10/03 – Autorità penitenziarie sapevano degli orrori del carcere "La modelo" di Bogotà
Secondo la testimonianza di un paramilitare smobilitato, l'Istituto Nazionale Penitenziario e Carcerario della Colombia (INPEC) era a conoscenza delle oltre 100 sparizioni avvenute fra il 1998 ed il 2001 nel carcere "La Modelo" di Bogotá.
I fatti descritti sono agghiaccianti: nel 2001 un maiale di un allevamento a sud di Bogotá, nutrito con scarti di cibo provenienti dal suddetto carcere in virtù di un accordo con l'INPEC, è stato rinvenuto con una mano umana.
Nella casa degli orrori del carcere "Modelo" descritta dal paramilitare, i corpi degli scomparsi sono stati fatti a pezzi e dati letteralmente in pasto ai maiali, dopo essere stati sottomessi attraverso scariche elettriche e "soffocati, avvelenati o accoltellati".
Caterina Hyeck, direttrice della Procura Nazionale Specializzata, ha segnalato che le persone scomparse erano sia reclusi, sia visitatori e persone non sottoposte a pene.
La Procura (finalmente) indaga su questi fatti e sulle carceri di San Isidro (Popayán), La Modelo (Bucaramanga) ed El Bosque (Barranquilla), e sulle complicità dell'INPEC. Ma il sistema carcerario colombiano, al collasso, va integralmente ripensato, perché luogo per eccellenza della violazione dei diritti umani in quanto specchio di una società dove tali violazioni sono norma e regola.
Il regime presieduto in questa congiuntura dall'oligarca Santos, non solo ha la sfacciataggine di negare l'esistenza del paramilitarismo di Stato, ma ne agevola anche in tutti i modi le pratiche terroristiche ai danni di oppositori, o anche solo di testimoni scomodi. Ma per costruire una pace sostenibile e duratura dovrà riconoscere la propria responsabilità e smantellare il paramilitarismo che è, in ultima istanza, una politica controinsorgente di Stato.
14/03 - FARC: Basta guerra sporca contro i difensori dei diritti umani
Attraverso un comunicato pubblicato lo scorso 11 marzo, la Delegazione di Pace delle FARC-EP all'Avana ha espresso grande preoccupazione per "l'ondata di omicidi di difensori dei Diritti Umani e di attivisti politici che sta scuotendo la Colombia negli ultimi giorni".
Solidarietà e condoglianze vengono espresse a familiari ed amici di Marisela Tombe, Klaus Zapata, William Castillo, Alexandre Oime e Milton Escobar, "le vittime più recenti dell'intolleranza e del paramilitarismo, che sfida impunemente il buon andamento del processo di pace."
Il comunicato chiarisce che "se l'establishment non combatte risolutamente il fenomeno paramilitare, contribuisce, con la sua indifferenza, a configurare la guerra sporca del post-conflitto, principale minaccia alla nostra riconciliazione".
Nel corso del mandato di questo governo, sono stati aggrediti 2244 difensori dei Diritti Umani, 346 dei quali sono stati brutalmente assassinati.
Per raggiungere la tanto agognata pace con giustizia sociale, è indispensabile smantellare le strutture paramilitari che imperversano nel paese; e le vaghe dichiarazioni del governo in questo senso sono assolutamente insufficienti.
19/03 - Mobilitazioni di massa esigono un modello economico coerente con la pace e la giustizia sociale
Lo scorso 17 marzo le strade e le piazze della Colombia sono state scosse da una grande mobilitazione nel contesto della giornata nazionale di sciopero, convocata da sindacati e organizzazioni sociali e popolari.
I diversi soggetti che hanno partecipato alle massicce manifestazioni in tutto il paese denunciano che gli accordi parziali raggiunti da governo e FARC all'Avana non sono adeguatamente sostenuti da azioni e decisioni del governo.
La giornata di manifestazioni è ben sintetizzata dalle parole di Alberto Castilla, del Congresso dei Popoli : "Credo che in questo momento occorre dare fiducia al popolo colombiano per sostenere il processo, per l'implementazione
degli accordi, ed è quello che si sta facendo. E' molto importante che il contadino sia riconosciuto come un soggetto politico con dei diritti, che si difenda l'economia, che si rivedano gli accordi di libero commercio, la politica delle privatizzazioni e che si difenda il pubblico".
La firma di una pace fra l'insorgenza rivoluzionaria delle FARC e il governo colombiano può rappresentare un gigantesco passo in avanti per la situazione colombiana; ma se anche le armi taceranno, non per questo si interromperà il conflitto sociale, che nasce ben prima di quello armato ed è sorto a causa delle enormi contraddizioni che vive il paese, colmo di immense ricchezze in mano ad una percentuale infinitesima della popolazione; e senza giustizia sociale, la pace non sarà che una chimera.
02/04 - FARC plaudono all'accordo che da inizio ufficialmente ai dialoghi ELN-governo
Le FARC, attraverso un comunicato pubblicato lo scorso 31 marzo, si sono congratulate per l'accordo sottoscritto il giorno precedente fra il governo colombiano e l'Esercito di Liberazione Nazionale (ELN).
"Si consolidano così i cammini verso la costruzione di una pace vera e completa", sottolinea l'insorgenza fariana. L'accordo fra ELN e governo, sottoscritto a Caracas, comprende un'agenda di dialogo costituita da 6 punti fondamentali che saranno discussi durante le conversazioni dirette e ininterrotte che avranno luogo in Ecuador, Brasile, Cuba, Cile e Venezuela.
I sei punti in programma sono: partecipazione della società, democrazia per la pace, vittime, trasformazioni per la pace, sicurezza per la pace, cessazione dell'uso delle armi in politica e garanzie per l'esercizio della stessa.
"Questa agenda" -si legge nel comunicato- "permetterà di contribuire nell'avanzamento verso la materializzazione delle aspirazioni del popolo colombiano, per una società basata sulla vera democrazia e sulla giustizia sociale, storica aspirazione della nostra guerriglia e dell'organizzazione sorella dell'ELN".
Evidentemente la Pace in Colombia non è possibile se i dialoghi non hanno luogo con tutte le formazioni guerrigliere attive. Tuttavia, come i negoziatori dell'Esercito di Liberazione Nazionale stesso hanno dichiarato, il paramilitarismo di Stato -la cui esistenza il governo Santos nega sfacciatamente- continua ad essere una minaccia gravissima che attenta alla soluzione politica del conflitto sociale ed armato colombiano.
10/04 - FARC propongono che Simon Trinidad coordini la cessazione dell'uso delle armi
Le FARC propongono che il comandante guerrigliero Simón Trinidad, prigioniero politico detenuto ingiustamente negli Stati Uniti, coordini la cessazione dell'uso delle armi qualora la guerriglia sottoscriva un trattato di Pace con il governo.
Dal novembre del 2012 le FARC hanno nominato Simón Trinidad membro della Delegazione di Pace, richiedendone la liberazione e l'arrivo all'Avana. Simón era stato prima estradato dal narcomafioso Uribe e poi condannato in virtù di una montatura giudiziaria a 60 anni di prigione negli USA.
Secondo il Comandante Ricardo Téllez, membro del Segretariato dello Stato Maggiore Centrale delle FARC-EP, Simón è l'uomo che deve coordinare "la questione della ricollocazione delle armi e la vigilanza dei luoghi dove saranno custodite".
Simón Trinidad si trova da 11 anni negli Stati Uniti, detenuto in regime di isolamento ed in condizioni disumane nella prigione di massima sicurezza "Florence Supermax", nel Colorado, la "Guantanamo delle Montagne Rocciose". E' tempo che gli Stati Uniti dimostrino il loro sbandierato "appoggio" ai Dialoghi di Pace, liberandolo e permettendogli di essere parte attiva nello svolgimento dei lavori del Tavolo dell'Avana.
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