 06/01/2010 - CLAMORI DALLA COLOMBIA!
18/12 - PARAMILITARE PAGO' TESTIMONI PER ACCUSARE LE FARC DEL MASSACRO DI SAN JOSÉ DE APARTADÓ
In questi giorni dieci militari della Brigata 17 di Urabá affrontano il processo del Secondo Tribunale Specializzato di Antioquia per il massacro avvenuto nella Comunità di Pace di San José de Apartadó. Il 21 e il 22 febbraio del 2005, un commando di 60 paramilitari appartenenti al blocco Héroes de Tolová, agli ordini di Diego Fernando Murillo Bejarano, alias "Don Berna", e protetto da effettivi dell'esercito, assassinò 8 persone fra cui una bambina di 5 anni, un bimbo di 11 anni ed uno di appena 21 mesi, fatti a pezzi e seppelliti in una fossa comune.
All'epoca i militari, due tenenti, due capitani ed altri 6 sottufficiali, appartenevano al Battaglione Vélez della Brigata 17 dell'Esercito Nazionale, con sede nel municipio di Carepa; le indagini relative a questo orrendo crimine coinvolgono altri membri dell'Esercito e capi paramilitari della regione.
Le dichiarazioni rese davanti alla Procura Generale dal capo paramilitare di Urabá, Hever Veloza (alias "HH") prima di essere estradato negli Stati Uniti, acquisite nel processo, chiariscono le responsabilità reali di questo massacro: "Ho consegnato due milioni di pesos (circa 700 euro) al colonnello Néstor Iván Duque López -all'epoca comandante del Battaglione Bejarano Muñoz della B17- affinché comprasse due testimoni per accusare la guerriglia di aver commesso il massacro".
Nel corso del 2005 la versione di questa falsa testimonianza venne raccolta ed amplificata da diversi mezzi di comunicazione, e utilizzata strumentalmente per dimostrare che la guerriglia "fucila chi non gli piace", come affermato da Apolinar Guerra George, un contadino accusato di appartenere alle FARC, che il 26 giugno scorso ha ritrattato la versione rilasciata alle autorità il 1 aprile del 2005.
L'ex capo delle AUC (paramilitari colombiani) ha affermato di aver consegnato personalmente il denaro a Duque López: "in quella occasione mi ha detto che si stava difendendo da una denuncia di San José de Apartadó e mi chiese il favore di regalargli due milioni di pesos da dare ad alcuni testimoni"; il paramilitare ha dichiarato che i testimoni "dovevano andare a Bogotá per dire che il massacro di San José de Apartadó lo avevano commesso le FARC, non ricordo in quale mese del 2005, quello che ricordo è che era quell'anno".
Si delinea quindi un quadro che ridicolizza la tesi, sostenuta in Italia anche da una certa "sinistra", delle comunità di pace prese tra due fuochi, in un'improbabile quanto fallace equiparazione fra guerriglia e paramilitari. La realtà dei fatti è che i massacri in Colombia sono compiuti dai paramilitari (con l'aiuto dell'esercito regolare) che, dopo la farsa della presunta smobilitazione, imperversano ancora nel Paese con la denominazione di "Aguilas Negras", "Rastrojos", ecc.
E mentre il terrorismo di Stato continua a mietere vittime tra la popolazione civile, Uribe e compagnia hanno anche il coraggio di presentarsi come "democrazia" ed accusare di "terrorismo" chiunque, in Colombia come in altri paesi, critica la sua fallita politica della Seguridad Democrática.
21/12 - IN COLOMBIA I PARAMILITARI DI STATO SONO AUTORI DI OLTRE 3.000 OMICIDI E MUTILAZIONI DI MINORI
Persiste la violazione di diritti umani in Colombia. La situazione è ancora più grave relativamente a bambini, bambine e adolescenti colombiani, come rileva il Tribunale Internazionale sull'Infanzia colpita dalla Guerra e dalla Povertà, della Missione Diplomatica Internazionale Umanitaria Ruanda 1994.
Secondo il tribunale, i gruppi paramilitari sono i principali responsabili della violazione ai diritti umani di minori, e la situazione su questo tema è la peggiore di tutta l'America Latina.
Il Tribunale imputa ai gruppi paramilitari oltre 3.000 omicidi e mutilazioni di minorenni; violenze sessuali, occupazioni di proprietà - come case e scuole - esecuzioni extragiudiziarie e reclutamento di bambini e bambine sono alcune delle violazioni realizzate da questi gruppi contro la società colombiana.
"Nel contesto urbano le bande armate reclutano minori continuamente e quello che occorre chiedersi è chi c'è dietro tutto questo, a chi appartengono e per chi lavorano questi gruppi. La violenza contro l'infanzia in Colombia è molto alta. Inoltre, l'infanzia si trova minacciata dalla mancanza di sicurezza alimentare, nutrizionale e sanitaria; secondo dati riportati dal Tribunale, migliaia di minori di cinque anni di età sono morti negli ultimi dieci anni per questo motivo, cosa che mette in luce l'esclusione sociale e l'oblio sulla situazione dell'infanzia in questo paese."
Secondo quanto afferma il presidente del Tribunale, Sergio Tapia, "Come Tribunale Internazionale di coscienza in difesa dell'Infanzia, chiediamo alla comunità internazionale di denunciare questi crimini contro l'umanità nei confronti dell'infanzia colombiana, e di portare i responsabili paramilitari davanti alla Corte Penale Internazionale, con l'accusa di Crimini contro l'umanità e di genocidio contro l'infanzia."
La risposta alla domanda su chi ci sia dietro i paramilitari è possibile trovarla al Congresso colombiano, dove sono decine i politici di area uribista inquisiti o condannati per legami col paramilitarismo. Il narcopresidente Álvaro Uribe Vélez, che ha invitato diversi capi paramilitari al palazzo presidenziale, che ha creato la copertura legale del paramilitarismo dando impulso alle temibili `Convivir´, che ha dato luogo alla farsa delle cosiddette "smobilitazioni" dei gruppi paramilitari, è il primo anello della catena che unisce politici, paramilitari e narcotrafficanti in un unico, inestricabile groviglio criminale, e si avvicina il momento in cui sarà processato da un Tribunale Internazionale dei diritti umani o dalla Giustizia Popolare colombiana.
16/12 - GLI USA DIRESSERO DALLA BASE DI MANTA L'ATTACCO DELL' ESERCITO COLOMBIANO ALL' ECUADOR
La commissione denominata "Trasparenza e Verità", istituita a Quito nel marzo scorso, ha confermato che l'attacco dell'esercito colombiano il 1 marzo 2008 ad un accampamento diplomatico delle FARC-EP situato nella provincia di Sucumbíos (Ecuador), con lo scopo di far fallire l'interscambio umanitario dei prigionieri di guerra, fu diretto dalla base militare di Manta (Sud-ovest dell'Ecuador), al tempo sotto controllo diretto degli USA.
A seguito di questo atto criminale persero la vita, oltre al Comandante Raúl Reyes, altri 15 guerriglieri e 4 studenti messicani di diverse università di Città del Messico che si trovavano in quel luogo per realizzare studi accademici.
Le operazioni di intelligence elaborate nella base di Manta furono fondamentali per la localizzazione dell'accampamento dove si trovava il Comandante Reyes, motivo per cui, secondo la commissione, non sarebbero stati rispettati gli accordi stipulati nel '99 tra gli USA e l'allora presidente dell'Ecuador Jamil Mahuad, che prevedevano il controllo della base militare da parte degli USA per "contrastare il narcotraffico" e non ovviamente per assassinare avversari politici.
Fin dai primi giorni del suo mandato l'attuale presidente dell'Ecuador, Rafael Correa, aveva criticato duramente quell'accordo considerando la presenza di truppe straniere in territorio ecuadoriano una grave limitazione alla sovranità del paese.
Lo scorso 18 settembre il governo del presidente Correa ha negato agli USA la riconferma degli accordi del '99, considerando il massacro di Sucumbíos come un atto criminale in totale violazione del diritto internazionale, cosa che aveva portato alla rottura delle relazioni diplomatiche con la Colombia.
Queste recenti informazioni confermano ufficialmente un quadro che nelle sue linee generali era già noto: l'attacco è stato portato avanti dalla Colombia con la guida statunitense, e la vera ragione per la quale gli USA stanno aumentando esponenzialmente i tentativi di controllare militarmente l'America Latina (vedi il ripristino della IV Flotta, l'accordo USA/Colombia che prevede l'implementazione di 7 basi a stelle e strisce in Colombia, le nuove basi in Perù e Panama, ecc.) è che si tratta di un piano per garantirsi con la forza il saccheggio e lo sfruttamento del Latinoamerica, minacciando i governi progressisti dell'area.
13/12 - IN COLOMBIA IL NARCOTRAFFICO HA PERMEATO L'INTERA CLASSE POLITICA
Giovedì 10 dicembre il segretario del Governo del municipio di La Cumbre, vicino a Cali, Lubin Javier Garavito Sánchez, è stato arrestato mentre viaggiava attraverso il quartiere industriale di Cali a bordo di un jeep con 150 kg di cocaina.
A quanto riporta la versione on-line dei quotidiani El Espectador ed El País, Sánchez doveva portare la droga nella città di Buenaventura, il maggiore porto colombiano sull'Oceano Pacifico, nel dipartimento del Valle del Cauca, perché venisse imbarcata per Panama, e da lì verso gli Stati Uniti. Secondo gli investigatori, al momento della cattura il funzionario era vestito con camicia e distintivo del Corpo dei Pompieri.
Al termine dell'udienza preliminare, il Giudice di Controllo delle Garanzie ha confermato la validità dell'arresto e degli elementi probatori, e la magistratura inquirente ha accusato Sánchez di produzione, traffico e trasporto di stupefacenti.
Su disposizione del giudice, l'inquisito è stato portato al carcere di Villahermosa di Cali.
Questa detenzione si somma alle innumerevoli altre che legano inequivocabilmente lo stato colombiano ad ogni livello (dalle amministrazioni comunali al governo nazionale, passando per il Congresso) al traffico degli stupefacenti, prevalentemente di cocaina.
Decine di congressisti sono sotto inchiesta per i loro vincoli con i paramilitari e il narcotraffico, e la gran parte del denaro utilizzato per la campagna elettorale del narcopresidente Uribe e dei suoi degni compari è di provenienza illecita.
Nonostante ciò (o meglio proprio per questo motivo) il mafioso capo del governo colombiano Álvaro Uribe Vélez prosegue imperterrito nel suo ruolo, senza che l'ipotesi delle dimissioni lo sfiori minimamente, consapevole dell'interessato appoggio che gli riservano le multinazionali straniere, l'oligarchia colombiana, i narcotrafficanti, i paramilitari e l'imperialismo statunitense.
24/12 - GREENPEACE: LA COLOMBIA INCREMENTA LA DEFORESTAZIONE
Dal foro di Copenaghen, dura denuncia alla politica di Uribe di incremento della deforestazione di vaste aree della Colombia, che contribuisce negativamente al progetto globale per il raggiungimento dell'obiettivo "deforestazione zero".
Gustavo Ampugnani, coordinatore per l'America Latina di Greenpeace, ha dichiarato che questa politica favorisce gli investimenti di società straniere (principalmente statunitensi), che nei loro paesi dovranno ridurre il loro impatto ambientale, cercando di truccare il meccanismo di riduzione di emissioni da deforestazione e degrado (REDD) attraverso la delocalizzazione delle attività più impattanti verso i paesi in via di sviluppo.
Ampugnani ha inoltre criticato duramente la posizione del governo colombiano, che tenta di giustificarsi sostenendo che tale politica sia strategica contro il narcotraffico e la guerriglia.
I deliri di Uribe e della sua cricca di corrotti sembrano non avere limite, e vengono per l'ennesima volta denunciati in sede internazionale.
La subalternità dello stato (leggi protettorato) colombiano verso gli Stati Uniti e le imprese multinazionali incrementa il saccheggio delle risorse del popolo colombiano, con un pesante impatto sulle comunità locali, sulle popolazioni indigene e sulla biodiversità, ed è funzionale alle esigenze di un sistema in forte crisi che impone le sue dinamiche criminali. Con la scusa di combattere il narcotraffico (che in realtà ha finanziato e continua a finanziare la sua perenne campagna elettorale), il narcopresidente Uribe Vélez va avanti imperterrito nell'opera di svendere alle multinazionali le risorse del paese, ed agli USA la sovranità territoriale con l'implementazione di basi militari yankee, ottenendo in cambio vantaggi personali come l'impunità per i suoi crimini. Ma il prezzo di tutto ciò viene pagato dal popolo colombiano, che vive in condizioni di assoluta miseria, e dal fragile ecosistema andino-amazzonico, gravemente pregiudicato dai mega-progetti del capitale finanziario transnazionale, dalle coltivazioni estensive della palma africana di paramilitare gestione e dalla sciagurata politica di fumigazioni al glifosato nella "lotta al narcotraffico", pretesto magistrale dell'interventismo imperialista nel Paese e nella regione tutta.
27/12 - IL GOVERNO COLOMBIANO DICHIARA L'EMERGENZA SOCIALE PER LA CRISI FINANZIARIA NELLA SANITA'
Il governo colombiano ha firmato la dichiarazione di emergenza sociale, con l'obiettivo promesso di porre fine alla crisi finanziaria del settore della sanità. Fra il 12 ed il 22 gennaio 2010 saranno regolamentate le ulteriori disposizioni attraverso le quali le autorità vorrebbero attenuare l'impatto economico dell'assenza di risorse in questo settore.
Secondo quanto riconosce il ministro delle finanze, Óscar Iván Zuluaga, esiste un grave problema relativamente al settore sanitario basato sulla mancanza di liquidità del sistema.
Il ministro ha spiegato che attualmente il governo starebbe esplorando diverse possibilità per far affluire le risorse necessarie al finanziamento della sanità: "Stiamo valutando come ottimizzare le fonti, le risorse attuali e, in via di ipotesi, nuove fonti tramite tributi su gioco d'azzardo, birra, liquori e tabacco" .
A quanto pare anche il narcogoverno sembra accorgersi, benché troppo tardi, del problema sanitario in Colombia. Nel proporre improbabili soluzioni ad un problema sistemico, i rappresentanti istituzionali dimenticano di spiegare da quali cause è originata la crisi "di liquidità" e finanziaria del sistema sanitario: la liquidità è stata saccheggiata dal narcopresidente Uribe e dalla sua cricca paramilitare, mentre ingenti risorse del paese (o, per meglio dire, quel che ne resta dopo il banchetto delle multinazionali e dell'oligarchia) sono state destinate a sovvenzionare la guerra invece dello stato sociale, in un paese a cui servirebbero almeno 10.000 professionisti in campo sanitario e che invece vede ogni anno ridursi l'organico di medici e paramedici e la chiusura di ospedali per mancanza di fondi.
Il sistema sanitario è stato prima privatizzato, a tutto vantaggio delle imprese, e poi lasciato in balia del caotico mercato finanziario; quando la grande truffa delle piramidi finanziarie è scoppiata, e gli amici di Uribe sono scappati con le valige zeppe di soldi (non prima di aver contribuito a foraggiare la sua campagna elettorale ed aver riciclato una gran quantità di denaro proveniente, guarda caso, dal narcotraffico), il fragile sistema economico del paese ha cominciato la sua rovinosa caduta portandosi con sé, fra le altre cose, la tutela della salute del popolo.
Oggi, mentre il narcopresidente e i suoi narcoministri farfugliano di birra e liquori, la grande maggioranza dei colombiani non ha di fatto il diritto a ricevere una benché minima assistenza sanitaria.
31/12 - URIBE AUMENTA LE SPESE MILITARE MENTRE "SMENTISCE" IL PRONUNCIAMENTO DI GUERRA CONTRO IL VENEZUELA
Il governo colombiano, mentre ritiene di dover aumentare la propria "capacità dissuasiva" verso un possibile confronto bellico con altri paesi, ha "smentito" martedì 29 dicembre 2009 qualunque pronunciamento di guerra contro il Venezuela.
Quanto affermato da Uribe, "bisogna solo esprimere affetto al popolo venezuelano", si contraddice con un documento emesso il giorno precedente dal Ministero della Difesa (più noto come Ministero della Guerra) intitolato pomposamente "La forza pubblica e le sfide del futuro", in cui si enfatizza il proposito di combattere "i fattori esterni" e di "proteggere la sovranità" del paese.
In quel testo, si mette in risalto il fatto che "c'è una breccia" con i paese confinanti "in quanto sono allineati ideologicamente con una tendenza contraria a quella che ostenta la Colombia", con una chiara allusione al governo venezuelano (ma non solo), accusato di "avere una tendenza espansionista".
"La Colombia deve acquisire una capacità dissuasiva credibile, che le permetta di convincere un potenziale avversario che in caso di aggressione il costo da pagare sorpasserebbe gli eventuali benefici dell'attacco", aggiunge il documento.
Nonostante questo, Uribe ha dichiarato pinocchiescamente che "il paese non può avere una strategia, un discorso di aggressione internazionale".
Intanto, il presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela Hugo Chávez ha denunciato che il governo Uribe sta preparando un piano per accusare il Venezuela di avere accampamenti guerriglieri e proteggere leaders ribelli, in modo da giustificare così una eventuale aggressione al territorio".
"A forza di ripeterlo c'è gente che ci crede; in questo modo stanno preparando quello che viene chiamato un 'falso positivo' per lanciare un attacco sul territorio venezuelano, simulando l'esistenza di un accampamento guerrigliero", ha spiegato Chávez.
A parte l'umorismo involontario del documento del narcogoverno colombiano, che afferma di voler difendere una "sovranità" nazionale già da tempo consegnata nelle mani degli yankees unitamente a vaste porzioni di territorio colombiano per le basi statunitensi, come ampiamente denunciato da tutti i governi del Latinoamerica, il mafioso di Bogotá, Álvaro Uribe Vélez, parla di pace e prepara la guerra escogitando un trucco da due soldi da usare come pretesto per lanciare un attacco contro il "popolo fratello" venezuelano.
Il narcopresidente non è nuovo ad attacchi militari contro paesi confinanti: basti pensare al bombardamento compiuto dall'aviazione militare colombiana, eterodiretto dagli USA, in territorio ecuadoriano il 1 marzo 2008 per distruggere un accampamento diplomatico delle FARC.
Come sempre, il narcopresidente mente, smentisce sé stesso ed il suo governo; vuole la guerra perché su quella, in un modo o nell'altro, si garantisce il potere e l'impunità per i suoi innumerevoli crimini.
LA GUERRAFONDAIA INGRID BETANCOURT VUOLE IL RISCATTO A FERRO E FUOCO DEI PRIGIONIERI DI GUERRA!
La ex-prigioniera più famosa del mondo, elevata frettolosamente ed ingenuamente al ruolo di eroina "pacifista", "ecologista", "incorruttibile" e via discorrendo, ha dimostrato ancora una volta di che pasta è fatta.
Dopo esser stata liberata per via del tradimento di due guerriglieri che avevano a carico la sua detenzione quale prigioniera di guerra, e dopo aver preparato il terreno con mosse ad hoc di manipolazione mediatica, la franco-colombiana aveva dichiarato di essere "un soldato della Colombia" e di essere orgogliosa del suo esercito (sic!) Lo stesso esercito che ha le mani sporche del sangue innocente di migliaia e migliaia di colombiani, che é un campione perenne della violazione dei diritti umani, che sequestra giovani dei quartieri marginali e li ammazza per poi presentarli come guerriglieri uccisi in combattimento, che tiene a ferro e fuoco quella che ormai é diventata a tutti gli effetti una colonia statunitense.
Betancourt, per la cui detenzione anche diversi settori di sinistra nel mondo avevano accusato le FARC di miopia politica, nella misura in cui il suo rilascio unilaterale ed incondizionato avrebbe presuntamente permesso "di avere sulla scena politica del Paese una degna avversaria di Uribe", era stata addirittura accusata da diversi compagni di prigionia (militari, alti politici e persino i tre agenti della CIA) di esser rissosa, arrogante ed antisolidale.
Un´ulteriore prova della sua natura alto-borghese, filo-sistemica e guerrafondaia l´ha data nelle ultime ore dell´anno appena concluso, quando ha rilasciato dichiarazioni a diversi media di regime in merito alla complessa e spinosa questione dei prigionieri politici e di guerra in potere delle due parti in conflitto, l´insorgenza e lo Stato. Affermando che "l´interscambio umanitario è una fantasia", la ex candidata alla presidenza si è dichiarata favorevole al riscatto militare, ignorandone i rischi e la altissima probabilità di morte che tali azzardi implicano per i prigionieri, come dimostra l´esperienza.
L´assidua frequentatrice dei salotti chic di Parigi e Bogotá, dalla quale anche i suoi più fedeli sostenitori sparsi per il mondo hanno preso le distanze, ha inoltre asserito che "i guerriglieri fuggono dalle carceri, scontano la condanna o escono tutti i giorni di prigione grazie alla corruzione, mentre i sequestrati non hanno altra opzione di libertà che il riscatto militare". Costei dovrebbe allora spiegare perché ci sono in Colombia centinaia e centinaia di combattenti incarcerati in condizioni drammatiche, senza diritto ad una giusta difesa e con minacce permanenti alla loro incolumità; situazione critica, questa, vissuta anche da circa 7000 prigionieri politici, ossia contadini, studenti, leaders sindacali e comunitari, difensori dei diritti umani ed intellettuali oppositori al regime, tutti accusati di "terrorismo" in perfetto stile maccartista.
Naturalmente Uribe, che aveva appena sostenuto di puntare più che mai sul riscatto a ferro e fuoco (allo scopo di boicottare la liberazione unilaterale di due militari da parte delle FARC), ha ricevuto come regalo di Natale le dichiarazioni guerrafondaie della Betancourt, sempre più allineata ad un regime narco-fascista che osteggia ogni ipotesi di accordi umanitari e soluzioni politiche del conflitto sociale ed armato colombiano.
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